BMCR 2020.04.33

Einführung in die Klassische Archäologie

, Einführung in die Klassische Archäologie. C.H. Beck Studium. München: C.H. Beck, 2019. 280 pages. ISBN 9783406727283. €24,95 (pb).

Il volume di Ralf von den Hoff, ben strutturato e lodevolmente chiaro nella concezione di base, sviluppato in poco meno di 300 pagine, rappresenta un valido compendio dell’Archeologia Classica, costituendo uno strumento di estrema utilità non solo per lo studente che si avvii allo studio della disciplina, ma anche per il docente che necessiti di una rapida consultazione e di indicazioni bibliografiche su precise tematiche, di frequente discusse in un corso.

Esso risulta suddiviso in due parti principali (I. Die Klassische Archäologie als historische Kulturwissenschaft, pp. 9-43; II. Fallbeispiele, pp. 44-255), precedute da un’introduzione e seguite da un terzo, breve capitolo (III. Hilfsmittel und Online-Ressourcen, pp. 256-259), e da un’appendice, in cui sono raccolti con acribia i diritti fotografici, i concetti, i luoghi, le popolazioni e i personaggi notevoli citati all’interno dell’opera).

Il Vorwort spiega, in maniera molto pragmatica, le motivazioni che hanno indotto l’Autore a dedicarsi a quest’impresa, cioè la necessità di andare incontro alle esigenze specifiche dei discenti, nella fattispecie parlanti tedesco, soprattutto per quanto riguarda il metodo archeologico (p. 7). Ciò non toglie, tuttavia, che il lavoro risulti valido anche per gli studenti di altre lingue. Dei due capitoli fondamentali, Die Klassische Archäologie als historische Kulturwissenschaft e i Fallbeispiele, il primo risulta, infatti, interamente finalizzato ad introdurre la metodologia archeologica e a fornire una spiegazione estensiva di esso, come, per esempio, anche nel manuale a cura di Tonio Hölscher;[1] a differenza di Hölscher, tuttavia, che dedicava diversi capitoli alla questione, von den Hoff concentra sinteticamente nell’intera prima sezione del suo volume la questione metodologica. Emerge con evidenza la necessità, da parte dell’Autore, di ancorare la presentazione della materia ad esempi concreti, con un procedimento induttivo, che appare essere la principale caratteristica della sua opera. Inoltre, la bibliografia alla fine di ogni paragrafo, suddivisa per tematiche affrontate, appare di estrema utilità per eventuali approfondimenti da parte di chi si approcci allo studio della disciplina, ma costituisce anche una raccolta aggiornata per i docenti. Un valido aiuto, anche visuale, per rintracciare gli argomenti fondamentali di ogni paragrafo, è costituito dai titoletti, posti a lato del corpo del testo, che rendono veramente rapida la consultazione del manuale.

A p. 9, l’Autore si occupa esplicitamente della definizione di Archeologia Classica, sottolineando come la materia comprenda numerosissimi aspetti, tra i quali non irrilevanti sono la tradizione scritta e la storia,[2] ed evidenziando quali siano le differenze sostanziali tra cultura materiale e visuale e tra metodo delle scienze naturali e procedimento archeologico (pp. 13-16). Nel primo caso, l’Autore ricorre alle definizioni di cultura materiale e visuale, non solo per sottolineare quanto esse si inseriscano nella storia e la rendano comprensibile (“erforschbar”, con le parole di von den Hoff, p. 13), ma anche come le loro componenti (“Bestandteile”, p. 13) abbiano una propria storia (cfr. p. 13). A ciò si aggiunge anche la presentazione delle più recenti metodologie nel campo della ricerca, che vengono affiancate ai metodi tradizionali.[3] Nella pur sintetica trattazione l’Autore fornisce tutti gli elementi gli elementi essenziali per lo studio dell’Archeologia, cercando di semplificare alcuni concetti che ad un principiante potrebbero apparire astrusi.[4] A p. 28, vengono, poi, offerte le informazioni essenziali sulle epoche storiche discusse, mentre alle pp. 40-42 si trattano le teorie sociali più recenti (come la percezione delle immagini e i cosiddetti gender studies).

