BMCR 2024.02.09

Pythagorica medica: scienza e sapienza nella tradizione preippocratica

, Pythagorica medica: scienza e sapienza nella tradizione preippocratica. Rome: "L'Erma" di Bretschneider, 2023. Pp. 172. ISBN 9788891320230.

Il volume di Marco Cilione, Pythagorica medica, si propone di rintracciare le impronte lasciate dalla dottrina pitagorica e dalla cultura sapienziale pre-ippocratica nella tradizione medica successiva. La storia della medicina antica è infatti un percorso tutt’altro che lineare lungo il tracciato del pensiero razionale, per cui le influenze della cultura sapienziale sono riconoscibili in diversi contesti.

Il libro è suddiviso in quattro sezioni, precedute da una prefazione di Valentina Gazzaniga, da un’introduzione in cui Cilione illustra la strategia metodologica adottata, e si conclude con una post-fazione di Franco Giorgianni, contenente una riflessione sulla “psicologia della memoria”. Le quattro parti in cui è strutturato il saggio corrispondono ad altrettanti ambiti tematici, o «nuclei archetipici da cui discende la competenza sacerdotale in fatto di cose mediche»: nascita, morte, purificazione e giuramento.

Il capitolo sul tema della nascita occupa un’ampia parte della trattazione e analizza le complesse teorie sulla formazione dell’embrione, come la cosiddetta “Rechts-Links-Theorie”, secondo la quale alla destra si associa il maschile e alla sinistra il femminile. Tale concezione dalle radici arcaiche emerge nel pensiero filosofico ed è testimoniata anche dalle fonti epigrafiche. Per esempio, uteri in terracotta con la parte destra ingrossata offerti come ex-voto al santuario di Hera a Paestum evocano l’auspicato concepimento di un maschio.[1] Un’epigrafe[2] dal santuario di Anfiarao a Oropo, prevede che nel corso del rituale incubatorio gli uomini si disponessero a est e le donne a ovest rispetto all’altare posto a nord, quasi a riprodurre la posizione assunta dal feto nell’utero allo stadio embrionale. Tale prescrizione per Cilione tradisce l’eco della dottrina pitagorica e della filosofia di Alcmeone da Crotone. Se la coppia degli opposti destra-sinistra può infatti richiamare la teoria pitagorica dei contrari, il metaforico ritorno alla condizione fetale di chi accorre al santuario (Ἀμφιάρειον) si può interpretare alla luce del frammento alcmeonico secondo cui «gli uomini […] muoiono per questo, perché non sono in grado di ricongiungere l’inizio alla fine».[3] Nelle pratiche incubatorie l’imitazione della posizione prenatale combinata allo stato di sonno, interpretato come “piccola morte”, potrebbe costituire un tentativo di «ricongiungere l’inizio con la fine» per agevolare il processo di guarigione attraverso la ricerca di un contatto con la divinità. Queste pratiche avevano luogo nei santuari in cui si eseguivano rituali iatromantici e sottolineavano un collegamento tra il sonno e la fisiologia del corpo: un aspetto presente anche nel Corpus Hippocraticum, per esempio nel trattato Sul regime (Περὶ διαίτης), in cui si riconosceva il valore diagnostico dei sogni.[4]

La pervasività della teoria embriogenetica che oppone destra e sinistra si riflette nel dibattito tra diversi pensatori cosiddetti presocratici. Parmenide, per esempio, che ebbe contatti con l’ambiente pitagorico, contempla questo tema nella sua opera. Tuttavia, la ricostruzione delle teorie del filosofo eleate sui processi embriogenetici è molto complessa, data la contraddittorietà di alcune fonti a riguardo.

L’indagine dei presocratici sui processi procreativi contempla anche la questione dell’origine del seme, sulla quale si definiscono tre teorie: ematogenetica, pangenetica, encefalo-mielogenetica. Quest’ultima, che individua la provenienza del seme nel cervello e nel midollo spinale, si attribuisce ad Alcmeone, e si connette a quella che Cilione definisce la “fisiologia del pensiero”: se infatti nell’uomo il cervello è «il principio egemone»[5] a cui si collegano i “pori” (πόροι) che trasmettono le sensazioni (αἰσθήσεις) e che costituisce il fulcro dell’attività gnoseologica, o di elaborazione della σύνεσις, allora non sorprende che il seme dell’uomo provenga dalla parte del corpo che più lo caratterizza e lo definisce in quanto essere umano. L’influenza del pitagorismo sulla teoria encefalogenetica di Alcmeone è riconosciuta nei riferimenti numerologici che la corredavano: la prima produzione di seme avveniva infatti a due volte sette anni, età in cui si collocava sia la maturazione sessuale che quella cognitiva, secondo una combinazione che confermava ancora una volta il nesso cervello-seme.

