Come gli altri contributi accolti nella collana I canti del teatro greco, pubblicata a cura del Centro di Ricerca “CREAT” dell’Università di Urbino, anche il volume di Luigi Bravi propone l’edizione di un dramma del teatro greco (in questo caso i Cavalieri di Aristofane) relativa alle sole parti meliche, di cui vengono esaminati nei testimoni della tradizione ms. non soltanto il tessuto verbale ma anche l’articolazione metrico-ritmica visibile nella colometria.
Nel realizzare questo ottavo volume, secondo dedicato alla commedia dopo il lavoro di Franca Perusino sulla Lisistrata (2016), Bravi fa sue le premesse teoriche e metodologiche della collana, e si propone un’attenta valutazione della disposizione colometrica delle parti meliche, quale tramandata dalla paradosis, rifiutando un pregiudiziale atteggiamento di sfiducia che spesso ha portato i moderni editori a ridefinire su base congetturale i confini fra i cola. La colometria ms. invece non deve essere trascurata, non soltanto perché può mettere in luce rapporti di affiliazione fra i codici, ma soprattutto perché essa potrebbe risalire alle antiche edizioni alessandrine e, in ultima analisi, al disegno melodico originario proposto dall’autore. Non essendoci ragioni inoppugnabili per ritenere tale disegno obliterato e completamente perduto, insieme con la musica, attraverso i rami della tradizione, la struttura metrica testimoniata dalla colometria ms., se attendibile sul piano metrico-ritmico, è presumibilmente quella originaria, ed è sovente preferibile all’assetto ritmico congetturale dei moderni editori.
Il riesame condotto da Bravi sulle parti meliche dei Cavalieri è un’ulteriore tappa della ricerca sistematica sulla colometria ms., si allinea all’approccio teorico, pocanzi sommariamente delineato, proposto già da Thomas J. Fleming e da E. Christian Kopff nel lontano convegno pisano della FIEC del 1989,[1] e ha come precedenti, oltre ai volumi della menzionata collana, i saggi di indagine discussi nel seminario di studio tenutosi a Urbino nel maggio del 1997, e confluiti nei relativi atti.[2]
Il lavoro di collazione effettuato da Bravi non ha riguardato tutti i ventinove ms. che tramandano i Cavalieri, ma soltanto una selezione di quindici codici «che meglio rende ragione delle ramificazioni della tradizione» (p. 23), schematizzate, queste ultime, nello stemma di p. 29. A questi testimoni (elencati e brevemente descritti alle pp. 23-27) si aggiungono due papiri con testi tratti dalle parti meliche dei Cavalieri: P. Berol. 13929+21105 (= P3); P. Mich. inv. 6035 (= P60).
Otto ms. si possono far risalire alla recensione tricliniana, poiché contengono i trattati metrici di Demetrio Triclinio e ne accolgono gli interventi sull’assetto colometrico. Essi sono tutti accomunati dalla lezione εἰργασμένε a v. 618, ma soltanto il codice L contiene gli scoli metrici risalenti al bizantino.
La commedia aristofanea si avvale anche di alcuni scoli più antichi (vetera) risalenti al commentario metrico di Eliodoro (I sec. d. C.) oggi perduto, che nella loro analisi colon per colon offrono una testimonianza parallela alla colometria dei mss.; essi fanno riferimento a un complesso sistema di disposizione dei versi nel rigo, che prevedeva sia diversi allineamenti verticali (ad esempio i cola melici in eisthesis rispetto ai trimetri giambici) sia segni diacritici di rinvio (coronide, diple e paragraphos). Tracce di questo sistema di allineamenti verticali sono presenti nel solo codice R, mentre P60 sembra attestare differenti criteri di allineamento (Bravi, p. 21 n. 5). Da tutti questi dati si ricava un’attenzione e una cura alla colometria già in epoca antica.
