A distanza di quarant’anni dal saggio di Wolfgang Fauth, Eidos poikilon. Zur Thematik der Metamorphose und zum Prinzip der Wandlung aus dem Gegensatz in den Dionysiaka des Nonnos von Panopolis (Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht, 1981; Hypomnemata 66), ecco apparire nella stessa collana un nuovo, importante contributo nonniano, il commento che Simon Zuenelli (Z.) ha dedicato al libro 12 delle Dionisiache (Dion.) di Nonno di Panopoli (N.), il poeta egiziano autore anche della Parafrasi del Vangelo di S. Giovanni (Par.). Il lavoro, che è una completa rielaborazione della dissertazione presentata dall’autore nel semestre invernale 2013-2014 presso la Philologisch-Kulturwissenschaftliche Fakultät della Leopold-Franzens-Universität di Innsbruck, contiene una breve prefazione (p. 5), la lista delle abbreviazioni (pp. 9-10), una ricca introduzione (pp. 11-92), il testo greco e la traduzione tedesca del libro 12 delle Dion. (pp. 93-115), il commento (pp. 116-279), la bibliografia (pp. 280-289) e, infine, l’indice generale (pp. 290-295).
I dieci paragrafi in cui è divisa l’introduzione (1. Vorbemerkungen zum Kommentar, pp. 11-14; 2. Nonnos aus Panopolis, der Autor der Dionysiaka, pp. 14-17; 3. Die Stellung des 12. Buches innerhalb der Gesamtstruktur der Dionysiaka, pp. 17-23; 4. Das 12. Buch als Abschluss der Ampelos-Episode, pp. 24-29; 5. Der unfertige Zustand des 12. Buches, pp. 30-36; 6. Das 12. Buch und die literarische Tradition, pp. 36-42; 7. Die dionysische Poetik der Dionysiaka, pp. 43-51; 8. Literarische Technik im 12. Buch, pp. 51-84; 9. Überblick über die Textüberlieferung der Dionysiaka, pp. 85-89; 10. Übersicht über das 12. Buch, pp. 90-92), tre dei quali (3, 7 e 8) articolati in due sottoparagrafi, trattano – ad eccezione dei primi due, del settimo e degli ultimi due – le principali questioni legate alla composizione del libro nonniano, quali la sua collocazione all’interno delle Dion., il rapporto con la tradizione letteraria e la tecnica letteraria adoperata dal poeta tardoantico.
Le ragioni di questo lavoro sono spiegate da Z. nelle Vorbemerkungen, il primo paragrafo dell’introduzione, con l’esigenza di utilizzare nell’interpretazione del poema un molteplice approccio, dal momento che gli aspetti ‘problematici’ dell’epos nonniano, quali l’apparente caos e le incoerenze logiche del racconto, non possono unicamente ricondursi al principio poetico della ποικιλία, ma richiedono “ein differenziertes Erklärungsmodell […], welches als Ursache(n) für die einzelnen ‘Probleme’ oder Auffälligkeiten den unfertigen Zustand des Epos, die literarische Tradition (insbesondere die Lizenzen des spätantiken Stils) und den ‘dionysischen’ Charakter der Dionysiaka gleichermaßen berücksichtigt” (p. 12). ‘Letterario’ è appunto la parola chiave di questo commento che, seguendo l’indirizzo più attuale della ricerca,[1] vuole “die am Beispiel des 12. Buches sichtbar werdenden Elemente der literarischen Technik in den Dionysiaka zu beschreiben, zu kontextualisieren und interpretatorisch nutzbar zu machen” (ibid.).
