BMCR 2020.11.30

I classici e la narratologia: guida alla lettura degli autori greci e latini

, , I classici e la narratologia: guida alla lettura degli autori greci e latini. Studi superiori, 1082. Roma: Carocci, 2017. Pp. 238. ISBN 9788843088201. €25,00 (pb).

L’applicazione della narratologia ai testi della letteratura greca e latina è spesso citata come esempio di sintesi produttiva fra concetti teorici e metodi della filologia classica.[1] Varie sono le ragioni a cui è attribuito tale successo: la vicinanza delle moderne categorie narratologiche ad alcuni concetti già esplorati dalla critica letteraria antica, l’uso di terminologia che spesso rielabora il lessico critico dell’antichità, l’affinità metodologica che accomuna la narratologia e la moderna critica letteraria nelle sue forme tradizionali, incentrate sull’esame di elementi testuali. Applicata alle letterature greca e latina, la narratologia ha consentito una più approfondita comprensione delle strutture narrative dei testi e ha permesso di produrre interessanti esperimenti di rinnovamento degli strumenti di lavoro del classicista.[2]

A sintesi di oltre trent’anni di studi dedicati all’interpretazione dei testi classici attraverso gli strumenti della narratologia, con I classici e la narratologia Irene de Jong propone al lettore un’introduzione alla disciplina che ne definisce i concetti principali, derivati con ‘libertà eclettica’[3] da varie teorizzazioni narratologiche, in funzione della letteratura classica. Come spiegato dalla stessa autrice, il volume risponde all’esigenza, emersa nella pratica dell’insegnamento, di produrre uno strumento specifico che consenta di avviare gli studenti di materie classiche all’applicazione della narratologia ai testi delle letterature greca e latina.[4] L’adattamento dell’opera originale,[5] curato da Andrea Cucchiarelli, si segnala per l’elegante traduzione che include anche la resa in italiano dei testi, sia antichi che moderni, discussi come esempi da de Jong. I termini tecnici, pur tradotti, sono accompagnati nella loro prima occorrenza dalla forma inglese, al fine di consentire al lettore di familiarizzare con la terminologia essenziale in uso nella comunità scientifica internazionale. La consultazione della bibliografia, raccolta per capitolo, è agevolata dall’indicazione della traduzione italiana, quando disponibile, delle opere citate.

Il capitolo introduttivo propone un inquadramento della narratologia che si contraddistingue per pragmatismo metodologico. De Jong presenta la narratologia come ‘strumento potente,’[6] utile quando applicata ai singoli testi più che nella dimensione astratta del dibattito teorico. Per esempio, la narratologia è lo strumento che ha permesso di individuare e descrivere tecniche narrative predilette dagli autori greci e latini e altrimenti destinate a sfuggirci, come l’uso del reported narrator o narratore riferito, della narrazione in seconda persona e del ‘noi’ narrante (discussi nel capitolo 2). Oppure, moderne categorie narratologiche hanno offerto nuove chiavi di lettura per questioni a lungo dibattute: per esempio, le interpretazioni biografistiche delle opere antiche sono state superate riflettendo sulla distinzione fra autore storico e narratore, e le implicazioni ideologiche di numerosi testi sono emerse attraverso lo studio della focalizzazione. Superando le sottigliezze teoriche, de Jong mette in rilievo la sostanziale continuità esistente fra svariate categorie della narratologia moderna e i concetti ad esse corrispondenti nella critica letteraria antica. La profonda connessione fra produzione e critica letteraria, che accomuna le riflessioni sui modi del narrare sviluppatesi nell’antichità alle osservazioni occasionali dei romanzieri moderni sulla propria scrittura, è posta da de Jong alla base delle teorizzazioni narratologiche vere e proprie, avviate nel primo Novecento dai formalisti russi e approdate alle sistematizzazioni di Bal e Genette. I concetti definiti dalla teoria moderna, tuttavia, devono essere intesi come strumenti che non si sovrappongono interamente, o non si sovrappongono per nulla, alle forme del pensiero antico: così, per esempio, la nozione di tempo narratologico, pur dimostrandosi utile nell’analisi dei testi classici, nulla ha a che vedere con il tempo come categoria mentale dell’antichità.

La Parte prima del manuale comprende cinque capitoli che definiscono e analizzano altrettante categorie fondamentali della narratologia avvalendosi di esempi tratti da testi greci e latini, spesso confrontati con estratti dalle letterature moderne. De Jong si occupa, in primo luogo, di narratore, narratari, tipologie e struttura della narrazione (capitolo 2), definendo concetti chiave quali quelli di analessi, prolessi e mise en abyme. Importante per lo studente di materie classiche è la discussione del ‘quarto livello’ della narrazione (in aggiunta ai livelli di testo, storia e fabula), o livello referenziale o materiale: si tratta del livello dei documenti e/o dei modelli testuali presupposti e continuamente rielaborati da ogni narrazione, la cui definizione è essenziale per introdurre il lettore di testi classici al concetto di intertestualità.

