BMCR 2024.10.25

Delfi e Apollo nella letteratura greca

, Delfi e Apollo nella letteratura greca. Seminari. Consulta universitaria di greco, 5. Rome; Pisa: Fabrizio Serra, 2022. Pp. 224. ISBN 9788833154275.

Dopo una premessa a firma del curatore (pp. 9-11), il primo contributo (pp. 13-34) è quello di Massimo Magnani che analizzando il così detto Inno ad Apollo di Alceo (fr. 307 V.) s’interroga sulla sua natura, sul genere (peana, inno o proemio) e sulla sua destinazione (cultuale o simposiale). Forse composto dal poeta durante un soggiorno a Delfi (dopo avere attraversato anche la Beozia, da lui spesso citata), il componimento potrebbe essere stato cantato in occasione di una gara musicale all’interno dei giochi pitici. Data la frammentarietà del corpus alcaico, al momento è certo che nel I libro della sua editio alessandrina figurassero almeno tre inni rivolti agli dei (ad Apollo, ad Ermes ed alle Ninfe) e che il frammento in questione fosse il primo della raccolta. La parafrasi tramandataci da Imerio nella sua 48ma Orazione, sarebbe invece, frutto della rielaborazione di alcune hypotheseis che in età tarda furono aggiunte ai carmi alcaici più che alla lettura diretta del testo poetico (per via del dialetto eolico che l’A. dubita Imerio possa ormai comprendere). Marialuigia Di Marzio analizza in parallelo le dediche di Alessandro I, re di Macedonia, e di Ierone I, tiranno di Siracusa, a Delfi. Se il primo dedicò ad Apollo dopo la battaglia di Platea, una sua statua-ritratto, in oro, con l’intento di evidenziare la sua appartenenza al mondo greco, anche il tiranno siracusano lo seguì nella sua scelta, offrendo però, oltre alla sua statua, un tripode, posto accanto a quello dedicato dal fratello Gelone. Le loro offerte furono posizionate nella terrazza orientale di fronte al tempio, area che gli Anfizioni, dopo la loro condotta filopersiana, riservarono alla celebrazione delle vittorie elleniche (pp. 35-53). Nella sua disamina degli inni alle divinità, inclusi nel corpus dei canti simposiali, Cecilia Nobili fa notare come durante i simposi, oltre la lirica monodica, si eseguivano anche canti corali le cui caratteristiche li accomunano ai peani ed agli skolia, poiché mantenevano dei riferimenti sia alla dimensione del culto (nascita del dio, cerimonie) che a quella politica locale. Questi inni simposiali ad Apollo, dal carattere apotropaico, contenevano una richiesta di aiuto e protezione alla divinità poleica contro un nemico comune ed esterno (pp. 55-69). Giorgio Ieranò s’interroga sulla relazione che alcuni versi della tragedia di Eschilo (Eumenidi) abbiano con il mito dell’uccisione di Penteo, argomento questo al quale il poeta di Eleusi aveva dedicato una perduta (e difficilmente ricostruibile) tetralogia. Sembra così supposto un rapporto mitico fra Tebe e Delfi tramite Dioniso che nell’immaginario collettivo dell’Atene del V secolo appare legato all’Antro Coricio (pp. 71-87). Oggetto dell’analisi di Franco Giorgianni è la discussione sulla validità dell’arte mantica e dei suoi interpreti che Sofocle mette in scena nel suo Edipo Re, quale specchio del dibattito che animava Atene nel corso del V secolo a.C. (pp. 89-104). Setacciando alcune opere tragiche di Eschilo, Sofocle ed Euripide, Monica Centanni fa notare come la voce “fuori campo” degli dei (Apollo e Dioniso) abbia una valenza differente rispetto ai riferimenti che i messaggeri fanno al loro volere. Compresenti anche nel santuario di Delfi, i due figli di Zeus sembrano scambiarsi attributi (alloro ed edera) e funzioni (profezia e mantica) (pp. 105-120). Nell’analizzare alcuni epiteti (xynetos, skaios) che definiscono Apollo nella tragedia attica e implicano giudizi sulla sua competenza profetica, Andrea Rodighiero nota come nei drammi di Eschilo e Sofocle, ferma restando l’infallibilità del dio, siano accusati i suoi ministri (la Pizia è teatralmente assente) di aver mal interpretato il responso divino. Al contrario, nelle opere di Euripide (tacciato spesso, in passato, di ateismo) si intravede una netta critica alle parole di Apollo, aggravate dall’incompetenza manifesta dei suoi indovini (pp. 121-136). Andrea Capra mette in evidenza come in due dialoghi platonici (Fedro e Fedone) la valenza “incipitaria” di Apollo sia nella poesia che nel culto, possa chiarire alcuni aspetti della biografia di Socrate (pp. 137-148). Nell’analizzare i riferimenti platonici al motto delfico “Conosci te stesso” soprattutto nel dialogo Alcibiade I, Michele Corradi propone di superare le due differenti correnti interpretative (teocentrica ed antropocentrica) per recuperare la dimensione erotica del processo di conoscenza ed autoconoscenza, tramite il dialogo, alla luce delle riflessioni di Platone sull’eros, presenti nel Fedro e nel Simposio (pp. 149-167). Nelle Imagines Flavio Filostrato inserisce una descrizione di un dipinto raffigurante la morte di Giacinto, ucciso dal disco lanciato da Apollo e deviato dal geloso Zefiro. Lucia Floridi ritiene che il quadro, lungi dal rappresentare il dio nella posa resa celebre dal Discobolo di Mirone (la cui descrizione sarebbe uno sfoggio di retorica di Filostrato), mostrerebbe invece il giovinetto morente ai piedi del dio Apollo letteralmente pietrificato, dopo il lancio, ed il dio rivale ad osservare la scena (pp. 169-185). Nei due trattati incompleti, sugli scritti epidittici, attribuiti tradizionalmente a Menandro, retore di Laodicea sul Lico (IV secolo a.C.), Maddalena Vallozza evidenzia l’importanza della figura del dio Apollo negli esempi usati dall’autore. I riferimenti al dio, presenti nel primo trattato, potrebbero costituire una sorta di autocitazione i cui riverberi sono da intravedere nella descrizione dell’inno dedicato allo Sminteo, presente nel secondo scritto (pp. 187-199). L’ultimo contributo a firma congiunta di Gilda Tentorio e di Luigi Venezia tratta delle figure del poeta Anghelos Sikelianòs (1884-1951) e di sua moglie Eva Palmer (1874-1952), e del loro utopico progetto di proporre Delfi come simbolo di fratellanza universale e centro di dialogo interculturale (pp. 201-216).