La scelta per descrivere la tecnica letteraria nonniana ha privilegiato l’ultimo del trittico dei canti 10-12, che contengono la narrazione del mito di Ampelo (il giovane amato da Dioniso che fu trasformato in vite dopo la tragica morte a causa di un toro), a cui Nicole Kröll ha dedicato alcuni anni fa uno splendido volume.[2] Z. non si limita però ad affrontare questioni letterarie nel suo commento, ma, partendo dal testo critico stabilito da Vian nel 1995,[3] discute in maniera approfondita alcuni passi del libro 12, discostandosi dall’edizione Budé in 11 punti (l’elenco delle divergenze è riportato alla p. 13), dei quali due riguardano l’ortografia adottata (v. 68 [Φρήν Vian: φρήν Z.] e v. 133 [πίτυς Vian: Πίτυς Z.]). Le soluzioni proposte, anche se non sempre condivisibili, hanno comunque il merito di richiamare l’attenzione sul testo delle Dion. che, nonostante l’edizione francese costituisca un punto di riferimento imprescindibile, può essere ancora migliorato. Al v. 22 (φθινοπωρίδα θαλλόν Vian: †φθινοπωρίδος ὥρην† Z.), ad esempio, Z. preferisce mantenere fra croci il testo tràdito, anziché accogliere correzioni come quella di Keydell (φθινοπωρίδα χαίτην), perché la evidente dittografia (cf. 21 σταφυληκόμος Ὥρη) esclude l’applicazione del criterio della verosimiglianza paleografica nella scelta degli interventi congetturali (p. 133). Al v. 35, Z. propone di leggere ὅρμον al posto di οἶκον (vd. comm. alle pp. 141-142), ma la correzione, che potrebbe essere giustificata su base paleografica, non convince: come interpreta Vian, che segue la nota di Rose apud Rouse, οἶκος designa infatti la casa del segno zodiacale (cf. Dion. 38.222). Plausibile, invece, come suggerisce Z., integrare al v. 71, che è mutilo, <ἀργῶν> al posto di <πολέων> stampato da Vian (vd. il comm. alle pp. 158-160). Al v. 163, Z. congettura ὄλβον al posto di ὄγκον, correzione proposta da Keydell in app. e accolta da Vian al posto del tràdito ὄμβρον (vd. comm. alle pp. 198-199), ma quest’ultima lezione è difesa con validi argomenti da Daria Gigli Piccardi nel suo commento ad loc.[4] La presentazione nel testo e in app. della successione dei versi da 12.234 a 12.267 (12.265 secondo la numerazione di Vian) non è chiara e può generare qualche fraintendimento. Z. colloca i vv. 270-271 dopo il v. 233 e, pertanto, dopo i vv. 234-235 (= 270-271 Vian, numerazione stampata sul margine destro in corpo minore), seguono i vv. 236-237 (= 234-235 Vian), a destra del secondo dei quali è stampato in corpo minore il numero 235, lasciando incertezza sulla numerazione da attribuire al verso precedente nell’edizione di Vian, che è il v. 234 (sarebbe stato preferibile, dopo i vv. 270-271, indicare, sempre in corpo minore, 234-235). Inoltre, al v. 249 (= 247 Vian), Z. congettura al posto del tràdito δ’ ἐνὶ κήπῳ, mantenuto da Vian, δὲ καρήνῳ ed espunge i vv. 258-260 (= 256-258 Vian), ritenendoli fuori posto. Pur apprezzando la discussione sulle problematiche sollevate da questa sezione del libro 12 delle Dion. (vd. pp. 226-228), non sono del tutto persuaso della ricostruzione proposta da Z. Le ultime divergenze rispetto all’edizione Budé riguardano il v. 285, dove Z. preferisce stampare tra croci ἄγεις, che aveva destato qualche perplessità già in Vian (vd. il suo comm. ad loc.), e il v. 343, dove Vian, come gli editori precedenti, aveva accolto ἀπέκλασεν dello Scaligero al posto del tradito κατέκλασεν, contra metrum dopo l’iniziale βότρυος εἱλικόεντος. Z. mantiene in questo caso κατέκλασεν di L, ponendo però fra croci βότρυος εἱλικόεντος che potrebbe, effettivamente, essere una dittografia proveniente dal v. 347 βότρυας εἱλικόεντας (vd. il comm. alle pp. 264-265).
