Il corpus di opere tramandato sotto il nome di Libanio di Antiochia è in assoluto uno dei più ricchi e voluminosi che ci siano giunti per un autore antico, paragonabile forse solo a quello, altrettanto vario ed imponente, di Cicerone.1 Tale abbondanza, se da un lato rappresenta uno strumento di grande importanza per la nostra conoscenza dell’autore e dell’epoca in cui visse, dall’altro scoraggia operazioni di studio complessive, tanto che a tutt’oggi non sono disponibili traduzioni complete ed alcune parti ancora attendono di essere trasposte in una lingua moderna.2 In questo panorama appare dunque benvenuto il libro di Gibson, che offre la prima traduzione moderna dei Progymnasmata di Libanio nella loro interezza e si configura come uno strumento interpretativo di grande utilità, sia per coloro che si interessano alla figura del retore di Antiochia che per gli studiosi della retorica nel mondo antico.
Il volume si inserisce nella pregevole collana “Writings from the Greco-Roman World” (Society of Biblical Literature), che annovera alcune pubblicazioni di grande importanza per lo studio dei progymnasmata nelle scuole antiche3, ed è opera di uno studioso che da tempo si occupa degli “esercizi preliminari”4 e dell’opera di Libanio.5 Il risultato è senza dubbio all’altezza delle aspettative che un tale binomio poteva suscitare presso gli studiosi del settore.
L’introduzione è sintetica ma completa: dopo aver offerto una breve panoramica sulla vita e gli scritti di Libanio (pp. XVII-XX), Gibson si sofferma sui progymnasmata attribuiti al retore di Antiochia (pp. XX-XXII) e sul problema di autenticità che caratterizza molti componimenti della raccolta (pp. XXIII-XXV). L’autore non apporta specifici elementi di novità, ma si limita a presentare — e a recepire, almeno nella sostanza generale — i risultati delle analisi di Foerster, Münscher e Norman,6 secondo cui molti degli esercizi preliminari non sarebbero genuinamente libaniani: “In summary, then, we can say that the collection of progymnasmata translated in this volume includes model exercises composed in the fourth, fifth, and sixth centuries C.E. by Libanius, a student of Libanius (Severus of Alexandria), an imitator of Libanius (Pseudo-Nicolaus), and other unknown authors” (p. XXV).7
Il testo greco è sostanzialmente quello stabilito da Foerster (vol. VIII, pp. 1-571), da cui l’autore si distacca solo occasionalmente, segnalando ogni volta le motivazioni della propria scelta in una nota ad loc.8 In alcuni casi Gibson recupera il testo della tradizione manoscritta, rifiutando le emendazioni o integrazioni proposte da Foerster, mentre in altri mette in luce l’incoerenza del testo di Foerster e propone nuove correzioni. In alcune occasioni la soluzione testuale non viene tentata direttamente sul testo greco, ma è proposta exempli gratia nella traduzione. Le scelte testuali ed interpretative proposte da Gibson appaiono in genere condivisibili e ben argomentate; per alcune correzioni l’autore riconosce il proprio debito nei confronti di Malcolm Heath, editor del volume.
Ogni gruppo di esercizi è preceduto da una breve introduzione, nella quale Gibson descrive le caratteristiche dell’esercizio in questione e riassume le principali problematiche teoriche affrontate nei manuali. Questo quadro riassuntivo si rivela funzionale a comprendere i “modelli” di esercizio composti da Libanio e, dove possibile, a ricostruire la posizione del retore di Antiochia a proposito di qualche aspetto particolare. Tutte le introduzioni si chiudono con un riferimento alle questioni di autenticità relative ai singoli componimenti e, nel caso, con un elenco delle precedenti traduzioni in una lingua moderna.
La traduzione è precisa e puntuale: Gibson non elude le difficoltà e si sforza di cogliere fino in fondo tutti gli aspetti e le sfumature del testo greco, anche nei passaggi più oscuri e difficili da interpretare. La scelta di indicare esplicitamente — dove possibile — i differenti κεφάλαια o passaggi di ogni componimento consente di comprendere la struttura teorica su cui si fonda la realizzazione di ogni esercizio.
