BMCR 2023.05.14

The reception of Thucydides in the theory and practice of Hellenistic historiography

, The reception of Thucydides in the theory and practice of Hellenistic historiography. Tyche supplement, 14. Wien: Verlag Holzhausen, 2021. Pp. 341. ISBN 9783903207530.

Open access

 

Il libro di Marcin Kurpios – liberamente accessibile in pdf – affronta lo spinoso problema della ricezione di Tucidide nella storiografia ellenistica. Esso è suddiviso in cinque capitoli: 1) introduzione; 2) testimonianze di lettori di Tucidide in età ellenistica; 3) ricezione del famoso capitolo metodologico (Thuc. I, 22); 4) presenza di Tucidide nei trattati ellenistici sulla teoria della storiografia; 5) analisi delle qualità narrative dello stile di Tucidide e della loro ricezione nella storiografia ellenistica da Timeo a Plutarco. Le conclusioni sono seguite da un’appendice dove Kurpios ha raccolto e brevemente discusso le citazioni di Tucidide nel trattato Περὶ ἑρμηνείας dello Pseudo-Demetrio. Il volume è inoltre composto da una lista di abbreviazioni, una bibliografia suddivisa in edizioni e commenti di fonti antiche e bibliografia secondaria, nonché due indici (nomi e luoghi, index locorum).

Nell’introduzione Kurpios analizza le poche fonti per la biografia di Tucidide e fornisce le coordinate entro cui intende iscrivere il proprio lavoro nel panorama degli studi tucididei. L’annoso problema nello studio della storiografia greca di epoca ellenistica è ben noto: nessuna opera di uno storico greco tra Senofonte e Diodoro è tramandata per tradizione manoscritta (e dello stesso Diodoro non possediamo interamente tutta l’opera). L’unica eccezione è Polibio, di cui comunque leggiamo integralmente solo i primi cinque libri su quaranta. Il naufragio di tanta letteratura è ancora più evidente se si considera che Dionigi di Alicarnasso, sul finire del I secolo a.C, afferma – con un’espressione certamente iperbolica, ma non per questo meno significativa – che un giorno intero non sarebbe sufficiente neanche per elencare tutti i titoli delle opere storiche composte in epoca ellenistica (Dion. Hal. Comp. IV 30). È dunque necessario affidarsi alla raccolta dei frammenti degli storici greci di Felix Jacoby e dei continuatori della sua opera (Brill’s New Jacoby) e dedicarsi ad un accurato studio degli autori che tramandano i frammenti degli storici greci ellenistici.

Queste premesse sulla tradizione dei testi sono centrali per discutere un libro che si propone di analizzare la ricezione di Tucidide trattando un materiale estremamente complesso e frammentario. Kurpios è ben consapevole di questo problema (19) e cerca di affrontarlo con rigore e cautela, anche se il risultato non è sempre soddisfacente. L’approccio metodologico di Kurpios è principalmente lessicale: la sua analisi si muove su un piano linguistico e contenutistico partendo sempre dal testo di Tucidide per poi passare agli autori che hanno citato Tucidide o si sono ispirati (presumibilmente) al suo metodo storiografico e alle sue scelte stilistiche (21-25). Lo stile e l’approccio di Kurpios ricordano il giudizio che Sebastiano Timpanaro dava del filologo classico Paul Maas in una lettera a Cesare Cases: “nel suo mestiere, era una specie di filologo matematizzante, preoccupato soprattutto del rigore formale delle enunciazioni”.[1] Anche Kurpios sembra preoccuparsi molto del rigore formale delle enunciazioni e cosparge il libro di elenchi puntati che dovrebbero avere lo scopo di chiarire i punti chiave e di sorreggere l’argomentazione (per un caso estremo vd. 142-145). In realtà, in questi elenchi il ragionamento non è sempre stringente e le conclusioni che ne trae non appiano inequivocabilmente valide (e.g. conclusioni sulla “fonte anonima” di Diodoro (73-74) e sul Peri historias di Praxiphanes (208)): a volte è necessario accontentarsi di un giudizio più sfumato e meno preciso, soprattutto quando mancano elementi probanti.