Passando agli altri paragrafi dell’introduzione, il secondo, dopo la cronologia di N.,[5] affronta brevemente il problema della coesistenza delle Dion. e della Par. A questo proposito, Z. si dimostra scettico sulle interpretazioni che attribuiscono all’epos dionisiaco un messaggio serio, dato il sostanziale tono umoristico delle Dion. e la “proteische Vielgestaltigkeit” del suo protagonista (pp. 16-17). Nel terzo paragrafo si rimarca la corrispondenza esistente tra i libri 12 e 41 delle Dion., che narrano rispettivamente la scoperta del vino e la nascita della ninfa Beroe, presentando entrambi una variante del mito (12.293-393 ~ 41.155-184). Questo parallelismo può essere illuminante anche per la genesi del testo delle Dion., in quanto la versione alternativa sull’origine del vino presentata da N. nel libro 12 non sembra ben motivata e “könnte möglicherweise ausgehend von jener im 41. Buch in einem zweiten Bearbeitungsschritt gestaltet worden sein, um eine zusätzliche Korrespondenz mit diesem zu schaffen” (p. 24). Dopo il quarto paragrafo, che esamina il libro come conclusione della narrazione del mito di Ampelo, il quinto si sofferma sullo stato della sua incompiutezza che emerge soprattutto dall’intermezzo delle Stagioni (vv. 1-117a), un “prélude cosmique” nella definizione di Vian,[6] e che, secondo Z., sarebbe stato solo successivamente integrato nell’episodio di Ampelo, senza ricevere la rielaborazione finale (pp. 31-35).
Interessanti spunti e osservazioni contengono i paragrafi 6-8. Ad esempio, riguardo all’imitazione del giardino di Alcinoo (Od. 7.112-128) nella descrizione della vigna ai vv. 302-313, Z. nota che “Nonnos verwandelt also den Garten des Alkinoos in einen Weinberg und überführt das homerische Modell so in die dionysische Welt seines Epos. […] Nonnos’ Form der Homer-Imitation entspricht damit dem Wesen des Protagonisten des Epos, dem Gott der Verwandlung” (p. 37). Per caratterizzare la discontinuità narrativa (Sprunghaftigkeit) nel passaggio da un episodio a un altro delle Dion., egli propone di usare il termine μανία al posto di ποικιλία, in quanto il primo, a differenza del secondo che allude al colore e alla varietà, “ein chaotisches oder ekstatisches Moment impliziert” (p. 46). In questo modo lo stile narrativo non sarebbe una mera decisione estetica, ma il caos narrativo può essere considerato “als konsequente Weiterführung der dionysischen Polymorphie” (p. 47). Nel tratteggiare gli Stilistische Leitprinzipien (pp. 75-77, cf. anche pp. 52-58 [Narrative Technik]), Z. rinvia al classico lavoro di Margarete Riemschneider, “Der Stil des Nonnos” (1957),[7] ma avrebbe dovuto citare anche il fondamentale saggio di Paul Friedländer, “Vorklassisch und Nachklassisch” (1931), che già anni prima aveva individuato le caratteristiche dello stile di N.[8]
Dopo il paragrafo 9, che riassume la storia della trasmissione del testo delle Dion.,[9] l’ultimo dell’introduzione, il paragrafo 10, presenta una utile panoramica sul contenuto del libro 12 “in tabellarischer Form”, anticipando i lemmi che saranno utilizzati nel commento.[10] Quest’ultimo, che occupa oltre 160 pagine, pregevoli per la ricchezza del materiale utilizzato e l’attenta analisi letteraria del testo,[11] va a integrare le puntuali note al libro 12 di Vian e Gigli Piccardi, nonché lo studio già citato di Nicole Kröll, rappresentando così uno strumento prezioso per gli studiosi di N. e della poesia tardoantica in generale. Non possiamo dunque che essere grati a Z. per averlo messo a disposizione all’interno di un bel volume che si segnala anche per l’accuratezza editoriale.[12]
Notes
[1] Non è un caso che un altro studio, pubblicato nello stesso anno da Cristiano Minuto, Il mondo bucolico nelle Dionisiache di Nonno di Panopoli. Rivisitazione letteraria e impianto retorico nel contesto tardoantico (Napoli: Satura Editrice, 2022), indaghi sul piano letterario la presenza della poesia bucolica all’interno del poema nonniano.
