I due testi che costituiscono l’oggetto di questa recensione completano l’edizione degli Opuscoli di Sinesio di Cirene curata per Les Belles Lettres da Jacques Lamoureux (testo critico, apparati e note critico-testuali aggiuntive) e Noël Aujoulat (introduzioni, traduzioni e note di commento) aggiungendosi al primo volume, comparso nel 2001. Il lavoro dei due studiosi è stato rivisto da Denis Roques. Il volume II contiene il De regno, mentre il III contiene il De providentia, il De dono, le due Omelie e le due Catastasi.
L’intera opera è concepita come un unico blocco, pur se frazionato in tre parti, dunque le introduzioni generali, l’elenco completo dei manoscritti collazionati, la loro descrizione e l’introduzione al testo si trovano nel primo volume; gli indici (tematico, dei nomi propri e dei nomi comuni) compaiono invece a conclusione del terzo (pp. 249-356). In ragione di tale struttura, quindi, la recensione procederà in parallelo per entrambi i volumi, distinguendo le parti argomentative (introduzioni e commento) da quelle critico-testuali; ove necessario, saranno usate le abbreviazioni II e III in riferimento, rispettivamente, al secondo e al terzo volume.
Prima che per contenuto, i due volumi si distinguono per correttezza e precisione formale: i refusi sono sporadici, non soltanto nel testo francese, ma anche nel greco. Si segnala un’apparente incoerenza nell’uso del grassetto (II, p. 4, riga 1: ‘motifs’). Talvolta è omessa la spaziatura tra la virgola e la parola successiva (II, p. 2. r. 6; p. 69, r. 19; p. 72, r. 18; III, p. 51, r. 6; p. 76, r. 20). In III, p. 35, r. 16, la punteggiatura è ridondante. Tra i refusi segnalerei ‘I 950’ invece di ‘1950’ (III, p. 7); ‘I964’ invece di ‘1964’ (III p. 36 r. 16); ‘Hagel’ invece di ‘Hagl’ (II, p. 30 r. 14); ‘simbole’ invece di ‘simboli’ (III, p. 49, nota 81 e p. 219, nota 106); e inoltre ἑαύτην invece di ἑαυτὴν (III, p. 76, ultima riga). Pochi i refusi presenti negli apparati critici: si veda per esempio II, p. 89 ἅ παντὸς per ἃ παντὸς; III, p. 152: εύλαβῶς per εὐλαβῶς.
Per quanto riguarda il testo critico, il rigoroso e meritorio lavoro di Jacques Lamoureux si fonda su otto manoscritti di base, sei dei quali sono gli stessi su cui era fondata la ‘storica’ edizione di N. Terzaghi (Synesii Cirenensis Opuscula, Romae, 1944); del più antico manoscritto, S, è stata generalizzata l’ortografia in relazione a ν efelcistico e al ς avverbiale. Altri 49 manoscritti, oltre agli otto sopra menzionati, sono stati oggetto di consultazione e collazione da parte dell’editore (l’elenco e la descrizione si trovano nel I volume, alle pp. XXXI-XXXV).
In considerazione della complessa tradizione testuale sinesiana, contaminata al punto di rendere impossibile la ricostruzione di uno stemma, il lavoro di costituzione testuale operato da Lamoureux si basa su un consapevole eclettismo metodologico, ancorato comunque a un’intelligente adesione alla paradosi (alcuni esempi: II, p. 97 [De Regno, 9, 2, 3]; p. 101 [ibid., 10, 6, 6]; III, p. 104 [De prov. I, 6, 2, 10]; 109 [ibid. I, 9, 4, 7]; 126 [ibid. I, 15, 1, 4]; 143 [De prov. II, 2, 5, 3]; 158 [ibid. 7, 5, 6]). Scrupoloso e attento a mantenersi fedele al pensiero e alle tournures sintattiche non di rado impervie di Sinesio, lo studioso non rifiuta per questo emendamenti di editori passati, né rinuncia a offrire nuove soluzioni (III, p. 98 [De prov. I, 2, 5]; 137 [ibid., I, 18, 4, 2]; 128 [ibid. I, 15, 4, 8].
Il lavoro degli editori passati è guardato con particolare rispetto e non è mai oggetto di polemica: è invece segnalato e generosamente riconosciuto anche dove emendamenti e congetture non siano accolti a testo. Alcuni errori dell’edizione di Terzaghi, inoltre, sono evidenziati e corretti in apparato (p. es. I, pp. 86, 91; III, pp. 110, 129). Dell’edizione terzaghiana è poi stata mantenuta la suddivisione in capitoli, mentre, tra parentesi tonde, compaiono i numeri di pagina dell’edizione Petau.
