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Il volume è frutto di un convegno svoltosi a Pisa nel 2021, in cui diversi studiosi erano chiamati ad offrire una riflessione sulla figura di James George Frazer in occasione dell’anniversario della sua morte avvenuta nel 1941. Si tratta di una personalità, quella di Frazer, davvero enorme, i cui contributi alla storia intellettuale tra ‘800 e ‘900 sono stati così ricchi, ampi e incisivi da meritare anche più di una riflessione. Non è un caso che negli ultimi anni siano stati diversi gli studi dedicati allo studioso scozzese[1]; senza contare il fatto che le sue opere vengono continuamente ristampate in diverse lingue, soprattutto la versione abbreviata del suo lavoro più celebre, The Golden Bough. Il volume di cui si parla qui spicca per lo sforzo di dare un’immagine completa, cercando di non trascurare le diverse anime e i diversi interessi che caratterizzarono l’opera di Frazer. Sarebbe di conseguenza piuttosto difficile in una recensione dare al lettore un’idea completa della ricchezza del volume: appare preferibile concentrarsi sui saggi che riguardano più da vicino gli studi classici. Ciò non vuol dire però che gli altri contributi siano meno importanti.
Dopo la nota della curatrice, che chiarisce le circostanze da cui il volume trae origine, c’è una densa introduzione da parte di Fabio Dei, uno degli studiosi che negli ultimi anni hanno contribuito ad una sorta di “Frazer revival”. In poche pagine ben calibrate, si tratteggia l’importanza di Frazer nel panorama culturale europeo, preannunciando i diversi temi che poi verranno affrontati dai diversi autori nel volume, in un’ottica che Dei (che del convegno pisano era uno degli organizzatori) indica non come interdisciplinare ma piuttosto “predisciplinare”: «l’idea cioè di un campo umanistico ampio e senza confini di cui Frazer è emblema».
Segue una prima parte dedicata a ‘Fonti e testi’. Spicca in questa sezione il contributo di Anna Anguissola, dedicato al Pausania di Frazer, ovvero al poderoso (sei volumi) commento alla Periegesi che Frazer pubblicò nel 1891, e che è rimasto un po’ in ombra rispetto ad altre sue opere. Dopo aver sottolineato come il Pausania e il Ramo d’Oro siano intrecciati, la Anguissola prima tratteggia il ruolo della Periegesi nell’Ottocento europeo per poi procedere a chiarire le scelte dietro il commento frazeriano e a sottolineare l’attenzione alle novità archeologiche (erano gli anni delle grandi imprese di Dörpfeld ad Atene, dei tedeschi a Olimpia, dei francesi a Delfi), individuando infine una cifra particolare nell’attenzione per il paesaggio come «specchio dell’intimità emotiva». Ancora ai lavori più testuali di Frazer è dedicato il saggio di Alessandro Catastini su Folk-Lore in the Old Testament. Ancora il mondo classico è protagonista nel contributo—breve ma suggestivo—di Giulio Guidorizzi sul lavoro di traduzione e commento alla Biblioteca di Apollodoro, un lavoro della tarda età che segna il ritorno di Frazer ai classici, senza ovviamente rinunciare all’approccio antropologico che lo contraddistingue. La sezione si chiude col saggio di Marco Battaglia sul rapporto tra Frazer e la mitologia dei Germani, che da Tacito e passando per Olaus Magnus ci porta ai fratelli Grimm e addirittura a Wagner.