La parte “archeologica” vera e propria comincia a p. 44, che, come già rilevato, si sviluppa sulla base di esempi concreti, l’analisi dei quali consenta la descrizione di un’intera fase artistica. Questa sezione si apre subito con il periodo Geometrico, tralasciando le epoche precedenti: scelta deliberata, che sancisce la distanza di von den Hoff da altri manuali.[5] Von den Hoff “inaugura” la sezione dedicata all’Archeologia greca con la “tomba della ricca Signora” di Atene, dell’età Geometrica (pp. 44-54); per introdurre il trapasso dall’Ellenismo all’arte romana, si serve dell’esempio del cosiddetto “Spinario” (pp. 149-163). Egli procede sempre per livelli, con l’intento di mostrare il corretto modo di procedere nel campo archeologico, per cui pone una base e poi i diversi livelli di sovrastrutture interpretative, come l’esempio della tomba geometrica mostra (pp. 47-48: datazione; pp. 48-50: interpretazione; pp. 50-53: contesto socio-culturale). Si tratta di una concezione diversa rispetto a quella hölscheriana, che procede per gruppi di monumenti (città; santuari; tombe ecc.). Von den Hoff deduce, per esempio, la forma del cratere dopo la descrizione di un caso particolare (pp. 54-55); questa metodologia appare valida anche per le datazioni e le epoche (cfr. pp. 56-57). Si incontra, praticamente, un esempio per ogni secolo, ad eccezione di ciò che riguarda i santuari, la cui descrizione copre più fasi (p. es., il santuario di Hera a Samo, pp. 87-90). Gli esempi presentati non risultano essere sempre quelli convenzionali, né i più famosi (p. es., il cratere a volute nel Museo di Ferrara, pp. 149-154). Il contesto storico da parte dei discenti, alla base della ricerca (cfr., p. es., pp. 123-125, 142-143, 172-173), è approfondito quanto la ricostruzione dell’ambito sociale e rituale di un oggetto (p. es., pp. 134-135). Di estrema importanza risulta il riferimento costante alle culture limitrofe a quelle greca e romana, specialmente agli Etruschi (p. es., alle pp. 128, 163), come anche alla filologia (p. es., pp. 118, 123, 155, 161, 169 ecc.) e alla filosofia (p. 131).

Un pezzo singolo consente all’Autore di “fotografare” le caratteristiche di un’epoca, com’è evidente nel caso del “brutto Spinario”, proveniente da Priene e conservato a Monaco, di cui si fornisce il contesto (pp. 150-151), utile ai fini del riconoscimento delle caratteristiche dello stile e del gusto dell’età in cui venne prodotto, insomma del suo Zeitgeist (pp. 154-155).

Dall’Ellenismo, è rapido il trapasso all’arte romana. Il primo esempio presentato è la tomba di Lucio Munazio Planco, a Gaeta (pp. 163-182). L’arte romana è introdotta da una riflessione sulla colonizzazione greca e sull’assimilazione di modelli ellenici, con il loro conseguente riadattamento, da parte degli Italici, alla propria mentalità e al proprio mondo (pp. 163-164), che ben esemplifica la continuità e vicinanza, menzionate dall’Autore, delle culture ellenica e latina. Il caso del sepolcro monumentale di Munazio Planco mostra, forse, ancor meglio dei precedenti, per via della sua complessità, l’approfondita conoscenza, da parte di von den Hoff, della materia archeologica e il piacere, percepibile con chiarezza in ogni pagina di questo lavoro, che si genera in lui dalla trasmissione del sapere in campo scientifico, come viene sottolineato dalla cura del particolare e dalla spiegazione di dettagli o elementi correlati all’Archeologia, quali l’onomastica romana e quella greca (pp. 170-171), oltre che dal riferimento anche a teorie utili all’interpretazione dei reperti, legati, p. es., ai gender studies e all’analisi paesaggistica: in quest’ultimo campo, degna di menzione è senz’altro la Wahrnehmung dei paesaggi dall’età ellenistica, per la quale la tomba di Gaeta fornisce lo spunto (p. 175). Ad essa vengono accostati gli esempi di Lindo, a Rodi, peraltro oggetto di studi e ricerche da parte della Christian-Albrechts-Universität zu Kiel,[6] di Cnido e di Pergamo (p. 175). Come a ragione sottolineato dall’Autore, modelli ellenistici si attestano per la tomba di Planco; altrettanto correttamente, tuttavia, egli dedica un intero paragrafo alle tombe a tumulo, presenti nell’Europa preistorica, ma menziona soprattutto, come diretti antecedenti del monumento di Gaeta, insieme a quelli ellenici, i tumuli in Italia, in particolare quelli etruschi (pp. 176-178). Estremamente pertinente risulta, quindi, la menzione dei tumuli eroici della Grecia, dei monumenti sepolcrali dell’età ellenistica e delle tombe a tumulo principesche di Cerveteri e Populonia; il corretto inquadramento storico della questione è garantito dalla cura, da parte di von den Hoff, con cui viene segnalata l’assenza di simili tipologie sepolcrali nelle contemporanee necropoli romane, fino al caso, molto più tardo e, purtroppo, non pervenuto, della tomba di Silla nel Campo Marzio (p. 177). L’Autore mostra la complessità degli spunti e delle interazioni dell’arte classica proprio riconoscendo, in questa tipologia tombale, la convivenza di più tradizioni, quella etrusco-italica, quella ellenistica e quella romano-repubblicana (p. 177): viene offerta, in tal modo, ai discenti una prospettiva accurata e articolata della vivacità dei contatti e degli scambi culturali dell’Antichità (cfr. pp. 27-39). Von den Hoff non rimane vincolato ad un tipo di monumento, ma spazia tra altari e templi per spiegare la decorazione architettonica della tomba di Munazio Planco (pp. 178-180), fornendo, in tal modo, un’idea della varietà antica.