Nel secondo capitolo Kurpios analizza diligentemente una serie di autori che hanno avuto a disposizione il testo di Tucidide, da Cratippo ad Agatarchide, da Teofrasto a Polibio fino a Diodoro Siculo. È analizzato anche l’autore delle Elleniche di Ossirinco in quanto ritenuto spesso un continuatore di Tucidide e identificato a volte con Cratippo, altre con Teopompo (38-40). Tuttavia, la trattazione del materiale papirologico non sembra essere all’altezza del rigore e attenzione ai testi riscontrabile nel resto del libro. Oltre ad alcuni refusi, la bibliografia sulle Elleniche di Ossirinco lascia abbastanza a desiderare.[2] Le tre pagine dedicate agli unici due papiri di Tucidide di epoca ellenistica non mostrano passi avanti (41-43). Infine, stupisce la sola menzione di un articolo di J. Irigoin nella discussione sulla trasmissione dei testi antichi su papiro (32). Ci sono però anche aspetti innovativi in questa sezione, come la trattazione dell’attidografo Filocoro e del suo rapporto con Tucidide (76-87): un tema su cui gli studiosi precedenti non si sono soffermati spesso dopo Jacoby, ma che risulta importante sia per la ricezione di Tucidide sia per l’approccio al metodo storiografico di Filocoro.

Il terzo capitolo si apre con una lunga discussione sul Methodenkapitel di Tucidide (92-110, ma anche 110-118 dedicate a Thuc. I, 23, 4-6) su cui è obiettivamente arduo dare un’interpretazione nuova e/o innovativa considerata la mole bibliografica dedicata a queste poche righe. Nelle pagine successive del capitolo, Kurpios discute alcune possibili reazioni da parte di storici ellenistici alla sezione metodologica di Tucidide: l’unico autore su cui si possano fare delle proposte valide sembra essere Polibio, mentre per i frammenti di Callistene, Ieronimo di Cardia, Agatarchide e Posidonio, Kurpios è consapevole  di muoversi su un terreno molto scivoloso dove è spesso necessario presupporre un tacito rimando al Methodenkapitel tucidideo.

Nel quarto capitolo, che è anche quello più problematico del libro, Kurpios analizza i trattati intitolati Περὶ ἱστορίας di età ellenistica. Le fonti a nostra disposizione su questi trattati attribuiti a Teofrasto, Prassifane, Metrodoro di Scepsi, Teodoro di Gadara e Cecilio di Calatte non permettono in realtà alcuna speculazione sul loro contenuto. Anche il ben noto passo di Cicerone che cita un giudizio di Teofrasto su Erodoto e Tucidide (Cic. Orat. 39 = Theophr. fr. 687 Fortenbaugh) non si può ascrivere con certezza al Περὶ ἱστορίας, ma potrebbe appartenere benissimo al Περὶ λέξεως. Kurpios discute la questione (196-202), ma non sembra portare elementi validi per supportare la sua ipotesi che il frammento appartenga al Περὶ ἱστορίας di Teofrasto. Il problema rimane aperto per mancanza di elementi a nostra disposizione. Kurpios continua l’analisi definendo l’Epistola a Pompeo di Dionigi di Alicarnasso un tipo di Περὶ ἱστορίας: l’ipotesi non è peregrina, ma essa non offre nuovi spunti interpretativi su Dionigi o sulla ricezione di Tucidide in età ellenistica.

Infine, il quinto capitolo è focalizzato sulle rappresentazioni delle emozioni in Tucidide, con particolare attenzione ai termini πάθος ed ἐνάργεια. In questo capitolo la fanno da padrone Dionigi di Alicarnasso – per via della trattazione che egli offre di Tucidide nei suoi trattati retorici – e Plutarco, nello specifico De glor. Ath. 346f-347c e Nic. 1.1 dove Tucidide è nominato esplicitamente (231-249). Sono poi trattati rapidamente singoli frammenti di Timeo, Duride e Agatarchide, nonché alcuni paralleli verbali tra la descrizione della battaglia nel porto di Siracusa in Tucidide e tre passi di Polibio già individuati da Walbank nel commento a Polibio I 44, 5.

