BMCR 2022.04.31

Ammonio di Alessandria: Frammenti

, Ammonio di Alessandria: Frammenti. Diotima. Studies in Greek philology, Bd. 2. Baden-Baden: Academia Verlag, 2020. Pp. 214. ISBN 9783896658111. €44,00.

Questo volume, il secondo della collana “Diotima. Studies in Greek Philology” diretta da Mauro Tulli, colma un vuoto: la mancanza di un’edizione critica e di uno studio complessivo delle testimonianze su Ammonio di Alessandria e dei frammenti relativi alla sua attività erudita. Centrale nella storia della filologia classica per il ruolo di successore di Aristarco che gli viene attribuito dalle fonti, fu ritenuto da Didimo testimone attendibile nei casi di ambiguità nella tradizione relativa all’attività critica di Aristarco. L’opera di Ammonio è stata studiata soprattutto in relazione al problema dei prodotti esegetici di Aristarco, ma questa figura di filologo è notevole anche per l’ampio spettro di interessi che, pur nell’estrema frammentarietà e limitatezza della tradizione, emerge dal materiale antico che lo riguarda. Studiare l’opera di Ammonio in tutte le sue specificità consente anche di gettare uno sguardo sull’attività scientifica della σχολή di Aristarco dopo la morte del maestro.

Dopo la prefazione di René Nünlist, un’utile introduzione affronta i problemi principali sollevati dall’opera di Ammonio. La tradizione degli studi viene discussa alla luce delle più innovative interpretazioni proposte nei commenti alle testimonianze e ai frammenti. Le testimonianze, dopo quelle sulla vita di Ammonio, sono ordinate secondo la cronologia dell’autore oggetto di esegesi, da Omero a Platone. I frammenti sono suddivisi anch’essi secondo la cronologia degli autori discussi da Ammonio e sono di volta in volta preceduti dal testo cui si riferisce il frammento. I frammenti su Omero sono ordinati secondo la successione dei versi dell’Iliade e dell’Odissea (F1-F16*); se l’interpretazione di POxy 3722 è corretta, F17* riguarda Anacreonte; i frammenti su Pindaro sono ordinati in base alla successione di origine alessandrina degli epinici (F18-F24); quelli su Aristofane seguono il criterio della data di messa in scena delle commedie: F25 occupa la posizione di apertura dei frammenti di ambito comico poiché in esso compare il nome dell’opera sui Κωμῳδούμενοιdalla quale, nell’interpretazione dell’Autrice, possono essere tratti gli altri (F26-F28); un frammento papiraceo di commento a un’opera ignota chiude la sequenza (F29); F30 deriva dallo scritto su Platone; segue infine un frammento da opera incerta (F31). I commenti alle testimonianze e ai frammenti sono la parte più consistente del volume. Seguono l’indice dei passi e una ricca bibliografia.

Le poche notizie tramandate sulla vita di Ammonio (T1a-c, T2, T3) si concentrano sulla sua pertinenza alessandrina e sul suo ruolo di successore alla guida della scuola di Aristarco, attività di cui l’Autrice cerca di delineare la fisionomia. Anche l’epiteto Ἀριστάρχειος, che lo identifica in Schol. Hom. Il. 10, 397-399b (T4a = F6b), non svolge solo la funzione di distinguerlo da altri intellettuali omonimi, ma anche quella di marcare la vicinanza con il maestro, accreditandone l’autorevolezza e l’affidabilità come fonte per i ripensamenti di Aristarco sul testo omerico. Negli scolî all’Iliade questo epiteto è peculiare di Ammonio e non viene attribuito ad altri allievi di Aristarco.[1] Poiché è leggibile anche in POxy3722 fr. 33 (T4b* = F17*), probabilmente un commento ad Anacreonte, Maehler vi ha dubitativamente integrato il nome di Ammonio: Ἀμμώ]νιος ὁ [Ἀρ]ιστάρχειος ἀθετεῖ. L’Autrice sottolinea che in Schol. Hom. Il. 10, 397-399b (T4a = F6b) l’autorità di Ammonio serve per un caso di atetesi problematica di Aristarco[2] (si veda anche T8 = F9) e suggerisce che anche qui Ammonio potesse essere menzionato come fonte per l’esegesi anacreontica del maestro, citato poco prima nello stesso papiro (POxy 3722 fr. 20.4).