Il commento è costituito da una fitta serie di note a piè di pagina, tanto sintetiche quanto precise. La prima annotazione di ciascun esercizio contiene le informazioni necessarie per inquadrare il componimento, relativamente al quale Gibson fornisce i paralleli conosciuti (distinguendo opportunamente tra i casi in cui la fonte citata contiene il medesimo thema oppure fornisce anche una elaborazione — parziale o completa — dell’esercizio: cfr. p. XXVII) ed eventuali indicazioni bibliografiche di carattere particolare. Nelle altre note sono invece contenute informazioni di vario genere: (a) chiarimenti relativi alle scelte di traduzione, o alle difficoltà di comprensione insite nel testo; (b) scelte filologiche; (c) rimandi “incrociati” ad altri modelli di esercizio presenti nella raccolta, nei quali ricorrono analogie contenutistiche o di altro genere; (d) riferimenti ad opere poetiche, storiche o mitologiche utili alla comprensione del testo (e, dove possibile, indicazione delle probabili fonti di Libanio). Particolarmente interessanti mi sembrano i rimandi interni, che consentono di maneggiare con facilità l’abbondante materiale e di osservare agevolmente come i medesimi temi (soprattutto quelli mitologici ed epici) potessero essere utilizzati, a seconda delle esigenze e con differenti prospettive, per la proposizione di diversi esercizi progimnasmatici.
In generale, le informazioni offerte da Gibson sono puntuali e dettagliate. Qui di seguito vorrei offrire alcune aggiunte o precisazioni:
– pp. 141 e 167 n. 14: Gibson sottolinea a ragione l’unicità del locus communis contro il medico avvelenatore (κατὰ ἰατροῦ φαρμακέως), adducendo quale unico termine di paragone nella letteratura progimnasmatica il locus communis contro il medico assassino (κατὰ ἰατροῦ φονέως) di Giovanni Sardiano (93.6 R.) e Dossapatre (377.13 W.), e ricordando altresì la frequenza di “medici avvelenatori” nelle declamazioni greche e latine. Ai paralleli addotti da Gibson si può aggiungere, nella tradizione progimnasmatica latina, il caso di Emporio, che tra gli esempi di locus communis annovera quello in veneficam virginem (p. 564.19- 22 Halm), all’interno di una classificazione parzialmente simile a quella proposta dai commentatori bizantini di Aftonio.
– p. 317 n. 456: τί οὖν φασιν οἱ θαυμάζοντες τὴν ἄμπελον καὶ πρὸ τῆς ἐλαίας αὐτὴν ἄγοντες, ὅταν φαίνηται καί τῶν ἄλλων μὴ βλάπτειν χείρω βλαβερωτάτη οὖσα πάντων τῶν φυτῶν; Gibson rifiuta giustamente la correzione introdotta da Reiske e recepita da Foerster (τῶν ἀνθρώπων : τῶν ἄλλων mss.), ma propone un’interpretazione a mio giudizio non del tutto convincente: “What, then, are those people saying who admire the vine and rank it above the olive tree, since (as they claim) it seems not to do worse harm than the rest, although it is (supposedly) the most harmful of all plants?”. Il cambio di prospettiva, segnalato nelle aggiunte tra parentesi, non trova giustificazione nel testo greco. Credo che tutta la frase introdotta da ὅταν esprima il punto di vista dei detrattori della vite; il periodo sembra acquisire un senso migliore interpretando χείρω nel senso di “meno”, “in misura inferiore”, e intendendo τῶν ἄλλων come neutro plurale: “che cosa dunque dicono coloro che ammirano la vite e la antepongono all’ulivo, nel momento in cui la vite, che è (certamente) la peggiore di tutte le piante, sembrerebbe anche più dannosa di ogni altra cosa?”.
