Il libro in esame costituisce la sesta edizione, per i tipi della Wbg, di una pietra miliare per gli studi topografici su Roma antica. Esso è caratterizzato da un approccio interdisciplinare, corredato da approfondimenti archeologici, storici, filologici ed epigrafici.
Il volume, in lingua tedesca, si articola in cinque parti principali (Einleitung; Die großen öffentlichen Bauten; Das religiöse und politische Zentrum der Stadt; Die augusteischen Regionen; Anhang), a differenza di precedenti edizioni,[1] ed ha un formato compatto. Esso è rivolto a studiosi e discenti, ma anche a chi intenda approfondire aspetti della topografia di Roma in loco (cfr. p. 20). Per la sua compattezza si distingue dai volumi monografici dello stesso Autore dedicati all’Urbs.[2]
Nell’Einleitung viene delineata l’evoluzione della città dall’età del Bronzo al Tardoantico: già in questa esposizione emergono i punti di forza dell’opera, cioè la presentazione di Roma nella molteplicità e complessità delle sue fonti archeologiche e letterarie, che l’Autore mostra di utilizzare sapientemente (p. es., p. 11).
La seconda sezione del volume è interamente dedicata alle opere pubbliche, a cominciare dalle cinte murarie della Città, delle quali si evidenzia lo sviluppo diacronico (pp. 20-35). Alla disamina delle mura segue quella degli acquedotti.
L’importanza della terza parte dell’opera è marcata già dal titolo, che compendia la trattazione di Campidoglio, Foro Romano e Fori imperiali, Palatino, Valle del Colosseo e loro monumenti.
La descrizione del Campidoglio è introdotta da una meticolosa rassegna delle fonti archeologiche e storico-leggendarie (cfr. pp. 44-55). Il tempio di Giove Capitolino, in particolare, viene presentato a cominciare dalle sue primordiali fasi costruttive e la leggenda trova conferma nel dato archeologico (cfr. pp. 48-51).[3]
Il medesimo approccio si applica anche al Foro Romano, analizzato in senso diacronico. Interessante risulta l’arricchimento costituito dalla storia delle ricerche (cfr. pp. 63-64), a partire dai primi scavi effettuati nel 1788 (p. 63), fino a Giacomo Boni e alle indagini successive (p. 64). Articolata risulta l’analisi dei singoli monumenti dell’area (pp. 65-108). Alle pp. 93-95 è condensata l’esegesi della Regia, per la quale va segnalata la recente pubblicazione, costituita dal contributo di vari esperti, a cura di Brocato e Terrenato.[4] L’edificio, che viene accostato da Coarelli ai complessi palaziali etruschi, nello specifico ad Acquarossa, e che costituiva, in origine, come rileva lo studioso, la residenza del sovrano (cfr. p. 95), trova, forse, il confronto più immediato con la Regia di Gabii.[5]
Ancora a partire dalla storia degli scavi (pp. 109, 112) sono esaminati i singoli Fori imperiali (pp. 109-147), con un approfondimento dedicato alla Colonna Traiana (pp. 128-139): i rilievi vengono presentati nei loro caratteri essenziali (pp. 125-127), anche grazie alle conoscenze pregresse di Coarelli in materia[6] e al riferimento ai Commentarii dell’imperatore (p. 126).[7]
La disamina del Palatino è introdotta da spunti leggendari (cfr. pp. 148-150) e, iniziando dalle originarie capanne dell’età del Ferro (pp. 152 ssg.), perviene all’epoca imperiale. L’acribia dell’Autore emerge dalla sintetica ma esauriente analisi dei palazzi imperiali, presentati sotto molteplici aspetti, in prospettiva diacronica (pp. 159-178).
Dopo un brevissimo cenno all’Antiquarium palatino (p. 180), Coarelli passa alla trattazione della valle del Colosseo (pp. 180-197), inaugurata dall’Arco di Costantino (pp. 180-185), per il quale vengono menzionati anche gli aspetti leggendari dell’edificazione (cfr. p. 180). Protagonista di questa sezione è, ovviamente, il Colosseo, cui sono dedicate le pp. 185-194. Interessante è senz’altro la storia dei monumenti destinati agli spettacoli (p. 185), con il riferimento agli anfiteatri del Sud Italia e al primo anfiteatro dell’Urbs, eretto in Campo Marzio da Statilio Tauro, distrutto nel 64 d.C. e ricostruito in legno da Nerone Com’è noto, il Colosseo sostituì il lago artificiale della Domus Aurea e fu impiegato anche per Naumachie La storia degli studi è seguita dalla puntuale descrizione dell’arena (pp. 185-194). Alle pp. 193-194 si ricorda il Colosso di Nerone nei pressi dell’Anfiteatro Flavio, ispirato al Colosso di Rodi e a questo superiore in altezza (cfr. p. 193 Il capitolo è chiuso dall’analisi del Ludus Magnus (pp. 194-197).
