BMCR 2025.09.32

Corpus vasorum antiquorum. Deutschland, 112: Berlin, Antikensammlung, ehemals Antiquarium, 21: attisch schwarzfigurige Schalen

, Corpus vasorum antiquorum. Deutschland, 112: Berlin, Antikensammlung, ehemals Antiquarium, 21: attisch schwarzfigurige Schalen. Munich: Bayerische Akademie der Wissenschaften, 2024. Pp. 108. ISBN 9783769637908.

A Stefan Distler, studioso già noto per la sua monografia sulle raffigurazioni di artigianato e agricoltura nella pittura vascolare greca[1], si deve il ventiduesimo fascicolo del CVA dell’Antikensammlung di Berlino (includendo nel conteggio anche quello della ex DDR), che corrisponde al centododicesimo della Germania e che  conferma l’elevatissimo standard qualitativo della collana, sia per il contenuto scientifico che per l’impeccabile veste editoriale.

Dedicato alle kylikes attiche a figure nere del Gruppo dei Piccoli Maestri, il volume presenta cinquanta esemplari (integri o frammentari) dei tipi Lip-cup, Band-cup, di Droop e di Kassel ancora nelle collezioni dell’Antikensammlung, con un’appendice su altre quattordici (tre Lip-cups, dieci Band-cups e una Floral Band-cup) che non lo sono più, poiché undici sono considerate perdute durante la seconda guerra mondiale e tre sono state nel tempo concesse in deposito permanente a collezioni universitarie della Germania per scopi educativi e didattici. L’autore utilmente segnala, inoltre, che un’ulteriore kylix, già inserita da A. Furtwängler (Beschreibung der Vasensammlung im Antiquarium, Berlin 1885, p. 300, n. F 1793) tra le Kleinmasterschalen, ne è stata esclusa fin dal 2021, trattandosi di un Band-skyphos (da Nola, ex collezione von Koller) che P. Heesen ha attribuito alla maniera del Pittore dei Gomiti in Fuori (A. Schöne-Denkinger, CVA Berlin 19, München 2021, p. 46, tav. 41, 1–4). Del pari sono escluse dal volume le coppe dei Piccoli Maestri provenienti dal sito di Marion (Cipro), che saranno trattate in una monografia sugli scavi, in preparazione. L’Autore ha incluso soltanto piccole parti di due Band-cups (V.I. 3140, 189 a-b, pp. 76-78, tav. 43, 2 – 4, e tav. 44, 1 – 2, Beilage 10, 1 – 2) che provengono dalla stessa località, la sepoltura 131 della necropoli II di Marion (scavi M. Ohnefalsch-Richter 1886), ma che erano state acquistate sul mercato antiquario di Parigi, in una vendita pubblica del 1887, durante la quale erano state battute all’asta anche altre coppe dei Piccoli Maestri. Il riconoscimento della provenienza cipriota di questi frammenti risale a una dissertazione del 2011, tuttora inedita ma segnalata dall’Autore,[2] tuttavia, le ricerche condotte da S. Distler per la preparazione di questo CVA hanno ulteriormente chiarito e specificato le esatte pertinenze dei frammenti (i dettagli sono spiegati nell’Introduzione, a p. 7).

Quanto alle altre località di provenienza, la maggior parte delle kylikes, come era facilmente immaginabile, è stata recuperata nelle ricche necropoli etrusche, fra cui innanzitutto quelle di Vulci, con diciassette esemplari, seguite dall’Etruria in generale con cinque e Cerveteri con uno; completano il quadro Nola e Samos con tre ciascuna, Marion e Rodi con due (di cui una da Kameiros) e infine il sito di Santa Maria Capua Vetere con una. Le rimanenti coppe sono frutto di acquisizioni da collezioni, a partire da quelle antiche (regali) fino a quella dell’illustre archeologo Frank Brommer, pervenuta all’Antikensammlung nel 1993, anno della sua morte (p. 55, tav. 22, 5–6).

Ripulite e per l’occasione sottoposte a nuovi restauri, le cinquanta kylikes del museo di Berlino, che con questo fascicolo del CVA ha completato nella serie l’edizione scientifica di tutte le coppe della sua collezione (a parte quelle dagli scavi di Marion, di cui sopra), sono presentate per forma e all’interno di questo ordinamento sono elencate per cronologia e per gruppi attribuibili al medesimo vasaio e/o pittore: ventiquattro Lip-cups (tavv. 1–27, Beilagen 1–7, 1), alcune delle quali molto note, come quella di Tleson, attribuita da J. Haldenstein al pittore omonimo, purtroppo originis incertae, con la celebre raffigurazione di Eris nel tondo interno (pp. 33-36, tav. 10, Beilage 3, 1); ventitré Band-cups (tavv. 28–56, Beilagen 7, 2–13), tra le quali spicca la grande[3] Prachtschale da Vulci, olim Dorow, considerata da J.D. Beazley non lontana dal Pittore di Lysippides, larga oltre mezzo metro e decorata in A con scene di battaglia (opliti e carri), in B da Eracle e il leone di Nemea, nel tondo da un duello oplitico, all’interno lungo il bordo da cinque imbarcazioni da guerra che navigano verso sinistra sulla superficie ondulata del mare, sotto il piede da una girandola di quattro protomi animali, due leoni e due cavalli alternati, e alla sommità del lungo stelo da un ornamento a triangoli discendenti (pp. 83–88, tavv. 50–53, Beilage 12, 1); due coppe tipo Droop (pp. 93–96, tavv. 57–59, Beilagen 14, 1–2); due tipo Kassel (pp. 97–98 , tavv. 60–61, Beilage 15). Segue un Allegato (pp. 99–100) sulle kylikes non più nell’Antikensammlung, perché perdute o cedute in deposito permanente.

