BMCR 2025.08.05

Catilina e i patres nel Bellum Catilinae di Sallustio

, Catilina e i patres nel Bellum Catilinae di Sallustio. Bibliotheca Classica Biblion. Milano: Biblion, 2024. Pp. 356. ISBN 9788833833002.

Questi ultimi anni hanno visto l’uscita di nuove biografie di Catilina, di monografie sulla sua “congiura” e su Sallustio, di volumi collettivi, edizioni critiche e traduzioni, di ristampe e antologie di studi sallustiani, oltre ovviamente a decine di articoli scientifici.[1] La fortuna di Sallustio (e dello stesso Catilina) non accenna a tramontare e ciò non sorprende, data l’importanza cruciale delle vicende del 63 a.C. sia per gli storici di Roma antica sia per i latinisti. È principalmente a questi ultimi che si indirizza il libro di Bernardo Cedone. Esso è il frutto della revisione di una tesi di laurea magistrale, discussa dall’Autore nella primavera del 2020 presso l’Università degli Studi di Milano.

Un’introduzione (pp. 15-22) illustra brevemente il contenuto dei singoli capitoli. Nel primo capitolo (Catilina di Cicerone: dalle Catilinarie alla Pro Caelio: pp. 23-77), dopo un sommario inquadramento storico, l’Autore propone un’analisi dell’immagine di Catilina in Cicerone. E non senza ragione: nel momento in cui si accinse a redigere il Bellum Catilinae, Sallustio non poteva non tenere conto del modello ciceroniano. L’indagine si basa in gran parte sulle Catilinarie, da cui emerge un Catilina «monstrum, cioè senza storia» (pp. 37-40); ma si conclude, opportunamente, con alcune riflessioni sulla Pro Caelio del 56 (pp. 71-72), in cui Cicerone propose un ritratto di Catilina (Cael. 5.12-6.14) molto più articolato rispetto alle sue consuetudini. Il punto di contatto tra i due autori va individuato nella complessità del personaggio, interpretata da Cicerone come simulatio, da cui discende (p. 77) il Catilina simulator ac dissimulator di Sallustio (BC 5.4; cfr. 31.5, 31.7). L’analogia è evidente, anche se non sarei così certo che la Pro Caelio vada annoverata tra le «fonti sicure» di Sallustio (p. 19)[2].

Ma più ancora delle analogie (le quali potrebbero almeno in parte derivare dalla personalità del “vero” Catilina) sono interessanti le differenze. Dopo un’ampia rilettura dei primi quattro capitoli del Bellum (Proemio e archeologia del Bellum Catilinae: antropologia minima sallustiana: pp. 79-116), l’Autore entra nel vivo dell’argomento col terzo capitolo (In Sallustio: le attenuanti di Catilina: pp. 117-133), dove analizza la breve storia di Roma (BC 5.9-13.5) inserita da Sallustio tra il ritratto di Catilina (BC 5.1-8) e la descrizione della corruzione sua e dei suoi complici (BC 14-16). Ne emergono almeno due differenze di fondo tra il Catilina del Bellum e quello delle Catilinarie. (1) Mentre il monstrum ciceroniano è “fuori dal tempo”, il personaggio sallustiano è inserito in un preciso contesto storico. Mentre il primo è semen malorum omnium, il secondo è il frutto di una degenerazione morale e politica iniziata diversi decenni prima (p. 120). Com’è noto, Sallustio individua l’inizio di questo processo nella distruzione di Cartagine e un suo momento di svolta nella dittatura di Silla (BC 10.1, 11.4). Secondo Cedone (pp. 120-121) è soprattutto «la sconfitta degli avversari cartaginesi» il momento cruciale: Silla e Catilina «sorgono dalle ceneri di Cartagine». Si potrebbe obiettare che uno dei temi dominanti del ritratto di Catilina nel Bellum è proprio quello del suo passato sillano; ma in fondo l’Autore stesso lo riconosce, quando afferma che Sallustio considera Silla «quasi come generatore di Catilina» (p. 133, cfr. p. 140). (2) Mentre per Cicerone esiste ancora in Roma un gruppo di «cittadini intatti e puri», per Sallustio «Roma è marcia dalla testa ai piedi» (p. 124); Sallustio invece «non può davvero credere che Catilina sia il problema, ed è per questo che non potrà mai vedere in Cicerone la soluzione» (p. 125); il fatto di inserire Catilina «in una traiettoria di decadenza più grande di lui, contribuisce senz’altro a ridimensionare la sua figura, a storicizzarla» (p. 127). Anche qui si tratta di considerazioni del tutto condivisibili. D’altra parte, dopo la seconda guerra civile e dopo l’assassinio di Cesare, sarebbe stato difficile per chiunque, non solo per Sallustio, mantenere sui cives lo stesso sguardo “ottimista” che Cicerone aveva proposto, rivolgendosi a quegli stessi cives, quasi vent’anni prima. E questo varrebbe a maggior ragione se ammettessimo, con l’Autore, che il Bellum Catilinae fu composto tra il 42 e il 41 (p. 25), ossia dopo le proscrizioni triumvirali e dopo Filippi (ma di ciò più avanti).

