BMCR 2024.03.11

The position of Roman slaves: social realities and legal differences

, The position of Roman slaves: social realities and legal differences. Dependency and slavery studies, 6. Berlin; Boston: de Gruyter, 2023. Pp. vii, 310. ISBN 9783110987195.

Preview

[Authors and titles are listed at the end of the review]

 

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sulla schiavitù romana ci sono ancora molte cose da dire: un esempio lampante è il bel volume edito da Martin Schermeier, sesto della Collana dedicata a Dependency and Slavery Studies. Si tratta di una serie di contributi di giuristi specializzati nei vari settori della dipendenza nel mondo romano che hanno preso parte a un “Incontro” organizzato dallo stesso Schermeier all’Università di Bonn, presso il “Center for Dependency and Slavery Studies”, un centro di ricerca interdisciplinare e multitematico sorto nell’ambito della strategia di eccellenza dei governi federale e statale tedeschi. Il Centro di Bonn si presenta come un importante punto di riferimento per chi si dedica all’analisi dei rapporti di dipendenza nel mondo antico e moderno.

In effetti, per quanto nelle fonti giuridiche sia posto in rilievo come nella condizione degli schiavi non vi sia nessuna differenza, mentre in quella dei liberi sì (ingenui/liberti) – evidenzia Schermeier nell’introduzione – è possibile riscontrare notevoli differenze nella struttura sociale della schiavitù romana, come è ben argomentato nel primo saggio, sempre a firma di Schermeier. In esso vengono messe in luce le caratteristiche della schiavitù romana, il concetto stesso di “appartenenza” del servus a un dominus, l’equiparazione tra schiavitù e morte del soggetto, chiarendo come le svariate definizioni di schiavitù siano rilevanti dal punto di vista della storia delle idee.

Il secondo saggio, di Thomas Finkenauer, affronta il tema dei filii naturales: attraverso l’analisi di fonti prettamente giuridiche, si mette in luce come sia da rigettare l’ipotesi che il rilievo dato da alcuni giuristi romani alla cognatio servile sia frutto di interpolazione, e sottolinea come la condizione dei figli naturali di un soggetto dipenda non tanto dal loro status, quanto dalla posizione sociale del pater.

Pierangelo Buongiorno dall’onomastica di alcuni schiavi e liberti imperiali, studiata attraverso le fonti epigrafiche, conclude che il fatto di appartenere alla familia imperiale non poneva gli schiavi e i liberti in una condizione privilegiata più di quanto non avvenisse per gli appartenenti a privati di alta condizione sociale. Quando alla metà del I secolo d.C. nei posti chiave della burocrazia compaiono gli equites, per i liberti imperiali non ci saranno più spazi.

Richard Gamauf analizza le definizioni – giuridiche e non – di peculium, le svariate utilizzazioni dei servi con peculio nell’economia romana, i vari livelli di schiavitù (servi ordinarii, vicarii, vicarii di vicarii), evidenziando come la formazione di un vicario potesse garantire all’ordinario la manumissione, visto che lasciva un “sostituto” già da lui istruito. Mette in luce come il peculio fosse strumento di controllo dell’operato servile, e contemporaneamente consentisse agli schiavi più capaci una larga autonomia in ambito commerciale.

Ancora Richard Gamauf, nel saggio successivo, evidenzia come i dispensatores avessero una funzione di primo piano nell’amministrazione finanziaria delle ricche famiglie romane. Attraverso il Satyricon di Petronio (da G. preferita la denominazione “Satyrica”) letto in parallelo con alcuni testi giurisprudenziali mostra le sfere di attività di questi schiavi-amministratori, il loro ruolo nella domus, il loro rapporto con gli altri servi.

Wolfram Buchwitz, esamina la variegata posizione degli schiavi nell’ambito successorio, sia quanto ai casi di nomina come eredi di servi propri, sia di servi alieni, sia anche di schiavi che nominano liberi o schiavi come eredi. Si sofferma su un passo dei Tituli ex corpore Ulpiani, dove si parla della capacità dei servi publici di testare per metà del loro patrimonio, da intendere evidentemente come peculio, possibilità che B. estende anche ai servi Caesaris, sulla base dell’esame di alcune epigrafi.

