BMCR 2021.09.25

La trottola nel mondo classico: archeologia, fonti letterarie e iconografiche

, La trottola nel mondo classico: archeologia, fonti letterarie e iconografiche. Quaderni di Otium, 4. Rome: Giorgio Bretschneider Editore, 2020. Pp. 160. ISBN 9788876893247. $98.00.

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Lo studio del gioco come esperienza culturale e della sua presenza nelle differenti testimonianze (testuali, iconografiche e materiali) trasmesse dal mondo antico greco e romano è negli ultimi anni al centro di un rinnovato interesse critico.[1]  Il volume di Marco Giuman, ospitato dalla collana Quaderni di Otium, si colloca senza dubbio in questo ricco e variegato orizzonte di studi. Il testo costituisce una presentazione monografica della trottola nel mondo antico e si avvale di un proficuo confronto tra testimonianze letterarie ed evidenze archeologiche, con un particolare interesse, tra queste ultime, per la ceramografia greca classica.

Il libro è suddiviso in quattro capitoli di cui il primo è incentrato sul rapporto privilegiato della trottola con il mondo dell’infanzia e sulla sua inclusione tra gli oggetti ludici che, anche simbolicamente, connotano una fase di vita ben definita dell’individuo non ancora adulto.  Una iniziale rassegna completa della terminologia antica riguardante la trottola pone giustamente in risalto le difficoltà di identificazione precisa dei referenti ludici dei numerosi sostantivi che sia in latino sia in greco antico sembrano riferirsi all’oggetto in questione.  L’Autore si concentra quindi sulla raffigurazione di questo giocattolo come segno simbolico dell’adolescenza. Prendendo in considerazione unicamente il mondo greco classico lo studio rintraccia un rapporto privilegiato tra la trottola—in particolar modo designata come bembix o strobilos— e una fase adolescenziale in parte concomitante alla vita dei giovani greci nel contesto sociale del ginnasio cittadino. L’analisi delle testimonianze iconografiche in particolare consente di rilevare come la trottola sia spesso raffigurata in mano o in uso a giovani impegnati insieme a coetanei in altre attività ginniche, come la corsa o gli esercizi con il cerchio, sotto la guida di Hermes la cui stretta connessione con il movimento vorticoso della trottola è messa in risalto dall’Autore.

La seconda parte dello studio indaga la presenza della trottola nell’universo muliebre. L’Autore si concentra sulla funzione simbolica di questo oggetto ludico in programmi iconografici a soggetto femminile, in particolare prendendo le mosse da un corredo sepolcrale composto da nove vasi e in parte suddiviso tra il British Museum e i Musées Royaux di Bruxelles. Sulla base degli altri temi iconografici elaborati dai due ceramografi principali del corredo, Sotade ed Egesibulo, l’Autore propone di interpretate in chiave escatologica anche la raffigurazione di una giovane donna greca, rappresentata su una coppa attica a fondo bianco (Bruxelles, A 891), che gioca e osserva il roteare di una trottola tenendo in mano una frusta. È avanzata l’ipotesi che la trottola possa assumere nel contesto femminile un valore simbolico di tipo mantico, rappresentando l’incertezza della condizione di giovane donna destinata alle nozze o quella della giovane madre defunta in procinto di iniziare un viaggio ultraterreno, pieno di incognite, culminante in un simbolico matrimonio con Ade.

Nel terzo capitolo è affrontato il complesso e delicato problema dei riti misterici greci e dell’insistente presenza della trottola in alcuni documenti che ne danno testimonianza. A più riprese con il nome di rhombos, e talvolta con quello di strobilos, la trottola compare tra gli oggetti misterici, symbola, menzionati in importanti testi rituali della tradizione orfica (cf. P. Gurôb 1 = fr. 31 Kern) o in altri scritti, più tardi e di produzione cristiana, che si riferiscono ugualmente al racconto centrale dello sparagmos di Dioniso da parte dei Titani (Clem. Alex., Protr., 2, 18, 2; cf. Arnob., Adv. Nat., 5, 19). L’Autore esamina inoltre l’importante ritrovamento archeologico di un buon numero di trottole in contesti cultuali a carattere curotrofico e/o misterico strettamente associati a Demetra e Persefone. Un ruolo di primo piano in questo capitolo è riservato all’analisi del culto misterico situato presso il Kabirion a Tebe. La grande quantità di trottole portata alla luce nelle campagne di scavo nell’area cultuale tebana è analizzata alla luce della figura del Pais, con cui il Dioniso misterico risulta in alcuni casi sovrapponibile, e della Demetra cabiria che compare in un rilievo votivo come destinataria dell’offerta proprio di una trottola. L’importanza rituale del giocattolo è ravvisata dall’Autore nella capacità che questo oggetto ha di vorticare su se stesso a forte velocità suggerendo un’associazione simbolica con la danza sfrenata che caratterizzava il culto dionisiaco e che rinviava alla perdita del controllo di sé nell’esperienza estatica.