Dopo aver sommariamente discusso il contenuto del libro di Kurpios, è necessario spendere qualche parola su alcune questioni specifiche. Kurpios parte dal presupposto che il termine “Hellenistic” abbia un’accezione cronologica rigida e appena deve trattare un autore che supera il limite dell’età ellenistica (cioè post 31 a.C.) si dilunga in una forma di excusatio non petita per spiegare come mai ha incluso nella sua trattazione autori quali Diodoro, Dionigi di Alicarnasso e Plutarco. Ovviamente si tratta di autori che avevano a loro disposizione testi di epoca ellenistica e le cui interpretazioni risentono dei lavori di autori e studiosi precedenti. Il problema in realtà è legato alla scelta di focalizzare l’attenzione esclusivamente sulla storiografia ellenistica. Forse un approccio più generale alla letteratura e cultura di età ellenistica, come nel libro di J. Priestley,[3] sarebbe stato più proficuo. Altra questione cronologica è legata all’autore del Περὶ ἑρμηνείας noto come Pseudo-Demetrio: Kurpios sostiene, seguendo Grube,[4] che questo testo appartenga al III secolo a.C., ma tale datazione è discutibile: molti studiosi precedenti e successivi a Grube lo ascrivono al I secolo a.C.[5]

Una questione ricorrente è l’esasperata ricerca delle fonti, specialmente nel caso di Diodoro (61-72) e Fozio (158-164), ma anche di altri autori: sono pagine che hanno un sapore di Quellenforschung e non offrono al lettore nulla più che ipotesi non verificabili. Un altro approccio ricorrente e problematico di Kurpios è di fa risalire tutte le riflessioni stilistiche su Tucidide alla scuola peripatetica e, in ultima analisi, a Teofrasto. Certo, Teofrasto deve aver discusso Tucidide in qualche sua opera, ma il naufragio di tanta parte della letteratura tecnica e retorica di epoca ellenistica non permette di scartare altre ipotesi né di attribuire tutto all’ambito peripatetico.

Nel considerare la tradizione antica del testo di Tucidide, Kurpios sembra voler sempre accertare il luogo in cui ciascun autore ha avuto accesso al testo tucidideo, finendo inevitabilmente per ipotizzare due luoghi in cui le copie potevano essere reperibili: Atene o Alessandria. Sono i due centri principali per la trasmissione dei testi in epoca ellenistica, ma Kurpios non prende in considerazione l’esistenza di copie private, che naturalmente sono più difficili da identificare, ma che non si possono escludere a priori.

Si riscontra l’assenza nella bibliografia finale di alcuni titoli citati nelle note, tra cui si segnalano in part. Luraghi 2017[6] e Pelling 2009.[7] Tra le mancanze bibliografiche più evidenti è da segnalare il Lexicon Historiographicum Graecum & Latinum: i volumi finora pubblicati contengono trattazioni di termini che sarebbero risultate utili ai fini dello studio di Kurpios, come la voce ἀκριβής di U. Fantasia o αὐτοπάθεια di A.L. Chávez Reino.[8] Stupisce anche l’assenza di qualsivoglia riferimento a T. Rood, Thucydides. Narrative and Explanation, Oxford 1998. Su Eforo manca l’imponente libro di G. Parmeggiani e non è nemmeno citato un volume da lui curato sulla storiografia in epoca post-tucididea.[9] Per i titoli dei testi antichi su papiro si veda ora E. Castelli, La nascita del titolo nella letteratura greca, Berlin-Boston 2020, 208-229. Per la trattazione di Tucidide negli scritti retorici di Dionigi di Alicarnasso: I. Matijašić, Shaping the Canons of Ancient Greek Historiography, Berlin-Boston 2018, 66-102 e 133-148. Su Dionigi di Alicarnasso va aggiunto il volume Dionysius of Halicarnassus and Augustan Rome, ed. by R. Hunter & C. de Jonge, Cambridge 2018. L’autore di questa recensione è ben consapevole che si tratta di libri piuttosto recenti e che la mole di pubblicazioni su Tucidide ha raggiunto ormai livelli preoccupanti: questa breve lista non è intesa come una critica a Kurpios ma come integrazione alla sua, comunque esauriente, bibliografia. Infine, nel libro si riscontra un numero abbastanza elevato di refusi che non vale la pena elencare in questa sede.

