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A quasi cinquanta anni dalla pubblicazione degli Studi su Cratete comico di Maria Grazia Bonanno (Padova, Editrice Antenore, 1972), ineludibile punto di riferimento per gli studiosi della produzione poetica di Cratete, vede la luce, per i tipi di Vandenhoeck & Ruprecht, il commento di Serena Perrone, corredato di introduzione e traduzione, alle testimonianze e ai frammenti di questo importante esponente della commedia attica antica. Il lavoro, che consta di più di duecentocinquanta pagine, getta luce, con un buon grado di plausibilità, su quanto la tradizione ci ha conservato in merito a questo commediografo dell’archaia.
La struttura del libro è rispondente alle regole stabilite dal progetto Kommentierung der Fragmente der Griechischen Komödie (KomFrag) diretto da Bernhard Zimmermann. In una densa Introduzione (pp. 11-24) la Perrone si sofferma su nome e identità del commediografo, cronologia e carriera, tradizione e ricezione (con analisi delle fonti dei frammenti), temi e motivi fondanti, kōmōdoumenoi, lingua e stile (con particolare attenzione rivolta agli hapax e ai proverbi), metrica, rapporti tra Cratete e gli altri commediografi, bibliografia principale (edizioni, traduzione, studi e commenti). Segue il Commento ai Testimonia (pp. 25-63) e alle commedie e ai frammenti (pp. 64-224), in cui il lettore trova, scandite con assoluta chiarezza, le sezioni dedicate a: bibliografia, spiegazione del titolo, argomento, datazione del dramma; traduzione, contestualizzazione, interpretazione dei testimonia; traduzione, metro, riferimenti bibliografici, contesto della citazione, costituzione del testo e metrica, interpretazione e analisi di ogni singolo frammento. La numerazione di testimonianze e frammenti è conforme a quella dei Poetae Comici Graeci (PCG) a cura di Rudolf Kassel e di Colin Austin, con l’eccezione della test. 6b e della test. i dei Γείτονες, che non hanno un numero proprio in PCG. Il testo di riferimento è quello di Kassel-Austin e le varianti sono discusse nella sezione dedicata alla costituzione del testo. Il volume è corredato di una ricca bibliografia (pp. 225-248) e di utili indici delle fonti (pp. 249-250), delle parole greche (pp. 250-254), dei luoghi citati (pp. 254-275) e delle cose notevoli (pp. 275-277).
Di Cratete e della sua opera sappiamo poco. Il numero di frammenti a noi pervenuti è di modesta entità: sessanta, inclusi quelli dubbi, per un totale di neanche cinquanta versi completi; il numero di commedie (sette per test. 1 e per test. 2a, otto per test. 4) e gli undici titoli noti – che, tutti al plurale con la sola eccezione di Lamia, indicano la peculiare centralità del coro: Γείτονες (Vicini), Ἑορταί (Feste), Ἥρωες (Eroi), Θηρία (Bestie), Λάμια (Lamia), Μέτοικοι (Meteci), Παιδιαί (Giochi), Πεδῆται (Prigionieri), Ῥήτορες (Oratori), Σάμιοι (Samî), Τόλμαι (Imprese temerarie)—rispecchiano verosimilmente solo una parte della produzione di Cratete. Il resto è ‘naufragato’ nel corso della tradizione. Il principale merito dell’Autrice è stato, a parer mio, quello di avere illustrato i dati a nostra disposizione con un’analisi ispirata a quella cautela di metodo che si impone in qualsivoglia indagine che abbia come oggetto testi estremamente lacunosi. Il lettore può agevolmente apprendere che gli elementi cronologici essenziali della carriera di Cratete sono: il debutto verosimilmente successivo al 460 (test. 3); la prima vittoria tra 454 (test. 9) e 448 (test. 7b), probabilmente nel 451/450 (test. 9 e test. 7a); la carriera conclusa nel 424 (test. 6a). Dalle evidenze messe in luce dalla Perrone risulta dunque che l’attività di Cratete si svolse tra gli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Venti del V secolo a.C.
