BMCR 2024.03.08

ΘΕΑΤΡΟΝ ΚΑΙ ΖΩΗ: estudios de teatro griego en honor de la profesora Milagros Quijada Sagredo

, , ΘΕΑΤΡΟΝ ΚΑΙ ΖΩΗ: estudios de teatro griego en honor de la profesora Milagros Quijada Sagredo. Madrid: Ediciones Clásicas, 2021. Pp. 395. ISBN 9788478828678.

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Il volume, in onore di Milagros Quijada Sagredo, segue le orme della traiettoria di studi di quest’ultima, dedicata alla relazione tra tragedia e retorica greca, un argomento molto studiato negli ultimi decenni non solo sotto l’aspetto letterario e filosofico-retorico, ma anche sociale, politico e di relazioni (diplomatiche o di guerra) tra enti politici.[1] Si vedano i tre volumi co-editi da Milagros Quijada Sagredo insieme a M. Carmen Encinas Reguero, co-curatrice anche del presente volume: in ordine cronologico, Retórica y discurso en el teatro griego (2013: BMCR 2015.04.31), Connecting Rhetoric and Attic Drama (2017: BMCR 2018.11.25) e Tragic Rhetoric: The Rhetorical Dimensions of Greek Tragedy (2021: BMCR 2022.10.15). I due curatori scelgono di dividere l’opera in due sezioni. Nella prima vengono riuniti sei contributi che Milagros Quijada Sagredo ha dedicato negli anni, in riviste o volumi miscellanei, a teatro e retorica, comprendendo anche incursioni sulla teoria letteraria e politica antica, contributi che secondo i curatori servono “como muestra representativa de la Filología de Milagros” (p. 8). La seconda sezione è composta da sedici contributi inediti (dieci in spagnolo, quattro in inglese, uno in italiano e uno in portoghese) sul teatro e la retorica antichi (e bizantini), presentando anche capitoli sulla storia dell’esegesi antica e moderna. Di questi sedici contributi, la metà sono a opera (a due o a quattro mani) di autori che hanno pubblicato capitoli in uno o più dei tre volumi sopra citati su tragedia e retorica co-editi da Milagros Quijada Sagredo. Il volume è concluso da un index locorum (la bibliografia è situata alla fine di ogni contributo).

Della prima sezione, comprendente testi a opera di Milagros Quijada Sagredo già editi, si noteranno solo alcuni tratti fondamentali e utili al lettore. La scelta attuata dai curatori è interessante e centrata, dal momento che questi testi, a volte di complesso reperimento, spaziano su temi e generi letterari differenti ma allo stesso tempo affrontano sotto diversi aspetti, dall’interpretazione dei testi a contributi teorici, il lavoro di ricerca di Quijada Sagredo su retorica e teatro, con particolare attenzione all’opera di Aristotele e, per quanto riguarda il teatro, alle commedie di Aristofane e al teatro di Euripide, tassello fondamentale della produzione scientifica della dedicataria dell’opera, a partire dalla sua tesi dottorale.[2]

La seconda parte del volume si apre con una serie di contributi dedicati alla tragedia greca, sia conservata per intero che frammentaria. Dopo un’analisi a opera di Maria do Céu Fialho del simbolismo delle vesti della donna greca e di quella persiana nel sogno della Regina nei Persiani di Eschilo, Míriam Librán Moreno passa in rassegna le tragedie frammentarie di Sofocle a tema amoroso, evidenziando l’impiego drammatico di alcuni temi ricorrenti (il patto d’amore, il fuoco d’amore, il giogo e la malattia d’amore, e altri). I due contributi successivi sono dedicati all’opera di Euripide. Juan Tobías Nápoli considera la presenza di Atene all’interno dell’azione della Medea considerandola, nell’apparizione di Teseo preceduta e seguita dal secondo e dal terzo stasimo del coro, come il centro interpretativo (con scopo propagandistico) dell’opera. Ai suoi lati, nelle parole dell’autore, si collocano “(antes y después) … la bárbara Medea … y los corintios Jasón y Creonte, con los demás personajes secundarios” (p. 163). Teresa Molinos Tejada e Manuel García Teijero esaminano la figura della nutrice di Fedra e il suo ruolo fondamentale nell’Ippolito al fine di muovere l’azione (direttamente nella prima parte e indirettamente nella seconda) e soprattutto di permettere una caratterizzazione positiva della protagonista, in contrasto con le versioni mitiche precedenti e con l’Ippolito frammentario di Euripide. Dopo un contributo a opera di Maria de Fátima Silva sulle rappresentazioni drammatiche della catabasi di Eracle nel teatro comico e tragico, si torna all’esame della poetica euripidea con il saggio di Inés Calero Secall sulle immagini nautiche (similitudini o metafore) nelle tragedie di Euripide. L’autrice nota che, quando nelle opere di questo autore compare un personaggio con valore di salvatore (nel senso esteso del termine), che riesca o meno nella propria impresa, la sua azione è espressa tramite immagini nautiche, a sottolineare la solidarietà tra personaggi.[3]

