Questo volume, il centotrentacinquesimo della prestigiosa collana di studi “Trends in Classics – Supplementary Volumes”, diretta da F. Montanari e A. Rengakos, raccoglie cinque contributi, tutti a firma di K. Tsantsanoglou, dedicati ad altrettanti drammi frammentari di Eschilo e Sofocle (quattro del primo e uno del secondo), pervenutici attraverso citazioni di tradizione indiretta e alcune testimonianze papiracee.
Il contributo iniziale (“Aeschylus Theoroi or Isthmiastai”) ha per oggetto i Θεωροὶ ἢ Ἰσθμιασταί di Eschilo. Prima della pubblicazione di P.Oxy. XVIII 2162 a cura di E. Lobel nel 1941, la nostra conoscenza di quest’opera era limitata al titolo, tramandato nella doppia forma all’interno del Κατάλογος τῶν Αἰσχύλου δραμάτων (= test. 78, 6c Radt) e in una glossa del Lessico di Esichio (ι 46 Latte–Cunningham [= fr. 81 Radt]), nonché a quattro brevi frammenti di tradizione indiretta (frr. 79-82 Radt). Grazie al ritrovamento di P.Oxy. XVIII 2162, che serba un centinaio di versi del dramma, è stato possibile non solo confermare la natura satiresca della pièce (già intuita da Ch.J. Blomfield)[1], ma anche avanzare ricostruzioni più fondate sul plot. P.Oxy. XVIII 2162 consta di quattro frustuli, così ordinati da Lobel nell’editio princeps: fr. 1 (a) (= fr. 78a Radt), che ha i resti di due colonne di testo consecutive, la prima, di trentasei righi, quasi integra, e l’altra, di dodici righi, mutila sui lati con l’eccezione dell’angolo sinistro in basso; fr. 1 (b) (= fr. 78b Radt), recante la porzione centrale di dodici righi appartenenti, a giudizio di Lobel, al lato destro della col. II del fr. 1 (a); frr. 2 (a) + 2 (b) (= fr. 78c Radt), su cui sopravvivono due colonne, la prima contenente i finali di sedici righi e la seconda gli attacchi di ventisei righi; fr. 3 (= fr. 78d Radt), che conserva poche lettere di quattro righi. In molti si sono interrogati sull’ordine esatto di successione dei lacerti, che Tsantsanoglou così dispone: frr. 78c, 78a, 78b, 78d, 79, 80, 81, 82, aggiungendo, come ultima testimonianza, il fr. 61a Radt, nel vol. III dei Tragicorum Graecorum Fragmenta congetturalmente assegnato agli Ἠδωνοί (tragedia d’apertura della tetralogia ‘dionisiaca’ nota come Licurgia), ma per Tsantsanoglou riferibile ai Θεωροί[2]. Di essi viene offerto il testo critico con ampio e dettagliato apparato (pp. 5-12), dove, soprattutto per i frammenti papiracei, Tsantsanoglou dà conto di «readings» e «supplements» differenti e nuovi rispetto a quelli registrati negli apparati di Radt e di altri editori più recenti (sicché, almeno per i frr. 78c, 78a, 78b, 78d, quello prodotto si configura a tutti gli effetti come un «new text»)[3]; seguono, poi, il commento (pp. 13-90) e la traduzione (pp. 106-110), quest’ultima preceduta da un’appendice riservata non solo alla ricostruzione del finale del dramma (pp. 90-91), dell’agone scenico (pp. 91-93), della tetralogia d’appartenenza (pp. 93-96), della data di rappresentazione (pp. 96-102) e della storia dell’opera, «with its numerous genre-referential echoes» (pp. 102-103), ma anche all’analisi di P.Oxy. XX 2250 (pp. 104-104), stampato tra i dubia eschilei da Radt (fr. 451g) e rivendicato ai Θεωροί da B. Snell[4].
Di P.Oxy. XX 2256, frr. 9 (a) + 9 (b) si discute nel secondo contributo (“Aeschylus Hypsipyle?”). I due frustuli, appartenenti a un volumen frammentario che restituisce didascalie e drammi di Eschilo, sono stati editi da Radt tra gli incertarum fabularum fragmenta eschilei con i numeri progressivi 281a e 281b e sono riconducibili al cosiddetto ‘Dramma di Δίκη’, per cui già E. Lobel, nell’editio princeps del 1952, si era pronunciato in favore di una pertinenza al (sotto)genere satiresco, in ragione dell’impiego, nel fr. 281a, 9, della congiunzione ὁτιή e per l’uso, nel fr. 281b, 4, della forma dorica ]ερρύθμιξα. Se una buona fetta degli studiosi, allineandosi al pensiero di E. Fraenkel[5], ha sostenuto la possibilità che quelle serbate da P.Oxy. XX 2256, frr. 9 (a) + 9 (b) siano le reliquie delle perdute Αἰτναῖαι, all’ipotesi satiresca torna Tsantsanoglou, che offre una nuova edizione del testo dei due brani ricongiunti, con un apparato critico ampliato rispetto a quello di Radt e di altri editori più recenti (pp. 135-137), traduzione (pp. 137-138) e commento (pp. 138-154).
