“Se Balzac scrivesse un romanzo ai giorni nostri non potrebbe mancare di includervi una assemblea di condominio”, scriveva Roland Barthes (“Il brusio della lingua”, 1984): allo stesso modo in cui, a partire dalla matrice epica, gli storici antichi, salvo rare eccezioni documentate e talvolta giustificate, non potevano mancare di includere nelle loro opere demegorie o arringhe militari.
Solo in tempi relativamente recenti, tuttavia, come frutto del novecentesco “linguistic turn”, è incrementata l’attenzione della comunità scientifica per i discorsi pronunciati dai personaggi nella letteratura greco-latina e più specificamente nell’ambito della produzione storiografica.1 La bibliografia sull’argomento è in crescita negli ultimi decenni, come rivelato da iniziative ad ampio respiro sul tema, frutto di progetti di ricerca o cooperazioni accademiche internazionali.2 All’interno di questa vasta produzione è tuttavia sovente possibile evidenziare il costante ricorrere di alcuni fenomeni, quali la trattazione esclusiva di un unico autore,3 la concentrazione su un particolare tipo di discorsi, fra cui buona fortuna gode soprattutto il genere del paracletico militare che ha potuto generare cospicua discussione.4 Infine, “last but not least” alla luce del fiorente dibattito antico e moderno suscitato dal relativo problematico asserto tucidideo di natura metodica,5 si nota l’importanza solitamente predominante attribuita alla questione dell’autenticità oppure del carattere fittizio dei brani oratori riportati,6 in una considerazione prioritaria del dato retorico nei contesti di eloquenza restituiti dai testi letterari antichi.
Frutto del rinnovato interesse per l’oratoria storiografica antica da parte di un gruppo di studiosi di formazione tedesca, il volume edito dalla De Gruyter a cura di Dennis Pausch nasce da un convegno organizzato dall’Università di Giessen fra il 25 e il 27 settembre 2008 presso il castello di Rauischholzhausen sul tema “Perspektive, Polyphonie, Performativität: Funktionen von Reden in antiken Geschichtswerken” (e ne raccoglie la quasi totalità dei contributi).7 Con i suoi 10 qualificati interventi (6 in tedesco e 4 in inglese), ciascuno corredato dalla propria bibliografia di riferimento, il volume fornisce un nuovo strumento di studio capace di superare in parte i limiti cui si è accennato, per due validi motivi almeno, dei quali è opportuno rendere conto. In primo luogo perché gli autori applicano i principi della narratologia al campo della storiografia antica, disciplina scientifica ma non meno letteraria. L’inserzione di discorsi diretti o indiretti nella produzione storiografica notoriamente comporta per lo storico antico e per l’interprete moderno due ordini di problemi, l’uno relativo alla veridicità storica delle parole pronunciate, l’altro al ruolo strategico della scelta oratoria per la rappresentazione letteraria della storia. La miscellanea ha la finalità programmatica, nonché il merito effettivo, di intraprendere la seconda via, finora la meno esplorata dalla critica moderna (“…Funktion der Reden als Teil der literarischen Darstellung und narrativen Technik”, p. 1). L’altro motivo di pregio del volume si trova poi nella tensione di coordinamento delle singole trattazioni, ciascuna concentrata su uno storico, in una prospettiva sinottica sull’insieme della storiografia classica, con inedite possibilità di confronto degli approcci interpretativi di storici differenti rispetto alle sezioni oratorie (pp. 2-3), secondo un gratificante principio di trasferibilità dei risultati validi per ciascuno degli autori studiati (p. 5). E’ l’obiettivo che in un bilancio complessivo il ricco volume riesce a perseguire nella prassi, attraverso la struttura organica che raccoglie gli interventi in due sezioni dall’andamento linguistico-cronologico, la prima dedicata agli storici greci (pp. 15-121), rispettivamente Erodoto, Tucidide, Polibio e Cassio Dione, la seconda agli storici romani (pp. 123-231), nominatamente Cesare, Sallustio, Livio e Tacito. La terza sezione (pp. 233-287) contiene da ultimo due contributi “trasversali” (“Übergreifende Fragestellungen”) che risultano particolarmente interessanti per la prospettiva adottata: si tratta dei saggi di Christoph Leidl, ‘Von der (Ohn)macht der Rede: Hörerreaktionen in der Historiographie’ (p.235-258) e di John Marincola, ‘The Rhetoric of History: Allusion, Intertextuality, and Exemplarity in Historiographical Speeches’ (259-289).