Nel terzo capitolo, dedicato alla focalizzazione, distinta dal più tradizionale e onnicomprensivo ‘punto di vista’,[7] de Jong passa in rassegna le diverse prospettive (primaria o secondaria, del narratore o del personaggio, del narrante o dell’esperiente) attraverso le quali gli eventi della fabula sono visualizzati nel corso della narrazione. Discutendo esempi tratti da vari generi letterari, de Jong offre un ampio saggio delle possibilità interpretative derivanti dall’uso della focalizzazione. Pur segnalando continuamente al lettore la complessità e la potenziale ambiguità connaturate all’uso della focalizzazione, de Jong individua tale categoria, a ragione, come la più importante novità introdotta dalla narratologia nello studio dei testi classici.

I capitoli quarto e quinto si occupano di rivalutare l’importanza di spazio e tempo nelle letterature greca e latina. Osservato con interesse nella critica letteraria antica, l’uso del tempo narrativo è presentato da de Jong come elemento fondamentale della narrazione dopo presenza del narratore e focalizzazione. Il capitolo quarto, quindi, propone una serie di osservazioni riguardo alla relazione tra tempo della narrazione e tempo degli eventi narrati e all’uso di narrazioni acroniche e narrazioni ipotetiche (o de-narrato); inoltre, in questo capitolo si definiscono una serie di procedimenti narrativi di cui il lettore di testi greci e latini fa incessante esperienza (anacronia, inizio in medias res, composizione ad anello, e via dicendo), identificandoli come gli strumenti che il narratore ha a disposizione per definire i rapporti tra fabula, storia e testo. Nel capitolo quinto, de Jong riscatta lo spazio dalla funzione ancillare e ornamentale tradizionalmente attribuitagli. Costituito dagli scenari in cui l’azione si colloca, dagli oggetti che riempiono tali scenari e dai luoghi a cui la narrazione fa riferimento, lo spazio nella letteratura antica rivela, attraverso l’analisi narratologica, la propria natura di categoria dinamica, complessa e polifunzionale. Il capitolo include succinte discussioni delle descrizioni, intese come rappresentazioni di luoghi, oggetti o individui, e dell’ekphrasis, considerata solo secondo il concetto moderno, cioè come descrizione di opere d’arte.[8] Attraverso una sintetica e fin troppo schematica trattazione dello scudo di Enea (Virgilio, Eneide 8.617-656), de Jong presenta i sei elementi chiave che definiscono l’ekphrasis dal punto di vista narratologico (narratore-focalizzatore, narratari, artefice, osservatore, opera d’arte, contenuto dell’opera d’arte).

La Parte seconda del volume contiene gli Esercizi di narratologia, tre esempi di analisi narratologica applicata a testi appartenenti a generi letterari diversi (epica, storiografia, dramma).

L’analisi narratologica del testo epico (capitolo 6) prende in esame il libro secondo dell’Eneide, in sostituzione dell’Inno omerico ad Afrodite trattato nella sezione corrispondente dell’edizione originale. Dedicando il capitolo a un testo latino, de Jong colma una lacuna del volume originale offrendo al lettore una visione più completa del contributo offerto dai latinisti, e in particolare dai latinisti italiani, allo studio narratologico dei testi classici. L’efficacia didattica del capitolo rimane immutata: come l’Inno ad Afrodite, il libro secondo dell’Eneide offre abbondante materiale per osservare, ad esempio, come l’autore manipoli la funzione del narratore e l’uso dei discorsi. La scelta di questo particolare testo latino, però, consente anche a de Jong di dimostrare come, attraverso l’analisi narratologica, sia possibile far emergere le strategie originali con cui un autore antico (in questo caso Virgilio) adatta temi ben noti (qui, il tema dell’Ilioupersis) a nuove esigenze narrative e letterarie. Per esempio, le osservazioni di de Jong sull’alternanza di focalizzazione del narrante e focalizzazione dell’esperiente dimostrano la finezza con cui Virgilio ricava per Enea un ruolo nella complessa vicenda dell’ultima notte di Troia: la combinazione di vari tipi di focalizzazione, infatti, è una strategia essenziale per adattare il racconto alle facoltà del narratore interno Enea, permettendogli di sfruttare sia la conoscenza a posteriori degli eventi che ormai possiede quando visita Didone, sia la percezione del dramma vissuto in prima persona durante l’assalto a Troia da parte dei Greci.