Il terzo contributo (“Aeschylus’ Laïos”) è frutto della rielaborazione di due articoli[6]. Oggetto d’indagine sono alcuni frammenti di P.Oxy. XX 2256 pertinenti al Λάϊος, la tragedia d’apertura della tetralogia ‘tebana’ (comprendente, fra gli altri, i Sette contro Tebe, l’unica pièce conservatasi del gruppo), con la quale Eschilo vinse agli agoni dionisiaci del 467 a.C.: nel solco esegetico tracciato da H.J. Mette[7], Tsantsanoglou si schiera a favore della plausibilità del ricongiungimento dei frr. 2, 4 e 1[8], che, nel loro insieme, restituirebbero la hypothesis del Λάϊος, con l’elenco (nella sua parte iniziale) delle dramatis personae (pp. 153-158). A questa triade di lacerti Tsantsanoglou fa seguire il prologo della tragedia, di cui lo studioso ricostruisce una ventina di versi assemblando i frr. 6 (= fr. 451s, 6 Radt) e 7 (= fr. 451s, 7 Radt) con i frr. 24 (= fr. 451s, 24 Radt) e 8 (= fr. 451n Radt)[9].
Originariamente concepito e già pubblicato come articolo in rivista[10] è anche il quarto contributo (“Aeschylus’ Prometheus Pyrkaeus”, pp. 179-227). La prima parte (pp. 179-210) consiste in una riedizione commentata di una selezione di frammenti (nell’ordine, i frr. 332a, **207, 187a, 288, 336, **204a, **204d, 12, **204b + 204d, 5, **204c, **204d, 2-3, **204d, 4, **204d, 5, **204d, 6, **204d, 7-11, 379, *189a, 205, **207a e 307 Radt) rubricati, nel vol. III dei Tragicorum Graecorum Fragmenta, sotto il titolo Προμηθεὺς πυρκαεύς (e cioè i frr. 187a e **204a-**207a Radt) ovvero congetturalmente assegnati dai moderni all’opera eschilea (frr. *189a, 288, 307, 332a e 336). Di ciascuno di essi Tsantsanoglou passa in rassegna, valuta e, in taluni casi, riconsidera favorevolmente gli argomenti a sostegno di una provenienza dei lacerti dal Pyrkaeus, concludendo che i frr. **207a e 307 Radt debbano essere scartati dal novero delle testimonianze riferibili – anche dubitativamente – alla pièce eschilea (pp. 209-210). Nella seconda parte (pp. 210-227), l’Autore sviluppa una serie di considerazioni che lo inducono a negare l’identificazione, proposta da una larga fetta degli studiosi, del Pyrkaeus con il dramma (satiresco) che chiudeva la tetralogia eschilea vittoriosa alle Dionisie del 472 a.C., e che nell’Argumentum ai Persiani (= T 55a Radt = p. 4 West) viene designato mediante la generica intestazione Προμηθεύς, e a ipotizzarne un’inclusione come quarto dramma di una presunta tetralogia ‘prometeica’ prodotta nel 469 a.C. in occasione di agoni teatrali legati alle feste Antesterie.
Dell’Ἴναχος sofocleo Tsantsanoglou si occupa nel quinto e ultimo contributo (“Sophocles’ Inachos”, pp. 228-309), in cui, dapprima (pp. 228-286), vengono riedite e commentate le due testimonianze papiracee del dramma, P.Oxy. XXIII 2369 (= frr. **269a-b Radt) e P.Tebt. III 692 (= frr. **269c-e Radt), e, poi (pp. 286-309), si sviluppano delle osservazioni (di carattere ecdotico e interpretativo) sui «book fragments» (frr. 270-295a Radt). Attraverso l’analisi di queste reliquiae (e, in particolare, dei frr. 270-*271 Radt: pp. 286-290), l’Autore si prefigge di dare sostegno alla sua asserzione iniziale: l’Ἴναχος non sarebbe un dramma satiresco, configurandosi piuttosto come una pièce inquadrabile nella «category of Euripides’ Alcestis», cioè un dramma ‘prosatiresco’ (p. 229).
Chiudono il volume una Bibliography e due utili indici, un General Index, comprendente i luoghi citati e le cose notevoli, e un Greek Index, in cui sono raccolte le parole greche discusse.
