BMCR 2023.05.17

Carmina Priapea: griechisch – lateinisch – deutsch

, Carmina Priapea: griechisch - lateinisch - deutsch. Sammlung Tusculum. Berlin: De Gruyter, 2021. Pp. 230. ISBN 9783110751369.

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Il volume di Holzberg, studioso distintosi soprattutto per contributi sul genere epigrammatico, raccoglie agilmente in duecento pagine il materiale poetico di più ampio respiro relativo al dio Priapo. Il volume consta della più completa traduzione in lingua tedesca dei Carmina Priapea (e degli altri componimenti che menzionano la divinità), di una ricca sezione sulla fortuna di Priapo dal tardoantico a oggi e di un’aggiornata bibliografia.

Il lavoro si apre con un’introduzione snella (9˗38): si illustra lo status quaestionis dei CP, una raccolta di 80 epigrammi in lingua latina, tutti convergenti sul tema priapico e opera di un singolo autore («und man darf darin das Werk eines einzigen Autors sehen», 9). Il suo nome, purtroppo, non ci è pervenuto, probabilmente per un voluto occultamento dello stesso data l’oscenità dei versi. Nell’esporre brevemente questi dati (e in particolare concentrandosi sull’unità dell’opera), Holzberg si dichiara concorde con le ipotesi già confluite nel lavoro di Buchheit (9)[1]: la raccolta, secondo la ricostruzione proposta da Holzberg, avrebbe avuto la lunghezza di un solo, intero rotolo di papiro, e sarebbe opera di un’unica mano. A sostegno di questa affermazione, Holzberg asserisce che la dicitura più appropriata sarebbe Libellus Priapeorum, perché, contenendo un totale di 567 versi, la serie di epigrammi avrebbe la dimensione, appunto, di un piccolo liber (9). La posizione dell’autore, tratteggiata in maniera sintetica, si dimostra subito chiara: i CP sono stati composti da un unico autore anonimo e sarebbe più corretto riferirvisi come libellus, per via delle caratteristiche materiali. Nondimeno, Holzberg adotta nel corso del volume (forse per comodità?) la dicitura di Carmina Priapea, sebbene convinto dell’unitarietà dell’opera. Nelle pagine successive (10˗15) si osserva che la monotematicità della raccolta accomuna il CP da un lato alla Μοῦσα Παιδική di Stratone di Sardi (epigrammista del II sec. d. C.), dall’altro ai marzialiani Liber spectaculorum, Xenia e Apophoreta. Secondo Holzberg, inoltre, i CP sono da datarsi dopo Marziale (10), ovvero alla seconda metà del II sec. d. C.; a suo dire tale cronologia sarebbe provata dalla ricorrenza di alcuni stilemi marzialiani (un elenco selettivo è a p. 11): un chiaro rimando, nel carm. 1, a Mart. 1.4 (dove il lettore è invitato a cogliere il lusus della poesia licenziosa); la giustificazione, nell’utilizzo del lemma pedicare, con l’esigenza di schiettezza (vd. carm. 3.9s. Latine dicere), che rimanda al latine loqui di Mart. 1 praef 14. Sebbene Holzberg si dimostri netto su questi punti, la tormentata questione della datazione dei CP non può di certo dirsi risolta. Ma d’altronde l’introduzione (e così l’intero volume) non mira a riaprire le singole questioni cronologiche o filologico-linguistiche, quanto piuttosto a fornire una visione complessiva dell’opera per come è pervenuta e della tradizione critica, tenendo soprattutto presente un pubblico di non esperti. Ciononostante, l’asciuttezza della Einführung è bilanciata da una ricca bibliografia e sitografia (225ss.).

La più grande novità di questo lavoro è quella di aver fornito una traduzione in tedesco completa e aggiornata, di cui si avvertiva certamente il bisogno dopo l’ormai invecchiata edizione di Fischer˗Kytzler (1978)[2]. Bisogna tuttavia menzionare anche l’arioso lavoro di commento per mano di Christiane Goldberg (1992)[3] – provvista di una traduzione in versi liberi degli 80 epigrammi – a cui Holzberg fa riferimento unicamente nella nota al testo (171ss.), senza considerarlo a tutti gli effetti parte della Zweisprachige Ausgbage (in cui menziona solo Fischer˗Kytzler).

Nelle pagine seguenti (10˗16) si enucleano struttura e temi secondari del libellus. Segue una trattazione (16˗21) di taglio storico-letterario e antropologico sul motivo della Strafandrohung (‘punizione’), per poi soffermarsi sull’impotenza di Priapo, motivo dapprima occasionale nei primi carmi, poi sempre più evidente all’interno dei CP[4]. Pregio di questa introduzione è anche di aver illustrato la presenza di Priapo al di fuori dei soli CP: anzitutto (21˗25) le occorrenze nell’Anthologia Graeca; poi nelle iscrizioni di lingua greca e latina, nonché nella poesia latina (31˗38); tali testimonianze sono anche loro oggetto di una traduzione in tedesco nella sezione centrale del libro (98˗167).

