Il volume, curato da Mauro Tulli, raccoglie nove saggi critici relativi alla poesia greca offerti dagli allievi a Graziano Arrighetti, illustre studioso del periodo. Gli studi vertono intorno ad un unico tema: la riflessione degli autori antichi sull’attività letteraria propria o a loro precedente.
Le ragioni che hanno indotto il curatore Mauro Tulli a proporre un tema così peculiare sono illustrate nella ‘Prefazione’: studiare gli autori che, riflettendo sull’attività poetica, identificano quale compito dell’attività poetica la difesa della dignità dell’uomo, valore alla base anche dell’insegnamento e delle relazioni con gli studenti di Graziano Arrighetti.
Michele Buongiovanni (9-23), presenta il rapporto tra verità e poesia in Omero, Esiodo e Parmenide, a partire dall’incontro tra Eumeo e Odisseo. mentre per Omero la bellezza del canto può rendere vera la menzogna, mancando l’equivalenza tra bellezza e veridicità del racconto, per Esiodo ( Teogonia 27-28), al contrario, le Muse sanno cantare anche la verità e la scelta spetta solo al poeta. Con Teogonia, quindi, Esiodo fonda una poetica nuova, basata proprio sulla verità che l’atto poetico rivela. La scelta, operata da Esiodo, di porre la verità al centro della propria poetica si ritrova anche in Parmenide, a lui strettamente connesso. L’opera di Parmenide però rivela strette connessioni con l’ Odissea che consentono di impostare il discorso della poetica lungo due binari, quello della verità, legato alla natura dell’essere, e quello delle opinioni degli uomini, certamente affascinanti ma che in un ordine assoluto devono essere rigettate perchè non pertinenti all’essere.
Dino De Sanctis (25-50) dimostra come Esiodo, con la propria poetica, scardini i principi etici presenti nei poemi omerici, per rifondarli secondo le caratteristiche della società a lui contemporanea. Tra i molti principi discussi, è di grande interesse l’emulazione, vista in genere con valenza positiva, una delle caratteristiche che rendono gli aedi simili a Zeus. Per meglio comprendere il valore del termine, De Sanctis ritiene necessario analizzare i passi della Teogonia e degli Erga nei quali il termine ζ͠ηλος viene usato con accezione positiva o negativa. Mentre nella prima opera l’emulazione ha marcatamente una valenza positiva, nella seconda, con il decadimento dell’età del ferro e con la perdita di un modello corretto da seguire, si afferma anche come valore negativo.
Maria Raffaella Calabrese De Feo (51-70) analizza, partendo dalle notazioni autobiografiche introdotte per primo da Esiodo, il rapporto esistente tra il poeta e le Muse: Esiodo infatti da pastore diviene aedo proprio grazie all’incontro con le dee. I temi trattati in dettaglio sono: ‘Esiodo e le Muse: un rapporto esclusivo’, manifestato dalla citazione del proprio nome in relazione a quello collettivo delle dee, delle quali verranno citati per la prima volta di lì a poco i singoli nomi; ‘Il nome Esiodo’, per l’interpretazione del quale si adotta ‘colui che emette la voce, il canto’, un ulteriore elemento di centralità del rapporto del poeta con le Muse; ‘Esiodo e le Muse: un rapporto privilegiato’, ove l’impiego della prima persona in Teogonia 24-34 serve a rimarcare quanto fosse stata personale l’esperienza vissuta nell’incontro. Ugualmente, Esiodo parlando negli Erga 654-662 della propria attività di poeta ne tratterà in prima persona.
Michele Corradi (71-109) concentra la propria attenzione critica su Protagora, ed in particolare su come Platone ne ricostruisce l’interesse per la tradizione letteraria precedente. Nel Protagora, il Sofista argomenta come la poesia sia uno strumento di paideia, citando, a sostegno della tesi, numerosi autori antichi, primi dei quali Omero ed Esiodo. Con il confronto con anche altri trattati platonici, appare chiaro come per Platone stesso potesse essere stabilito un parallelo tra Protagora e i poeti nel loro ruolo educativo. Proprio questo stretto legame può aiutarci a comprendere il principio dell’uomo-misura che Platone presenta nel Teeteto (152a2-4) e Sesto Empirico nell’ Adversus Mathematicos (VII 60). Corradi, analizzando l’impiego ed il significato del termine μέτρον conclude che per Protagora è impossibile l’incontro Muse / poeta, ed è l’uomo il μέτρον della realtà; contro questa visione argomenta Platone, impiegando gli stessi spazi retorici e le stesse armi formali del Sofista. Protagora ha elaborato le proprie teorie partendo dal profondo studio della tradizione letteraria relativa alla paideia ed alla verità.
