Il libro qui recensito, che raccoglie i risultati di una tesi di dottorato alla University of North Carolina (Chapel Hill) discussa nel 2013, propone quella che l’A. definisce come “biografia” della città di Larino nell’antico Sannio. Scopo ultimo del volume è infatti non tanto o meglio non solo fornire un quadro quanto mai esaustivo e completo, dal punto di vista documentario, della storia di questa città (scelta, per ammissione dell’A., proprio in virtù della ricchezza e varietà dei documenti che la contraddistinguono), quanto piuttosto esplorare un caso di compenetrazione tra elemento italico, segnatamente sannitico, e romano in un periodo che comprende tutte le fasi del cosiddetto processo di romanizzazione della penisola italica, tra il 400 a.C. e il 100 d.C.
Proprio il concetto di romanizzazione, o meglio la discussione ad esso relativa, rappresenta il quadro teorico entro cui l’A. sceglie di inserire la trattazione del caso di Larino, pur allontanandosene nel contempo: nell’introduzione che precede i capitoli, infatti, l’A. ripropone, alle pagine 2-8, una breve sintesi della lunga e dibattuta storia del concetto di romanizzazione, mostrandone in particolari quei punti più controversi che spingono in definitiva l’A. a concentrarsi in particolare sulle reazioni che, a livello locale, le relazioni sempre crescenti con Roma determinarono sul piano culturale e non solo, adottando da questo punto di vista gli strumenti interpretativi, critici e metodologici già codificati dalla riflessione di N. Terrenato sul concetto di romanizzazione e tematiche affini (N. Terrenato, The Early Roman Expansion into Italy: Elite Negotiation and Family Agendas. Cambridge: Cambridge University Press, 2020). Peraltro, in maniera originale, l’A. fa seguire alla più ampia trattazione delle posizioni moderne riguardo al concetto di romanizzazione una breve riflessione su quello che è il corrispettivo greco della romanizzazione, l’ellenizzazione. Tale breve digressione, che ribadisce la necessità dello studio delle realtà locali di fronte a Roma grazie anche e soprattutto alla documentazione proveniente dalla cultura materiale, ha più la funzione di pendant teorico-concettuale che di vero strumento storiografico-interpretativo da applicare alla storia di Larino.
L’introduzione (pp. 1-21), oltre ad ospitare la parte relativa al concetto di romanizzazione, colloca molto chiaramente il tema trattato nei successivi capitoli entro il quadro storiografico moderno di riferimento, soffermandosi anche, ed in particolare, sui motivi che hanno indotto l’A. a scegliere Larino come caso di studio. Tale precisazione rappresenta per l’A. anche l’occasione di ribadire l’approccio metodologico alle fonti e prima ancora alla scelta delle fonti: il caso di Larino implica infatti la non frequente possibilità di confrontare numerose e dettagliate notizie provenienti dalla tradizione letteraria, documenti epigrafici (la cui ricca consistenza è esplicitamente richiamata dall’A., ad es. p. 16), dati e archeologici e informazioni di carattere topografico (ancora rilevante a questo proposito appare il contributo del Biferno Valley Survey, confrontato dall’A. con dati di acquisizione più recente). La ricchezza documentaria relativa a Larino è confrontata con le posizioni di una storiografia che, soprattutto nel caso di studi specifici sul Sannio (il riferimento esplicito è allo studio ormai datato, per documentazione allora disponibile e approccio metodologico di E.T. Salmon,che rappresenta, sin dalla prima pagina del volume, l’opera di riferimento, seppur rovesciato, dell’A.), sembra non rendere giustizia ad un caso complesso come quello larinate, le cui fortune sono state spesso indentificate con le note vicende riportate dalla Pro Cluentio di Cicerone.