Una parte cospicua della trattazione riguarda l’esegesi omerica, in particolare il tentativo di ricostruire il contenuto delle opere di Ammonio dedicate al lascito di Aristarco. La questione che ha suscitato maggiormente l’interesse della critica è il rapporto tra i due titoli tramandati per Ammonio, relativi all’attività ecdotica di Aristarco su Omero: Περὶ τοῦ μὴ γεγονέναι πλείονας ἐκδόσεις τῆς Ἀρισταρχείου διορθώσεως (T7 = F6a) e Περὶ τῆς ἐπεκδοθείσης διορθώσεως (T8 = F9).[3] L’interpretazione di questi titoli è particolarmente difficile per l’estrema sintesi e lacunosità delle fonti, ma anche perché il problema della quantità delle ἐκδόσεις di Aristarco è strettamente legato a quello della forma materiale della sua διόρθωσις e a quello della quantità degli ὑπομνήματα da lui composti per il testo omerico. Didimo infatti menziona commentari redatti da Aristarco sulla base del testo di Aristofane di Bisanzio (Schol. Hom. Il. 2, 133a: ἐν τοῖς κατ’ Ἀριστοφάνην ὑπομνήμασιν Ἀριστάρχου) e commentari sempre di Aristarco che definisce ‘perfezionati’ (Schol. Hom. Il.2, 111b: ἔν τινι τῶν ἠκριβωμένων ὑπομνημάτων, F1 = T3). Aristarco studiò costantemente il testo omerico durante tutto il suo scolarcato producendo diversi tipi di interventi esegetici, poi lasciò Alessandria senza farvi ritorno. Questa contingenza determinò una situazione di grande incertezza riguardo al numero di testi omerici da lui curati, ed eventualmente resi pubblici, e di confusione sull’interpretazione di singoli punti che potevano essere stati trattati a più riprese nelle sue opere, ma anche discussi con gli allievi. Dai titoli attribuiti ad Ammonio, successore nella scuola, si evince l’intenzione di fare chiarezza sull’opera del maestro. Questa volontà viene correttamente recepita dalle fonti successive, che riconoscono agli scritti aristarchei di Ammonio una funzione dirimente rispetto alle opinioni del maestro nei casi di ambiguità (F1, F6a-b, F9). È molto interessante l’esempio degli scolî tramandati per Il. 10, 397-399 (F6a-b). In Schol. Hom. Il. 10, 397-399a Didimo afferma che i tre versi in questione devono essere atetizzati “se si deve prestare una qualche fiducia ad Ammonio, il successore nella scuola, che dice ciò nel trattato Sul fatto che non esistettero più edizioni della διόρθωσις di Aristarco”. In Schol. Hom. Il. 10, 397-399b (x), citando dalla Tetralogia di Nemesione, la fonte avverte che non è possibile dagli ὑπομνήματα scoprire la causa degli obeloi apposti da Aristarco, ma che Ammonio l’Aristarcheo dice che in un primo momento Aristarco segnò tali versi con le stigmai, quindi come dubbi, risolvendosi successivamente per un intervento più drastico, apponendo gli obeloi. Questi scolî testimoniano che Didimo cita Ammonio come autorità dirimente per individuare il pensiero definitivo di Aristarco su una questione controversa; inoltre testimoniano che Ammonio era in grado di ricostruire anche i diversi interventi di Aristarco succedutisi nel tempo, non solo di indicare la sua scelta finale. L’ultima parte dello Schol. Hom. Il. 10, 397-399b (x) presenta due possibili ragioni per l’espunzione, un argomento grammaticale e uno basato sulla ripetizione in un altro passo omerico, introdotte significativamente dall’avverbio τάχα ‘forse’, ‘probabilmente’. Questa parte, se non è un’aggiunta successiva, testimonia che neanche Ammonio conosceva con sicurezza le motivazioni di Aristarco.

