BMCR 2025.03.48

Neglected architectural decoration from the late antique city: public porticoes, small baths, shops/workshops, and ‘middle class’ houses in the east Mediterranean

, Neglected architectural decoration from the late antique city: public porticoes, small baths, shops/workshops, and 'middle class' houses in the east Mediterranean. Late antique archaeology, 7. Leiden; Boston: Brill, 2023. Pp. 288. ISBN 9789004520165.

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Il volume recensito è la pubblicazione della tesi di dottorato di Solinda Kamani, condotta nell’ambito del progetto di ricerca The Visualisation of the Late Antique City sotto la direzione di Luke Lavan. Come egli stesso spiega nella nota editoriale, l’inserimento del lavoro in un contesto di ricerca più ampio e la sua correlazione con altri studi giustificano alcune scelte apparentemente singolari come il carattere eterogeneo delle strutture prese in esame o uno dei modelli di riferimento, Ostia, per una ricerca che ha il suo focus nel Mediterraneo orientale. Alla nota editoriale seguono un indice delle piante, immagini e tabelle e l’introduzione (pp. 1–7), divisa in una prima parte effettivamente introduttiva e in ulteriori paragrafi relativi allo stato delle ricerche, alle fonti di indagine e all’organizzazione del libro.

L’autrice chiarisce subito oggetto e scopi della pubblicazione: “This book deals with neglected decoration from the late antique eastern Mediterranean city (ca. 300–650 AD), that is the applied decoration beyond major buildings, such as churches, imperial palaces, and elite houses … It focuses on the study of decoration of less obviously monumental secular buildings, namely porticoes flanking streets, agorai and macella, small public baths, shop/workshops, and ‘middle class’ houses …” (p. 1). Poche righe più avanti si palesa la difficoltà nel criterio di scelta del materiale, di cui si mostra cosciente la stessa Kamani (“Of the building types examined some are still monumental” [p. 1]): le strade colonnate che fungevano da assi viari principali, i portici delle agorai possono davvero essere considerati “neglected architecture”? Sotto questo comune denominatore tutt’altro che oggettivo e  mai veramente definito – tuttalpiù in negativo rispetto a quelli che sono considerati i “major buildings” – vengono raggruppate categorie di edifici molto diverse tra loro per tipologia architettonica, funzione, proprietà e frequentazione. Mancano del tutto criteri espliciti di definizione delle strutture prese in esame, sia rispetto alle architetture di maggior pregio sia rispetto a quelle più “povere”; dimensioni e posizione non sembrano giocare alcun ruolo. Lo stato delle ricerche e le fonti di indagine aiutano in parte a comprendere: lo stato di conservazione di molte decorazioni e la pubblicazione del materiale risultano talmente eterogenei e spesso manchevoli che è necessario utilizzare quanto disponibile. Il desiderio di confrontare casi studio in un’ampia prospettiva mediterranea e l’atteggiamento critico nella valutazione incrociata di diversi tipi di fonti documentarie (archeologiche, letterarie, figurative) appaiono senz’altro il punto di forza della metodologia adottata.

Il primo capitolo tratta la decorazione parietale e pavimentale dei palazzi imperiali e delle case aristocratiche: come non plus ultra dell’architettura tardo-antica essi costituiscono il riferimento “alto” delle strutture esaminate nel libro. Non è chiaro però come mai il capitolo non includa altri edifici pubblici come le grandi terme imperiali (visto che gli “small baths” sono una delle categorie indagate). Il secondo capitolo (pp. 19–40) presenta il primo caso studio, Efeso, di cui vengono, però, trattati solo i portici e gli “shops/workshops”, dal momento che il materiale edito relativo alle case e agli impianti termali della città si limita agli esempi più lussuosi. Ci si chiede, però, perché in questo caso l’autrice non sia ricorsa all’analisi autoptica, come invece avviene per numerose altre strutture. Il terzo capitolo (pp. 41–61) è relativo al secondo “urban case study”, Ostia, di cui viene presentata la decorazione di portici, piccoli impianti termali e negozi (mancano inspiegabilmente le case del ceto medio).

Con il quarto capitolo inizia la trattazione specifica del materiale oggetto di ricerca, a partire dai “public porticoes”. L’articolazione interna è quella che poi diverrà standard: un’introduzione del tipo architettonico con citazioni letterarie relative e breve inquadramento all’interno dell’architettura di epoca imperiale e tardo-antica; un paragrafo relativo alle decorazioni parietali, uno dedicato a quelle  pavimentali e una discussione finale. Ciascun paragrafo è diviso nelle aree geografiche da cui sono presi gli esempi trattati (Asia Minore, Levante, Grecia e Balcani occidentali), che vengono presentati in maniera concisa, ma precisa. Nella discussione finale sono trattati i diversi tipi di decorazione con la loro diffusione geografica e cronologica, anche in relazione ai precedenti di epoca imperiale, e i relativi repertori figurativi. L’autrice cerca sempre di inserire anche tutte le informazioni reperibili relative alle coperture, alla decorazione esterna, all’illuminazione e all’eventuale presenza di tendaggi, che aiutino a comprendere l’aspetto generale degli edifici discussi. Tale organizzazione produce, a volte, ripetizioni, dal momento che di uno stesso edificio possono essere analizzate sia le decorazioni parietali che quelle pavimentali, con indicazioni in entrambi i paragrafi dell’evidenza datante.