Completano il testo alcune note critico-testuali, siglate J. L., che rendono ragione delle scelte operate dall’editore in relazione a passi cruciali: esse appaiono in genere pienamente pertinenti, fondate su una conoscenza puntuale e profonda dell’ usus scribendi di Sinesio e sono argomentate in modo coerente e condivisibile, anche se in alcuni casi sarebbe forse stata necessaria la presenza di un’opportuna informazione bibliografica d’appoggio (per esempio in II, p. 92, n. 29; 93, n. 33).
Stimolante e intellettualmente ricca è la parte curata da Aujoulat, le cui introduzioni, secondo l’uso della collana, sono ampie e complete. Di ciascuna opera sono esaminati, secondo uno schema coerente e geometricamente chiaro, cronologia, circostanze di composizione, genere letterario di appartenenza e contenuti.
Assai articolata (tanto da raggiungere le dimensioni di un vero e proprio saggio), l’introduzione al De regno occupa le pp. 1-82 del volume II. Essa offre un’esaustiva panoramica delle posizioni assunte dai critici in merito a tale opera, le cui ragioni politiche e la cui cronologia sono state, nel tempo, oggetto di importanti dibattiti. Aujoulat, pur presentando con abbondanza di riferimenti bibliografici e citazioni le diverse soluzioni proposte dagli studiosi in merito al duplice enigma legato alle date dell’ambasceria di Sinesio a Costantinopoli e della composizione dell’opuscolo, abbraccia senza dubbio le posizioni di Denys Roques, fondate, come è noto, sulla sua profonda conoscenza dell’epistolario sinesiano.
La discussione condotta da Aujoulat è coinvolgente, la difesa delle posizioni di Roques è a tratti vigorosa e non priva di asprezza, nonostante l’abbondanza del materiale critico citato direttamente permetta comunque al lettore di trarre le proprie conclusioni in modo indipendente. In modo più sfumato, Aujoulat conduce poi un’ulteriore disamina critica sul genere letterario del De Regno, correttamente inquadrato come peculiare speculum principis : anche in questo caso, ampio spazio è lasciato a citazioni dirette degli studiosi, le cui posizioni e le cui parole sono riportate per esteso e, in seguito, commentate da Aujoulat stesso.
Nel capitolo successivo, lo studioso si domanda come sia stato possibile per un provinciale relativamente sconosciuto abbia pronunciare dinanzi all’imperatore e alla corte un discorso tanto duro, quale il De regno effettivamente appare. Di nuovo, pur non offrendo una risposta vera e propria, Aujoulat elenca i tentativi di soluzione forniti, nel tempo, dagli studiosi che hanno affrontato l’argomento. Forse proprio in questo capitolo, a parere di chi scrive, emerge maggiormente il limite dell’impostazione fornita da Aujoulat alle diverse tappe della sua introduzione: l’estrema ampiezza del materiale critico che egli propone al lettore, imponendo un grande sforzo analitico, avrebbe richiesto di essere controbilanciata da un’operazione di sintesi altrettanto sviluppata.
Concludono il lavoro introduttivo due capitoli riassuntivi miranti a fornire (cap. 5) un quadro analitico completo dell’opera e (cap. 6) una sintesi sulle qualità del βασιλεύς secondo il De regno : particolarmente ricco di riferimenti al testo, che talora contribuisce a spiegare in modo assai brillante, e svincolato dalla necessità di richiami diretti a lavori di altri critici, quest’ultimo capitolo risulta certamente, secondo l’opinione di chi scrive, il più riuscito.
Di grande respiro è anche l’introduzione al monumentale ed enigmatico De providentia; dell’opera sono fornite tutte le coordinate necessarie alla comprensione, e senza dubbio il lavoro di Aujoulat appare qui meno rigido (forse perché meno strettamente legato agli studi di Roques) e aperto a suggestioni intellettuali diverse.