Maria Isabella Bertagna (111-120), osserva alcuni passi: libro VI dell’Iliade, versi 503-514; Tucidide VI, 108, 4; Euripide, Baccanti, 200-203; Platone, Leggi (769b6-c 8) analizzando la presenza della costruzione dell’anacoluto che viene identificato quale potente sistema espressivo per attirare l’attenzione del lettore in passaggi di particolare importanza.
Mauro Tulli (121-133), analizza il proemio del Teeteto e le sua difficoltà testuali, partendo dall’analisi del commento conservato dal Papiro di Berlino 9782 (III 28-37), il cui autore conosce due incipit diversi, solo uno noto alla tradizione medievale. Interessante è analizzare l’opera impiegando il secondo, ritenuto spurio dal commentatore, nel quale “l fanciullo del Teeteto sostituisce la διήγησις per assumere un compito delicato e insolito: la μίμησις, con le maschere di Socrate, di Teodoro e di Teeteto”. Attraverso numerosi dotti confronti, Tulli dimostra come Platone anteponga la διήγησις alla μίμησις, troppo legata al frazionamento dell’io e “priva di un sapere”.
Mario Regali (135-155) individua “un rapporto … fra tradizione letteraria e la definizione del demiurgo, della sua attività e della sua funzione” a cominciare dall’etimologia del nome ‘demiurgo’ che, pur avendo ben presente che l’etimologia “è uno strumento ben conosciuto nella produzione letteraria stessa”, ha negli Erga (1-10) di Esiodo e nell’etimologia del nome di Zeus proposta in quella sede un modello. Numerosi altri spunti ripresi dagli Erga, analizzati puntualmente, mostrano come la riflessione di Platone tenga bel conto di questa opera nel Timeo, per affermare una nuova poetica, che si diversifica proprio partendo dalla conoscenza, dimostrata dall’impiego, dei linguaggi poetici precedenti.
Margherita Erbì (157-190) analizza i dieci frammenti, 36 versi in tutto, che testimoniano la presenza, nella commedia, di una maschera che riprende le caratteristiche di Demostene per comprenderne la funzione nella μέση. La maschera di Demostene comincia ad affermarsi nel periodo in cui l’Ateniese inizia la propria opposizione a Filippo, e sulle scene viene duramente attaccato per le proprie scelte, anche antimacedoni, riprendendo i giudizi che già Eschine aveva avanzato su di lui.
Giovanni Calvani (191-207), studia la funzione di ζητήσεις e λύσεις in Pindaro, partendo dall’autore che può essere interpretato quale primo esegeta di Pindaro nell’antichità: Platone nel Protagora (338e6-347b2). Tali ζητήσεις sono presenti anche negli scoli a Pindaro, ma sino ad oggi gli studiosi non si sono posti il problema del perché alcune difficoltà meritassero in antico un’analisi ed una spiegazione. Per cercare di rispondere all’interrogativo, la Calvani analizza prima le ζητήσεις esplicite e poi quelle nascoste ai testi di Pindaro, presentandone il contenuto: nel caso delle 23 esplicite ben 16 riguardano il mito, e quindi se ne deduce che “il mito in Pindaro creava difficoltà su cui la critica riteneva utile indagare”. Anche quelle nascoste sono a soggetto prevalentemente mitico, ma perché non dichiarate? Perché verosimilmente redatte nel periodo, il II secolo, nel quale la formulazione ζητήσεις era scomparsa dall’uso.
Il volume si chiude con l’‘Indice dei passi citati’ in tutti i contributi, mente la bibliografia impiegata chiude ogni singolo articolo.
I saggi raccolti ne L’autore pensoso raggiungono lo scopo che si sono prefissati, di illustrare la riflessione “critica” di un’autore sulla propria produzione letteraria e su quella a lui precedente. Pur nella diversità dei temi trattati e delle angolazioni assunte, da tutti i saggi emerge come questa riflessione coincida con la riflessione dell’uomo sul proprio compito e sulla propria dignità.