BMCR 2022.11.13

Les spectateurs des jeux du cirque à Rome (du Ier siècle a.C. au VIe siècle p.C.)

, Les spectateurs des jeux du cirque à Rome (du Ier siècle a.C. au VIe siècle p.C.): passion, émotions et manifestations. Scripta antiqua, 133. Bordeaux: Ausonius éditions, 2021. Pp. 385. ISBN 9782356133458. €25,00.

Il libro di Sylvain Forichon, come evidenziato nella succinta prefazione di Sinclair Bell, rappresenta in qualche modo una novità nell’ambito degli studi sul circo romano, in quanto sposta l’attenzione dell’osservatore dalla statica dimensione architettonica, o dalla turbinosa dimensione agonistica, verso il pubblico, cercando di cogliere le dinamiche emotive di questo, anche attraverso il confronto con il pubblico delle grandi manifestazioni sportive contemporanee, in particolare quelle calcistiche, accomunate a quelle circensi dalla presenza di fazioni organizzate di supporters[1].

Dopo i ringraziamenti di rito, rivolti in particolare, ma non solo, alla notevole scuola francese fiorita negli ultimi decenni sulla tematica circense[2], l’autore passa in rassegna nella introduzione la storia degli studi a partire dalla fine del XIX secolo, anche in relazione alla diversa qualità delle fonti utilizzabili a questo proposito. Riferimento necessario al lavoro del Forichon è anche il sorgere e lo sviluppo di una scuola accademica di ‘storia delle emozioni’, che sino ad ora si era esercitata in altri contesti. L’autore si prefigge due obiettivi: da una parte analizzare la tipologia delle emozioni nell’insieme degli spettacoli ai quali si assisteva nel circo[3]. L’altro obiettivo, di carattere antropologico, è più ambizioso, e si propone di spiegare in termini razionali la passione provata dallo spettatore di giochi circensi, anche alla luce anche degli studi moderni sui comportamenti di massa in ambito sportivo.

Lo studio viene pertanto suddiviso in tre parti, delle quali la prima è consacrata alla rappresentazione degli spettatori e dei loro comportamenti ed emozioni nella letteratura e nell’arte antica. La seconda è una trasposizione in termini antropologici degli stati sensoriali ai quali lo spettatore antico era esposto, nel corso di una giornata circense. Infine la terza parte tratta della stretta relazione esistente, in età imperiale, fra il circo e l’imperatore e della utilizzazione da parte di questo del circo come mezzo privilegiato di comunicazione con la plebe urbana. Tale funzione perdurerà fino al regno ostrogoto di Teodorico e dei suoi successori.

Nella prima sezione è quindi ripercorsa la documentazione sul circo, nella sua ricchezza e varietà, evidenziando nelle fonti, letterarie e artistiche, la dimensione specifica del pubblico[4]. Le testimonianze degli antichi autori, da Giovenale a Plinio il Giovane, da Luciano ad Ammiano Marcellino sono spesso rivelatrici di quello che il Forichon chiama ‘snobismo intellettuale’, cioè il distacco dichiarato dalla passione viscerale per l’evento circense condivisa dalla stragrande maggioranza dei Romani ed in alcuni casi anche dai loro stessi imperatori; un passo di Cicerone smaschera tuttavia, almeno in parte, tale snobismo come un atteggiamento di maniera[5]. Un posto a sé stante merita la considerazione degli effetti dell’evento circense sull’essere umano da parte degli autori cristiani, a cominciare dall’opera di Tertulliano, il De spectaculis: in essa l’autore, nell’intento di allontanare i Cristiani dal circo, fonte di traviamento delle anime attraverso l’induzione del furor circensis, evidenzia il carattere fortemente idolatrico (e quindi diabolico) di tale dimensione. La polemica è ripresa in altri autori contemporanei, quali Minucio Felice e Novaziano, benché mancassero nella tradizione biblica appigli specifici ad una interdizione e, fra gli stessi Cristiani, alcuni gaudenti si richiamavano alla figura di Elia designandolo come ‘l’auriga di Israele’. La polemica venne ripresa da autori cristiani del IV e V secolo d.C., ma non portò alla abolizione dei giochi circensi, casomai alla loro ‘cristianizzazione’. Passando alla rappresentazione del pubblico nella documentazione artistica Forichon evidenzia come, ovviamente, la rappresentazione del pubblico sugli spalti del Circo Massimo o di altri circhi sia limitata ad una dimensione simbolica quali le figure dei giudici, oppure allo editor dei giochi, o di altri spettatori d’eccezione. In un caso tuttavia abbiamo l’apparizione di una vera e propria folla costituita da spettatori ridotti però all’anonimato e raffigurati nella dimensione di punti. Solo nel basso impero, ad es. nel mosaico di Piazza Armerina in Sicilia, o in quello di Gafsa, in Africa, abbiamo una rappresentazione maggiormente articolata del pubblico. Si inserisce a questo punto la parte più innovativa, ma forse anche maggiormente rischiosa del lavoro, il confronto fra gli spettatori del circo romano e quelli dei moderni stadi del football. Esiste ormai una discreta letteratura a commento sociologico di episodi di turbolenza calcistica, quali la strage verificatasi nello stadio Heysel di Bruxelles in occasione della finale 1985 di UEFA Champions League fra Liverpool e Juventus. A prescindere dalla scientificità di tali studi, inverificabili nelle conclusioni circa le cause scatenanti della violenza, il confronto in realtà non sussiste, dal momento che – contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare – il circo romano non offrì in realtà – almeno stando alla nostra documentazione raccolta – episodi di violenze tra spettatori paragonabili a quelli moderni.[6]