Si entra poi nel vivo del Frazer antropologo con la sezione dedicata a ‘Contesti e fascinazioni’. La curatrice del volume, Fabiana Dimpflmeier, offre un ampio saggio sul rapporto tra lo studioso scozzese e l’antropologia italiana di inizi ‘900, usando come caso esemplare quello di uno straordinario studioso quale Raffaele Pettazzoni, a cui l’autrice ha dedicato già diversi saggi. In effetti si tratta di un’analisi che parla più di Pettazzoni che di Frazer, ma da cui emerge con forza l’influenza di quest’ultimo sugli sviluppi dell’antropologia e della storia delle religioni in Italia nei primi decenni del secolo scorso: nel saggio si mettono bene in luce il dialogo diretto tra i due autori, testimoniato tra l’altro anche da una ricca corrispondenza epistolare, e l’importanza di Pettazzoni per la conoscenza e l’affermazione di Frazer nell’accademia italiana, ma anche il momento in cui il percorso intellettuale dello studioso italiano lo porta ad allontanarsi dalla prospettiva evoluzionista del collega scozzese. Carlo Ferrari ci porta poi in Germania, e Chiara O. Tommasi addirittura in Cina, in un contributo in cui a fianco di Frazer compare anche un’altra figura di grande interesse e meritevole di riconsiderazione quale Jane Ellen Harrison[2]. Si torna dunque in Italia col bel contributo di Francesco Padovani sull’influenza che Frazer ebbe su Cesare Pavese e sulla sua produzione sia letteraria che più ampiamente intellettuale. Giacomo Scarpelli poi affronta il tema dell’influenza frazeriana sulla fenomenologia della fiaba, dai fratelli Grimm in poi, in un saggio in cui affiorano anche i cosiddetti ‘Inklings’ (J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis e altri) e un libro importante quale quello di Jessie Weston (discepola di Frazer), From Ritual to Romance. Tra fiaba e archetipi psicanalitici invece si muove Massimo Bonafin, mentre Domitilla Campanile chiude la sezione con una interessante e ricca panoramica sulla fortuna del Ramo d’Oro in contesti quali non tanto la letteratura e l’arte, per i quali secondo la Campanile un lavoro complessivo non è ancora possibile, ma soprattutto il cinema (con una serie di film insospettabili, ai quali avrei aggiunto anche The Fisher King di Terry Gilliam del 1991) e la cultura di massa, arrivando ai giorni nostri con Il primo re di Matteo Garrone.
La quarta parte è dedicata ad ‘Alleanze e ripensamenti disciplinari’, e si apre con l’intervento di Alfredo Lombardozzi su Frazer e Freud, in cui ricompare opportunamente il riferimento alle preziose ed intelligenti Note sul Ramo d’Oro scritte da Wittgenstein e già ricordate da Fabio Dei nel contributo di apertura (e da cui, per inciso, proviene il titolo stesso del volume). Fausto Giumetti introduce poi il tema del rapporto tra Frazer e lo studio del diritto romano, esplorato in particolare attraverso il ruolo mediatore che ebbe il filosofo e giureconsulto svedese Axel Hägerström. Il tema del diritto romano è esplorato anche da Roberto Fiori, specificamente per quanto riguarda la visione frazeriana della regalità romana, un tema che si dimostra ancora sfuggente nonostante una tradizione di studi enorme. Dopo una breve e acuta introduzione di metodo sul dialogo tra antropologia e diritto, Fiori mette in luce le debolezze delle analisi frazeriane (il confronto con l’impianto di Mommsen—che pura ha i suoi punti deboli—è impietoso), ma non manca opportunamente di sottolinearne anche le intuizioni e i meriti. Si torna all’antropologia con il ricco contributo di Alessandro Simonicca che partendo da un’autorità dell’antropologia contemporanea quale Philippe Descola riflette retrospettivamente su temi classici quali il totemismo e l’animismo, risalendo a figure seminali quali Bachofen, E.B. Tylor, W. Robertson Smith ed altri; sarebbe stato forse qui interessante ampliare il discorso anche all’influenza di Frazer su studiosi meno accademici e più irregolari che negli ultimi decenni dell’800 seguivano proprio le suggestioni frazeriane per elaborare teorie piuttosto strampalate[3].
Chiude il volume un ‘cammeo’ firmato da un decano dell’antropologia italiana, Pietro Clemente, con un titolo accattivante: “Perché ce l’ho ancora con Sir James”. In poche pagine illuminate, Clemente offre un bilancio della figura di Frazer, soprattutto sul piano dell’antropologia e dalla ricerca sulle tradizioni popolari e folkloriche, non risparmiando critiche ed osservazioni non solo sul profilo di studioso ma anche sull’effetto che la sua figura ha avuto a diversi livelli, finanche politico ed amministrativo (gustoso il richiamo ad “assessori alla cultura desiderosi di fare risalire un rito del proprio paese alla notte dei tempi”). Le pagine di Clemente riassumono il cuore della questione-Frazer: un’opera di grande suggestione e di grande influenza nei settori più disparati (dall’antropologia alla letteratura al cinema), ma che oggi mostra le sue debolezze sul piano del metodo e dell’affidabilità scientifica. Debolezze che non impediscono però di riconoscere non solo la potente suggestione dell’opera frazeriana, ma anche la presenza qua e là di intuizioni del tutto valide e preziose.