Altri significativi dati rimarcati dalla Perrone sono le più autorevoli tracce della ricezione di Cratete che si rinvengono nelle opere di Aristofane e di Aristotele. Cratete è ricordato dopo Magnete e Cratino nella parabasi dei Cavalieri (test. 6) tra gli esponenti della generazione precedente Aristofane, ma il ritratto che ne emerge non è lusinghiero: Cratete viene rappresentato come un poeta-‘cuoco’ che offre solo una modesta colazione ai suoi spettatori: un esempio di commedia ormai desueta, rispondente a gusti semplici, se paragonati alle sofisticate novità dei tempi di Aristofane, un pasto frugale rispetto alla haute cuisine, che gli intenditori sapranno apprezzare nella produzione comica aristofanea. Un ruolo di rilievo è tuttavia riconosciuto a Cratete da Aristotele, che nella Poetica (test. 5) lo considera il primo autore, in Atene, di un tipo di dramma caratterizzato da dialoghi e trame organicamente strutturati, sull’abbrivo del modello della commedia siciliana: secondo lo Stagirita, a Cratete spetterebbe dunque il primato nell’elaborazione della commedia come forma poetica rispondente ai principî aristotelici di causalità e di universalità.
Anche sul fondamento dei giudizi espressi da Aristofane e da Aristotele, Cratete è stato tradizionalmente considerato il principale esponente di un filone di evasione e non politico della commedia attica antica, precorritore dei temi fondanti delle commedie di epoca successiva. E tuttavia, Serena Perrone ha saputo convincentemente dimostrare che alcuni elementi suggeriscono la necessità di rivedere, o quanto meno ‘sfumare’, l’immagine di Cratete come prototipo del commediografo disimpegnato e avulso dalla realtà.
a) A giudicare dai titoli, i temi politici e sociali non parrebbero estranei all’opera di Cratete. I motivi socio-politici sembrano evincersi da termini che alludono a categorie sociali o etniche: Vicini, Meteci, Prigionieri), Oratori, Samî. In particolare, i Samîavranno verosimilmente tratto ispirazione dal contesto del conflitto tra Atene e Samo, l’alleato della Lega delio-attica, la cui ribellione costituì una grave minaccia alla supremazia ateniese; il titolo Oratori si riferirebbe a capi politici che prendono la parola nel contesto assembleare; i Meteci chiamano direttamente in causa una categoria sociale al centro del dibattito politico intorno alla metà del V sec. a.C.
b) Dall’analisi dei frammenti emergono non poche allusioni a eventi contingenti. Nel fr. 37 il personaggio citato, Megabizo, potrebbe identificarsi con il generale persiano contro cui combatterono gli Ateniesi durante la spedizione in Egitto (460-454 a. C.); nel fr. 26 l’hapax λιποπωγωνία potrebbe richiamare alla memoria la perdita del porto di Trezene nel contesto delle condizioni dettate dalla pace trentennale stipulata tra Atene e Sparta nel 446/445; e il fr. 33, probabilmente riconducibile alla marchiatura dei cavalli, sarebbe allusivo a episodi connessi con il conflitto samio (alla vicenda della marchiatura dei prigionieri nello scontro tra Atene e Samo farebbe forse riferimento anche Aristofane nel fr. 71 dei Babilonesi). Nel più ampio scenario dei rapporti economici interni ed esterni ad Atene si potrebbero inquadrare anche le non rare menzioni di unità di misura e di denaro (frr. 21, 22, 31, 36, 53). In altri frammenti si segnalano istanze collegate con la distribuzione della ricchezza e con la riflessione sulla giustizia sociale (fr. 48), il tema del lusso (fr. 17) e il riferimento a usi e costumi orientali (un godereccio banchetto con “accenti ionici” nel fr. 1; il profumo “regale” nel fr. 2; la frusta “con ossicini”, astragalōtē, adoperata come strumento di punizione in culti e contesti esotici, nel fr. 40).
Anche altri temi caratterizzano la produzione poetica di Cratete, e sono esplorati dalla Perrone con sapiente capacità esegetica: motivi pertinenti alla sfera del cibo (frr. 1, 8, 11, 16, 19, 21, 30, 43) e del sesso (frr. 1, 23, 27, 34, 43); argomenti coprologici (si pensi al nesso ῥιπίδι κοπραγωγῷ nel fr. 15; e alla celebre figura della Lamia pedens nel fr. 20); temi metaletterari e metateatrali (la menzione di “parole da tre cubiti”, ἔπη τριπήχη, nel fr. 21; il riferimento metateatrale al coro nel fr. 27; la contrapposizione tra la serietà solenne della tragedia e il logos comico nel fr. 28); aspetti relativi al mito, al folklore, alla religione e alla filosofia (Lamia è personaggio eponimo di un dramma; lo spettro di Mormò è indirettamente richiamato nel fr. 10; riferimenti a culti e rituali si riscontrano nel titolo Ἑορταί e nel fr. 44, dove è ricordata Estia, la divinità del focolare domestico tradizionalmente invocata nei sacrifici e nelle libagioni; un’allusione al vegetarianesimo di ascendenza orfico-pitagorica sarebbe presente nel fr. 19).