Ad una chiara introduzione, che comprende peraltro una sintetica presentazione generale dei temi trattati nel volume, segue un primo capitolo (significativo già dal titolo, “Situating Larinum”, pp. 22-40), anch’esso dalla funzione ampiamente introduttiva, che funge, per esplicita indicazione dell’A., da utile inquadramento della città di Larino, sia nella storia, con un’attenzione particolare ai rapporti con Roma (pp. 26-32), sia nello spazio, definendo il contesto topografico in cui si inserisce la città (pp. 22-25). Nella descrizione dei rapporti con Roma, l’A. (p. 29) richiama brevemente gli autori, non pochi, che hanno avuto modo di narrare, per motivi e con dovizia di particolari sempre diversi, le vicende che interessarono Larino e la sua area di pertinenza, in particolare a partire dal periodo delle guerre sannitiche, fino poi alla Guerra Sociale, evento che rappresenta, ormai canonicamente, uno spartiacque nella storia dei rapporti tra Roma e i Sanniti. La trattazione si basa, in questo caso, massimamente sul dato liviano (confrontato variamente con quello appianeo e straboniano), mentre agli altri numerosi autori che pure hanno avuto modo di citare la città sannitica sono riservate alcune brevi considerazioni in nota. Analogamente, nell’utile sezione dedicata all’inquadramento della società di Larino, la fonte principale (se non esclusiva) di riferimento appare essere ovviamente la Pro Cluentio ciceroniana, laddove, per diversificare il quadro presentato, sarebbe stato auspicabile un qualche riferimento al dato epigrafico, che avrebbe potuto fornire qualche ulteriore considerazione proprio dal punto di vista della composizione sociale (il dato epigrafico viene comunque trattato esaustivamente, anche nelle sue implicazioni sociali, giuridiche ed economiche, nel corso del volume). Interessante, infine, si rivela essere il paragrafo dedicato alla percezione geografica di Larino nelle fonti greche e latine (pp. 36-39), poiché pone l’accento sull’aspetto di “frontiera”, per così dire, che l’area frentana, e dunque larinate, ebbe, essendo sempre intesa come zona di transizione e passaggio dal Samnium vero e proprio, seppur nella sua declinazione frentana, e la Daunia. Notiamo, d’altro canto, l’assenza di riferimenti importanti alla presenza sannitica nella Frentania, rilevabile sia nelle fonti letterarie che in quelle archeologiche. Ad esempio, sarebbe stato opportuno ricordare che il patto che legò precocemente i Romani ai Frentani, già alla fine del IV secolo a.C., a suggerire una vicinanza che potrebbe aver influito in maniera importante anche sullo sviluppo di Larino e più in generale dell’area larinate stessa nei secoli successivi. Peraltro, proprio come conseguenza della percezione dell’area frentana come area culturalmente di frontiera, sarebbe stato necessario riferire anche della prospettiva adriatica che questa ebbe, come emergono dai numerosi studi, ad esempio, di G. De Benedittis (citati in bibliografia; la prospettiva adriatica di Larino è comunque correttamente richiamata solo nel corso del secondo capitolo, p. 79 e altrove).
Nel secondo capitolo, l’A. passa ad analizzare più da vicino il territorio larinate, ponendo l’accento sulle diverse strategie di occupazione di questo adottate nel corso del periodo preso in esame. Un esame molto attento dei dati provenienti da precedenti ricerche sul territorio, confrontati con esplorazioni eseguite di recente, permette all’A. di ricostruire in maniera complessa e articolata l’aspetto del territorio larinate, entro il quale emerge, a suo avviso, l’importanza delle ville produttive (più propriamente fattorie) di piccole e medie dimensioni, sin a partire dal IV secolo a.C., e capaci di resistere anche al progressivo controllo esercitato da Roma. Anzi, l’A. pone in risalto come tale sistema di occupazione del territorio risultasse ulteriormente valorizzato e sfruttato in età romana (p. 101). Certamente, appare convincente la riflessione relativa all’importanza di questo tipo di insediamento nel Sannio Frentano preromano e romano. D’altro canto, è noto il dibattito moderno sulle forme dell’urbanizzazione nel Sannio, che ha portato gli studiosi moderni ad avere opinioni molto differenti in proposito. Un accenno dunque alla questione della diffusione del sistema pagano-vicanico in ambito sannitico, proprio alla luce della rilevanza che questo ebbe in tale regione, sarebbe stato auspicabile, per screziare il discorso sul tessuto insediativo dell’area frentana.