Nella sezione successiva sono passate in rassegna le 14regioni nelle quali Roma venne suddivisa da Augusto (cfr. p. 200), a cominciare dal Celio, che deve tale nome a quel Celio Vibenna, alleato, insieme a suo fratello, di Mastarna/Servio Tullio, e che, nel corso dell’età imperiale, divenne quartiere di lusso (p. 202). Nella trattazione si rileva, in generale, un particolare interesse dell’Autore nei confronti della questione dell’approvvigionamento idrico e per quanto riguarda il sistema stradale (cfr. pp. 203-204).
Le molteplici competenze e l’impressionante conoscenza topografica di Coarelli emergono in spunti storici, quali quelli riguardanti l’Esquilino (cfr., p. es., p. 214), dove avrebbe avuto la sua residenza anche Servio Tullio (p. 214): del colle si evidenzia la sovrapposizione dei percorsi stradali moderni a quelli antichi (p. 215). Quartiere di carattere eminentemente residenziale, come dimostrano le dimore di personaggi quali Marco Antonio, Cesare e Pompeo (p. 215), esso ospitava tuttavia i culti di antiche divinità italiche, come Mefite, e di divinità orientali (cfr. p. 218). Alcune pitture che decoravano la parte della Domus Aurea che si estendeva in questa zona sono da Coarelli attribuite a Fabullo, ricordato da Plinio (cfr. p. 224).[8]
Tra i monumenti dell’Esquilino sono menzionati: il Ninfeo di Largo Leopardi, forse in origine appartenente alla villa di Mecenate (cfr. p. 233); il sepolcro del fornaio Eurisace, presso Porta Maggiore, con relativa iscrizione, nel quale era conservata anche l’urna della moglie Atistia (p. 236); la basilica sotterranea, le cui funzioni sono difficili da definire (p. 238), adornata con mosaici, pitture e stucchi (cfr. pp. 238-240) e datata da Coarelli nell’età augustea o tiberiana (p. 240).
Nella disamina seguono Quirinale e Viminale, le uniche due alture di Roma ad essere denominate, in Latino, non montescome le altre, ma colles, che appartenevano alla VI Regione augustea (cfr. p. 240). Coarelli spiega il nome del Quirinale e quello di altri sostantivi con etimologia analoga in relazione ai primi abitanti del colle, i Sabini, capeggiati dal leggendario Tito Tazio (cfr. p. 242). Sul Quirinale, vengono segnalati l’antichissimo santuario del dio sabino Semo Sancus Dius Fidius, che avrebbe contenuto al suo interno la statua bronzea di Tanaquilla (cfr. pp. 242-243), il tempio di Quirinus, il Capitolium Vetus, come anche il tempio di Salus, che doveva essere stato decorato da Fabio Pittore, e altri importanti luoghi di culto dell’area, cui si aggiunsero il santuario della Gens Flavia e il colossale tempio di Serapide, edificato da Caracalla (cfr. p. 243). Sul Quirinale si estendevano, a Nord, gli Horti Sallustiani, confluiti, in età tiberiana, nel dominio imperiale (cfr. p. 244). Dopo la descrizione di alcuni monumenti (pp. 244-250), tra i quali il sepolcro del fanciullo Quinto Sulpicio Massimo (p. 250), vengono presentati i Castra Praetoria (pp. 251-252) e le Terme di Diocleziano (pp. 252-254).
Quindi, la trattazione perviene alla VII Regione augustea, compresa tra Via Lata e Pincio (pp. 254-258): l’Autore fornisce al riguardo un articolato quadro storico, riguardante lo sviluppo edilizio dell’area e le appropriazioni imperiali (p. 255).
Relativamente all’altra estesa sezione del libro sui monumenti del Campo Marzio, ai quali Coarelli destina un’approfondita analisi, viene messo in luce come essi abbiano condizionato in modo rilevante la successiva organizzazione del paesaggio urbano (p. 258). Del Campo Marzio sono dall’Autore fornite una spiegazione etimologica (p. 260) e testimonianze desunte dalle fonti letterarie, quali Strabone (pp. 263-264). Tra i monumenti della zona meridionale, vengono ricordati il Circo Flaminio (p. 264), il Teatro di Marcello (pp. 264-266), il tempio di Apollo, inaugurato nel 431 a.C., dopo una pestilenza (p. 267), di cui si menzionano i capolavori greci custoditi nella cella (pp. 267-268), e la porticus Octaviae, anch’essa contenente innumerevoli opere d’arte (cfr. p. 270). La trattazione si sposta, quindi, sul Campo Marzio centrale, a cominciare dall’area sacra di Largo Argentina (pp. 272-276), e su quello settentrionale, inaugurato dalla Colonna di Marco Aurelio (pp. 290-293)[9]: è, ancora, in pagine come queste che emerge la perizia dell’Autore, nel rilevare le profonde differenze stilistiche tra questo monumento e quello di Traiano, e la sua versatilità nel confronto tra i toni “espressionisti” dei rilievi, associati alle note malinconiche dei Pensieri dell’imperatore (cfr. p. 293). Va poi segnalata la meticolosa descrizione dell’Ara Pacis (cfr. pp. 295-298) e del Mausoleo di Augusto (pp. 298-301), del quale si rintracciano, a ragione, le origini nelle tombe a tumulo etrusche e nei monumenti funerari ellenistici, a cominciare da quello di Alessandro (pp. 298-299).