– p. 357 n. 2: ai dati forniti da Gibson aggiungo che l’etopea di Medea è stata tradotta in italiano da G. Ventrella (in F. De Martino, Medea in via Arpi, Bari 2005 [ Kleos 10, 2005]), oltre che analizzata da A. Martina (‘L’ethopoiia di Libanio su Medea che si accinge a uccidere i propri figli’, Studi sull’Oriente Cristiano 7.1, 2003, 49-66) e dallo stesso Ventrella, che la riconduce alla categoria delle etopee “pragmatiche” (‘Libanio e l’etopea ‘pragmatica’: la dolorosa auto-esortazione di Medea’, in E. Amato – J. Schamp (edd.), ἨΘΟΠΟΙΙΑ. La représentation de caractères entre fiction scolaire et réalité vivante à l’époque impériale et tardive, Salerno 2005, pp. 112-122).
Come si può vedere, si tratta di osservazioni marginali e del tutto secondarie, che in nessun modo mettono in discussione il valore scientifico e l’utilità del lavoro di Gibson: non semplicemente la prima traduzione in una lingua moderna del corpus di progymnasmata attribuiti a Libanio, ma anche uno strumento interpretativo di grande precisione e comodità, che consente di “addentrarsi” nel mondo degli “esercizi preliminari” del retore di Antiochia e, più in generale, di accostarsi allo studio dei progymnasmata dal punto di vista “concreto” dei modelli di esercizio composti dai maestri.
Notes
1. L’ opera omnia di Libanio è consultabile nella monumentale edizione in dodici volumi di R. Foerster: Libanii Opera, Lipsiae 1903-1927.
2. Cfr. P.-L. Malosse, ‘Actualité et perspectives de la recherche sur Libanius’, in U. Criscuolo – L. De Giovanni (edd.), Trent’anni di studi sulla Tarda Antichità: bilanci e prospettive. Atti del Convegno internazionale (Napoli, 21-23 novembre 2007), Napoli 2009, p. 232.
3. R.F. Hock – E.N. O’Neil, The Chreia and Ancient Rhetoric: Classroom Exercises, Atlanta 2002 (SBLWGRW 2); G.A. Kennedy (ed.), Progymnasmata. Greek Textbooks of Prose Composition and Rhetoric, Atlanta 2003 (SBLWGRW 10). Cfr. anche, nella collana “Texts and Translations”, R.F. Hock – E.N. O’Neil, The Chreia in Ancient Rhetoric, Volume 1: The Progymnasmata, Atlanta 1986 (SBLTT 27).
4. C.A. Gibson, ‘Learning Greek History in the Ancient Classroom: the Evidence of the Treatises on Progymnasmata’, CPh 99, 2004, 103-129; ‘Alexander in the Tychaion: Ps.-Libanius on the Statues’, GRBS 47, 2007, 431-454; ‘“Women’s sacrifices” in [Libanius] Progymnasmata 12.29.6’, Philologus 152.2, 2008, 343-345; ‘Two technical Terms in Greek Progymnasmata Treatises’, RhM 152.2, 2009, 141- 149; ‘The Alexandrian Tychaion and the Date of Ps.-Nicolaus “Progymnasmata”’, CQ n.s. 59.2, 2009, 608- 623; ‘Was Nicolaus the Sophist a Christian?’, Vigiliae Christianae 64.5, 2010, 496-500.
5. C.A. Gibson, ‘The Agenda of Libanius’ Hypotheses to Demosthenes’, GRBS 40, 1999, 171-202.
6. R. Foerster – K. Münscher in RE 12, Stuttgart 1925, coll. 2518-2522, s.v. “Libanios”; A. Norman (ed.), Libanius: The Julianic Orations, Cambridge 1969, p. XLIX.