Il lavoro di Tsantsanoglou abbraccia diversi campi di indagine, che vanno dallo studio filologico dei testi discussi all’esame delle caratteristiche bibliologiche e paleografiche dei testimoni papiracei, dalla trattazione critica dei problemi metrici e strutturali dei lacerti alla ricostruzione degli aspetti performativi delle opere esaminate; una ricostruzione, quest’ultima, affrontata secondo differenti gradi di analisi e portata avanti dall’Autore con un approccio metodologico basato sull’interazione multidisciplinare di fonti letterarie, storiche, iconografiche e archeologiche. Non si potrà sempre essere d’accordo con alcune conclusioni cui Tsantsanoglou perviene[11], ma certamente questo volume può rappresentare un utile strumento di consultazione per chiunque (dallo studioso di teatro greco al papirologo fino al semplice appassionato di cultura classica) sia intenzionato ad acquisire una conoscenza ad ampio raggio di alcuni drammi frammentari di Eschilo e Sofocle, sopravvissuti anche grazie al fortunato recupero di papiri greco-egizi.
Notes
[1] Nell’articolo “On the Dramatic Representations of the Greeks”, edito in forma anonima nel vol. II (apparso alle stampe nel 1826) della rivista «Museum Criticum; or, Cambridge Classical Researches».
[2] Il frammento è stato inoltre censito da R. Kassel e C. Austin in Poetae Comici Graeci, VIII, Berolini-Novi Eboraci 1995, p. 239, come Com.Adesp. fr. *831; una collocazione ecdotica, quest’ultima, giudicata ora congrua anche da P. Berardi, Un frammento ‘quasi eschileo’ (Aesch. fr. **61a R.² = Com. adesp. fr. *831 K.-A.), «Eikasmos» XXXIII (2022), pp. 93-112.
[3] Questo lavoro di revisione del testo, come si chiarisce a p. 2, è stato reso possibile anche e soprattutto grazie all’ausilio delle riproduzioni digitali ad alta definizione di P.Oxy. XVIII 2162, agilmente consultabili sul sito della collezione degli Oxyrhynchus Papyri, oltre che dall’esame autoptico sul reperto condotto da N. Gonis e R.A. Coles.
[4] Cf. la recensione a P.Oxy., XX (1952), in «Gnomon» XXV [1953], p. 436, nonché l’articolo “Aischylos’ Isthmiastai”, pubblicato da Snell su «Hermes» LXXXIV (1956), pp. 10-11.
[5] Cf. “Vermutungen zum Aetna-Festspiel des Aeschylus”, «Eranos» III (1954), pp. 61-75.
[6] Cf. “Aeschylus’ Laïos. TrGF III, T 58a + F 451v (+ p. 231) + 451s 6 + 451n (P.Oxy. 2256 Fr. 2, 4, 1, 6, 8)”, «Logeion» VI (2016), pp. 11-29; “Paraleipomena to the Reconstruction of Aeschylus’ Laïos”, «Logeion» VIII (2018), pp. 1-9.
[7] Cf. Die Fragmente der Tragödien des Aischylos, Berlin 1959, p. 58
[8] La numerazione riprende quella stabilita da Lobel. Il fr. 4 è stato edito da Radt come fr. **451v tra i dubia eschilei.
[9] Ottima risulta l’idea dell’Autore di accludere in calce al capitolo (p. 178) una tavola con le riproduzioni fotografiche dei suddetti frammenti, sì da offrire al lettore la possibilità di confrontarsi anche visivamente con l’ipotesi di assemblaggio dei materiali testuali avanzata e discussa nelle pagine precedenti.
[10] Cf. “Aeschylus’ Prometheus Pyrkaeus”, «Logeion» XI (2021), pp. 1-58.
[11] Lascia un po’ perplessi, ad esempio, la soluzione (avanzata già nel contributo “Prometheus Bound and Sophocles’ Inachos: New Perspectives”, «Trends in Classics» XII [2020], pp. 267-296) di intendere il Prometeo incatenato come «prosatyric play» (p. 211), concepito da Eschilo affinché occupasse la quarta posizione nella tetralogia vittoriosa alle Dionisie del 472 a.C. Assai discutibili sono, poi, gli argomenti sviscerati dallo studioso (pp. 224-227) per assegnare alle Antesterie del 469 a.C. la produzione di una tetralogia ‘prometeica’ composta da Prometeo incatenato (Προμηθεὺς δεσμώτης), Prometeo liberato (Προμηθεὺς λυόμενος), Prometeo portatore di fuoco (Προμηθεὺς πυρφόρος) e Prometeo accenditore di fuoco (Προμηθεὺς πυρκαεύς).