BMCR 2023.11.28

Sidonius Apollinaris’ Letters, book 2: text, translation and commentary

, Sidonius Apollinaris' Letters, book 2: text, translation and commentary. Edinburgh studies in later Latin literature. Edinburgh: Edinburgh University Press, 2022. Pp. 474. ISBN 9781399506304.

Il volume costituisce il primo commento scientifico al secondo libro delle epistole di Sidonio Apollinare. Esso è uno dei primi frutti di un ampio progetto internazionale (SAxxi, vale a dire Sidonius Apollinaris for the 21st Century), che mira a offrire, a studiosi ed appassionati, studi, commenti, traduzioni dell’intera opera sidoniana e che ha già dato alla luce, nel 2020, uno strumento importantissimo quale l’Edinburgh Companion to Sidonius Apollinaris, curato da Gavin Kelly e Joop van Waarden. Nell’Introduzione (pp. viii-xxvi) la studiosa analizza quelli che giustamente ritiene essere i quattro aspetti più importanti del secondo libro dell’epistolario: il rapporto tra otium e negotium; la data e l’ordine di composizione delle lettere; i rapporti di intertestualità che si instaurano con l’epistolario di Plinio il Giovane; le composizioni poetiche presenti in alcune lettere.

Se la critica ha ampiamente osservato che il secondo libro dell’epistolario ha come tema principale l’otium della nobiltà galloromana, è interessante quanto nota la studiosa a proposito della sua collocazione tra i libri primo e terzo, entrambi dedicati al negotium: nel primo libro Sidonio fa riferimento, tra l’altro, al suo viaggio a Roma a capo della delegazione dell’Alvernia, al processo ad Arvando, all’insigne carica di praefectus urbi ottenuta nel 468; nel terzo racconta il suo impegno come vescovo di Clermont-Ferrand, città assediata e poi conquistata dai Visigoti. Non mancano nei primi due libri lettere che offrono delle interessanti ‘varianti’ rispetto al tema principale (l’1, 11, in cui si racconta una cena dell’imperatore Maioriano; la 2, 1, dedicata ad un personaggio come Seronato, accusato di essere in combutta con i Visigoti; la 2, 13, in cui si ricordano la rapida ascesa e l’altrettanto rapido declino dell’imperatore Petronio Massimo).[1] Il quarto libro, a sua volta, affronta tematiche legate all’otium e si riallaccia quindi al secondo. Per quanto riguarda la datazione delle lettere, la maggior parte di esse contiene pochissimi riferimenti ad avvenimenti storici; la studiosa si schiera opportunamente con la parte della critica che le colloca tra il 461 ed il 467, prima del viaggio in Italia e dell’assunzione della carica episcopale. Il libro fu pubblicato o insieme al primo o subito dopo di esso, all’incirca nel 470; i primi sette libri furono poi ripubblicati insieme nel 477. Hindermann offre, inoltre, una chiara panoramica dei debiti di Sidonio, nel secondo libro, nei confronti di uno dei suoi principali modelli, cioè Plinio il Giovane (si veda in primis l’efficace tabella dei raffronti tra i due autori a p. xvii). Sidonio spesso nel secondo libro amplia dei motivi accennati da Plinio o mette insieme nella stessa lettera suggestioni di diversi passi pliniani; un esempio è offerto dall’epistola 2, 2, in cui descrive la sua villa di Avitaco (ispirandosi tra l’altro a Plin. 2, 17; 4, 30; 5, 6; 8, 8; 8, 20), e che dedica uno spazio inconsueto, tra l’altro, alle stanze che ospitano i bagni; al par. 12 la narrazione si sofferma a descrivere il lago accanto alla villa e ai differenti metodi di pesca; analogamente, Plinio parla della sua villa laurentina, ad esempio, nell’epist. 2, 17, e descrive il lago prospiciente i possedimenti del suocero in epist. 8, 20. L’autrice sottolinea, tuttavia, la tendenza sidoniana ad accostare alle suggestioni pliniane molti altri ipotesti; proprio nell’epistola 2, 2, numerosi sono gli echi di Stazio, Marziale, Lucano, Vitruvio, Giovenale, Virgilio, Ausonio. A volte i modelli letterari vengono esplicitamente dichiarati: nell’epistola 2, 9, in cui sono descritte le vicine ville degli zii Ferreolo e Apollinare, il par. 4 è dedicato alla biblioteca presente in una di esse; tra i volumi raccolti vi sono libri di quattro autori che rappresentano precisi generi letterari: Agostino e Varrone (la prosa cristiana e pagana), Orazio e Prudenzio (la poesia pagana e cristiana). Nell’epistola 2, 10 l’epistolografo tardoantico esorta Esperio a continuare, anche dopo il matrimonio, a coltivare i suoi nobili interessi letterari, ricordando famosi esempi di scrittori antichi che sono stati incoraggiati nella loro opera dalle loro mogli (parr. 5-6). La conoscenza della letteratura, d’altra parte, è ormai l’ultimo baluardo a distinguere i Gallo-Romani dai barbari (epist. 2, 10, 1). Come sottolinea Hindermann (p. xx), l’elaborata intertestualità presente nel libro è, quindi, strettamente legata al tema dell’otium (lo studio degli auctores è, d’altronde, parte integrante di esso), che è la cifra di queste epistole. Ulteriore omaggio a Plinio è l’inserzione di testi poetici nell’epistolario; giustamente la studiosa sottolinea che nel libro secondo sono introdotti i due generi poetici più spesso presenti nell’epistolario, vale a dire l’epitaffio (nell’epist. 2, 8, per ricordare la defunta Filimatia) e l’iscrizione (nell’epist. 2, 10, per abbellire la chiesa del vescovo Paziente a Lione). Hindermann, inoltre, sottolinea che “both poems also anticipate a theme that reappears in the letters with epigrams: the question of materiality and the place of poetry, stone, paper, cloth and silver” (p. xxiv).