7. Sul tema si veda ora anche J. Ureña Bracero, ‘Algunas consideraciones sobre la autoría de los ‘progymnasmata’ atribuidos a Libanio’, in J.-A. Fernández Delgado, F. Pordomingo, A. Stramaglia (edd.), Escuela y literatura en Grecia antigua. Actas del Simposio Internacional, Universidad de Salamanca, 17-19 Noviembre de 2004, Cassino 2007, pp. 645-690.
8. Dal momento che Gibson non fornisce un elenco, non sarà inutile riportare qui le variazioni apportate al testo di Foerster: p. 47 n. 5 (65.15 F.): interpretazione di παραπλησίους come femminile, con proposta alternativa di leggere παραπλησίας (Heath); p. 47 n. 6 (65.16 F.): segnalazione di una lacuna, colmata ipoteticamente nella traduzione; p. 73 n. 33 (93.3 F.): οὐ κατὰ παιδείαν BaPL edd. Gibson, οὐ κατὰ πόδας B Foerster; p. 137 n. 64 (153.1 F.): πρὸς αὐτοὺς <καὶ> ἐφ’ οἷς Heath Gibson, πρὸς αὐτοὺς ἐφ’ οἷς codd. Foerster; p. 151 n. 8 (166.16 F.): lacuna segnalata (con proposta di integrazione) da Foerster, colmata ipoteticamente nella traduzione; p. 165 n. 13 (180.11- 12 F.): ὡς οὐχ ὅθεν ἄξιον codd. Gibson, ὡς οὐχ ὅθεν <οὐκ> ἄξιον Foerster; p. 181 n. 20 (197.19 F.): segnalazione di una lacuna e integrazione nella traduzione (con ipotesi alternativa di correzione); p. 185 n. 22 (200.6 F.): segnalazione di una lacuna, colmata ipoteticamente in nota (Heath); p. 265 n. 273 (276.13 F.): προσγενόμενοι PaPar Walz Gibson, προσγινόμενοι Foerster; p. 317 n. 456 (328.6-7 F.): τῶν ἄλλων codd. Gibson, τῶν ἀνθρώπων Reiske Foerster; p. 415 n. 216 (428.9-11 F.: segnalazione di una lacuna, colmata ipoteticamente nella traduzione (Heath)); p. 457 n. 31 (496.10 F.): τῆς νίκης τὸ τῆς μάχης codd. Gibson, τῆς νίκης <ἢ> τὸ τῆς μάχης Foerster; p. 461 n. 35 (499.13 F.): διπλοῦς Gibson, διπλῶς Par., om. Foerster; p. 467 n. 46 (509.1 F.): αὐτὴν codd. Gibson, αὑτὴν Foerster; p. 471 n. 49 (513.2 F.): ἐν κέρδει <εἶναι τὸ> λιπεῖν Gibson (Heath), ἐν κέρδει λιπεῖν Foerster; p. 477 n. 61 (518.23 F.): φύσεων Gibson (Heath), φύσεως codd. Foerster; p. 477 n. 64 (519.12 F.): τὸ <δὲ> μήπω Gibson, τὸ μήπω codd. Foerster; p. 479 n. 68 (521.11 F.): περιβαλὼν codd. Gibson, περιβαλὸν Foester; p. 481 n. 69 (522.11 F.): ὀργάνων BaPa edd. Gibson, ὀργάνου Schneider, ὀχάνων Foerster; p. 485 n. 78 (528.4 F.): colmata exempli gratia in traduzione la lacuna segnalata da Foerster; p. 485 n. 79 (528.5 F.): segnalazione di una lacuna, colmata ipoteticamente nella traduzione (Heath); p. 495 n. 102 (535.3 F.): διηρημένω BaPa edd. Gibson, διῃρημένω Foerster; p. 497 n. 107 (536.20-22 F.): segnalazione di corruzione e integrazione ipotetica in traduzione; p. 501 n. 113 (539.17 F.): <τῶν δὲ> γυναικῶν ἱέρεια / ἱέρειαι Gibson, γυναικῶν ἱερεῖα codd. Forster.