La complessa struttura della commedia, schematizzata alle pp. 39-41, comprende un primo agone in cui ode e antode presentano ciascuna due stanze in versi melici (vedi infra); i versi melici ricorrono poi nel secondo agone (due stanze poste in responsione: vv. 756-760 = vv. 836-840, più una breve sphragis clausulare), e nelle due parabasi (anche qui due stanze in responsione, vv. 551-564 = vv. 581-594 per la prima; vv. 1264-1273 = vv. 1290-1299 per la seconda). Altri due canti intervallano scene in trimetri giambici (una coppia strofica ai vv. 616-623 = vv. 683-690; un canto monostrofico ai vv. 973-996) e vi è inoltre un dialogo lirico tra coro e il personaggio di Demos (vv. 1111-1150).
Il testo di ciascuno di questi canti è nel volume preceduto da una breve contestualizzazione, corredato da un apparato critico, dall’interpretazione metrica e da un apparato colometrico, e infine arricchito dal testo degli scoli metrici, sia ivetera sia i tricliniani del codice L, ove disponibili. Segue un commento in cui Bravi di volta in volta riassume i dati dell’indagine effettuata sulla colometria dei ms. e discute l’interpretazione metrica del relativo canto.
Quanto agli apparati, il primo è negativo e reca prevalentemente le varianti metricamente rilevanti, mentre il secondo riporta gli assetti colometrici alternativi a quelli di volta in volta accolti da Bravi, ma esclude quelli congetturali degli editori moderni, per limitarsi a quanto ricavabile dalla paradosis.
Per l’interpretazione metrica Bravi si avvale di abbreviazioni che premette a p. 35; questo elenco manca di alcune sigle (reiza, reizb, enc1, enc2) utilizzate a p. 70, per definire alcune sequenze implicate da una colometria alternativa, che tuttavia Bravi rifiuta. Per ogni sequenza è poi ovviamente dato lo schema di analisi, e sono indicati i confini di parola o, viceversa, la sinafia verbale (in pochi casi anche solo prosodica) indicata mediante la rientranza del rigo. I confini di verso in senso boechkiano sono indicati soltanto nel caso di certa indicia.
L’indagine puntuale sui ms. non sembra quasi mai rilevare la possibilità di colometrie equipollenti; nella maggior parte dei casi Bravi spiega le colometrie alternative come errori dei copisti finalizzate a evitare la sinafia verbale. A volte avviene che la responsione sia ripristinata nei ms. tricliniani, a fronte di una paradosis che presenta divergenze non accettabili: è il caso dell’antode del primo agone (prima stanza, vedi infra) e dell’antistrofe della prima parabasi. Anche il copista di R modifica in più di un caso la colometria (cf. ad es. p. 121).
L’ode e l’antode del primo agone, prima sezione melica dei Cavalieri, sono strutturate in modo un po’ anomalo, secondo lo schema AbC, DeC’ (ove le lettere minuscole indicano i tetrametri trocaici catalettici che separano le stanze in versi melici): in altri termini, mentre le seconde stanze di ode e antode (vv. 322-332 e vv. 397-406 rispettivamente) sono poste in responsione fra loro, lo stesso non avviene per le prime stanze (vv. 303-313 e vv. 382-390).
Rifiutando i tentativi effettuati di recuperare la responsione intervenendo sul testo, Bravi (p. 53) ipotizza invece una rispondenza di tipo funzionale per le due stanze, peraltro composte entrambe prevalentemente in cretici, con una sezione clausulare trocaica; anche l’analisi degli scoli antichi e tricliniani differisce fra le due stanze.
Per la seconda di esse (vv. 382-390, nello schema indicata con la sigla D) Bravi fra l’altro propone una colometria che si distacca da quella della maggior parte dei testimoni e si basa sull’analisi dello scolio 382a (vetus, p. 52); la colometria di alcuni ms. tricliniani per questi versi, che corregge l’inattendibile suddivisione ai vv. 385-386 attestata nel resto della tradizione, potrebbe essere considerato l’unico caso di colometria equipollente rilevato nel dramma.
