Le Mémoires d’Hadrien furono pubblicate a Parigi nel dicembre del 1951 e da allora sono state ininterrottamente ristampate, sono state tradotte in più di venti lingue e sono senz’altro l’opera con la quale ancor oggi l’autrice viene identificata, nonostante sia stata una prolifica scrittrice di romanzi, raccolte poetiche e saggi.
Il volume di Keith Bradley si propone di valutare il lavoro storiografico della Yourcenar, puntando l’attenzione sui problemi posti dalla ricostruzione della biografia di Adriano e dunque sui mezzi messi in atto dalla scrittrice per conferire autenticità al ritratto dell’imperatore.
Per fare ciò, come è noto, si deve ricorrere in primo luogo alla Note e ai Carnets de notes de «Mémoires d’Hadrien, le appendici incluse dalla stessa autrice a partire dal 1953 (aggiornate con minori aggiunte nel 1958), che documentano lo studio condotto sulle fonti antiche e sulla bibliografia specialistica moderna compiuto dalla Yourcenar. Non solo: tra le fonti del lavoro di Bradley ci sono anche una selezione dei sei volumi delle Letters à ses amis et quelques autres (1995); i quattro volumi della corrispondenza intitolata d’Hadrien à Zénon pubblicati tra il 2004 e il 2019 e un volume di lettere indirizzate ad uno dei suoi primi editori, Emmanuel Boudon-Lamotte, pubblicato nel 1939 con il titolo En 1939, l’Amérique commence à Bordeaux. Ci sono infine le interviste rilasciate a stampa, radio e televisioni raccolte a stampa in quattro pubblicazioni.
L’autore suddivide la materia in dieci capitoli: dopo una presentazione del genere biografico nell’antichità e in età moderna e contemporanea (capitolo 1: ‘Imperial Biography’, pp. 3-29), l’autore affronta sostanzialmente un unico grande problema nei capitoli seguenti che è ben riassunto dal titolo del secondo capitolo: ‘Autenticity pursued’ (pp. 30-60), dal momento che l’indagine di Bradley si concentra per lo più nella ricerca e nella verifica sul piano strettamente storico dei modi in cui la Yourcenar ha cercato non solo di conferire verisimiglianza storica al suo Adriano ma ha, per dir così, costruito il suo personaggio in base ad un criterio di verisimiglianza umana.
Ecco dunque che il terzo capitolo (‘Autenticity Filtered’, pp. 61-96) va alla ricerca di quelle incrinature – e non sono poche – della tradizione antica su Adriano entro le quali l’autrice ha lavorato col suo talento da narratrice, sempre molto sorvegliato sul piano storico e della documentazione impiegata; il quarto capitolo, pur avendo un titolo simile (‘Autenticity Invented: The Rules of the Game’, pp. 97-128), si occupa in realtà delle critiche che furono mosse alle Mémoires soprattutto dagli antichisti alle quali l’autrice rispose sempre con grande meticolosità . I capitoli centrali (5, 6, 7, rispettivamente ‘The Accession’, pp. 129-161, ‘Antinous’, pp. 162-194, ‘The Jewish War’, pp. 195-210) si concentrano sul trattamento riservato dalla Yourcenar a tre momenti che ella stessa definì cruciali per la biografia di Adriano: la successione a Traiano, la morte di Antinoo e la guerra giudaica. I capitoli 8 e 9 (‘Rise and Fall’, pp. 231-264, ‘The Isle of Achilles’, pp. 265-298), si occupano il primo dei rapporti della Yourcenar con R. Syme e H. Bardon e del di lei giudizio sulle biografie dell’Historia Augusta; il secondo del rapporto tra Arriano di Nicomedia e Adriano; l’ultimo capitolo (‘Residue’, pp. 299-312) contiene le conclusioni.
Fa bene Bradley a sottolineare, a mo’ di premessa del suo discorso, alcune importanti circostanze: le Mémoires non sono affatto un romanzo storico – genere che peraltro l’autrice non apprezzava – bensì una novel composta da una sola lunga unica lettera diretta al giovane Marco. Questa scelta, del tutto inedita, mi sembra da sottolineare per almeno due motivi: sul piano storico perché in effetti Marco fu, in ultima istanza, il successore designato imposto da Adriano ad Antonino Pio; sul piano letterario, perché ben si addice la figura di un giovane al quale l’imperatore, giunto ormai al crepuscolo, confida la sua esistenza per informarlo e istruirlo – come un buon padre – sul governo dell’impero. Tuttavia, la Yourcenar era anche consapevole del fatto che la categoria di romanzo storico era quella che meglio si attagliava alle sue opere per una serie di ragioni: l’uso dell’investigazione psicologica, il rapporto con la verità storica, la possibilità di delineare meglio la personalità del suo personaggio: il suo era uno studio sul destino di un uomo. Questa mi sembra la più bella autodefinizione che la Yourcenar ha dato delle Mémoires che Bradley purtroppo non valorizza.