Anche nel caso di Forum Holitorium, Forum Boarium e del Circo Massimo, Coarelli fa anzitutto riferimento ad aitia mitologici e alla storia preromana della Città (cfr. p. 302). Di questa sezione, particolarmente significativa risulta la descrizione dell’area sacra di S. Omobono (pp. 304-306). Dopo Aventino, Isola Tiberina, Trastevere e Vaticano, questo penultimo capitolo del libro è chiuso dalla trattazione della Via Appia e delle evidenze archeologiche di tale area, tra cui spicca il Sepolcro degli Scipioni (pp. 352-361).
Il volume è concluso da un’appendice con approfondimenti relativi alle tecniche e ai materiali edilizi impiegati dai Romani (pp. 364-367). Ad essa fanno seguito un elenco degli imperatori ed una bibliografia ordinata, distinta in opere di carattere generale (pp. 370-372) o legate a tematiche specifiche, seguendo l’ordine dei capitoli (pp. 372-390).
In sintesi, una delle peculiarità del libro è il suo carattere di “guida di viaggio” maneggevole e accattivante, anche dal punto di vista grafico; l’ottima traduzione in tedesco non è assolutamente inficiata da irrilevanti e sporadici refusi di stampa, che occorrono specialmente in italiano. Il volume risulta soddisfacente anche da un punto di vista squisitamente grafico, sebbene la disposizione del corpo del testo su tre colonne renda più complicata la lettura. Punto di forza dell’opera è senza dubbio l’attenzione minuziosa ad ogni aspetto dei monumenti e delle opere d’arte e ai loro dettagli, coniugata ad una scrupolosa restituzione della complessità stratigrafica dell’Urbs.
Table of Contents
Einleitung
Die großen öffentlichen Bauten
Die Servianische Stadtmauer
Die Aurelianische Stadtmauer
Die Wasserleitungen
Das religiöse und politische Zentrum der Stadt
Das Kapitol
Das Forum Romanum
Die Kaiser-Foren
Der Palatin
Das Tal mit dem Kolosseum
Die augusteischen Regionen
Der Caelius
Der Esquilin
Quirinal und Viminal
Die Via Lata und der Pincio
Das Marsfeld
Das Forum Holitorium, das Forum Boarium und der Circus Maximus
Der Aventin
Die Tiberinsel, Trastevere und der Vatikan
Die Via Appia innerhalb der Stadtmauern
Anhang
Bautechniken
Baumaterialien
Die römischen Kaiser
Bibliographie
Register
Notes
[1] Cfr. Filippo Coarelli, Roma, Bari-Roma 201810.
[2] Cfr. Filippo Coarelli, Il Foro Romano, I. Periodo arcaico, Roma 1983; Id., Il Foro Romano, II. Periodo repubblicano e augusteo, Roma 1985; Id.,Il Foro Romano, III. Da Augusto al tardo impero, Roma 2020; Id., Palatium: il Palatino dalle origini all’impero, Roma 2012.
[3] Cfr. Filippo Coarelli, Le origini di Roma. La cultura artistica dalle origini al III secolo a.C., Milano 2011, pp. 53-60.
[4] Cfr. Paolo Brocato, Nicola Terrenato (a cura di), Nuovi studi sulla Regia di Roma, Cosenza 2016.
[5] Cfr. Marco Fabbri, La Regia di Gabii nell’età dei Tarquini, in P. S. Lulof, C. J. Smith (a cura di), The Age of Tarquinius Superbus. Central Italy in the Late 6th Century. Proceedings of the Conference The Age of Tarquinius Superbus, A Paradigm Shift?, Rome, 7-9 November 2013, Leuven 2017, pp. 225-239. Da ultimo, vd. Aura Piccioni, Culti domestici in Italia meridionale ed Etruria, Regensburg 2020.
[6] Cfr. Filippo Coarelli, La Colonna Traiana, Roma 1999.
[7] Cfr. Coarelli, Colonna Traiana, pp. 37-42.
[8] Cfr. in proposito le diverse posizioni di Nicole Dacos, menzionate da Coarelli (p. 224); per approfondimenti, vd. Dacos, nella bibliografia del volume, ma anche Ead., Fabullus et l’autre peintre de la Domus Aurea, in «DialA» 2, 1968, pp. 210-226; Paul G. P. Meyboom, Famulus and the Painters’ Workshop of the Domus Aurea, in «MededRom» 54, 1995, pp. 229-244.
[9] Sul quale vd. anche Filippo Coarelli, La Colonna di Marco Aurelio/The Column of Marcus Aurelius, Roma 2008.