Al curatore8 appartiene, oltre al saggio ‘Der Feldherr als Redner und der Appell an den Leser: Wiederholung und Antizipation in den Reden bei Livius’ (pp. 183-209), pure l’agile introduzione che, garantendo la chiarezza del tessuto connettivo (pp. 1-13), da una parte mette a fuoco i punti-chiave della ricerca (‘Die Tagung und ihre thematischen Schwerpunkte’), dall’altra presenta una rassegna degli “abstracts” dei singoli saggi, utile come panoramica dei contenuti del volume oltre che a eventuali fruizioni selettive o mirate (‘Die einzelnen Beiträge vor dem Hintergrund der thematischen Schwerpunkte’). I contributi, differenti per contenuti e profondità, ma generalmente ben documentati e talvolta alimentati da profili d’indagine spiccatamente originali, presentano un comune sostrato metodologico basato sull’analogia degli approcci interpretativi, i quali mirano a uno studio complesso e articolato del testo oratorio, cui è restituita vitalità in virtù dell’interrelazione col contesto narrativo. Tale metodologia, consentendo di verificare l’effetto del discorso sui destinatari interni (il pubblico storico) ed esterni (i fruitori dell’opera), con possibilità di confronti e influenze, permette di comprendere, attraverso l’esame dei vantaggi narrativi comportati dalla specifica opzione oratoria dell’autore, le funzioni sottese alla consuetudine di riprodurre discorsi da parte dei diversi storici, come mezzo di caratterizzazione dei personaggi o comunque efficace espediente di rappresentazione multiprospettica o polifona della storia. L’accento è significativamente e produttivamente posto a valorizzare le differenze esistenti in questo fra i singoli storici, secondo una strada di recente indicata, fra l’altro, dall’importante studio sui discorsi erodotei e tucididei (indubbio referente per il presente lavoro), pubblicato nel 2007 per lo stesso editore tedesco da Carlo Scardino,9 qui autore del primo contributo della raccolta, ‘Die Rolle der Reden in Herodots Erzählung des Skythenfeldzuges’ (pp. 17-43).
Alla fine del volume il lettore troverà un indice concentrato esclusivamente sulle parole-chiave della tematica, pratico strumento di accesso agevolato all’insieme dei saggi. Non sarebbe stato di troppo, tuttavia, un prospetto dei luoghi antichi esaminati o menzionati, la cui mancanza è giustificata dal curatore sulla base della concentrazione esclusiva di ciascun contributo su un singolo storico (p. 9): ciò risulta parzialmente vero, soprattutto nel caso dei due studi finali. Intendendo la ricerca nel complesso studiare la funzione dei discorsi utilizzati dagli storici nella loro produzione, del tutto minoritaria risulta comprensibilmente l’attenzione per le rare scelte di opposizione alla diffusa prassi storiografica (che il curatore sintetizza in una breve nota, p. 6 n. 9): nell’indagare la funzione dei discorsi come elemento di rappresentazione storica, fruttuosa sarebbe pure, s’intende, l’analisi delle poche asserzioni teoriche sulla deliberata assenza di discorsi, quale ad esempio l’interessante elaborazione della problematica inerente l’opportunità dell’inserzione dei discorsi in sede storiografica che si legge nel proemio al libro 2010 della “Biblioteca Storica” di Diodoro Siculo, cui in effetti lo stesso Pausch dedicherà un intervento di sicuro interesse intitolato ‘Diodorus, the Speeches, and the Reader’ al prossimo congresso diodoreo di Glasgow, all’interno della sessione dedicata a “Speeches in the Bibliotheca ”.11
Trascurabili refusi, presenti se mai negli apparati bibliografici e nelle note, non pregiudicano affatto la piena fruizione di un testo di elevato spessore, rivolto al pubblico degli specialisti, su un tema di importanza centrale nell’attuale dibattito storiografico.