Il quinto capitolo prende in esame gli “small public baths”. Neanche in questa sede, tuttavia, troviamo una definizione chiara di questo tipo di struttura, non viene discusso su quali basi si possa parlare di impianti pubblici o privati né vengono chiariti i criteri di scelta degli edifici analizzati (p. 109: “The baths discussed here represent only a small number of the total number that exists”). Il resto del capitolo è strutturato come il precedente, a eccezione di una sezione finale relativa al modo in cui la decorazione contribuisca a creare una gerarchia negli spazi.

Anche nella trattazione di “shops e workshops” (sesto capitolo) si sente la mancanza di una chiara definizione del tipo architettonico così come di un campione davvero rappresentativo, dal momento che l’autrice decide di prendere in considerazione quasi esclusivamente (p. 137) “those stretching along the porticoes of major colonnaded streets, agorai, and macella.” L’organizzazione del capitolo è quella nota, ma la Kamani adatta la discussione finale alla specificità del tipo architettonico includendo una sezione sul particolare arredo interno degli esercizi commerciali, sulla gestione pubblica e/o privata di questi ultimi, sul rapporto tra decorazione e merce venduta – arrivando all’interessante conclusione che questo non sussiste – e sul valore apotropaico di alcuni elementi figurativi.

Per la “’Middle Class’ House”, oggetto del settimo capitolo, viene, invece, data una definizione più chiara, mutuata dal lavoro di Simon Ellis[1]. Le sue caratteristiche tipiche andrebbero cercate nella “absence of a peristyle, restricted space, and modest decoration” così come nell’impianto irregolare, nell’organizzazione degli ambienti intorno a una corte o a un corridoio e nella presenza di una sala di ricevimento (p. 168). Anche in questo capitolo, accanto ai paragrafi usuali, troviamo nella sezione finale una discussione sulle specificità del tipo architettonico riguardanti il contributo della decorazione alla definizione gerarchica degli spazi, il valore apotropaico di alcuni elementi figurativi e il significato della decorazione per la definizione dello status sociale  dei proprietari. Quest’ultima parte risulta, a mio avviso, problematica, dal momento che per definire stato e aspirazioni della “classe media” bisognerebbe poterla definire con maggiore precisione e, soprattutto, individuarne le pratiche sociali, che, di certo, ricalcavano solo in parte quelle delle élites.

Le conclusioni sono articolate in tre sezioni dedicate al motivo per cui il tipo di architetture trattate ricevevano una decorazione, alle somiglianze e differenze all’interno delle aree geografiche di riferimento e, infine, ai limiti della pubblicazione. Nonostante l’eterogeneità delle architetture prese in esame, l’autrice riesce a dare una buona panoramica sulle intenzioni dei diversi attori, pubblici e privati, e sul rapporto tra i mezzi finanziari e le scelte adottate,  concludendone l’importanza attribuita alla decorazione parietale e pavimentale nel creare un aspetto gradevole per le architetture esaminate. Quest’ultimo costituiva, infatti, ancora in epoca tardo-antica un “marker of civic pride” (p. 207) per le città ed era rivelatore del successo personale in ambito privato. Interessanti spunti di riflessione messi in evidenza dal lavoro riguardano la disponibilità del materiale adoperato nelle diverse regioni, le scelte determinate dal clima e la qualità di esecuzione, che non sembra dipendere dalla datazione. Questi avrebbero potuto contribuire a motivare differenze e somiglianze a livello regionale nelle decorazioni analizzate, che vengono rilevate puntualmente, ma non discusse: perché si assista a una tarda fioritura dell’opus sectile pavimentale nei portici (p. 102) o perché i mosaici figurati compaiano negli “shops/workshops” a partire dal VI sec. d.C. (p. 160) sono questioni che restano aperte. Allo stesso modo manca un tentativo di motivare persistenze e cambiamenti nelle pratiche decorative all’interno del lungo arco di tempo preso in esame. I limiti della pubblicazione rilevati nelle ultimissime righe ricalcano in parte quanto osservato in questa recensione: l’autrice non ha comunque, come ripete spesso, una pretesa di completezza.

Il volume si chiude con tabelle relative alle strutture esaminate. Seguono la bibliografia generale e gli indici, sicuramente numerosi rispetto all’estensione del libro.