Il quarto capitolo (Catilina vastus e varius: pp. 135-214) intende proporre «una nuova chiave interpretativa» (p. 19) del Catilina sallustiano, fondata su due aggettivi-chiave: l’animus di Catilina (BC, 5.4) non solo è varius, ma anche vastus. I due aggettivi, oggetto di un’articolata analisi semantica (pp. 144-150), sono per Cedone «chiavi per comprendere l’intero universo sallustiano del BC, nella prospettiva di quella che chiameremo “catilinizzazione del reale”» (p. 143, 151-152). Vastitas, ma soprattutto varietas, dismisura e simulazione, caratterizzano non solo Catilina, ma la città nel suo complesso e l’insieme dei personaggi della vicenda, dai comprimari allo stesso Cicerone. Di questi viene proposta una ricca rassegna (pp. 180-214), che comprende gli ambasciatori allobrogi, Tito Volturcio e Lucio Tarquinio, i senatori, Cicerone (il cui ritratto è tutt’altro che idealizzato) e Sempronia. Purtroppo l’analisi dell’immagine di Cicerone in Sallustio, oggetto in passato di numerosi studi, si basa qui su una bibliografia certo autorevole, ma ridotta e piuttosto “datata” (cfr. pp. 199-200 e n. 213)[3]: il quadro delineato dall’Autore risulta nondimeno convincente.

Nel quinto capitolo (Accoppiamenti (poco) giudiziosi: Catilina e il gioco delle rifrangenze: pp. 215-265), Cedone analizza le numerose rassomiglianze che legano i vari personaggi del Bellum, tra loro e con lo stesso Catilina. I “catilinari” si assomigliano tutti e tutti assomigliano a Catilina. Quest’ultimo a volte ricorda Cesare (pp. 232-238), a volte «parla come Catone» (pp. 223-227, 255) e come lo stesso Sallustio (pp. 218-222). Questo gioco di rifrangenze è ulteriore segno di quella «varietas del reale», che si manifesta negli ultimi capitoli del Bellum (pp. 246-254), dove il simulator Catilina appare come il «personaggio le cui parole si avverano» (p. 260) e fornisce «un’inequivocabile dimostrazione di virtus» (p. 262). Per Cedone il passaggio dal “criminale” dei primi capitoli del Bellum all’”eroe tragico” degli ultimi va inteso appunto nel segno della varietas: il Catilina sallustiano è, contemporaneamente, mostro ed eroe.

Il sesto capitolo (Figli di Catilina: padri e figli a Roma: pp. 267-298) e il settimo (Fulvius senatoribus filius: morire per la patria, morire per i padri: pp. 299-321) affrontano il modo in cui nel Bellum sono descritti i giovani della nobilitas, con particolare attenzione verso il rapporto padri-figli. L’indagine risulta un po’ appesantita da due lunghi excursus sulla patria potestas (pp. 268-274) e sul parricidium in età alto- e medio-repubblicana (pp. 277-285), mentre è purtroppo solo accennato (pp. 288-290) il confronto tra la descrizione dei giovani in BC 7.4, 12.2, 13.4-5 e quella dell’adulescentia di Sallustio in BC 3.3-5: il tema avrebbe certo meritato uno sviluppo maggiore. Degno di attenzione è poi il « tratto originalmente sallustiano» (pp. 296-297) individuato dall’Autore in BC 17.6: quibus in otio vel magnifice vel molliter vivere copia erat, incerta pro certis, bellum quam pacem malebant. Mentre in Cicerone i giovani sostenitori di Catilina vogliono uccidere i genitori per ereditarne il patrimonio, in Sallustio essi vivono in una condizione agiata, che sono i loro patres a garantire, e rinunciano a un futuro sicuro per seguire le orme del loro modello, che diventa in un certo senso, paradossalmente, il loro nuovo pater (p. 295).