[2] Die Jugend des Dionysos. Die Ampelos-Episode in den Dionysiaka des Nonnos von Panopolis (Berlin/Boston: De Gruyter, 2016), da me recensito su Anzeiger für die Altertumswissenschaft 69 (2016) 225-232.
[3] Nonnos de Panopolis. Les Dionysiaques, t. V: Chants XI-XIII, texte établi et traduit par Francis Vian (Paris: Les Belles Lettres, 1995).
[4] Nonno di Panopoli. Le Dionisiache, introduzione, traduzione e commento di Daria Gigli Piccardi, volume primo (canti I-XII) (Milano: BUR, 2003) 834.
[5] Per la datazione del commentario di Cirillo sul Vangelo di Giovanni (15 e n. 12) vd. da ultimo Bernard Meunier, Cyrille d’Alexandrie. Commentaire sur Jean, t. I (Livre I), text grec, introduction, traduction, notes et index (Paris: Les Éditions du Cerf, 2018) 10-18, che mantiene la forchetta tradizionale tra 425 e 428/9.
[6] Vd. la sua Notice, in Nonnos de Panopolis. Les Dionysiaques, t. V, 51-52.
[7] “Der Stil des Nonnos”, in Johannes Irmscher (ed.), Aus der byzantinistischen Arbeit der Deutschen Demokratischen Republik, I (Berlin: Akademie-Verlag, 1957) 46-70.
[8] “Vorklassisch und Nachklassisch”, in Werner Jaeger (ed.), Das Problem des Klassischen und die Antike. Acht Vorträge Gehalten auf der Fachtagung der Klassischen Altertumswissenschaft zu Naumburg 1930 (Leipzig/Berlin: Teubner, 1931) 33-46, da me discusso in “Paul Friedländer and Nonnus’ poetry”, in Berenice Verhelst (ed.), Nonnus of Panopolis in Context IV. Poetry at the Crossroads (Leuven: Peeters, 2022) 477-509 (485-492).
[9] Per quanto riguarda la circolazione autonoma di canti separati delle Dion., postulata da Emanuele Castelli nell’articolo del 2017 che Z. cita, aggiungendo di non esserne persuaso (86-87), occorre osservare che lo stesso Castelli ha in seguito modificato un po’ le sue conclusioni, vd. La nascita del titolo nella letteratura greca. Dall’epica arcaica alla prosa di età classica (Berlin/Boston: De Gruyter, 2020) 65 n. 124. Sull’editio princeps (1569) di Gerhard Falkenburg (89) vd. il recente contributo di Herbert Bannert, “Die editio princeps der Dionysiaka des Nonnos von Panopolis (1569). Ex bibliotheca Ioannis Sambuci”, in Christian Gastgeber/Elisabeth Klecker (edd.), Johannes Sambucus, János Zsámboki, Ján Sambucus (1531-1584). Philologe, Sammler und Historiograph am Habsburgerhof (Wien: Praesens Verlag, 2018) 161-203.
[10] Non trovano però corrispondenza i passaggi 41-113 (“Konsultation der κύρβεις der Harmonia durch die Herbsthore”) e 331-359 (“Erste Weinlese und Traubenkelterung”).
[11] Cf., ad esempio, le sezioni dedicate ai vv. 29-35 (“Die κύρβεις der Harmonia”), 64-102 (“Dritte κύρβις [Sommer]”), 292–397 (“Alternativversion zur εὕρεσις der Weinrebe”).
[12] Pochi i refusi e le sviste, cf., ad esempio, 32 n. 76 (l. 2): αὐταì [αὐταί]; 52 n. 159 (l. 2): e [è]; 58 n. 174 (l. 1): Gilgi [Gigli]; ibid. (l. 3): Dionisio [Dioniso]; 78 n. 300 (l. 1): Αργος [Ἄργος].