Sempre dedicato a Euripide, o meglio pseudo-Euripide secondo l’autore, è il convincente e informato contributo di Martin Hose, che analizza la questione dell’attribuzione a Euripide dell’epinicio frammentario in onore di Alcibiade trasmesso da PMG 755 e 756, considerando la questione da un punto di vista metrico. Partendo da una questione teorica, ossia che cosa possa essere definito come epinicio nelle opere tragiche di Euripide (e, questione i cui termini sono metodologicamente molto meno afferrabili, “how Euripides himself conceived an epinician poem”, p. 211), l’autore, sulla base anche della bibliografia precedente, considera i passaggi di Eur. El. 859-865 e 873-870 in quanto possessori di una natura di epinicio, sia per il contenuto, sia per il contesto di performance che per le aspettative del pubblico. Hose esamina la struttura di questi versi confrontandola con passi euripidei che presentano una struttura metrica paragonabile e notando come questi, composti nella loro struttura fondamentale da dattilo-epitriti, siano strutturati come composizioni di unità metriche (generate dalle cesure) di trimetri giambici ed esametri dattilici, con la presenza di tutte le soluzioni possibili nei due metri.[4] Questa ricostruzione permette a Hose di dimostrare che l’epinicio in onore di Alcibiade, soprattutto nei vv. 1-3, sulla cui analisi metrica non c’è stato consenso, si allontana decisamente dalla composizione dei dattilo-epitriti euripidei. Sebbene ci sia molta discussione in merito alle questioni legate alla natura e alla performance di epinici, alla struttura metrica dei dattilo-epitriti e all’analisi di questi versi dell’Elettra, l’autore persegue la propria argomentazione in maniera persuasiva, apportando dati fondamentali all’identificazione dell’epinicio di Alcibiade e alla sua interpretazione metrica.

Seguono due contributi che analizzano la poetica euripidea da due punti di vista diversi. José Antonio Fernández Delgado e Francisca Pordomingo considerano le rhēseis sul sacrificio di Polissena nell’Ecuba e sulla morte di Eteocle e Polinice nelle Fenicie paragonandole alle ekphraseis sui medesimi soggetti nel repertorio dei progymnasmata della tradizione retorica successiva, in particolare gli esercizi di ekphrasis 18 e 28 del corpus di Libanio, ma anche opere di altri autori (Elio Teone, Pseudo-Ermogene, Aftonio, Nicola di Mira) che si riferiscono ai temi della morte sacrificale e della morte in duello. Nonostante il caveat di metodo degli autori in merito alle difficoltà legate alla transcodificazione del tema, non solo tra generi diversi ma anche tra media diversi (le ekphraseis di Libanio, oltre a essere debitrici di Euripide, descrivono rappresentazioni scultoree), il contributo getta luce sulla pratica progimnasmatica e sulle sue regole sull’ekphrasis anche in collegamento al modello del relato tragico. Ioanna Karamanou si concentra invece su una questione di staging, ossia l’esame del possibile uso della mēchanē nei frammenti tragici di Euripide. L’analisi dell’autrice, che prende le mosse dalla sua profonda conoscenza dei frammenti euripidei,[5] considera gli snodi drammatici che presentano ‘flying characters’ nei quali la mēchanē è indispensabile (a differenza, per esempio, dei casi in cui può essere impiegato il tetto della skēnē). Karamanou prende in considerazione il numero di casi per i quali la critica precedente si è espressa, esaminandoli sulla base dei frammenti, delle testimonianze e anche in parte delle rappresentazioni vascolari del mito (argomento quest’ultimo sempre scivoloso ma che l’autrice impiega con cautela), sfrondando alcuni casi, classificandone altri come incerti e arrivando all’analisi di quelli secondo lei sicuri. Si tratta dei ‘voli’ di Nefele nel Frisso B, di Bellerofonte nel dramma omonimo e di Perseo nell’Andromeda. Più incerto invece il caso della Stenebea, per cui Karamanou nota in conclusione che “there are no serious grounds for excluding its [sc. della mēchanē] use” (p. 253).

