L’interesse per il mondo amazig e per i suoi rapporti con Punici, Orientali e Romani è fortemente cresciuto negli ultimi anni, come testimoniano tutta una serie di recenti contributi che hanno riaperto il dibattito sui più antichi abitanti del Maghreb[1], con prospettive che talora risentono delle mai sopite discussioni nate in età coloniale e post-coloniale in quest’area.[2]
All’interno di questo filone di ricerca si pone ora il poderoso volume di Stefan Ardeleanu dedicato alla regione originariamente dominata dai Numidae Massyli nel tentativo di verificare attraverso quali dinamiche qui, fra II secolo a.C. – fine I secolo d.C., siano penetrate e rielaborate le influenze ellenistico-romano.
Per illustrare questo processo, in linea con le riflessioni storico-antropologiche della scuola anglo-francese[3], l’a. ha abbandonato l’uso di categorie tradizionali, ormai insufficienti a spiegare la varietà degli esiti riscontrabili sul terreno (§ 2, pp. 7-20), e ha rinunciato a una storia globale dell’intera area per puntare a un’analisi multifocale, non ideologica, pluridisciplinare, incentrata su micro-culture regionali in continua evoluzione che, pur influenzate da simili spinte culturali, hanno dato origine a risultati palesemente diversi in ragione del differente humus socio-economico. Dopo aver individuato sei sub-regioni, per le quali fornisce un funzionale inquadramento storico-istituzionale, forse talora troppo sommario e con qualche sbavatura terminologica (§ 3.1, pp. 21-66), interroga ogni area in generale su cinque macro-tematiche (§§ 3.2-3.6: quartieri abitativi e produttivi, luoghi di culto e religione, necropoli e monumenti funerari, economia e commercio, insediamenti urbani) che meglio di altre dovrebbero illustrare le trasformazioni culturali del territorio, evidenziando in specifiche sezioni eventuali problematiche o prospettive della ricerca che verranno poi raffrontate con quanto riscontrabile in alcune città-campione (Thugga, Musti, Bulla Regia, Simitthus, Hippo Regius,Thibursicum Numidarum, Cirta, Tiddis, Mactaris, Zama Regia, Althiburos), comunità nelle quali negli ultimi anni si sono compiute moderne indagini ad ampio spettro con il coinvolgimento di differenti specialisti (p.e. archeologi, ceramologi, storici dell’arte, epigrafisti, numismatici, topografi, paleobotanici, paleozoologi).
Si tratta indubbiamente di un lavoro mastodontico, come dimostrano le 4420 sintetiche note a piè di pagina, che confortano la moltitudine di considerazioni esposte, e le quasi 1600 voci bibliografiche (pp. 496-559), alcune praticamente introvabili e con pochissime trascurabili lacune. Chiudono l’opera delle accurate tabelle che analiticamente fanno una panoramica dei principali rinvenimenti ceramici individuati all’interno delle città-campione (esclusa Thibursicum Numidarum), distinti per area di scavo e cronologia (pp. 469-495), degli analitici indici di luogo, 34 tavole a colori (che si aggiungono alle 176 immagini in b/n sparse nel testo).
Entrare nel merito di una ricerca così capillare è impresa ardua, che comunque richiederebbe uno spazio maggiore rispetto a quello qui concessoci. L’a., con un taglio invero più da archeologo che da storico, confuta numerosi stereotipi e tassonomie tradizionali per poi aprirci verso prospettive nuove, più aderenti alle fonti disponibili, che permettono di inquadrare anche la Numidia nello scenario economico-culturale che animò il Mediterraneo occidentale fra la fine della Seconda Punica e la prima età imperiale. Critiche serrate vengono così portate p.e. all’uso della cultura materiale o di uno stile architettonico per determinare etnia o cultura, alle gabbie cronologiche nelle quali vengono inquadrati fenomeni in realtà di diffusione assai più ampia, all’applicazione di una terminologia uniforme per ambiti al contrario spesso difformi, alla supposta dicotomia fra comunità berbere e romane e agli spazi (aride montagne e fertili pianure) che ciascuna di queste avrebbe privilegiato, a una concezione colonialista degli scambi commerciali, gestita da italici ad esclusivo vantaggio di Roma e con una partecipazione, limitata e “servile”, dell’imprenditoria locale.[4]