Potente suggestione complessiva e piccole pietre preziose sparse qua e là sono le qualità che rendono l’opera di Frazer ancora decisamente degna di essere conosciuta, letta, discussa. Merito di questo volume è di offrire al lettore una panoramica davvero ampia e ricca, senza indulgere nella pura celebrazione di Frazer, ma riuscendo a farne risaltare i pregi senza tacere i difetti, e riuscendo a dare di Frazer un quadro pressoché completo[4]. Proprio in considerazione della ricchezza dei saggi contenuti, si sente la mancanza di un indice dei nomi, che sarebbe stato particolarmente utile. Ma a parte questo neo, il volume è prezioso per chi si interessa di storia intellettuale europea a vari livelli.
Authors and Titles
Nota della curatrice di Fabiana Dimpflmeier
Introduzione. La legge segreta del Ramo d’oro di Fabio Dei
Parte prima: Fonti e testi
- The Description of Greece: Frazer lettore di Pausania di Anna Anguissola
- Folk-Lore in the Old Testament e la questione dell’ultimogenitura di Alessandro Catastini
- Frazer e Apollodoro di Giulio Guidorizzi
- La riscoperta mitologica dei Germani e il suo influsso in James G. Frazer di Marco Battaglia
Parte seconda: Contesti e fascinazioni
- Frazer e l’antropologia italiana di inizio Novecento. Il caso di Raffaele Pettazzoni di Fabiana Dimpflmeier
- Il Ramo d’oro in Germania e la nascita del metodo storico-culturale di Carlo Ferrari
- Zhou Zuoren, Jane Ellen Harrison, James George Frazer e l’eredità del mondo greco in Cina, con una appendice di documenti di Chiara Ombretta Tommasi
- Pavese il ritualista? Da Frazer ai falò di Francesco Padovani
Parte terza: Letture e lettori
- Frazer e la fenomenologia della fiaba. Dai fratelli Grimm agli Inklings di Giacomo Scarpelli
- Dalla fiaba agli archetipi: lo sguardo antropologico nella poetica storica di Eleazar M. Meletinskij di Massimo Bonafin
- Storie dal bosco. Note sulla fortuna del Ramo d’oro di Domitilla Campanile
Parte quarta: Alleanze e ripensamenti disciplinari
- Freud e Frazer. Ripensare un’alleanza di Alfredo Lombardozzi
- L’utilizzo delle opere di James G. Frazer nello studio del diritto romano di Fausto Giumetti
- Frazer e la regalità romana di Roberto Fiori
- Frazer dopo Descola di Alessandro Simonicca
- Perché ce l’ho ancora con Sir James di Pietro Clemente
Notes
[1] G. Scarpelli, Il razionalista pagano. Frazer e la filosofia del mito, Milano 2018; F. Dei, James G. Frazer e la cultura del Novecento, Roma 2021;
[2] Della Harrison si segnala la recente (2023) riedizione italiana del suo Themis con bel saggio introduttivo di Giuliana Scalera McClintock.
[3] Penso ad esempio alla figura di Charles G. Leland, per cui mi permetto di rinviare al mio saggio “Gli Etruschi nella cultura popolare italiana. Le indagini di Charles G. Leland”, in History of Classical Scholarship 1, 2019 (https://www.hcsjournal.org/ojs/index.php/hcs/article/view/15).
[4] Sarebbe stato interessante avere un contributo sull’influenza dello scozzese sugli archeologi italiani dei primi decenni del ‘900: oltre a Giacomo Boni che gli fece da guida nel suo viaggio in Italia (ne fa cenno la Dimpflmeier in una nota a p. 112) ci sarebbero almeno Alessandro Della Seta, Silvio Ferri, Lucia Morpurgo.