La sfilza di casi esemplari, presentati nel manuale, si conclude con la famosissima statua, di ascendenze lisippee, dell’Ercole Farnese (pp. 235-255), nell’Antichità orgogliosamente esposta nelle Terme di Caracalla insieme all’altra, rappresentante l’eroe a riposo, oggi a Caserta (pp. 238-239). L’esame di quest’opera rende possibile formulare alcune riflessioni sui recenti studi relativi alla percezione del corpo e degli spazi (pp. 243-244) e sulla non identità di autore originario e copisti successivi (p. 249), che risultano di estrema utilità per condurre lo studente a padroneggiare i diversi ambiti teorici, correlati all’Archeologia Classica. Con l’età dei Severi si conclude, quindi, la “cavalcata” lungo i secoli, offerta dal volume in questione.

Alle due sezioni principali si aggiunge, come accennato in precedenza, una breve presentazione degli strumenti di ricerca e delle fonti, utili al discente per affrontare lo studio della disciplina, a cominciare da quelli classici, di carattere enciclopedico, epigrafico, socio-culturale e storico-artistico (pp. 256-259), fino a giungere alla menzione degli strumenti digitali, utili specialmente nell’ambito iconografico e letterario (pp. 257-258).

In conclusione, il manuale di Ralf von den Hoff si pone sulla scia dei grandi manuali di Archeologia Classica della scuola tedesca, partendo da una visione dell’arte classica di ampio respiro, paragonabile a quella del volume in lingua inglese di Beard e Henderson.[7] Suo merito è il tentativo di fornire una solida base di ricerca agli studenti universitari, in un certo senso di “formarne” il metodo. Von den Hoff non ripropone, nella maggior parte dei casi, esempi ben noti e analizzati o metodologie già in uso, ma intende mettere a disposizione della comunità scientifica un approccio nuovo, semplice eppure efficace. Originale è, nel solco hölscheriano, la visione d’insieme, offerta dal manuale, dell’arte greco-romana, come anche un approccio archeologico e non semplicemente storico-artistico. L’originalità del libro emerge, inoltre, in alcuni spunti d’indirizzo quasi filosofico, di norma assenti in altri compendi: uno di essi è senz’altro la distinzione tra contesto archeologico e sistemico (cfr. pp. 14-15).  Il manuale appare uno strumento di analisi esemplare per gli studenti, sulla base del quale sarà loro possibile organizzare le successive stratificazioni del sapere. Si auspica che, presto, la fruizione di questo manuale sia estesa anche ai parlanti altre lingue, con traduzioni, che ne consentano l’introduzione in vari Paesi e l’utilizzo da parte di discenti di culture e formazioni diverse.

 

[1] Cfr. Wolf-Dietrich Niemeier, ‘Methoden der archäologischen Feldforschung: Ausgrabung und Survey’, in Tonio Hölscher (a cura di), Klassische Archäologie. Grundwissen, Darmstadt 2006 2, pp. 77-84; Hölscher, Op. cit., pp. 85-91. Von den Hoff, pp. 9-10. Cfr. Hölscher, Op. cit., pp. 11-12.

[2] Cfr. Hölscher, Op. cit., pp. 11-12.

[3] Von den Hoff, pp. 17-40; cfr. Niemeier, in Hölscher, Op. cit., pp. 78 ssg.

[4]  Cfr., p. es., il concetto di Stil: von den Hoff, pp. 23-25; vd. Hölscher, Op. cit., pp. 88-89; nello specifico, la differenza tra Zeitstil e Regionalstil: von den Hoff, p. 24.

[5] [Al contrario dell’ampia concezione della disciplina da parte di Hölscher, che comincia con l’età del Bronzo nell’Egeo: vd. Wolf-Dietrich Niemeier, Die Agäische Bronzezeit, in Hölscher, Op. cit., pp. 93-108.

[6] Vd. CAU Institut für Klassische Altertumskunde.

[7] Cfr. M. Beard, J. Henderson, Classical Art. From Greece to Rome, Oxford 2001.