Se ora proviamo ad addentrarci nel laboratorio della Yourcenar, grazie al minuzioso e lodevole lavoro di Bradley, possiamo renderci contro di come l’autrice costruiva i suoi personaggi (p. 80): le Mémoires contengono solo qualche ricordo passeggero dell’infanzia di Adriano, il quale aveva avuto una balia spagnola, una donna alta e arcigna che egli conosceva per la sua assoluta devozione alla dea Epona per cui cantava letteralmente le lodi. Si tratta di un’invenzione della Yourcenar ma che è stata, per così dire, ‘autenticata’ dal fortuito ritrovamento di una lapide che identifica la vera balia di Adriano (CIL XIV 3721).
Oppure (p. 81): la Yourcenar scrive che Adriano aveva conservato memoria dei suoi maestri e in particolare di Q. Terenzio Scauro, che aveva criticato le velleità poetiche del giovane Adriano ma che lo aveva anche introdotto allo studio del greco, inducendo nel giovane l’amore per la lingua e facendolo ripetutamente esercitare. Ora, la stessa Yourcenar riconosce nella Nota che tutto ciò non trova conferma in alcuna fonte: Scauro fu senz’altro un personaggio storico e fu senz’altro un maestro di Adriano (HA Verus 2, 5), ma nessuno attesta che incoraggiò Adriano allo studio del greco.
Ancora (pp. 91-92): ad un certo punto delle Mémoires Adriano si lascia andare ad una considerazione sulla schiavitù ‘l’horrible état qui met l’homme à la merci d’autre homme’. La stessa Yourcenar dichiarò in seguito, in un intervista del 1971, che ‘Je ne suis pas sûre si Hadrian aurait pu le dire. Il n’y avait pas encore ce problème-là qui lui aurait permis d’y penser et là je me suis donné certains libertés’. Gli esempi di questo tipo si possono moltiplicare.
Non mancarono certo i critici – anche piuttosto severi – delle Mémoires: in particolare vanno qui segnalate le pagine su Picard e Syme.
Charles Picard, eminente specialista di arte Greca e romana, pubblicò una tagliente recensione nella Revue Archéologique del 1954, definendo l’opera un’offesa alla storia. La Yourcenar, persona molto combattiva, le rispose da par suo in ben tre lettere: al di là del tono molto piccato vale la pena notare che l’autrice ribadì la fondatezza storica del suo Adriano e che comunque si dichiarava disposta ad apportare correzioni per quei particolari di minor rilievo che risultavano non esatti sul piano storico.
Con Ronald Syme la vicenda fu più intricata: come è noto Syme, in una celebre lecture tenuta al Sommerville College di Oxford il 10 maggio 1984 (‘Fictional History: Old and New: Hadrian’), ristampata come pamphlet e poi nel VI volume dei Roman Papers, rilevava puntualmente una serie di errori storici nelle Mémoires mettendo in guardia da una lettura storicamente attendibile. Il risultato fu di mettere in ridicolo il libro e la suo autrice; addirittura Syme – ossessionato dai suoi lavori sull’autore dell’Historia Augusta – arrivò a dire che le Mémoires erano un lavoro ‘doppiogiochista’ (duplicitous), prodotto da un’autrice che era ella stessa un impostore: la stessa definizione di fictional history, diversa dalla semplice ‘historical fiction’, intendeva marcare la natura ingannevole delle intenzioni dell’autrice.
Ciononostante, non abbiamo notizia di una replica della Yourcenar (che, al pari di Syme, aveva allora 81 anni). Bradley non esclude che l’acrimonia di Syme derivasse anche dal fatto che la Yourcenar, anche nelle successive edizioni della Note che accompagnava le Mémoires non aveva menzionato i lavori (e non erano pochi) dello storico neozelandese su Adriano. Vale la pena piuttosto notare che la Yourcenar aveva scritto un saggio sull’ Historia Augusta (Visages de l’histoire dans l’«Histoire auguste») in cui individuava nel senso di decadenza il punto di vista degli autori (era la convinzione che la Yourcenar traeva da Bardon) della raccolta di biografie.