Nella seconda parte del lavoro si passa perciò alla ricognizione in chiave antropologica, scientifica e astratta, circa la esposizione degli spettatori a stimoli sensoriali di vario genere, quasi in forma incosciente, fino ad incorrere nel deprecato furor circensis di cui parlano le fonti, cristiane e non. In questa sezione si trovano raccolte anche le informazioni relative alle fazioni circensi, secondo alcuni istituite per interessamento di Agrippa, ma delle quali ad esempio non è parola nei due estesi passaggi ovidiani che con il circo hanno a che fare. Benché il Forichon faccia frequente riferimento all’uso delle scommesse, in realtà è questo uno degli aspetti su cui siamo meno precisamente informati. Benché la parola sponsio affiori qua e là in alcuni autori in contesti circensi[7], nessuna di queste allusioni fa riferimento alla vincita o alla perdita di denaro, né compare mai il riferimento alla esistenza di allibratori o ad un sistema centralizzato di scommesse, per cui possiamo al massimo ipotizzare che si tratti di scommesse di carattere privato fra due contraenti, al modo del litigio omerico fra Aiace Oileo ed Idomeneo cretese, che animatamente discutono su chi stia conducendo la gara delle bighe nel corso dei giochi per Patroclo, e propongono di scommettere fra di loro un oggetto prezioso, un tripode o un lebete.[8] Inoltre una scommessa basata sulla previsione del vincitore sembra esclusa dal sistema delle fazioni, che richiede un supporto incondizionato al proprio team e non una scelta ‘tecnica’ del vincitore. Che tuttavia i risultati delle corse venissero pubblicati negli acta diurna o in altra sede, per poi venire archiviati è dimostrato dalle iscrizioni in onore degli aurighi che riportano con molta esattezza il numero delle vittorie e dei premi conseguiti, ma anche una serie di statistiche accessorie relative alla modalità della vittoria. In questa sezione del libro trovano largo impiego anche espressioni concettuali come ‘paesaggio sonoro’ e ‘paesaggio olfattivo’ per sottolineare la varietà degli impulsi ai quali lo spettatore dei giochi circensi si trovava esposto. Ancora si tratta della ripartizione dei posti sulle gradinate, con la distribuzione in luoghi separati dei diversi ceti sociali. Una forza pubblica era presente per mantenere l’ordine e reprimere gli abusi. Discussa, come si sa, è la capienza globale dell’impianto del Circo Massimo, con stime che variano fra i 150 ed i 350 mila spettatori. Una attenzione particolare è dedicata a quei momenti, la pompa circensis ed il sorteggio delle posizioni di partenza, che precedevano l’inizio vero e proprio della gara. Alcune elaborazioni grafiche, assieme ad alcune immagini tratte dalla documentazione musiva, permettono di stabilire il rapporto che intercorreva fra lo spettatore e la gara, a partire dalla premessa – presentata forse in maniera troppo perentoria – che non fosse possibile vedere tutto da tutti i luoghi, ma che vi fossero comunque e per tutti limitazioni al campo visivo. Un problema che ci potremmo porre è da dove assistesse alla gara l’imperatore. La soluzione che si dà per scontata è che egli assistesse alla gara dal cosiddetto pulvinar, un tempio presente sulla tribuna, dal lato del colle Palatino, nel quale prendeva posto accanto alle divinità della pompa e ad altri membri della famiglia imperiale. Tale postazione aveva tuttavia il difetto di porre l’imperatore non sul lato in cui avveniva l’arrivo ma su quello opposto, dal quale, secondo lo stesso Forichon, la vista era parzialmente ostruita dalla presenza dei monumenti elevantisi sulla spina (o Euripus). D’altra parte risulta che, almeno agli inizi della età imperiale, l’arena del circo fosse ben visibile anche da abitazioni private[9], cosa che sembra contraddire l’idea del circo come uno spazio interamente chiuso, quale forse in seguito divenne. Sono qui anche passate in rassegna dal Forichon le diverse forme di spettacolo, oltre alle gare dei carri (cacce, cursores, forme di combattimento), ciascuna producente i suoi ‘stimoli sensoriali’ a suggestione dello spettatore: nel corso delle cacce costoro erano forse addirittura autorizzati a scendere sulla pista e a raccogliere la selvaggina uccisa dai cacciatori professionisti che si erano cimentati. Un passaggio molto suggestivo raccolto da un’opera del retore alessandrino Apione[10], ci racconta la storia a lieto fine dello schiavo fuggitivo Androclo che, catturato e poi dannato ad bestias, ritrovò sull’arena il leone al quale aveva tolto una spina e con il quale aveva condiviso una grotta nel deserto per alcuni anni, prima di tornare alla civiltà. Insomma nel circo non ci si sarebbe annoiati, se non per la stessa sazietà delle emozioni.