Come anticipato, la Pro Cluentio è al centro del capitolo 3, dedicato espressamente all’analisi del celebre caso trattato da Cicerone. L’orazione, nelle intenzioni dell’A., appare come specchio della società larinate di età tardo repubblicana, analizzata sia nella sua dimensione cittadina sia nei rapporti – anche politici – che essa ebbe con Roma e altre comunità italiche (pp. 117-121). La prospettiva assunta dall’A. evita di scendere in profondità in questioni di carattere prettamente giudiziario, verosimilmente perché poco funzionali all’economia e allo spirito dell’opera: così, ad esempio, si riscontrano solo pochi cenni (p. 113) al problema della nota censoria e dei suoi effetti su colui che la ricevesse, utili alla difesa imbastita dall’Arpinate (il riferimento è qui alla nota opposizione tra ignominia ed infamia, strumentalizzata ai fini processuali da Cicerone); d’altro canto, è evidente come l’orazione sia analizzata soprattutto per le informazioni che, anche indirettamente, essa fornisce su Larino, come ad esempio in relazione alla rete viaria che congiungeva la città con altri centri (pp. 122-123), certo utili ad una conoscenza ancora migliore della città.
La struttura della società di Larino, in tutta la sua complessità, emerge con chiarezza dalla minuziosa analisi del dato epigrafico larinate che occupa tutto l’ampio capitolo 4 (pp. 134-227). Attraverso una raccolta che appare esaustiva, il patrimonio epigrafico della città fornisce un’importante quantità di dati relativi alla vita sociale, religiosa e politica che animò Larino tra età tardo repubblicana e primo imperiale. L’analisi dell’onomastica, con particolare attenzione anche per quella di origine italica, conferma la tesi di fondo dell’A. incentrata sulla convincente ipotesi di una sostanziale continuità tra la fase preromana e propriamente romana della città, da inserire nel discorso più ampio, già accennato nell’introduzione (cfr. supra), relativo alle varie forme che la romanizzazione poteva assumere.
Anche il dato archeologico proveniente dalla città e analizzato nell’esteso capitolo 5 (pp. 228-292) appare coerentemente rafforzare la tesi dell’A.: se da un lato, correttamente, si ricorda anche l’appartenenza di Larino alla koinè culturale di impronta greca che insisteva in area adriatica, dall’altro si pone in risalto come i legami, precoci, che Larino allacciò con Roma ebbero i loro effetti anche sull’assetto del centro. Per questa ragione, l’A. afferma di non poter condividere l’idea, per lungo tempo accettata, di una profonda crisi attraversata da Larino in epoca sillana, preceduta, al contrario, da un momento di fioritura da collocare in età ellenistica, tra III e II secolo a.C.
Le conclusioni (pp. 293-311) con cui si chiude la trattazione ribadiscono le considerazioni più importanti emerse nel corso dell’analisi e fanno di Larino un caso studio utile alla comprensione del processo di romanizzazione (termine che l’A. usa con prudenza, segnalandone la problematicità) dell’Italia.
In conclusione, il volume di Robinson apporta certamente dei contributi originali, stimolanti e meritevoli di attenzione e riflessione al dibattitto sui modi e i tempi dell’espansione romana in Italia centro meridionale e delle reazioni a questa da parte dell’elemento italico, oltre che naturalmente sul concetto di romanizzazione. Il caso larinate appare significativo ed anzi paradigmatico di tali dinamiche, massimamente per la ricchezza documentaria che lo caratterizza. A questo proposito, segnaliamo come i riferimenti ai documenti epigrafici siano, nei casi oggetto di trattazione specifica, corredati da foto e trascrizione del testo, con evidente vantaggio del lettore. Infine, anche l’apparato fotografico relativo al dato archeologico e topografico insieme alle numerose cartine semplificano l’approccio al testo e rendono più comprensibili le considerazioni svolte.