I frammenti di Ammonio che dimostrano un’analisi del testo omerico che prescinde dalla delucidazione delle opere del maestro si trovano in alcuni scolî all’Iliade (F2, F4a-b, F5a-b, F8), negli Epimerismi omerici (F7) e in un testo papiraceo (MP3 1039) recante i versi 267-497 del terzo libro dell’Odissea, accompagnati da marginalia esegetici (F10*-F16*), ammesso che l’abbreviazione Ἀμ(), che vi si trova, si riferisca ad Ammonio di Alessandria. Una parte di questo materiale deriva dal trattato Πρὸς Ἀθηνοκλέα, una ἀντιγραφή nella quale, prendendo le mosse dagli scritti di Atenocle di Cizico, attivo intorno al III-II sec. a.C. e già bersaglio delle polemiche di Aristarco, Ammonio poteva discutere singoli punti dei poemi, ma anche temi di più ampia portata. L’attenzione all’usus omerico (F2, F5) si colloca certamente sulla scia dell’impostazione ermeneutica del maestro, ma altrove Ammonio si distacca dall’opinione di Aristarco proponendo una via esegetica indipendente (F4a-b, F7). La qualità del suo lavoro ecdotico, soprattutto quando si trova in polemica con Aristarco, testimonia che egli svolse un ruolo attivo nel dibattito filologico contemporaneo, anche in riferimento ai predecessori.

Negli scolî agli Epinici di Pindaro il nome di Ammonio compare senza ulteriori specificazioni, quindi non è possibile un’identificazione certa. L’Autrice propone di attribuire ad Ammonio di Alessandria tutte le occorrenze, per la vicinanza dei temi trattati con quelli testimoniati da altri frammenti e perché le sue citazioni compaiono spesso accanto a quelle di vari eruditi alessandrini. Un frammento riguarda la classificazione di un’ode come Olimpica, problema che fu al centro di un ampio dibattito nella scuola di Alessandria (F19);[4] un altro contiene il residuo di una polemica contro il grammatico alessandrino Cheride, che sembra di riconoscere anche in un frammento sulla commedia (F29); altrove c’è una spiegazione del testo in riferimento al rapporto con il committente, di contro a un’interpretazione di Aristarco che vi vede una dichiarazione di poetica (F24). Questi frammenti delineano un quadro coerente di presenza attiva nella discussione erudita interna alla scuola alessandrina. Temi vicini agli interessi della scuola emergono anche dagli altri frammenti di esegesi pindarica: la spiegazione di un’espressione in senso metaforico (F18), l’accenno alla tradizione mitico-geografica (F20-F21), la ricerca di fonti e precedenti letterari (F22-F23).

Il nome di Ammonio compare spesso, nelle fonti, privo di precisi identificativi. L’Autrice discute quindi nei commenti alle testimonianze e ai frammenti le singole attribuzioni, ma per uno sguardo d’insieme è utile il prospetto che, nell’introduzione, descrive brevemente le caratteristiche degli altri Ammonio che possono essere confusi con l’Aristarcheo.

Negli scolî ad Aristofane è attribuita ad Ammonio un’opera dal titolo Κωμῳδούμενοι, probabilmente una ἀναγραφή, suddivisa in libri, che aveva lo scopo di restituire la precisa identità di personaggi storici sui quali si giocava l’ironia comica, ma non più sufficientemente noti in età postclassica. La necessità di simili delucidazioni per la fruizione e lo studio delle commedie antiche è provata dal fatto che questo prodotto esegetico trova attestazione in ambito alessandrino, ma anche in ambito pergameno, nell’omonima opera del grammatico Erodico di Babilonia, della quale Ateneo (13, 591c) testimonia la divisione in libri, probabilmente articolati per tipologia di personaggi. È stato ipotizzato, in particolare, che il sesto libro fosse dedicato interamente alle etere schernite nelle commedie.[5] La parallela attribuzione, sempre da parte di Ateneo (T10), di un’opera Περὶ τῶν Ἀθήνησι ἑταιρίδων ad Ammonio, induce l’Autrice a valutare l’ipotesi che anche questa, come nel caso di Erodico, potesse essere originariamente una parte dei Κωμῳδούμενοι. Nello Schol. Aristoph. Vesp. 1238a (T9 = F25), in cui compare il nome dell’opera Κωμῳδούμενοι, l’attribuzione ad Ammonio è frutto di una correzione di Susemihl, ma gli argomenti sui quali si basa sono largamente accettati dalla critica. Il contenuto degli altri frammenti riportati negli scolî ad Aristofane convalida infatti questa tesi, perché il nome di Ammonio vi è citato sempre in contesti di contenuto prosopografico (F26-F28). Il POxy 2811 fr. 5a+b (F29), probabilmente un commentario a un testo comico, riporta una considerazione linguistica di Ammonio, seguita da una citazione di Archiloco, forse anch’essa risalente all’Aristarcheo.