In conclusione, dal vivace mondo accademico tedesco viene un contributo valido e concreto, fuor di retorica capace di porsi da qui in avanti come imprescindibile punto di riferimento non solo per ulteriori indagini sui rapporti fra storiografia e oratoria, ma pure per ricerche sul metodo di lavoro dei singoli storici, fornendo nuova linfa al dibattito sulla storiografia antica.
Notes
1. Solo alcuni esempi per il campo della storiografia antica: F.W. Walbank, ‘Speeches in Greek Historians’ (3rd Myres Memorial Lecture), Oxford 1965 (= in Selected Papers. Studies in Greek and Roman History and Historiography, Cambridge 1985, 242-61); C.W. Fornara, The Nature of History in Ancient Greece and Rome, Berkeley 1983, 142-168. Oggi, soprattutto, una sintesi in J. Marincola, ‘Speeches in Classical Historiography’, in Id. (ed.), A Companion to Greek and Roman Historiography, 2 vols., Malden 2007, 118-144.
2. J. C. Iglesias Zoido (ed.), Retórica e Historiografía. El discurso militar en la historiografía desde la Antigüedad hasta el Renacimiento, Madrid 2008 (BMCR 2009.09.38); G. Abbamonte, L. Miletti, L. Spina (a cura di), Discorsi alla prova. Atti del Quinto Colloquio italo-francese ‘Discorsi pronunciati, discorsi ascoltati: contesti di eloquenza tra Grecia, Roma ed Europa’, Napoli-S. Maria di Castellabate (SA), 21-23 settembre 2006, Napoli, Dipartimento di Filologia Classica “F. Arnaldi”, Giannini 2009.
3. Fra i numerosi riferimenti possibili ci si limita a qualche esempio: P.A. Stadter (ed.), ‘Speeches in Thucydides’, Chapel Hill (NC) 1973; R. Nicolai, ‘Polibio e la memoria della parola: i discorsi diretti’, in R. Uglione (ed.), Scrivere la storia nel mondo antico ”. Atti del Convegno nazionale di studi, Torino 2-3 maggio 2004, Alessandria 2006, 75-113.
4. Iglesias Zoido, cit. n. 2. Nuove prospettive di sintesi sull’argomento, con attenzione agli storici, offre la sezione dedicata a ‘Le allocuzioni alle truppe nella storiografia antica’ in Abbamonte – Miletti – Spina (cit. n. 2), 27-86: G. Abbamonte, ‘Allocuzioni alle truppe: documenti, origine e struttura retorica’, 29-46; L. Miletti, ‘Contesti dei discorsi alle truppe nella storiografia greca: Erodoto, Tucidide, Senofonte’, pp. 47-61; C. Buongiovanni, ‘Il generale e il suo ‘pubblico’: le allocuzioni alle truppe in Sallustio, Tacito e Ammiano Marcellino’, 63-86). Il volume è consultabile online Discorsi alla Prova.
5. Thuc. 1,22,1-2.
6. Esemplificativo: M.H. Hansen, ‘The Battle Exhortation in Ancient Historiography. Fact or Fiction?’, Historia 42, 1993, 161-180; W.K. Pritchett, ‘The General’s Exhortation in Greek Warfare’, in Id., Essays in Greek History, Amsterdam 1994, 27-109; Id., Ancient Greek Battle Speech and a Palfrey, Amsterdam 2002.
7. Se si eccettua l’intervento di M. Fox, ‘Cicero’s contribution to the rhetoric of Roman historiography’, non ivi pubblicato in quanto lavoro in fieri.
8. Del quale sull’argomento cfr. pure: ‘ “Und seine Worte waren ungefähr die folgenden: …” Reden in der antiken Geschichtsschreibung zwischen Verwendung und Problematisierung” in U. Tischer – A. Binternagel (Edd.), Fremde Rede — Eigene Rede, Frankfurt 2010.
9. C. Scardino, Gestaltung und Funktion der Reden bei Herodot und Thukydides, Berlin 2007 (BMCR 2009.01.35).
10. D.S. 20,1-2.
11. “Diodorus Siculus: Shared Myths, World Community and Universal History”, University of Glasgow, 31st August – 2nd September 2011.