Per quanto riguarda il testo critico, la studiosa segue l’edizione del 1887 di Lütjohann,[2] che ritiene essere, d’accordo con un recente studio di Dolveck,[3] la più vicina all’archetipo. Riproduce utilmente il semplificato stemma codicum dell’epistolario realizzato, proprio a partire dalle conclusioni di Dolveck, da Marolla.[4] Si discosta dall’edizione Lütjohann in pochi punti, discutendoli nel commento. Concorda col filologo ottocentesco nell’omettere, nell’epistola 2, 2, all’interno della descrizione del frigidarium, l’espressione del par. 5, ipsa vero convenientibus mensuris exactissima spatiositate quadratur, presente invece in altre edizioni. Hindermann, infatti, seguendo Dolveck, ritiene la frase una glossa, dato che manca in importanti manoscritti quali L, N, M, V, C, T; osserva tuttavia che “it is the only gloss in Sidonius that gets into the text in this way” e ricorda che nell’espressione compaiono varie allusioni a concetti spiegati da Vitruvio nel De architectura (p. 109). Nel medesimo luogo viene osservato, ad esempio, che exactissima è usato in altri passi sidoniani (epist. 3, 11, 1; 5, 11, 2; 7, 8, 3) e richiama la nozione vitruviana di ‘esattezza’ (3, 1, 4 e 4, 1, 12). Osserverei, tra l’altro, che un composto del verbo quadro, conquadro, si ritrova nel par. 4 della medesima lettera a proposito, stavolta, della sala del calidarium, che corrisponde all’attigua sala dei profumi per le identiche dimensioni (surgit cella coctilium, quae consequenti unguentariae spatii parilitate conquadrat); si noti come Sidonio abbia creato nella stessa missiva, nella descrizione di due ambienti delle terme, un’interessante variatio (alla forma attiva di un composto di quadro ha sostituito quella passiva della forma semplice, mentre spatii è stato mutato nell’astratto spatiositate, che richiama strettamente il precedente parilitate).[5] Sebbene non si possa escludere l’ipotesi della glossa, a me pare più probabile che la presenza di elementi intratestuali all’interno dell’epistolario suggerisca l’autenticità dell’espressione; Bellès[6] osservava, tra l’altro, che termini come convenientibus, exactissima, spatiositate amplificano la magnificenza delle terme.

Il lavoro realizzato dalla studiosa è di certo apprezzabile, inoltre, per la chiarezza espositiva e per l’acribia dimostrata nella stesura dell’ampio commento (pp. 57-398), dato che l’autrice dà sempre conto in modo esaustivo del dibattito critico su ogni passaggio preso in esame. È impossibile in questa sede segnalare le tante valide osservazioni riportate; ci limiteremo solo a pochissimi esempi.

In primo luogo ogni lettera è introdotta da paragrafi esplicativi, che contengono dati sul destinatario e sul contesto che ne determina la stesura (in genere Summary, Addressee, Date, Major themes and further reading; alcune lettere presentano altri paragrafi di approfondimento, ad es. sui modelli letterari seguiti). Le lettere del secondo libro hanno formule di apertura e chiusura piuttosto semplici, in accordo con due importanti modelli quali Plinio e Simmaco.