Per la sphragis del secondo agone (vv. 941-942) Bravi (pp. 96-98) rifiuta la proposta di interpretare i due brevi versi come prosa, come pure è stato proposto sia qui sulla base del relativo scolio (941a: ἐπίτηδες διαλελυμένως μιμούμενος τὸνπεζὸν λόγον; Bravi p. 93) sia in altre commedie aristofanee, a partire dall’autorevole parere di Gottfried Hermann. Bravi, che si è già occupato del problema,[3] ritiene invece che l’imitazione della lingua viva della prosa sia ottenuta attraverso la scelta di un metro adatto, piuttosto che mediante l’inserimento nel dramma di pericopi non metriche.
Per la struttura strofica del canto ai vv. 973-996 Bravi ribadisce l’indicazione delle fonti antiche, che parlano di esade, quindi di un canto monostrofico composto da sei brevi strofette (“periodoi”) di tre gliconei e un ferecrateo, mentre il tentativo di ricavare una coppia di strofe e antistrofe deve essere rifiutato.
Analoga struttura monostrofica, riconosciuta anch’essa dall’esegesi antica, che parla di canto amebeo monostrofico, presenta il dialogo lirico tra coro e Demos dei vv. 1111-1150, con stanze di dieci cola: si tratta prevalentemente di telesillei, variati dal reiziano esasillabico sia al colon 4, chiuso da un confine stichico evidenziato dallo iato, sia in clausola al colon 10.
Nel relativo schema metrico (pp. 116-117), coerentemente con quanto fatto in tutti i casi analoghi, Bravi segna fine di parola, mediante singola asta verticale, quando essa ricorra, in assenza di certa indicia, in tutte le stanze, ossia dopo i cola 1, 8, 9. Dal momento che la sinafia prosodica non è esclusa, in mancanza di confine stichico, dal confine verbale, si potrebbe, in alternativa alla proposta dello studioso, suggerire di stabilire sinafia prosodica almeno in altri due punti, ossia dopo i cola 1 e 9. Ciò otterrebbe una diversa articolazione della stanza, suddivisa in tre sezioni: cola 1-4; 5-8; 9-10, con una più proporzionale distribuzione delle masse meliche.
L’ultimo canto della commedia, quello della seconda parabasi, richiede alcuni interventi sul testo, sia per ripristinare la responsione, sia per l’attendibilità esegetica: si tratta di alcune brevi integrazioni, due nella strofe (= ode) e una dell’antistrofe (= antode), che Bravi accoglie nel testo discutendole puntualmente. Per l’ottavo colon della stanza egli ammette una responsione fra prosodiaco (v. 1271: πεινῇ θαλεροῖς δακρύοις) ed enoplio (v. 1297: τοὺς δ᾽ ἀντιβολεῖν ἂν ὁμοίως), senza emendamenti a fini metrici. Questa responsione libera, l’unica individuata in tutto il dramma, è segnalata nell’Indice prosodico e metrico che chiude il volume (p. 135), con indicazione anche dei casi di iato e di abbreviamento in iato.
Refuso: altri, p. 52.
Notes
[1] L’intervento è leggibile negli Atti del Convegno: T. J. Fleming – E. C. Kopff, Colometry of Greek Lyric Verses in Tragic Texts, «SIFC» 85, s. III 10, vol. 2 pp. 758-770, ed è seguito dalla risposta di Bruno Gentili: Dibattito, ivi, pp. 771-773.
[2] B. Gentili-F. Perusino (eds.), La colometria antica dei testi poetici greci, Pisa-Roma 1999, vedi recensione. Il contributo di Bravi sui Cavalieri accolto nel volume è il punto di partenza degli studi sulla colometria del dramma culminati nel volume in esame.
[3] L. Bravi, «”Imitando appositamente in forma sciolta la prosa”: una modalità espressiva nelle commedie di Aristofane», «Aev Ant» n. s. 17, 2017, pp. 73-93.