Schol. Hom. Il. 9, 540a1 (Did.) testimonia l’opera di Ammonio Περὶ τῶν ὑπὸ Πλάτωνος μετενηνεγμένων ἐξ Ὁμήρου (T11a = F5a = F30), probabilmente una ἐκλογή sul debito stilistico, linguistico e contenutistico di Platone nei confronti di Omero. Quest’opera è considerata esaustiva dall’autore del trattato Sul sublime (T11b), che la cita come definitiva dimostrazione che Platone fosse il più omerico tra gli autori greci.

Un frammento di prosa latina dello Pseudo-Sergius (T1c = F31) attesta infine che Ammonio si interessò anche di prosodia.

L’immagine che è possibile delineare grazie a questo studio dettagliato e puntuale di tutto il materiale tramandato per Ammonio di Alessandria è quello di un erudito poligrafo, che fu interessato a preservare e delucidare il lascito omerico di Aristarco, del quale fu successore nella scuola, ma che seppe anche rivendicare la sua indipendenza di pensiero e di studio rispetto al maestro. Un intellettuale particolarmente attivo nel dibattito interno alla scuola in molte delle sue più peculiari manifestazioni, anche al di fuori dell’ambito omerico, nella lirica, nella commedia e nello studio di Platone. L’analisi dei frammenti non omerici di Ammonio è la parte più innovativa e fertile del volume, apre la via a una comprensione più profonda della sua fisionomia di filologo nel contesto alessandrino e questo più ampio inquadramento è funzionale anche a una più precisa interpretazione dei dati relativi all’esegesi omerica. In conclusione, si tratta di un’opera importante, con la quale dovrà confrontarsi chiunque voglia occuparsi di Ammonio l’Aristarcheo.

Notes

[1] L’epiteto Ἀριστάρχειος viene attribuito dal lessico bizantino Suda solo a Didimo (δ 872) e a Panfilo (π 142).

[2] Si veda anche Schol. Hom. Il. 19, 365-368a1 (T8 = F9).

[3] La bibliografia più recente include: M.L. West, Studies in the Text and Transmission of the Iliad, München-Leipzig 2001, p. 63; G. Nagy, Homer’s Text and Language, Urbana 2004, pp. 85-86; F. Montana, Gli Omeri di Aristarco in fumo. Gal. Indol. 13, «Prometheus» 40, 2014, pp. 265-269; G.B. D’Alessio, Storie di libri perduti: note al de indolentia di Galeno. 1. I due ‘Omeri’ di Aristarco (§ 13) e 2. Rotoli troppo lunghi, in G. Polara (ed.), Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci. Studi in onore di Arturo De Vivo, Napoli 2020, pp. 243-257; ma soprattutto una serie di interventi a di F. Montanari, a partire da Zenodotus, Aristarchus and the ekdosis of Homer, in G.W. Most (ed.), Editing texts – Texte edieren, Göttingen 1998, pp. 1-21, fino a Ekdosis. A product of the ancient scholarship, in Id., S. Matthaios, A. Rengakos (eds.), Brill’s Companion to Ancient Greek Scholarship, Leiden-Boston 2015, pp. 641-672.

[4] La questione è ancora dibattuta dalla critica. Si veda Pindaro. Pitiche, Introduzione, testo critico e traduzione di B. Gentili, Commento a cura di P. Angeli Bernardini, E. Cingano, B. Gentili, P. Giannini, Milano 1995, pp. LXXVIII, 43-47.

[5] M. Broggiato, Filologia e interpretazione a Pergamo. La scuola di Cratete, Roma 2014, p. 80.