Nell’ultima sezione dello studio l’Autore intreccia la questione del vortice come metafora dell’ebbrezza e della perdita di autocontrollo all’analisi specifica di due termini particolari: rhombos e iynx. L’argomentazione si snoda proprio seguendo gli itinerari linguistici suggeriti da una parte da testi celebri della tradizione letteraria antica, dalla Pitica IV di Pindaro agli Idilli di Teocrito (2, 27-31), e dall’altra da diverse tradizioni scoliastiche e lessicografiche riguardanti i due termini in questione. La polisemia di rhombos, capace di riferirsi non soltanto all’oggetto ludico della trottola ma anche a uno strumento romboidale forato alle estremità e fatto roteare a fortissime velocità a scopo rituale, si sovrappone in parte al significato del termine iynx. Quest’ultimo indicava nel mondo antico non soltanto una specie di uccello, ma anche uno strumento legato agli incantesimi e alla magia amorosa identificato con una piccola ruota, forata anch’essa, che per forma e modalità di utilizzo poteva essere accostata, se non sovrapposta, proprio al rhombos. Dopo un’ampia disamina delle raffigurazioni di questi oggetti nella ceramica greca attica e magno-greca, l’ultima parte del capitolo è dedicata al tema delle corrispondenze tra armonia cosmica, rotazione dei corpi celesti e moto rotatorio degli strumenti del tipo rhombos.

Al netto di alcuni trascurabili errori tipografici (“Callois” per “Caillois”, “Bec” per “Becq”, “Pheitò” per “Peithò”), è possibile formulare alcune questioni puntuali. Nel caso particolare dell’epigramma letterario votivo della giovane Timareta, in cui è menzionata una trottola, l’edizione del testo greco non corrisponde alla traduzione che è fornita in lingua italiana (p. 36).[2] Si fa notare, inoltre, la scelta di includere il termine latino trochus tra i vocaboli che indicherebbero la trottola (p. 1-3), intendendolo in questo senso anche in alcuni celebri passi della letteratura latina come un epigramma di Marziale contenuto negli Apophoreta (14, 168). Questa scelta interpretativa e traduttiva presenta una grande originalità rispetto alla tradizione di studi sul tema che normalmente intende trochus come “cerchio (ginnico)” e sarebbe stato assai prezioso un approfondimento di questa originale proposta.[3] Infine, l’ampio spazio concesso dallo studio ai culti misterici, in particolare a quelli legati a Dioniso e a Demetra, e il complesso rapporto con le fonti cristiane che ne danno conto avrebbe molto beneficiato degli apporti critici sulla natura di tali culti che da diversi anni alcuni studiosi come Nicole Belayche e Francesco Massa hanno intrapreso.[4]

Queste ultime osservazioni nulla tolgono all’importanza dell’indagine condotta da Marco Giuman. Si tratta del primo vero studio monografico sulla trottola nel mondo antico, un lavoro scientifico che colma un vuoto nell’ambito degli studi di storia culturale del gioco e che supera di gran lunga le precedenti sintesi, come quella messa a punto da F. Münzer degli anni ’40 (in RE VII A 2, s.v. turbo, coll. 1374-1376). Un aspetto particolarmente meritorio del volume consiste nel mettere a disposizione del lettore una panoramica larga e ricca in cui si trovano raccolte tutte le principali fonti per lo studio di uno strumento ludico che ha rivestito un’importanza non secondaria nelle culture antiche. Inoltre, la capacità, non comune, di sapersi orientare tra più ambiti disciplinari e di fornire interpretazioni articolate intrecciando documenti e strumenti di analisi provenienti da ciascuno di essi rende il lavoro di ricerca proposto dall’Autore un’opera di grande utilità per il prosieguo degli studi sul gioco nel mondo antico.

Notes

[1] Per una panoramica delle ultime ricerche si rimanda al sito del progetto ERC Locus ludi (Advanced Grant no. 741520).

[2] Anthologia Palatina, 6, 280. Al v. 3 l’Autore sceglie la traduzione “chiome” (κόμας) per indicare uno dei doni votivi offerti dalla giovane Timareta alla dea Artemis. Questa è in effetti la lezione del manoscritto dell’Antologia Palatina, difesa del resto da G. Daux, mentre il testo greco scelto nel saggio si rifà all’emendamento di Salmasius che aveva proposto “bambole” (κόρας). Sulla questione si veda almeno C. Neri, “Baucide e le bambole (Erinna: SH 401, 1-4, 19-22)”, Athenaeum 86.1 (1998), 165-178.

[3] Si vedano i maggiori dizionari moderni della lingua latina, e.g. OLD s.v. trochus: “an iron hoop set round with small rings…”, Gaffiot, s.v.: “trochus, cerceau de métal garni d’anneaux cliquetants avec lequel jouent les enfants”, Der Neue Georges, s.v.: “ein eiserner, mit vielen kleinen losen, dah. Bei der bewegung klirrenden Ringen (garruli annuli, s. Mart. 14.169) behängter Reif…”. Cf. Ov., Ars, 3, 383-384.

[4] Il dibattito critico sui culti misterici e sulle categorie storico-religiose che ne configurano le analisi è – come è noto – incessante, si veda a titolo di esempio il dossier tematico di F. Massa, N. Belayche (a cura di), Les « mystères ». Questionner une catégorie, in Mètis n.s. 14 (2016).