L’introduzione si chiude con la nota alla traduzione, che esplica le scelte adottate dall’editore (38˗41). Holzberg dichiara di aver optato, tanto per i CP propriamente detti quanto per gli altri carmi, per una traduzione in prosa: «Alle Dichtungen über Priap, die der vorliegende Band vereinigt, habe ich in deutsche Prosa übertragen» (38). In realtà, Holzberg ha tentato di restituire quantomeno la divisione colometrica, pur non usando un dettato metrico propriamente detto (di cui infra). Altro punto critico illustrato da Holzberg è la resa del turpiloquio greco e latino: la traduzione non è orientata all’eufemismo, ma alla resa in lingua tedesca con termini ugualmente osceni[5].

Passiamo ora al fulcro di questo volume: testo e traduzione dei CP (43˗97) e dei testi letterari ed epigrafici con riferimenti al dio Priapo (98˗167). La nota al testo – come da prassi per la collana Tusculum – è collocata nell’appendice al volume (171˗174), dove figurano le lezioni scelte da Holzberg e, laddove presenti, i discostamenti dall’editio maior dei CP[6] o di altri testi di riferimento (ad es. per l’Anthologia Graeca, Beckby 1965˗1967).

Di notevole interesse è soprattutto il capitolo 3, Priap in Dichtungen anderen Autoren (98˗167): Holzberg raccoglie con ordine le testimonianze, non solo epigrammatiche, relative al dio Priapo, al di fuori del libellus monotematico di cui trattato sopra e senza trascurare le occorrenze epigrafiche. Nello specifico, sono forniti testo, traduzione e commento dei riferimenti a Priapo in: Anthologia Graeca e iscrizioni greche (IG e SEG)[7], Catullo, Furio Bibaculo, Virgilio, Orazio, Tibullo, Ovidio, Marziale, Petronio, testi dell’Appendix Vergiliana[8], Prudenzio, Anthologia Latina ed iscrizioni latine (CIL e CLE)[9]. Come anticipato, la novità di questo volume risiede nella traduzione, in cui Holzberg adotta delle scelte interessanti. L’impressione è che l’autore, in quanto filologo, si tenga assai lontano dalla traduzione artistica, prediligendo una resa ‘a calco’, spesso con inserti ermeneutici; in particolare, spesso viene glossato il sostantivo poena, con indicazione, tra parentesi, dell’atto sessuale a cui il testo allude[10]. A mio avviso, significativa è la traduzione del carm. 68, dove al latino è mescolato il greco per costruire giochi linguistici osceni; Holzberg offre addirittura una doppia traduzione: i termini greci sono traslitterati in alfabeto latino e poi tradotti tra quadre (ad. es. al v. 6 κουλέον reso kouleón [Schwertscheide]. La scelta è singolare poiché non è adottata né dai citati Fischer˗Kytzler né dalla Goldberg. In generale, Holzberg, pur dichiarando nell’introduzione di essersi servito della deutsche Prosa, adotta una soluzione che definirei vicina al verso libero, andando a capo in corrispondenza a ciascun verso. Da segnalare, per la metrica latina, in particolare i casi di Hor. sat. 1.8, ma anche Tib. 1.4, dove l’autore si serve spesso di enjambements repentini.

L’appendice (Anhang, 169˗234) si apre con la nota al testo. Per i CP, Holzberg segnala diversi casi in cui si discosta dalla ormai invecchiata teubneriana di Vollmer del 1923, dimostrandosi sostanzialmente concorde con Gärtner 2007[11]. Quanto all’Anthologia Graeca, diverse sono le differenze da Beckby, in favore di Gow˗Page e dei più recenti lavori ai singoli autori dell’AG (ad es. Ypsilanti 2018; Floridi 2020). Sul versante latino, da segnalare, per Catullo, l’accordo prettamente totale con Mynors, salvo una lezione che segue i codici (173); per Orazio, ma soprattutto per il Catalepton, diversi sono i discostamenti dai rispettivi lavori di Klingner 1959 e Richmond 1966, per lo più in favore dei codici. Quanto a Marziale e Petronio, Holzberg si trova sostanzialmente concorde rispettivamente con le edizioni di Lindsay 1903 (ma non viene menzionato Shackleton Bailey 1990) e di Müller 1995.

Segue l’indice metrico (Versmaße 175s.). Questa sezione è utile sia al neofita che allo studioso più navigato e non è scontato trovarla in un volume che offre sostanzialmente una traduzione bilingue a un pubblico più vasto di quello degli esperti.