Scrivere un libro sulla ricezione di Tucidide in epoca ellenistica è impresa ardua che pochi avrebbero il coraggio di intraprendere. Bisogna riconoscere a Kurpios una sana spregiudicatezza nell’affrontare un tema così complesso non solo per lo stato delle nostre fonti, ma anche per le numerose opinioni espresse da eminenti studiosi almeno a partire dalla dissertazione di Strebel, Wertung und Wirkung des Thukydideischen Geschichtswerkes in der griechisch-römischen Literatur, München 1935. Nell’ultimo paragrafo delle conclusioni troviamo la seguente affermazione: “my findings confirm the initial thesis of my enquiry, that in the Hellenistic age Thucydides was neither abandoned nor ignored” (277). Considerata la natura frammentaria della documentazione, è facile che partendo da una tesi iniziale si vada a confermare proprio quella tesi che si voleva dimostrare. In generale, ritengo che le conclusioni di Kurpios siano corrette e che Tucidide sia stato ampiamente letto e studiato in età ellenistica, come hanno messo in evidenza gli importanti lavori di S. Hornblower e R. Nicolai.[10] Ma per poterlo affermare è necessario considerare aspetti più generali del pensiero e della cultura antica.  

 

Notes

[1] C. Cases-S. Timpanaro, Un lapsus di Marx. Carteggio 1956–1990, a cura di L. Baranelli, Pisa 2004, 279.

[2] Si segnala E. Occhipinti, The Hellenica Oxyrhynchia and Historiography, Leiden-Boston 2016, autrice anche di una recentissima edizione dello stesso testo per i Frammenti degli storici greci, Tivoli 2023, ovviamente uscita dopo la pubblicazione del libro di Kurpios.

[3] Herodotus and Hellenistic Culture, Oxford 2014.

[4] A Greek Critic: Demetrius On Style, Phoenix 1961.

[5] Cf. almeno P. Chiron, Un rhéteur méconnu : Démétrios (Ps. Démétrios de Phalère), Paris 2001.

[6] ‘Xenophon’s Place in Fourth-Century Greek Historiography’, in M. Flower (ed.), The Cambridge Companion to Xenophon, Cambridge 2016, 84-100.

[7] ‘Thucydides’ Speeches’, in J. Rusten (ed.), Thucydides, Oxford 2009, 176-187, pubblicato originariamente in C. Pelling, Literary Texts and the Greek Historians, London 2000, 112-122.

[8] Rispettivamente in LHG&L vol. 1, 2004, 36-66 e vol. 2, 2007, 113-123.

[9] G. Parmeggiani, Eforo di Cuma, Bologna 2011; Id. (ed.), Between Thucydides & Polybius: The Golden Age of Greek Historiography, Washington DC 2014.

[10] S. Hornblower, ‘The Fourth-Century and Hellenistic Reception of Thucydides’, JHS 115, 1995, 47-68 (ristampato in S. Hornblower, Thucydidean Themes, Oxford 2010, 286-322); R. Nicolai, ‘ΚΤΗΜΑ ΕΣ ΑΙΕΙ. Aspetti della fortuna di Tucidide nel mondo antico’, RFIC 123, 1995, 5-26 (traduzione inglese: ‘Ktema es aiei. Aspects of the Reception of Thucydides in the Ancient World’, in J.S. Rusten (ed.), Thucydides, Oxford 2009, 381-404).