L’aspetto numerologico si riscontra anche nel Corpus Hippocraticum: il numero definisce infatti i giorni critici oppure l’andamento della gravidanza. Un’importanza particolare è rivestita dal numero sette, forse perché somma di quattro (pari e femminile) e tre (dispari e maschile); gli stessi numeri servono anche a definire le febbri malariche terzana e quartana.

Nel secondo capitolo, incentrato sul tema della morte, Cilione esamina la laminetta di Hipponion interpretandone l’epigrafe sulla base del pensiero di Alcmeone. La lamina d’oro contiene infatti le indicazioni che l’anima della defunta, iniziata ai misteri orfici, dovrà seguire per porre fine all’eterno ciclo di metensomatosi che segue alla morte del non-iniziato. Un ruolo centrale è svolto da Mnemosyne (Μνημοσύνη), che viene frequentemente evocata nei contesti di medicina iatromantica, come il santuario di Trofonio a Lebadea. Nel caso della lamina ipponiate, la dea viene citata insieme alla sua lana – ΕΡΙΟΝ nell’incisione. Le istruzioni impartite all’iniziato prevedono che nel suo viaggio post-mortem, benché arso dalla sete, non si accosti alla prima fonte incontrata, quella a cui le anime attingono per avere refrigerio, ma soltanto all’acqua di Mnemosyne. La lana, in virtù della sua capacità di assorbimento dei liquidi, costituisce un aiuto metaforico per l’iniziato (μύστης), che, trattenendo l’arsura e spingendosi fino alla fonte della memoria, può ricollegare inizio e fine, portando a conclusione il ripetersi delle reincarnazioni. Cilione rintraccia un nesso con il pitagorismo nel particolare della lana nera indossata da Pitagora nella sua catabasi nel monte Ida, ma è “Memoria” che svolge il ruolo più importante, perché permette all’anima di ricordare le sue vite precedenti e di creare il cerchio dell’immortalità formato dalla connessione “principio-fine” (ἀρχή-τέλος). Nei rituali incubatori il sonno assolve alla funzione di slegare l’anima dal corpo per attingere a conoscenze inaccessibili da vigili. In questi contesti Mnemosyne permette di ricordare l’esperienza vissuta affinché venga correttamente interpretata a fini diagnostici. L’idea di circolarità testimoniata in ambito cultuale e medico-sapienziale si ritrova in alcuni trattati del Corpus Hippocraticum: un esempio è in Luoghi nell’uomo dove il corpo dell’uomo è paragonato a un cerchio in quanto «ogni punto è inizio e fine e in ogni punto è ravvisabile l’origine della malattia».

Con la terza parte del suo saggio Cilione si concentra sulle pratiche purificatorie. La Lex cathartica di Cirene è un esempio di compresenza di aspetti cultuali e terminologia tecnico-scientifica: è quanto Cilione rileva, per esempio, nell’uso di διάδηλον, che indica il feto riconoscibile per aver raggiunto un certo grado di compiutezza. Il termine ha diverse occorrenze nella Historia animalium di Aristotele, in contesti legati a questioni embriogenetiche, ma anche nel Corpus Hippocraticum,[6] confermandone perciò la valenza tecnica. La legge cirenaica stabiliva in caso di aborto purificazioni differenti a seconda dei casi: se il feto espulso non era formato si applicava la stessa catarsi prevista per il parto, altrimenti bisognava ricorrere ai rituali espiatori prescritti per μίασμα da contatto con un corpo morto. Il retroterra culturale a cui si ispirano questi rituali viene individuato nel culto di Apollo, divinità della guarigione, della mantica, e delle pratiche catartiche, ma la necessità di saper distinguere il livello di maturazione del feto espulso richiedeva o che nel santuario fossero compresenti dei medici, o, ipotesi che Cilione sembra preferire, che i sacerdoti stessi avessero competenze mediche. Echi di ritualità sacrale e termini di valenza medica si mescolano per l’autore anche nel Giuramento ippocratico,[7] dove a vocaboli come φάρμακον, πεσσὸν φθόριον si affiancano parole di ascendenza cultuale come ἁγνῶς e ὁσίως. L’iscrizione di Cirene viene confrontata con epigrafi da Cos sul tema della purificazione:[8] in tutti questi casi è taciuta la causa dell’aborto, segno, probabilmente, che ad essa non veniva data importanza, perché il μίασμα non era provocato dall’aborto in sé ma dal contatto con il sangue o con la morte.