Il commento (Erläuterungen, 177˗203) si caratterizza per voci compatte e sintetiche, con un focus per lo più storico-antropologico e antiquario.

Di notevole interesse il capitolo sulla fortuna della figura di Priapo (205ss.). Dopo aver passato al vaglio le testimonianze tardoantiche – in particolare Ausonio e Simmaco – la trattazione abbraccia ariosamente il medioevo e l’età moderna: la riscoperta boccacciana del corpus; il Rinascimento (Antonio Beccadelli, Pacifico Massimo); il Cinquecento italiano (Giovanni della Casa) ed europeo, epoca che segna il termine del ‘monopolio’ della lingua latina sui carmi priapici (211). Holzberg, nel corso della trattazione, getta luce soprattutto sul mondo germanico[12], dimostrando una solidissima conoscenza dei rimandi, più o meno carsici, al tema priapico e segnalando sempre con acribia filologica ogni osservazione al testo di riferimento. Da menzionare, alla fine del capitolo, una brevissima incursione nella letteratura americana, in particolare H. D. (Hilda Doolittle, 220).

In coda, un’agile bibliografia tematica, che tiene conto non soltanto delle edizioni critiche, ma anche della storia degli studi, nonché dei lavori che esulano dallo studio del solo CP (228). Chiude il Namenverzeichnis, che si limita solo ai nomi antichi, mentre forse sarebbe stato più agevole – consideratane l’importanza nell’introduzione ma soprattutto nella sezione sulla ricezione – menzionare anche quelli moderni e contemporanei. Nel complesso, il lavoro di Holzberg si distingue per la sintesi espositiva e l’organizzazione della materia in medaglioni compatti ma chiari, benché non vengano presentate posizioni conclusive su alcune questioni filologiche e trasmissive. Il lettore ideale è uno studioso non esperto che può adesso servirsi di un agile volume con traduzione a fronte e approfondire così la propria conoscenza dei CP anche grazie a una ricca bibliografia e un puntuale indice metrico. Il capitolo sulla Rezeption, invece, è un ottimo saggio rivolto a un pubblico più vasto: sia il neofita che l’esperto (non solo filologo classico), troverà dati puntuali e discussioni interessanti che restituiscono un quadro delle riemersioni del dio Priapo nel mondo occidentale.

 

Notes

[1] V. Buchheit, Studien zum «Corpus Priapeorum», München, Beck 1962.

[2] «Carmina Priapea». Gedichte an den Gertengott. Ausgewählt und Erläutert von B. Kytzler, Übersetz von C. Fischer, Bibliothek der Alten Welt, Zürich/München: Artemis Verlag, 1978. Il lavoro offriva una selezione di carmi e non una completa traduzione in lingua tedesca.

[3] «Carmina Priapea»: Einleitung, Übersetzung, Interpretation und Kommentar / von Christiane Goldberg, Heidelberg, Winter, 1992.

[4] A detta di Holzberg, infatti, la presenza di alcuni rifiuti da parte del dio di accondiscendere alle richieste di alcune puellae (talune un po’ troppo âgées), evidenzierebbero tale problematica: «Hier erhebt sich nun eine weitere Frage: Will er nicht oder kann er nicht?» (17).

[5] Holzberg ironicamente le definisce germanizzazioni delle indecenze greco-latine: «mein Prinzip der Verdeutschung griechisch-römischer Unanständigkeiten» (40).

[6] Vollmer, F. Poetae Latini minores, Bibliotheca Teubneriana, Leipzig 19232.

[7] Nello specifico IG XII.3, 421; 424. SEG 4.59

[8] Nella presentazione del materiale pseudo virgiliano (Priap. 1.2 e 3) Holzberg concorda con Clausen˗Richmond 1966. Invece, il carme intitolato ‘Quid Hoc Novi Est?‘ (Clausen˗Richmond 1966 = fr. 83 Bücheler) viene ritenuto da Holzberg forse pseudo tibulliano (vd. 157 l’indicazione «Ps.-Vergil oder Ps.-Tibull, Priapeum»). Sull’attribuzione non viene fornita ulteriore spiegazione.

[9] Specificamente CIL VI.3708; V.2803; CLE 1504

[10] Vd. per es. carm. 13.2 barbatum furem tertia poena manet reso «den bärtigen Dieb erwartet die dritte Strafe. [gefitk» (sic.) (53).

[11] Ca. 20 casi in totale; ma l’autore concorda anche con Goldberg 1992 (6 casi) e Jackson – Murgia 1996/1997 (8 casi).

[12] Puntuali e ben trattati, in particolare per il XVIII secolo, i riferimenti a Lessing e Goethe (214˗220).