Aglaia McClintock mette in evidenza come i giuristi romani, a partire dalla metà del II sec. d.C., abbiano individuato un particolare status di “schiavi della pena” (servi poenae) di quei condannati a pene che li avrebbero, prima o poi, condotti alla morte, che si differenziava da quello degli altri schiavi, in quanto il loro dominus non era determinato. Analizza, quindi, la terminologia nei testi giurisprudenziali, e uno dei principali contesti, quello dell’arena, sede dei giochi gladiatorii. Conclude mettendo in rilievo come il concetto di servus poenalis abbia avuto larga fortuna nella riflessione colta fino ai tempi moderni.

Jakob Fortunat Stagl cerca di individuare provvedimenti legislativi che sarebbero all’origine del favor libertatis quale orientamento interpretativo negli atti negoziali, specialmente testamentari, teso nei casi dubbi a favorire la libertà per lo schiavo, indicando fra questi principalmente la lex Iunia Petronia de servis (forse del 19 d.C.) e la legge Iunia Norbana, nell’ambito di un percorso esegetico che lo porta a concludere che esistevano effettivamente proprietari di schiavi che lottavano per la liberazione degli schiavi.

Martin Schermaier attraverso l’analisi di alcuni casi giurisprudenziali relativi tra l’altro alle clausole nella compravendita che imponevano di manomettere lo schiavo o vietavano di prostituire la schiava, al tema dell’obbligazione naturale, del contubernium e del peculio servile in connessione con le operazioni commerciali, ma anche con il riscatto del servus suis nummis, pone in risalto come il diritto non poté evitare di tener conto, in alcuni settori, delle differenze sociali esistenti tra gli schiavi.

In chiusura, una vasta bibliografia e il profilo degli autori dei saggi; infine, utilissimo, soprattutto quando è oggetto di esame un gran numero di fonti giuridiche, ma spesso trascurato nei volumi collettanei, l’indice delle fonti.

Anni fa un libro come questo sarebbe stato impensabile: molti studiosi di diritto romano non potevano ammettere indagini sugli aspetti sociali della schiavitù da cui ricavare dati giuridici. In questo volume, invece, è stata posta in risalto con grande efficacia l’incidenza sul piano giuridico dei rapporti che hanno come parte un servus, in relazione alla posizione sociale occupata dallo schiavo stesso, che non può essere considerato sempre una res.

In un passato nemmeno troppo lontano, poi, esistevano dei condizionamenti circa la possibilità di utilizzare fonti non strettamente “tecniche” per la ricostruzione dello status degli schiavi romani, mentre i saggi appena discussi mostrano quanto sia fondamentale tenere presenti tutti i tipi di fonti per una ricostruzione soddisfacente della schiavitù nel mondo del diritto di Roma. Un rilievo analogo è stato dato, negli ultimi anni, alla documentazione della prassi, in particolar modo campana, che riflette quella di Roma; solo da poco tempo, infatti, si comincia a tener conto delle prassi giuridiche diffuse tra cittadini romani anche nelle loro relazioni con peregrini, liberti e schiavi, come per esempio si può desumere dalle tabulae dall’Archivio puteolano dei Sulpicii (documenti accessibili ora grazie alle nuove, affidabili edizioni critiche). In quest’ottica, l’ampliamento delle fonti utilizzabili per la ricostruzione di tutti gli aspetti, anche giuridici, della schiavitù romana è non solo auspicabile, ma diventa oramai doveroso. E questo libro sulla condizione dei servi ne è la dimostrazione.

 

Authors and Titles

Martin Schermeier, Introduction

Martin Schermeier, Without Rights? Social Theories Meet Roman Law Texts

Thomas Finkenauer, Filii naturales: Social Fate or Legal Privilege?

Pierangelo Buongiorno, Social Status ‘Without’ Legal Difference. Historiography and Puzzling Legal Questions About Imperial Freedmen and Slaves

Richard Gamauf, Peculium: Paradoxes of Slaves With Property

Richard Gamauf, Dispensator: The Social Profile of a Servile Profession in the Satyrica and in Roman Jurists’ Texts

Wolfram Buchwitz, Giving and Taking: The Effects of Roman Inheritance Law on the Social Position of Slaves

Aglaia McClintock, Servi poenae: What Did It Mean to Be ‘Condemned to Slavery’?

Jakob Fortunat Stagl, nell’articolo Favor libertatis: Slaveholders as Freedom Fighters

Martin Schermaier, Neither Fish nor Fowl: Some Grey Areas of Roman Slave Law