Per quanto riguarda la datazione dell’opera, Aujoulat si mantiene prudentemente alle coordinate già fornite a suo tempo da Christian Lacombrade (400-402), senza tuttavia escludere la più rigida datazione proposta da Roques (400). Particolarmente felice appare, poi, l’idea di penetrare nel ‘mistero’ del genere letterario del De providentia affidando la parola a tutti i critici che hanno, nel tempo, affrontato il problema: in tal modo, soffermando la propria attenzione sui risultati più coerenti e condivisibili degli studiosi del passato, Aujoulat offre al lettore un’immagine a tutto tondo dell’opera, senza trascurare alcuno dei complessi aspetti che la informano: quello romanzesco, quello filosofico, quello retorico e didascalico, non tralasciando neppure gli apporti del genere storiografico e biografico. Molto opportunamente, in questo senso, egli fa propria la capitale osservazione di Alan Cameron (Barbarian and Politics at the Court of Arcadius, Berkeley and Los Angeles, 1993, pp. 253-254), secondo cui “De providentia is too original a work. We shall have to cast our net wider and examine the large body of literature on which Synesius drew at first hand. He drew variously on this living tradition, creating a new fusion of diverse elements that suited his ends.”
Allo stesso modo, conscio della difficoltà di fornire una risposta precisa al problema dell’identificazione storica dei diversi personaggi del racconto, Aujoulat offre una panoramica esaustiva e non acritica dei tentativi di identificazione proposti dagli studiosi, ponendone in evidenza limiti e punti di forza, dando prova di sano antidogmatismo.
Un ampio capitolo sulle idee filosofiche del De providentia rende ragione dell’eclettismo intellettuale e della formazione filosofica di Sinesio (Aujoulat torna su quest’argomento anche nell’introduzione al De Dono, nello stesso volume); il curatore mette qui bene in luce le caratteristiche della personale posizione sinesiana nell’ambito del neoplatonismo tardoantico e ne evidenzia il penchant dualistico, puntualizzando tuttavia l’inapplicabilità al pensiero sinesiano di categorie come manicheismo e gnosticismo.
Complete, pur se in misura proporzionale all’estensione dei testi cui pertengono, sono le introduzioni al De dono, alle Omelie e alle Catastasi (III, pp. 163-172; 185-187; 193-195; 200-203). Per quanto riguarda il primo opuscolo, Aujoulat presenta in modo essenziale, ma adeguato, informazioni relative alla datazione, discussione sull’identificazione di Peonio, destinatario dell’opera, riferimenti all’educazione religiosa e alla formazione di Sinesio, e infine una panoramica analitica del testo. Delle Omelie e delle Catastasi sono ripercorse le coordinate essenziali dei generi letterari di appartenenza, sono discussi i contenuti e (per le Omelie) i riferimenti filosofici.
Completano l’opera tre indici: un Index nominum (III, pp. 243-247); un Index verborum (III, pp. 249-276); e un Index thématique (III, pp. 277-356) riferiti, come si accennava sopra, all’intero corpus degli Opuscoli sinesiani. Di tali indici, nel secondo appaiono preponderanti, per espressa ammissione degli autori, i termini del vocabolario filosofico; a ciò ben si sposano l’ampiezza e l’estrema precisione dell’indice tematico, precipuamente orientato sugli argomenti filosofici contenuti negli Opuscoli, per ciascuno dei quali è succintamente riportato (in francese) il contesto: la grande attenzione posta nella compilazione e la completezza dell’indice risultano di fondamentale utilità per orientarsi nell’universo intellettuale di Sinesio e nelle molteplici sfaccettature del suo pensiero, mentre il fatto che tale indice abbracci l’interezza degli Opuscoli permette allo studioso di percorrere agilmente sviluppi e permanenze tematiche all’interno dell’intero corpus.
Gli ultimi due volumi degli Opuscoli di Sinesio pubblicati da Les Belles Lettres costituiscono, dunque, un notevole progresso negli studi sinesiani: da un lato, infatti, Lamoureux propone un testo rispettoso della paradosi che inoltre, in diversi punti, supera la ‘storica’ edizione di Terzaghi, di cui tra l’altro corregge alcuni errori; la ricchezza dell’apparato, tipicamente positivo, permette poi di vagliare un’ampia casistica di varianti non prive di interesse e valide proposte di altri editori. Il lavoro di Aujoulat, d’altro canto, ha il merito di fornire agli studiosi anzitutto una panoramica bibliografica aggiornata e completa dello status quaestionis, di condurre in modo sostanzialmente chiaro un ampio dibattito critico sui due più complessi trattati di Sinesio, fornendo allo stesso tempo un punto di partenza didatticamente ineccepibile per chi si accosti per la prima volta agli Opuscoli. La traduzione di Aujoulat, infine, senza mirare a incongrue bellurie stilistiche, e mantenendosi invece in un quadro di coerente fedeltà al testo sinesiano, ha il grande pregio di offrire una resa moderna, elegante e scorrevole di una lingua notoriamente aspra e dalla sintassi talora ai limiti dell’oscurità.