Lucía P. Romero Mariscal e F. Javier Campos Daroca esaminano l’apparizione di fantasmi di eroi deceduti nelle tragedie di argomento troiano, con particolare riferimento al fantasma di Achille nella Polissena di Sofocle e a quello di Polidoro nell’Ecuba di Euripide, discutendo le questioni di staging (soprattutto in relazione alla prima tragedia, frammentaria) e ponendo a confronto la drammaturgia di Sofocle e quella di Euripide. M. Carmen Encinas Reguero conduce una dettagliata analisi della presenza e funzione della scrittura nelle opere tragiche, in particolare euripidee, evidenziando una evoluzione dell’uso e del significato drammaturgico attribuito alle lettere, coinvolgendo sia i riceventi che, in casi più complessi, i latori o i mittenti. Così, nell’Ippolito e nel Palamede ci si concentra sul valore del messaggio (qui menzognero) e sulla sua forza probatoria, anche sulla base delle categorie espresse nella Retorica aristotelica. Nell’Ifigenia fra i Tauri, invece, si problematizza l’importanza della trasmissione del testo scritto e del suo latore, fino a giungere al caso più complesso, ossia quello della ‘doppia lettera’ dell’Ifigenia in Aulide. In quest’ultimo caso, l’autrice interpreta le due lettere scritte da Agamennone in rapporto anche alla trasmissione orale (in particolare della seconda lettera) e ai problemi legati alla movimentazione fisica del materiale, dal momento che la seconda lettera, intercettata da Menelao, diventa una prova compromettente a carico di Agamennone. Secondo Encinas Reguero, proprio la commistione di informazioni scritte e informazioni orali legate alle due lettere permette a Euripide “una reflexión sobre la comunicación y la imposibilidad de controlar los efectos de lo que se comunica” (p. 283).[6]

I due contributi successivi si concentrano sulla reception dei drammi e della poetica di Euripide. Georgia Xanthaki-Karamanou analizza la ripresa e rielaborazione di Euripide all’interno del bizantino Christus Patiens, sottolineando le riprese, in quest’ultimo, di aspetti e temi presenti nei cosiddetti ‘drammi di passione’ (da intendere in maniera estesa) di Euripide, che Xanthaki-Karamanou individua principalmente in Medea, Ippolito e Baccanti (con incursioni da parte dell’autrice anche all’interno di Troiane, Ecuba, Oreste e Reso). Il contributo si concentra sul riuso di convenzioni e situazioni drammaturgiche euripidee nel Christus Patiens, e sulla rifunzionalizzazione di concetti legati alla morale greca e presenti nelle opere di Euripide all’interno del contesto cristiano del dramma bizantino. Alfonso Martínez Díez esamina invece l’interesse mostrato per Euripide da parte di Marcelino Menéndez Pelayo a partire dall’adolescenza e lungo tutta la sua carriera, gettando luce su questo aspetto attraverso l’esame non solo delle opere di Menéndez Pelayo, in particolare la Historia de las ideas estéticas en España, ma anche dell’epistolario dello studioso.

L’ultimo gruppo di contributi dell’opera ha come oggetto la commedia greca. María José García Soler presenta una carrellata sul motivo della fame nella commedia, dividendo il tema tra caratteri ‘professionisti della fame’ (parassiti e filosofi) e personaggi che invece si trovano in circostanze di estrema indigenza a causa della povertà o della guerra. Un paragrafo è anche dedicato alla figura di Eracle, che presenta nella commedia temi legati alla fame molto diversi tra loro. Francesco De Martino esamina il concetto (e la pratica drammaturgica) dell’eufemismo nelle commedie di Aristofane, in particolare l’‘eufemismo visivo’, concentrando la propria analisi sulla parabasi delle Nuvole seconde. A parere dell’autore, la commedia impiega le medesime tecniche della tragedia per velare scene o concetti ritenuti tabù aggiungendone però una fondamentale, quella del potere esorcizzante del γελοῖον. L’ultimo contributo del volume, a opera di Javier Bilbao Ruiz, ha come argomento la lingua di Aristofane per come è commentata dagli scoli (soprattutto composti e linguaggio figurato), anche sulla base delle nozioni letterarie e linguistiche presenti nell’opera di Aristotele.

Se si eccettuano pochi errori legati a dimenticanze o fraintendimenti, nell’indice o in singoli contributi, il volume pare abbastanza controllato e attento dal punto di vista redazionale.