Come sarà emerso da questa sintesi, gli spunti di interesse non mancano, soprattutto dal punto di vista dell’analisi letteraria, che è quello che interessa l’Autore Questo libro fornisce al lettore numerosi e stimolanti spunti di riflessione, in particolare per il confronto Cicerone-Sallustio, vero e proprio fil rouge, sviluppato a più riprese e su più livelli, e per l’analisi della corrispondenza tra le ambiguità del Catilina sallustiano, quelle del suo entourage e quelle della città intera. Qualche perplessità affiora a tratti sul piano stilistico (una maggiore sintesi avrebbe in certi punti giovato), ma soprattutto sul piano storico/storiografico: da esso non si può comunque prescindere, dato che quelli del Bellum sono pur sempre personaggi storici e Sallustio fu loro contemporaneo. Non mi riferisco alle inevitabili divergenze sulle vicende del 63 a.C., ma ad alcuni fraintendimenti delle fonti o a semplificazioni di questioni assai controverse. Mi limito a tre soli esempi, di diverso peso e importanza: (1) non è vero che «Catilina e Cicerone avevano combattuto al servizio di Pompeo Strabone dalla parte di Silla» (p. 26): si trattava della guerra sociale; (2) che C. Antonio abbia «ottenuto il consolato stringendo accordi sotto banco con Cicerone e tradendo l’intesa con Catilina» (p. 260) non è attestato da nessuna fonte ed è escluso sia da Asconio, sia dal dibattito del gennaio 63 sulla rogatio Servilia agraria; (3) il ruolo di Crasso e Cesare come sostenitori di Catilina alle elezioni del 64 non è «accettato diffusamente dalla critica» (pp. 140-141 n. 3), ma è da tempo oggetto di dibattito ed è stato smentito anche recentemente con ottimi argomenti[4], come pure l’esistenza di un’intesa politica tra i due in data così risalente (pp. 27, 142, 237 e passim).

Bisogna infine rilevare che una questione cruciale, la data di composizione del Bellum, non viene qui affrontata. A p. 25 Cedone afferma senza esitazioni che Sallustio lo scrisse nel 42-41; ma solo a p. 313 precisa che si tratta della cronologia (prudentemente) suggerita da Syme nel suo Sallust[5]. La discussione resta però apertissima e c’è chi ha proposto, anche recentemente, una cronologia più alta (il 43, quindi prima della morte di Cicerone)[6]. In quel periodo così turbolento, in cui la situazione generale e le sorti dei singoli mutavano in continuazione, la differenza di un anno poteva cambiare completamente la prospettiva per Sallustio – così come può cambiarla per noi che lo studiamo oggi. Certo, il problema non è risolvibile in modo definitivo; ma sarebbe forse stato opportuno tenerne conto.

 

Notes

[1] B. Levick, Catiline, London, 2015; G. Urso, Catilina. Le faux populiste, Bordeaux, 2019. L. Canfora, Catilina. Una rivoluzione mancata, Bari – Roma, 2023. R. Funari (con G. Duursma), Lectissimus pensator verborum. Tre studi su Sallustio, Bologna, 2019;  J. Gerrish, Sallust’s Histories and Triumviral Historiography, London – New York, 2019; A. Feldherr, After the Past. Sallust on History and Writing History, Hoboken, 2021; E. Shaw, Sallust and the Fall of the Roman Republic, Leiden – Boston, 2021; A. Marcone, Sallustio, Roma, 2023. A. Marcone (ed.), Sallustio e la storiografia tardo repubblicana. Contributi del Centro studi sallustiani, Firenze, 2021. Sallust, The War with Catiline. The War with Jugurtha, transl. J.C. Rolfe, rev. J.T. Ramsey, Cambridge MA – London, 2013; Sallust, Fragments of the Histories. Letters to Caesar, ed. & transl. J.T. Ramsey, ibid., 2015; C. Sallusti Crispi Historiae. I. Fragmenta 1.1-146, edd. A. La Penna – R. Funari, Berlin – Boston, 2015. L’edizione dei libri successivi, curata da Rodolfo Funari è attualmente in preparazione. Di imminente pubblicazione una nuova edizione annotata del Bellum Catilinae, a cura di L. Fezzi. A. La Penna, Sallustio e la “rivoluzione” romana, Milano, 2017 [19681]; W.W. Batstone – A. Feldherr (edd.), Sallust, Oxford – New York, 2020.

[2] Cfr. a questo proposito Ramsey, Sallust, 2013, p. 3. Analoga perplessità suscita l’affermazione secondo cui Cicerone sarebbe «principale fonte di Sallustio» (p. 24 n. 4; cfr. anche pp. 50-51 e passim).

[3]  Per lo più già discussa da A. La Penna nella prima edizione del suo Sallustio e la “rivoluzione” romana (Firenze, 1968). Sorprende tra l’altro che l’Autore non tenga conto di G. Zecchini, Cicerone in Sallustio, in C. Stella – A. Valvo (edd.), Studi in onore di Albino Garzetti, Brescia, 527-538 (pur citato in bibliografia).

[4] R. Morstein-Marx, Caesar and the Roman People, Cambridge, 2021, 74-77; M.T. Schettino, Marcus Licinius Crassus, Roma, 2023, 200-204 (entrambi con ampia discussione della bibliografia precedente).

[5] R. Syme, Sallust, Berkeley – Los Angeles, 1964, 128.

[6] Tra gli altri Zecchini, Cicerone, 530-531; Marcone, Sallustio, 32.