L’ultima sezione è dedicata alla figura dell’imperatore nella relazione con il pubblico dei ludi circenses: è accompagnata da una tabella, posta in appendice al volume, riassuntiva delle manifestazioni del pubblico che ebbero luogo in occasione di giochi circensi. Si comincia dai ludi per le vittorie di Pompeo, in cui la strage degli elefanti suscitò il malcontento degli spettatori, per passare al ricordo di fatti più o meno ordinari (la distrazione di Cesare, la contestazione subita da imperatori che si schieravano apertamente per una fazione[11]), oppure ritenuti premonitori di azioni future o già in corso.[12]

Per concludere: l’opera del Forichon è un’opera ben documentata sul circo romano, con una particolare enfasi sul pubblico, esaminato attraverso l’uso di tutte le fonti possibili, letterarie e figurative, ma anche con gli strumenti messi a disposizione dalla sociologia, applicata alle manifestazioni sportive della società moderna.[13]

 

Notes

[1] Il confronto non viene esteso ad altre forme sportive moderne, quali le gare ippiche (p. 92) o quelle automobilistiche, che più direttamente, dal punto di vista agonistico, rappresentano la continuazione moderna degli antichi giochi circensi.

[2] Ricordo gli atti dei convegni di studi editi a Lattes 1990 da Chr. Landes (ed.), Le cirque et les courses de chars. Rome-Byzance, ed a Bordeaux 2008 da J. Nelis-Clément – J.-M. Roddaz, Le cirque romain et son image, tutti i lavori di J.-P. Thuillier ed anche (esclusivamente per l’ambito greco) i recenti atti del convegno di Atene editi da J.-Ch. Moretti e P. Valavanis, Les hippodromes et les concours hippiques dans la Grèce antique, Atene 2019.

[3] Non solo gare di carri dunque, ma anche corse di desultores, caroselli della Troia, venationes.

[4] L’autore fornisce in appendice, a sussidio del lettore, una raccolta di venti testi campione (corpus textuel) presentati in lingua originale con traduzione francese, e una serie di 19 tavole, di cui molte a colori, relative alla documentazione archeologica del pubblico circense.

[5] Cic. pro Mur. 19, 38-40, citato a p. 38.

[6] P. 175: ‘nous n’avons connaissance, du moins au regard de notre documentation, d’aucun affrontement de grande ampleur dans les cirques de Rome durant l’époque impérial’. È tuttavia il caso di ricordare, benché non si tratti di un contesto circense, la grande rissa avvenuta nell’anfiteatro di Pompei nel 59 d.C.

[7] Petron, Sat. 70, 13; Mart. XI, 1, 15; Iuven. XI, 201; Tertull. de spect. 16, 1.

[8] Hom. Il. XXIII, 473-487. A giudice della scommessa viene eletto Agamennone, ma messa infine non ha luogo a causa dell’intervento di Achille, editor dell’evento.

[9] Cfr. Suet. 45, 1.

[10] Cfr. Gellius, Noctes Atticae V, 14, 1-30.

[11] Suet. Vit. 14, 3; Hist. Aug. Ver. 14, 2. Marc. Aurel. I, 5, 1, si compiacque di non favorire alcuna delle due fazioni.

[12] Ad es. la vittoria di un cavallo chiamato Pertinace (Cassius Dio, LXXIV, 4).

[13] Nel corso della lettura non ho trovato refusi di particolare rilevanza.