 

Authors and Titles

M. Carmen Encinas Reguero e Javier Bilbao, Introducción

José Antonio Fernández Delgado e Francisca Pordomingo, Perfil humano y académico de Milagros

Curriculum vitae de Milagros Quijada Sagredo

Milagros Quijada Sagredo, Aristóteles, Poética 1424a24, y la tragedia del siglo IV

Milagros Quijada Sagredo, Medea de Eurípides: Lecturas de un drama de venganza

Milagros Quijada Sagredo, La escena de reconocimiento en la Electra de Eurípides: una muestra del desarrollo intertextual de la tragedia

Milagros Quijada Sagredo, La anagnorisis como materia y forma de la tragedia griega

Milagros Quijada Sagredo, Intriga cómica versus intriga trágica en Tesmoforiantes de Aristófanes

Milagros Quijada Sagredo, La retórica del poder y las relaciones entre los estados en las tragedias griegas de suplicantes

Maria do Céu Fialho, The Symbolism of Clothes in Aeschylus’ The Persians

Míriam Librán Moreno, Tragedias fragmentarias de tema amoroso en Sófocles

Juan Tobías Nápoli, La presencia de Atenas en Medea de Eurípides: una forma de representación del poder

Teresa Molinos Tejada e Manuel García Teijero, La nodriza de Fedra

Maria de Fátima Silva, Héracles, versões dramáticas de um mito popular

Inés Calero Secall, La solidaridad de los personajes euripídeos y el mundo naval: metáforas y comparaciones náuticas

Martin Hose, Euripides as an Epinician Poet?

José Antonio Fernández Delgado e Francisca Pordomingo, Una imagen no vale mil palabras: écfrasis vs. muerte en la escena euripidea

Ioanna Karamanou, The Crane in Euripides’ Fragmentary Tragedies

Lucía P. Romero Mariscal e F. Javier Campos Daroca, Espectros heroicos en la escena trágicas ateniense

M. Carmen Encinas Reguero, Comunicación y escritura en la tragedia griega

Georgia Xanthaki-Karamanou, Reception of Euripidean Concepts and Conventions in the Narrative and Dramatic Techniques of the Byzantine Drama Christus Patiens

Alfonso Martínez Díez, Eurípides en la correspondencia y en La Historia de las Ideas Estéticas de Marcelino Menéndez Pelayo

María José García Soler, El motivo del hambre en la comedia griega

Francesco De Martino, Eufemismi visivi in Aristofane

Javier Bilbao Ruiz, La léngua poética de Aristófanes según los escoliastas antiguos: lenguaje figurado, glosas y compuestos

 

Notes

[1] Cfr., per citare solo alcuni volumi recenti in merito, David Sansone, Greek Drama and the Invention of Rhetoric, Malden MA – Oxford – Chichester 2012 (BMCR 2013.06.16); Peter Meineck, Theatrocracy: Greek Drama, Cognition, and the Imperative for Theatre, London – New York 2018; Andreas Markantonatos ed Eleni Volonaki (eds.), Poet and Orator: A Symbiotic Relationship in Democratic Athens, Berlin – Boston 2019 (BMCR 2020.03.09; su Euripide, Donald J. Mastronarde, The Art of Euripides: Dramatic Technique and Social Context, Cambridge 2010, BMCR 2011.02.43, in particolare il cap. 6, Rhetoric and character).

[2] Milagros Quijada Sagredo, La composición de la tragedia tardía de Eurípides. Ifigenia entre los Tauros, Helena y Orestes, Vitoria 1991. Si vedano anche il volume miscellaneo da lei edito Estudios sobre Tragedia Griega: Eurípides, el teatro griego de finales del siglo V a.C. y su influencia posterior, Madrid 2011 (BMCR 2012.06.29) e, di prossima uscita nella Colección de Autores Griegos y Latinos del CSIC, Eurípides. Tragedias. Suplicantes. Ifigenia entre los Tauros, Edición, Introducción y Traducción.

[3] Rimane oggetto di dubbio perché l’autrice citi i testi di Euripide dall’edizione OCT di Murray (1902-19132), come indica a p. 198 n. 2 senza fornire alcuna spiegazione per la propria scelta, e non da quella di Diggle (1981-1994), testo di riferimento per le tragedie di questo autore.

[4] Per l’interpretazione delle strutture dell’esametro e delle sue cesure, Hose si rifà a H. Fraenkel, “Der homerische und der kallimacheische Hexameter”, in Wege und Formen frühgriechischen Denkens. Literarische und philosophiegeschichtliche Studien, München 19602, 100-156 (in particolare p. 111).

[5] Cfr. da ultimo il suo volume Refiguring Tragedy: Studies in Plays Preserved in Fragments and Their Reception, Berlin – Boston 2019, che merita di essere ricordato dal momento che si trova citato nelle note come Karamanou 2019 ma per una svista non è presente nella bibliografia.

[6] L’autrice purtroppo non dedica spazio alla vexata quaestio dell’autenticità di parti di questa tragedia, problema fondamentale legato in parte anche alla presenza delle due lettere e ai continui cambi di idea in merito da parte dei personaggi. Per una recente disamina a riguardo, con discussione della bibliografia precedente, cfr. Valeria Andò, Euripide, Ifigenia in Aulide. Introduzione, testo critico, traduzione e commento (appendice metrica a cura di Ester Cerbo), Venezia 2021, 18-59.