La quarta sezione dell’opera è infine dedicata al tema del giuramento. Cilione segue la strada aperta da Edelstein sull’interpretazione del Giuramento ippocratico alla luce del pensiero pitagorico. L’autore offre preliminarmente un inquadramento storico-politico dell’opera: datata tra fine del V sec. e inizi del IV, si lega a un periodo di trasformazioni in seno agli Asclepiadi, che da γένος familiare inizia ad accogliere membri esterni alla cerchia dei consanguinei. Di qui la necessità di vincolare i nuovi allievi con un giuramento che sancisse il loro impegno a rispettare la tradizione del gruppo. Il testo presenta una patina arcaizzante, come a legittimare la continuità con il passato mentre si procedeva a una sorta di rifondazione professionale. Uno spunto di riflessione sul tema è offerto da un passaggio del Carmide di Platone: Socrate propone a Carmide di curargli il mal di testa con un rimedio che prevede l’uso di erbe insieme al pronunciamento di un incantesimo. Il filosofo afferma di aver appreso tale cura in Tracia, da un discepolo di Zalmoxis, figura sciamanica che ha molte somiglianze con quella di Pitagora, e aggiunge di essersi vincolato a giuramento (ὀμώμοκα) e che era necessario che obbedisse (ἀνάγκη πείθεσθαι). Commenta anche che il problema di molti medici è che trascurano l’importanza di curare il tutto insieme alla singola parte del corpo, secondo un principio olistico che trova traccia anche nella medicina ippocratica. Socrate presta giuramento per garantire la corretta osservanza del protocollo terapeutico appreso; similmente, il giuramento degli Asclepiadi garantiva l’adesione dei nuovi membri alla tradizione terapeutica e al codice etico del gruppo.

L’impronta della tradizione templare sul Giuramento viene riconosciuta da Cilione non solo nell’evocazione delle divinità garanti, tra cui si distingue Apollo, ma anche nell’invito a rispettare una vita non contaminata dal contatto miasmatico, bensì caratterizzata da purezza, come avveniva nel βίος ὀρφικός e nel βίος πυθαγόρειος.

Il saggio di Cilione contiene molte riflessioni stimolanti. Per la sua ricerca l’autore ha dovuto fare ricorso ad un approccio multidisciplinare, che ha coinvolto filologia, paleografia, archeologia, storia, filosofia, e mettere in campo una certa duttilità interpretativa, facendo dialogare fra loro testimonianze di differente provenienza e caratterizzata ognuna da una diversa problematicità. Basti pensare al lavoro preliminare di revisione paleografica necessario per lo studio di iscrizioni come la laminetta ipponiate o delle epigrafi di argomento medico-sacrale, oppure alla frammentarietà delle testimonianze sui pensatori presocratici che comporta diverse difficoltà di interpretazione.

I contesti esaminati nella ricerca sono molto vari e la materia è trattata in maniera esaustiva in uno stile denso e ricco di riferimenti: l’autore costruisce infatti le sue argomentazioni confrontando testimonianze relative a diversi contesti geografici e cronologici. Tuttavia, se è vero che l’indagine non poteva certo soffermarsi su ogni singola espressione di ritualità cultuale legata alla medicina, sarebbe stato forse utile, non fosse altro che per la vicinanza geografica e filosofica con l’ambiente crotoniate, approfondire il discorso sulla dibattuta “scuola medica di Velia”, a cui per la verità l’autore accenna in alcuni passaggi, e dei misteriosi medici *pholarchoi che la animavano e che potevano presiedere a rituali incubatori che si tenevano nel criptoportico dell’edificio dell’Insula II dove presumibilmente aveva sede la scuola.

Infine, per agevolare una corretta comprensione del testo, può essere utile segnalare un errore di trascrizione dell’epigrafe SEG 31, 416 in cui sono omesse le parole μὲν τὸς ἄνδρας χωρὶς / δὲ τὰς γυναῖκας, τοὺς subito dopo il primo χωρὶς riportato.

Per concludere, il saggio di Cilione costituisce un interessante tentativo di indagare le radici cultuali della storia della medicina per individuare al suo interno i lasciti della cultura sapienziale. La riflessione che ne scaturisce, con il suo ricco apparato di documenti, è anche un invito al confronto su questi temi, su cui non sempre è possibile arrivare ad una conclusione definitiva, e che proprio per questo stimolano il dibattito.

 

Notes

[1] Cfr. Pietro Ebner, Il culto di Hera a Posidonia, la dea dispensatrice di fecondità, “Panorama medico Sanoz”, 6 (1964), pp. 14-15.

[2] Cfr. SEG 31, 416, 43-48 (1981).

[3] 24 B 2 DK (=Aristot., Probl., XVII 3, 916 a33). Traduzione di Marco Cilione.

[4] Cfr. Giulio Guidorizzi, Sogno, diagnosi, guarigione: da Asclepio a Ippocrate, in Il sogno in Grecia, a cura di G. Guidorizzi, Bari, Laterza, 1988, pp. 87-102.

[5] 24 A 8 D-K (=Aët. IV, 17, 1).

[6] Cfr. Feto di sette mesi IX 37, Natura del bambino VI 13, Malattie delle donne I 21, 14.

[7] In particolare nei parr. 3 e 4.

[8] Cfr. LSCG 1969, 156 A; LSCG 1969 154 IIa = IG XII 4, 1, 72; SEG XIV 529 = IG XII 4, 1, 349.