Il cuore del volume è dedicato a quelli che la Yourcenar stessa ha definito i tre momenti di crisi del principato adrianeo: la successione, Antinoo e la rivolta giudaica. Qui Bradley dispiega tutta la sua destrezza nel mettere in luce i riferimenti puntuali utilizzati nelle Mémoires. Colpiscono alcuni passaggi: la Yourcenar dichiarò che la situazione a lei contemporanea l’aveva aiutata a comprendere gli sforzi intrapresi dia Adriano per riformare le finanze di Roma, rinvigorire la sua cultura e governare le province e che il modello a cui si era ispirata era Winston Churchill o addirittura che ‘le livre sur Hadrien s’accroche à l’image d’un homme de génie qui serait en quelque sorte l’idéal anti-Hitler ou anti-Staline, et présuppose que ce génie humaniste pourrait pour quelque temps, et jusq’à un certain point recréer autour de lui cette terre stabilisée qui est celle des monnaies hadrianiques’ (p. 154).
Per quanto riguarda la descrizione fisica di Antinoo la Yourcenar si servì di tre importanti opere: il busto di Antinoo nella Sala Rotonda dei Musei Vaticani, l’Antinoo Farnese del Museo Archeologico di Napoli e l’Antinoo Braschi, anch’esso presso i Musei Vaticani, mentre i brevi dettagli sulle origini famigliari di Antinoo si basano sulle condizioni socio economiche prevalenti in Bitinia a quel tempo. Bradley mostra poi bene ‘influsso che ebbero sulla Yourcenar due scritti di John Addington Symonds (1840-1893), Sketches and Studies in Italy e A Problem in Greek Ethics che la stessa scrittrice aveva dichiarato essere tra le sue fonti nella Nota.
Sulla guerra giudaica giustamente Bradley nota che la presentazione della guerra nelle Mémoires è caratterizzata da due motivi: il fallimento dell’obiettivo di Adriano di evitare la guerra attraverso la promozione di una politica di pace a vasto raggio e la perdita di fiducia nel futuro di Roma. Sono naturalmente due prospettive che stavano molto a cuore alla Yourcenar, in considerazione soprattutto del fatto che le Mémoires sono state scritte pochi anni dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale. Ciò che però aveva suscitato più di un malumore e l’aveva esposta all’accusa di antisemitismo era stata l’insistenza sul fanatismo di Akiba e, più in generale, sul fanatismo giudaico (p. 215: ‘Ce fanatique ne se doutait même pas qu’on pût raisonner sur d’autres prémisses que les siennes; j’offrais à ce peuple méprisé une place parmi les autres dans la communauté romaine: Jérusalem, par la bouche d’Akiba, me signifiait sa volonté de rester jusqu’au bout la forteresse d’une race et d’un dieu isolés du genre humain. Cette pensée forcenée s’exprimait avec une subtilité fatigante : je dus subir une longue file de raisons, savamment déduites les unes des autres, de la supériorité d’Israël’). In realtà il nodo era religioso, per non dire teologico: il politeismo romano e il monoteismo ebraico erano irriconciliabili, così come le rispettive culture, ed è dunque sulla base di questo mutuo antagonismo che si spiega il linguaggio severo ed estremamente fazioso di Adriano.
Bradley, come s’è detto, non perde occasione di sottolineare giustamente la solidità del lavoro storico della Yourcenar attorno alla figura di Adriano. Fortunatamente è però anche consapevole di quanto fragili e precari siano i dati a nostra disposizione per effettuare una ricostruzione storicamente accertabile. Credo che la cifra più autentica e il punto di forza ancor’oggi valido del lavoro della Yourcenar non vadano dunque individuati tanto nella sua presunta storicità – sulla quale continuo a nutrire forti dubbi (non raccomanderei mai ad un mio laureando di ricostruire la figura di Antinoo in base a quanto scritto dalla Yourcenar) – quanto nella verità psicologica del personaggio di Adriano da lei ritratto, quella cioè che Bradley stesso chiama ‘true biography’, ma che forse si potrebbe più semplicemente ricondurre al metodo che Plutarco dichiara di aver seguito nelle sue Vite o anche allo stile delle Confessiones di Agostino.
Insomma, a me sembra che la grande novità delle Mémoires è che la verità del genere biografico è spinta, per così dire, all’estremo, in maniera del tutto inedita, sostenuta da uno stile esemplare fatto di classica compostezza e sobrietà , che rendono questo libro una lettura dal fascino tuttora intatto.