Liberatosi da questi ed altri clichés, reintrodotti i dati in spazi e tempi più appropriati, l.’a. ci fornisce (finalmente) un bel quadro d’insieme sui quartieri urbani residenziali, sulle destinazioni e trasformazioni degli ambienti domestici, sulla distribuzione e diversificazione dei quartieri artigianali (§ 3.2, pp. 67-148). Dei luoghi di culto si cerca di comprendere non tanto il rapporto con le divinità che ospitavano quanto piuttosto quello esistente con gli spazi urbani che li circondavano, alla ricerca di quei messaggi ideologici che un ristretto numero di committenti tentava di indirizzare a una più vasta platea di riceventi (§ 3.3, pp. 160-257). Si presta attenzione all’organizzazione delle necropoli interrogandosi sulla scelta dei monumenti funerari e sulla compresenza di differenti tipologie in un medesimo contesto, sul loro significato economico e politico, sui materiali e sulle competenze tecniche impiegate per la loro realizzazione (§ 3.4, pp. 271-317). Ampio spazio trovano le attività economiche della Numidia e gli attori che le gestivano, con la presenza accanto ai negotiatores italici o orientali di una forte e dinamica componente numida (mercanti, proprietari terrieri), con interessanti disponibilità finanziarie, capace di intrecciare rapporti economici non solo in patria o in Africa ma anche sui mercati esterni, esportando grano e marmo in cambio di ceramica fine da mensa, lucerne, anfore per vino, olio, salsamenta, beni di consumo che precocemente si diffondono anche nelle aree interne (§ 3.5, pp. 318-397). Il fenomeno urbano nasce in queste contrade prima dell’arrivo di Cartagine e Roma e non dipende esclusivamente dall’attivismo ellenofilo dei re numidi: la varietà delle soluzioni presenti nel territorio appare influenzata da fattori geo-economici e sociali piuttosto che giuridico-ideologici o politici e si caratterizza per conservazioni e lente trasformazioni piuttosto che per traumatiche cesure (§ 3.6, pp. 398-444). La Numidia che emerge da queste pagine è una terra per certi versi inattesa, sottratta alla mitologia per essere infine restituita alla concretezza delle interazioni umane. Le variegate soluzioni riscontrate sul campo ci parlano di un mondo non ottusamente ossessionato dall’una o l’altra astratta cultura ma da fattori più pratici e incisivi come p.e. la topografia, le tradizioni individuali o familiari, l’appartenenza a un gruppo, la competizione sociale, la disponibilità di materiali e risorse, la diffusione di competenze.
Si aprono così nuovi affascinanti scenari che ci rimandano a un generale miglioramento della qualità della vita, a una maggiore disponibilità di risorse, a un incremento delle produzioni agrarie, alla comparsa di nuovi gruppi sociali che soppiantano o si affiancano a quelli del passato; emerge in più punti una diffusa “cultura della memoria”, un cosciente legame con il passato che permette di consolidare le posizioni del presente (le sepolture privilegiate, la conservazione di edifici, oggetti, decorazioni, culti, toponimi considerati identitari, il richiamo a personaggi storici dal passato glorioso). La revisione del dato archeologico diventa occasione per sfatare alcuni miti solidamente radicati nei nostri lavori, come p.e. il supposto impatto sulla cultura locale dei veterani di Mario, il dirigismo della Cartagine punica, dei re, degli imperatori nella definizione della società numida[5], la presunta depressione economica fra l’età di Cesare e quella dei Flavi, il fantomatico rapporto fra stato giuridico del singolo o della collettività e stili di vita, religione, lingua, fra monumento funerario o uso di particolari forme ceramiche e livello di acculturazione del singolo (posizioni che invero non sono un’assoluta novità e che da qualche tempo stanno prendendo piede anche negli studi dedicati all’Africa Mediterranea, come è evidente scorrendo le pagine delle annate più recenti della Bibliographie analytique de l’Afrique antique).
Dovendo muovere una critica a questa impostazione, notiamo che purtroppo l’a. ha focalizzato la sua attenzione soprattutto sulle città e sulle classi dirigenti, lasciando spesso in ombra i ceti più umili, le campagne, il mondo tribale (ambiti per i quali invero non è semplice reperire adeguate informazioni e che di conseguenza sono spesso trascurati nei nostri lavori), oppure sul versante opposto non evidenziando a sufficienza le pur (flebili?) connessioni fra le stesse élites e la corte reale o in seguito fra queste e quel laboratorio di idee e gusti che fu la colonia Iulia Concordia Karhago.
Sono limiti che tuttavia non inficiano la bontà complessiva di un lavoro che ci riconsegna una Numidia lontana dai preconcetti del passato e più coerente con gli scenari registrati in altre aree del Mediterraneo Occidentale, una Numidia forse meno punica o romana o numida di quanto ci aspettavano in partenza, sicuramente unica nelle sue scelte ma pur sempre tassello importante nella ricostruzione di quella koiné filo-ellenistica o filo-romana che direttamente o indirettamente influenzò tutte le regioni gravitanti intorno al Mare Nostrum.