In una veste tipografica usuale per l’editore Serra, il volume, privo di illustrazioni, presenta dei brevi estratti in inglese per i non italofoni. Il prezzo troppo alto per le dimensioni del volume – caratteristica questa stigmatizzata più volte (e da più parti nel mondo accademico non solo italiano) – costituisce una pesante limitazione per una raccolta di studi così intrigante per tematiche e visioni.

 

Authors and Titles

Premessa. Massimo Magnani, L’Inno ad Apollo di Alceo

Marialuigia Di Marzio, Alessandro I e Ierone a Delfi: statue e poesia

Cecilia Nobili, Apollo a simposio. Gli inni simposiali tra skolia e peani

Giorgio Ieranò, Dioniso (e Penteo) a Delfi: il prologo delle Eumenidi di Eschilo

Franco Giorgianni, L’arte mantica alla prova dello scetticismo nell’Edipo re

Monica Centanni, Profezia di Apollo, mantica di Dioniso. La voce divina ‘fuori campo’ in Andromaca, in Baccanti, in Edipo re e nel perduto Edipo di Eschilo

Andrea Rodighiero, Apollo ξυνετός e σκαιός nel dramma attico

Andrea Capra, Socrate, Platone e la tradizione degli esordi apollinei

Michele Corradi, La massima delfica γνῶθι σαυτόν fra cura di sé, eros e dialogo nell’Alcibiade I

Lucia Floridi, Giacinto, il Discobolo di Mirone e lo sguardo di un sofista. Filostrato, Im. I 24

Maddalena Vallozza, Temi e forme della lode di Apollo in Menandro Retore

Gilda Tentorio, Luigi Venezia, Condividere un sogno a Delfi: Anghelos Sikelianòs ed Eva Palmer.