Merita infine una particolare citazione il motivo ‘utopico’ del mondo alla rovescia presente nei due più ampi frammenti di Cratete, entrambi desunti dalle Bestie, commedia a cui l’Autrice ha dedicato una parte cospicua del suo commento (pp. 98-121): nel fr. 16 il personaggio parlante manifesta l’intenzione di rendere “semoventi” (ὁδοιποροῦντα, v. 3) tutti gli utensili da cucina (e il loro automatismo, esteso anche a focacce e pesci, è descritto nei successivi vv. 4-10); nel fr. 17 si celebrano i ‘miracoli’ dell’acqua calda corrente e dei movimenti spontanei di alcuni oggetti da bagno: si tratta di passi che – citati da Ateneo nei Deipnosofisti (VI, 267e-270a) unitamente ad altri frammenti comici che sono stati al centro di un intenso dibattito critico (della numerosità degli studiosi coinvolti il lettore potrà agevolmente rendersi conto consultando le dense rassegne bibliografiche fornite dalla Perrone nelle pp. 102 e 109) – “sono accomunati da descrizioni di ‘paesi di cuccagna’, fantasie utopiche caratterizzate da tripudi gastronomici e automatos bios […] con diverse ambientazioni temporali e geografiche” (pp. 102-103).
In ordine al fr. 16 mi sia consentita un’ultima osservazione più di dettaglio: a proposito della traduzione dell’imperativo ἀνάβαινε (v. 8), la Perrone annota: “Pellegrino […] intende ‘lievita!’, ma non mi pare ci siano attestazioni del verbo in questo senso (che normalmente è espresso con ζυμόω), né la maza era un cibo lievitato” (p. 107). A meno che non si voglia considerare un aprosdoketon funzionale alla rappresentazione del ‘paese di cuccagna’ l’aumento di volume di una focaccia solitamente non lievitabile, come pure ho ritenuto nel 2000, forse ‘forzando’ in parte il significato di ἀναβαίνω e riferendolo all’innalzamento della superficie della maza sorprendentemente fermentata, a me ora sembrano condivisibili i rilievi della Perrone; soggiungo anzi che è evidente che tutto il fr. 16 è incentrato sul miracoloso movimento spontaneo degli attrezzi da cucina e del cibo: se dovessi nuovamente rendere in italiano l’espressione ἀνάβαινε μᾶζα, non esiterei ad accogliere la traduzione della Perrone: “monta su, focaccia!” (p. 101).
In definitiva, mi pare che questo lavoro (in cui peraltro non ho riscontrato errori tipografici particolarmente degni di nota) meriti piena considerazione, perché, contraddistinto da buona institutio, rigore di metodo e matura riflessione critica sulla ricca documentazione bibliografica prodotta, rappresenta un contributo di grande utilità per la comprensione e l’interpretazione di quanto ci resta della produzione poetica di Cratete.
Table of Contents
Premessa 9 Introduzione 11 Commento 25 Testimonia 25 Commedie e frammenti 64 Γείτονες (Geitones) (“Vicini”) 64 Ἑορταί(Heortai) (“Feste”) 83 Ἥρωες (Hērōes) (“Eroi”) 84 Θηρία (Thēria) (“Bestie”) 98 Λάμια (Lamia) (“Lamia”) 122 Μέτοικοι(Metoikoi) (“Meteci”) 140 Παιδιαί (Paidiai) (“Giochi”) 145 Πεδῆται (Pedētai) (“Prigionieri”) 156 Ῥήτορες (Rhētores) (“Oratori”) 157 Σάμιοι (Samioi) (“Sami”) 160 Τόλμαι (Tolmai) (“Imprese temerarie”) 183 Incertarum fabularum fragmenta 197 Dubia 219 Bibliografia 225 Indici 249