Table of Contents
Vorwort
1 Einleitung und Fragestellung
2 Theoretische Modelle und Terminologie
2.1 Akkulturationsmodelle mit Blick auf Nordafrika
2.1.1 Punisierung und karthagischer Imperialismus
2.1.2 Autochthonologie
2.1.3 Hellenisierung
2.1.4 Romanisierung
2.1.5 Alternative Theoriekonzepte
2.2 Bisherige Terminologien
2.3 Lösungen? Theoretisch-terminologische Definitionen für die Arbeit
3 Die Entwicklung Numidiens vom 2. Jh. v. Chr. bis zum Ende des 1. Jhs. n. Chr.
3.1 Territoriale Entwicklungen einzelner Regionen
3.1.1 Die westliche pertica Carthaginiensium
3.1.2 Die Thusca
3.1.3 Die pertica Sicca Venerias
3.1.4 Die campi magni – mittleres und oberes Medjerdatal
3.1.5 Die Cirtensis
3.1.6 Die Südzone – Hautes Steppes und Limesgebiet
3.2 Wohn- und Werkstattbereich
3.2.1 Forschungsgeschichte, Wissenschaftsstand, Potenzial
3.2.2 Haustypen
3.2.3 Häusliche Ausstattung
3.2.4 Bautechniken
3.2.5 Häusliche Funde – Indikatoren veränderter/kontinuierter Alltagspraktiken?
3.2.6 Gewerbliche Aktivität und Keramikimitation
3.2.7 Lösungsansätze
3.2.8 Mittleres und oberes Medjerdatal
3.2.9 Die pertica Karthagos
3.2.10 Die Thusca
3.2.11 Die Cirtensis
3.2.12 Zusammenfassung
3.3 Heiligtümer und Kulte
3.3.1 Forschungsgeschichte, Wissenschaftsstand, Potenzial
3.3.2 ›Afrikanische Kultkontinuitäten‹, Synkretismen, Interpretatio romana
3.3.3 Heiligtumstypen – Afrikanischer Hof- vs. italischer Podiumstempel?
3.3.4 Kulttopographien – Spiegel der rechtlichen Separierung?
3.3.5 Kaiserkult und ›offizielle Kulte‹
3.3.6 Lösungsansätze
3.3.7 Die Thusca
3.3.8 Mittleres und oberes Medjerdatal
3.3.9 Die pertica Karthagos
3.3.10 Kaiserkult und Kaiserehrungen in Numidien (1. Jh. n. Chr.)
3.3.11 Zusammenfassung
3.4 Grabwesen und Nekropolen
3.4.1 Forschungsstand und Potenzial
3.4.2 Grabtypologie
3.4.3 Grabbeigaben
3.4.4 Grabriten
3.4.5 Gräbertopographie als Spiegel der rechtlichen Separierung?
3.4.6 Grabinschriften – Epigraphische Merkmale und Multilingualismus
3.4.7 Grabmarker – Typen, Ikonographie, Stilistik, Kleidung
3.4.8 Lösungsansatz
3.4.9 Die Thusca
3.4.10 Mittleres und oberes Medjerdatal
3.4.11 Die Südzone
3.4.12 Zusammenfassung
3.5 Wirtschaft und Handel
3.5.1 Forschungsstand und Wirtschaftskonzepte
3.5.2 Städtische Kommerzbauten
3.5.3 Numidien und das Getreide
3.5.4 Marmor aus Numidien im Kontext
3.5.5 Probleme bei der Keramikdistribution
3.5.6 Probleme bei der Münzdistribution
3.5.7 Zusammenfassung
3.6 Siedlungswesen im vor- und frührömischen Numidien
3.6.1 Forschungsproblematik und Perspektiven
3.6.2 Stadtmauerdiskussion
3.6.3 Diskussion der Platzanlagen
3.6.4 Versuch übergreifender Synthesen – einige lokale Beispiele
3.6.5 Zusammenfassung
4 Numidia Romana?
5 Summary
6 Résumé
Tabellen
Literaturverzeichnis
Abkürzungsverzeichnis
Register
Abbildungsnachweis
Tafeln
Notes
[1] P. e. N. Mugnai, J. Nikolaus, N. Ray (eds.), De Africa Romaque: Merging Cultures Across North Africa. London, The Society for Lybian Studies, 2016; V. Bridoux, Les royaumes d’Afrique du Nord. Émergence, consolidation et insertion dans les aires d’influences méditerranéennes (201-33 av. J.-C.), Rome, École française Rome, 2020; N. Kallala, B. Yazidi (édd.), Autochtonie I. Etre Autochtone, Devenir Autochtone : Définitions, Représentations, Tunis, Simpact, 2021; M. Khanoussi, M. Ghaki (édd.), L’exposition “Die Numider”, 40 ans après. Bilan et perspectives des recherches sur les Numides, Tunis, INP, 2021.
[2] P.e. M. Sebai, La romanisation en Afrique, retour sur un débat. La résistance africaine : une approche libératrice?, Afrique et histoire 3 (2005), 39–56; Ph. Leveau, L’Afrique romaine. Resistance et identité, histoire et mémoire. In S. Ferdi (éd.), L’affirmation de l’identité dans l’Algérie antique et médiévale. Combats et résistances, Alger, CNRA, 2014, pp. 37-59.
[3] Una lucida sintesi in H. Hinglebert (éd)., Histoire de la civilisation romaine, Paris, PUF, 2005, pp. 421-449.
[4] Rimangono illuminanti le riflessioni di C. Panella, Merci e scambi nel Mediterraneo tardoantico. In Storia di Roma, 3,2, Torino, Einaudi, 1993, pp. 613-615.
[5] Posizioni sostanzialmente analoghe era già state perentoriamente espresse da Bridoux, Les royaumes d’Afrique cit., pp. 105-149.