Hindermann, naturalmente, dà conto in modo puntuale dei vezzi stilistici tipici della ‘preziosità’[7] sidoniana. Grande attenzione è dedicata alle scelte lessicali: in epist. 2, 3, 1, ad esempio, è evidenziato l’uso traslato del termine infula (nel sintagma dignitatis infulas), cui talvolta gli autori tardoantichi ricorrono per indicare le cariche pubbliche (si veda anche epist. 7, 12, 1, patricias…infulas); in 2, 6, 1, il termine dos è riferito all’elogio delle doti morali del destinatario, come avviene in altri passi sidoniani (epist. 1, 2, 1; 1, 4, 1; 9, 9, 12; 9, 16, 1). A proposito del rarissimo lecturias di epist. 2, 10, 5 (utilizzato dallo scrittore anche in epist. 7, 18, 4 e 9, 7, 1), la studiosa osserva che il lemma viene scelto (oltre per creare un gioco di parole col precedente lectites), anche per la doppia clausola cretica (fīnĕ lēctūrĭās). Tipico della caleidoscopica prosa sidoniana è anche l’uso metaforico di termini dai più variegati campi semantici. Nell’epist. 2, 7, 2 il Lugdunense ricorre a termini del lessico medico, per riferirsi alla capacità di Explicius di ‘prendersi cura’, come fosse una malattia, di una lite giudiziaria, fornendo giudizi salubri (aegritudini huius…iurgii…salubritate…medicabitur); la studiosa osserva che in epist. 6, 4, 3 una simile metafora medica è utilizzata per la risoluzione di una questione legale (medicina…temperamento…iurgii status). In 2, 11, 1 è presente invece il lessico architettonico, in senso traslato, per lodare ‘le fondamenta’ (fundamenta) del sentimento di amicizia che Sidonio prova per Rustico, analogamente a quanto avviene anche in epist. 3, 1, 2 e 3, 2, 4.

Nel commentare 2, 14, 2 viene notato opportunamente che il poliptoto chiastico frueris rure – nos te fruamur, che tra l’altro riprende una similare enumerazione di piaceri presente in Plinio il Giovane (epist. 5, 18, 1, frueris mari…), stabilisce un parallelismo tra il godimento da parte di Maurisio dei piaceri della campagna e quello sidoniano di quelli dell’amicizia; in tal modo lo scrittore galloromano ribadisce, nella chiusa del liber, il filo conduttore che unisce le varie missive, la superiorità dell’otium rispetto al negotium.

Non manca attenzione ai Realien presenti nel libro; notevole è l’esegesi dei passaggi dell’epistola 2, 2 (i parr. 3-13), in cui l’attenzione del Lugdunense si concentra sulla descrizione degli ambienti e dei dettagli architettonici della sua villa, laddove, a proposito dell’epistola 2, 9, dedicata, come detto, alle ville degli zii, viene evidenziato il procedimento di variatio messo in atto, poiché l’epistolografo sceglie di soffermarsi maggiormente sulle consuetudini della vita aristocratica; viene ben sottolineato (p. 84) che la villa diventa simbolo dello status sociale dei suoi proprietari; Hindermann ricorda (rimandando a Symm. epist. 1, 1) che in epist. 4, 9, 1 Sidonio scrive che la dimora di Vectius rispecchia il suo carattere. A p. 390 osserva che la successione di alcune lettere sembra seguire il corso delle stagioni; la descrizione della villa di Avitaco nell’epist. 2, 2 ha come sfondo temporale l’estate, quella della campagna di Maurisio nella 2, 14, l’inverno.

La traduzione proposta è precisa, molto aderente al testo ed attenta a cogliere le arguzie della dictio sidoniana. In definitiva il pregevole volume sarà di grande utilità per i cultori di cultura antica; esso è corredato di una bibliografia davvero esaustiva (pp. 399-425; unica omissione di rilievo è la già citata edizione commentata di Bellès), dell’Index Locorum (pp. 426-463), dell’Indice dei nomi di persona (pp. 464-468).

 

Notes

[1] Come ho avuto modo di osservare in un contributo, più volte citato dalla studiosa (F. Montone, Vita e svaghi di un aristocratico del V secolo. Il secondo libro dell’epistolario di Sidonio Apollinare, “Salternum” 38-39, 2017, pp. 23-45, spec. p. 37), le due lettere 2, 1 e 2, 13 in realtà non sono dissonanti rispetto al tema centrale degli svaghi e dell’otium della nobiltà galloromana: Seronato è l’antitesi, con i suoi vizi e le sue attività disdicevoli, del perfetto aristocratico, laddove la vicenda altalenante di Petronio Massimo è un monito sul carattere illusorio del potere e sui rischi connessi al negotium (si legga anche quanto scrive l’Autrice a p. xiv).

[2] Ch. Lütjohann (ed.), Gai Solii Apollinaris Sidonii epistulae et carmina, Berlin 1887 (edizione contenuta nei Monumenta Germaniae Historica).

[3] F. Dolveck, The Manuscript Tradition of Sidonius, in G. Kelly – J. Van Waarden, Edinburgh Companion to Sidonius Apollinaris, Edinburgh 2020, pp. 479-542.

[4] Si veda Sidonius Apollinaris, Letters Book 5. 1-10, Text, Translation, and Commentary by G. Marolla, Edinburgh 2023, p. 19.

[5] Mi permetto di rimandare a quanto ho osservato nel mio contributo già citato (sopra, n. 1) (si veda in particolare p. 37) a proposito del verbo conquadro e dei meccanismi di intratestualità sidoniana.

[6] Sidoni Apol·linar, Llettres, vol I [Llibres I-III], Introducció, Text revisat i Traducció de J. Bellès, Barcelona 1997, p. 202, n. 15.

[7] L’espressione fu coniata da A. Loyen, Sidoine Apollinaire e l’esprit précieux en Gaule aux derniers jours de l’Empire, Paris 1943 (si leggano in particolare le pp. 152-153).