Pochi sono gli errori ortografici e formali da me rivelati (p. 53 “Cassegiato” invece di “Caseggiato”; nelle didascalie alle figg. 41. 42 si parla di macellum, nel testo di agora; p. 162 nota 173 “Hercumaleum” per “Herculaneum”; p. 164 il riferimento alla fig. 9 non è corretto). A eccezione della fig. 64/1, che risulta sfocata, le immagini contenute nella pubblicazione sono di ottima qualità.

Nella mia valutazione conclusiva vorrei sottolineare positivamente lo spirito critico con cui l’autrice esamina diverse fonti documentarie per comprendere nella maniera più completa possibile l’aspetto delle strutture trattate. Da apprezzare è l’esame autoptico di molte evidenze, altrimenti mal pubblicate. Lodevole è, inoltre, il tentativo costante di ricostruire l’esperienza sensoriale del visitatore antico, prendendo in considerazione tutti i dati disponibili. La Kamani è meticolosa nella presentazione dei dati e nella discussione della cronologia degli edifici; apprezzabile è anche il riferimento costante all’epoca precedente nello sforzo di delineare continuità e rotture con l’età imperiale. Nella valutazione della cronologia delle evidenze trattate, una maggiore problematizzazione sarebbe stata auspicabile nella trattazione delle diverse fasi di decorazioni pavimentali e parietali, la cui appartenenza risulta a volte dubbia (vd., per es., la Late Roman House di Sardi, in cui corte e corridoio sono pavimentati in marmo, mentre la sala absidata mostra pregevoli pitture parietali e un pavimento in terracotta, pp. 171. 181. 183).

Tuttavia, la mia critica principale, come già rilevato, riguarda la mancanza di una chiara definizione e di espliciti criteri di scelta delle tipologie architettoniche trattate; questo fattore, insieme al carattere eterogeneo degli edifici esaminati, rende difficile formulare conclusioni applicabili su larga scala. Un’ulteriore mancanza riguarda la bibliografia utilizzata, che ignora troppo spesso i titoli più recenti[2] o non sembra sempre aver recepito in modo appropriato opere note[3].

La pubblicazione rappresenta sicuramente una raccolta preziosa di materiale, che può servire come punto di partenza per ulteriori studi e contiene utili osservazioni per ricostruire l’aspetto degli edifici trattati, in linea con gli scopi del progetto The Visualisation of the Late Antique City. Come mostrano sia la recente pubblicazione di Lavan, che altre sul tema[4], la ricostruzione dell’esperienza e dell’attività umana all’interno della città tardo-antica sono possibili solo da una prospettiva più ampia, di cui il lavoro della Kamani rappresenta solo un tassello. Si dovrà, quindi, attendere la pubblicazione finale del progetto per apprezzarne a pieno il contributo.

 

Notes

[1] S. P. Ellis, ‘Middle class houses in Late Antiquity’, in W. Bowden – A. Gutteridge – C. Machado (a cura di), Social and Political Life in Late Antiquity (Late Antique Archaeology 3.1) (Leiden-Boston 2006) 413-37.

[2] Solo a titolo esemplificativo, sui palazzi del Palatino viene citato E. Nash, Pictorial Dictionary of Imperial Rome, vol. 1 (2nd ed.) (Londra 1968) e sono assenti i recenti U. Wulf-Rheidt, Die Kaiserpaläste auf dem Palatin in Rom: neue deutsche Forschungen = I palazzi imperiali sul Palatino a Roma: le nuove ricerche tedesche (Berlino 2007); U. Wulf-Rheidt, ‘The Palace of the Roman emperors on the Palatine in Rom’, in M. Featherstone – J.-M. Spieser – G. Tanman, U. Wulf-Rheidt, The emperor’s house: palaces from Augustus to the age of absolutism, Urban spaces vol. 4 (Berlino 2015) 3–18; sulle botteghe ostiensi manca J. Schoevaert, Les boutiques d’Ostie. L’économie urbaine au quotidien. Ier s. av. J.-C. – Ve s. ap. J.-C., Collection de l’École Française de Rome 537 (Roma 2018).

[3] A I. Baldini Lippolis, La domus tardo antica. Forme e rappresentazioni dello spazio domestico nelle città del Mediterraneo (Bologna-Imola 2001) e M. Danner, Wohnkultur im spätantiken Ostia, Kölner Schriften zur Archäologie vol. 1 (Wiesbaden 2017), per es., non viene dato il giusto peso nella discussione dell’architettura residenziale tardo-antica.

[4] L. Lavan, Public space in the late antique city, Late antique archaeology. Supplementary series vol. 5 (Leiden 2020); A. Haug, Die Stadt als Lebensraum: eine kulturhistorische Analyse zum spätantiken Stadtleben in Norditalien, Internationale Archäologie; vol. 85 (Rahden/Westf. 2003); T. Fuhrer (a cura di), Rom und Mailand in der Spätantike: Repräsentation städtischer Räume in Literatur, Architektur und Kunst, Topoi; 4 (Berlin-Boston 2012).