Frutto di un approfondito studio durante il quale S. Distler, per sua esplicita affermazione, ha potuto usufruire degli utili consigli, della pluridecennale esperienza e del conseguente amplissimo database dell’amico e collega Pieter Heesen (ormai il dio delle coppe dei Piccoli Maestri!), il catalogo è accuratissimo, dettagliato, ricchissimo di confronti puntuali e calzanti, con riferimenti bibliografici completi e con praticamente nessun errore tipografico (ho trovato soltanto un punto al posto di un trattino, nell’Introduzione). Esso è anticipato da un utilissimo paragrafo che in sei pagine (17–22) riassume lo status quaestionis sulle Kleinmasterschalen, partendo dalla storia degli studi (che prende le mosse dall’originaria invenzione del termine da parte dell’austriaco Wilhelm Klein alla fine del XIX secolo), per poi passare ai criteri della loro classificazione (Lip– e Band-cups, Droop e Kassel, con relativa bibliografia per ciascun tipo), ai problemi cronologici, allo sviluppo delle forme, ai pittori e alle loro officine/botteghe, alle iscrizioni che vi furono applicate e alle iconografie che vi sono illustrate (temi mitologici e divinità, scene eroiche e – più raramente – di vita reale, animali reali e fantastici), fino ai restauri e alle riparazioni effettuate in antico su queste forme indubbiamente fragili.

Le kylikes, per le quali il lettore può disporre di lunghe schede descrittive dotate di un ampio commento critico sostenuto da un solido apparato di informazioni bibliografiche e di confronto, sono illustrate da splendide e chiarissime tavole a colori e da ben 54 figure in bianco e nero nel testo (di cui una in profilo) che consentono di verificare anche il minimo dettaglio, cui si accompagnano quindici supplementi (Beilagen) con profili e sezioni delle forme. Estremamente positivo il fatto che la lettura delle iscrizioni non si affidi ad apografi bensì direttamente alle riproduzioni fotografiche, che consentono al lettore un controllo autoptico. Se mi è consentita una critica, lamenterei soltanto la mancanza di un’immagine diversa delle navi della grande Band-cup F 1800 da Vulci, la Prachtschale di cui sopra: due o più vedute parziali dell’interno (ad esempio due semicirconferenze) avrebbero permesso di apprezzare più pienamente la sequenza delle cinque navi da guerra in successione e verificarne il ritmo della navigazione come immaginato dal pittore, piuttosto che con la piccola veduta generale dall’alto e due soli dettagli delle navi. Nel caposcheda, ricco di dati su misure e dimensioni, al lettore vengono anche offerti il peso di ciascun esemplare e il volume del suo contenuto, a proposito del quale spicca quello di ben 9 litri della Prachtschale, una quantità più che ragguardevole calcolata quasi all’orlo raso (e forse possiamo dire anche in questo caso mestόs, come Xenophanes di Colofone faceva parlando dei crateri colmi[4]), sempre ammesso che coppe di tali dimensioni potessero essere usate nella realtà, probabilmente non per bere ma per contenere un’offerta liquida.

Il volume si chiude con ben nove indici: le concordanze tra numeri di inventario, tavole e Beilagen, i luoghi di rinvenimento, le collezioni di provenienza, un prospetto sinottico delle dimensioni (numero di inventario, con altezza, diametro, peso e volume) molto utile per un confronto immediato tra una coppa e l’altra senza dover ricorrere ogni volta allo spoglio sistematico di tutte le schede, le particolarità tecniche (che includono i restauri antichi), i temi figurati (in ordine alfabetico, distinguendo quelli impiegati come episemata), le iscrizioni (undici firme di vasai di cui una doppia, quattro di vasai con patronimico, una di vasaio con un termine non comprensibile, una di pittore, una con il solo patronimico, sette beneauguranti per il bevitore (chaire), una di acclamazione (kalos), due pseudo-iscrizioni e sette incomprensibili, oltre a  tre didascaliche nelle scene figurate, di cui una per la dea Eris e le altre due incomprensibili; infine l’indice dei vasai, dei pittori e delle officine/botteghe, nonché l’elenco dei supplementi (Beilagen).

In conclusione, un CVA di alto livello, risultato di un serio impegno di studio e di notevoli conoscenze scientifiche e tecniche, un volume che certamente sarà di grande utilità per quanti lo consulteranno e per chi dovrà studiare argomenti affini. In quanto Membro della Commissione Italiana del CVA non resta che auspicare che i fascicoli di tutti i Corpora possano mantenersi sempre su livelli elevati come questo.

 

Notes

[1] S. Distler, Bauern und Banausen. Darstellungen des Handwerks und der Landwirtschaft in der griechischen Vasenmalerei, Wiesbaden (Reichert Verlag) 2022

[2] V. Lewandowski, Die Funde aus der Nekropole von Marion (Zyprus) in Berlin, Diss. Freie Universität Berlin 2011

[3] Alt. da cm 27,9 a 28,2, con diametro dell’orlo di cm 43,1-43,3 e una larghezza alle anse di ben cm 52 (p. 83).

[4]La citazione è in Ateneo, Deipnosophistai 462d.