Il capitolo 7, dedicato a ‘Narratologia e Storiografia’, analizza l’episodio di Ati e Adrasto in Erodoto, Storie, 1.34-45. Mentre alcuni studiosi hanno sostenuto, in tempi recenti, la necessità di distinguere fra narratologia che si occupa di testi fittizi e narratologia applicata alla storiografia,[9] de Jong ritorna alla concezione universalistica della disciplina sostenuta da Barthes, White e Genette, ritenendo superfluo l’uso di specifici criteri narratologici per lo studio della storiografia antica. Gli storici antichi sono, secondo de Jong, narratori a pieno titolo che adoperano, per costruire la loro visione del passato, gli stessi artifizi narrativi usati dagli autori di testi fittizi. Il concetto di affinità tra narratore di testi fittizi e narratore di testi storiografici è l’acquisizione principale che il lettore deriva dall’analisi della sezione erodotea: il narratore/autore dell’opera storiografica, che ha creato una persona letteraria, è onnisciente e onnipresente e risente del modello omerico; a differenza del narratore ‘fittizio’, tuttavia, egli si ferma di fronte ai limiti della sua storia, ammette di non sapere e confronta le varie versioni di un fatto.

Come discusso nel capitolo ottavo, infine, de Jong ritiene inappropriata l’applicazione della narratologia ai testi drammatici: in quanto privi di un narratore primario, tali testi non possono, secondo de Jong, essere classificati come narrativa, e l’inserimento di artifizi narrativi nella vicenda principale va attribuito direttamente all’autore. La narratologia, però, può occuparsi dei racconti affidati a personaggi di vario tipo che assumono il ruolo di narratori secondari. Esempi di tali narrazioni secondarie sono i discorsi dei messaggeri: tra le più memorabili, la rhesis del messaggero che racconta la morte di Penteo nelle Baccanti di Euripide è esaminata da de Jong per dimostrare come questo tipo di narrazione interna sia un ‘importante strumento nelle mani [del] drammaturgo,’[10] che trasforma il discorso in una storia avvincente adoperando le stesse strategie e tecniche che contribuiscono all’efficacia dei testi narrativi propriamente detti.

Inevitabilmente schematica in più punti, data la sua natura manualistica, l’opera di de Jong introduce gli studenti di materie classiche alla narratologia dimostrando con efficace concretezza le possibilità di arricchimento che derivano dall’uso accorto di approcci teorici nello studio dei testi classici; nel contempo, l’ampio corredo bibliografico, la flessibilità metodologica dell’autrice e la vivace incisività di molte delle sue discussioni promuovono, più in generale, la conoscenza della teoria letteraria come componente essenziale nella formazione dello studioso di letteratura antica.

Notes

[1] Una ‘success story’, secondo le parole di S.J. Harrison, “General introduction: Working Together”, in S.J. Harrison (ed.), Text, Ideas, and the Classics: Scholarship, Theory, and Classical Literature. Oxford, 2001, 1-18, p. 13. Per una introduzione alla storia della teoria letteraria applicata ai testi classici si veda anche, oltre all’introduzione del volume oggetto di questa recensione, J.P. Sullivan, “Introduction”, in I.J.F. De Jong e J.P. Sullivan (eds.), Modern Critical Theory and Classical Literature. Leiden-New York-Köln, 1994, 1-26.

[2] Per la narratologia applicata al commento scientifico, si veda I.J.F. De Jong, A Narratological Commentary on the Odyssey. Cambridge, 2001; per un approccio narratologico alla storia della letteratura, si vedano gli Studies in Ancient Greek Narrative editi da De Jong et al. fra il 2004 e il 2012.

[3] De Jong, I classici e la narratologia, 17.

[4] De Jong, I classici e la narratologia, 17.

[5] I.J.F. De Jong. Narratology and Classics: A Practical Guide. Oxford, 2014.

[6] De Jong, I classici e la narratologia, 18.

[7] Il concetto di focalizzazione è preferito a quello di ‘punto di vista’ anche in D. Fowler, ‘Deviant Focalisation in Virgil’s Aeneid’, PCPS 36 (1990), 42-63.

[8] Per il concetto antico di ekphrasis, che comprendeva, come la stessa de Jong ricorda, la descrizione di un più ampio spettro di oggetti con abbondanza di dettagli visuali, si vedano almeno R. Webb, ‘Ekphrasis ancient and modern: The invention of a genre’, Word & Image 15.1 (1999), 7-18, e ead., Ekphrasis, Imagination and Persuasion in Ancient Rhetorical Theory and Practice. Farnham-Burlington, 2009.

[9] Specialmente D. Cohn, The Distinction of Fiction. Baltimore, 1999.

[10] De Jong, I classici e la narratologia, 226.