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Curato da Maria Intrieri, per l’editore Giorgio Bretschneider, esce il volume che contiene i contributi offerti a Giovanna De Sensi Sestito, decana di Storia antica presso l’Università della Calabria. Il volume è suddiviso in cinque parti di diseguale lunghezza, parti che rispecchiano gli interessi scientifici della dedicataria.
Dopo la premessa (XI-XII) e la preziosa bibliografia della festeggiata (XIII-XIX), sono raggruppati i contributi dedicati all’Occidente greco: Gianfranco Maddoli propone almeno due motivi per il silenzio nelle fonti coeve sul nome di Megale Hellàs dato dai Pitagorici che alla fine del VI secolo avevano preso il potere nelle colonie achee d’Italia: da un lato quindi, la pretesa achea di aver reso grande l’Ellade in Italia escludeva di fatto gli altri ethne greci (dai quali provenivano gli storici maggiori) e dall’altro, il tradimento degli Achei di Ftiotide che hanno durante la spedizione persiana, aiutato Serse, oscurava la grandezza degli Italioti agli occhi del resto del Panellenio (3-12). Stefania De Vido attraverso tre esempi coloniali (Apollonia, Thera e Sibari) mostra come fondamento dell’élite aristocratica, sia la precedenza nella occupazione delle nuove terre da parte dei primi coloni (apoikoi) nei confronti dei rincalzi successivi (epoikoi) (13-34). Le riflessioni di Alfonso Mele su Sibari mettono in evidenza il parallelismo fra l’ascesa dell’impero sibarita con lo stretto rapporto con la Ionia d’età orientalizzante, ed in funzione chiaramente anti-dorica (35-65). Dalla lettura dei passi di Eliano su Sibari, Luisa Prandi propone di vederlo come fonte di alcuni lemmi del codice Suda e lo rende autonomo rispetto al lavoro di Ateneo che citava gli stessi aneddoti (67-77). Maurizio Giangiulo ritiene che abbia un’origine ateniese di stampo democratico, forse introdotta a Thurii dal filosofo Protagora, la carica di Symboulos, magistrato preposto all’approvazione o modifica di norme comunitarie (79-92). Quindici frammenti di laminette bronzee provenienti dal santuario di Hera Lacinia lasciano supporre a Maria Letizia Lazzarini che si tratti di testi di manomissione databili ai primi decenni del V secolo a.C. (93-107). Nell’iconografia dell’unica emissione certa di Temesa, con il tripode e il cimiero, databile alla conquista locrese del 476 a.C., Maria Caccamo Caltabiano vede il riflesso del matrimonio sacro fra l’eroe Euthymos e la dea-ninfa locale (109-124). Nella sua serrata analisi storica, Luisa Breglia coglie, nella scelta iconografica di quattro arule fittili rinvenute a Medma con temi tratti da coeve tragedie di Sofocle, un riflesso della politica filolocrese e filoateniese di Dionisio I (125-140). Gli interventi di ingegneria demografica che Ierone I applicò alle colonie calcidesi di Katane e Naxos, rese rispettivamente sede e baluardo del futuro regno del figlio, si possono giustificare, secondo Roberto Sammartano, come un tentativo di arginare la nuova politica espansionistica ed indipendente di Micilo, successore al trono di Anassilao di Reggio (141-167). Elena Santagati traccia il percorso della politica anti-tirrenica ed anti-punica seguita dai dinasti di Siracusa nel IV secolo a.C. (169-186). Marco Bettalli mette in evidenza la politica innovativa di Dionisio I di stampo chiaramente ellenistico nella preparazione del suo esercito (187-194). Il ripostiglio di pegasi corinzi, rinvenuto nel 1935 a Calanna (RC) potrebbe a detta di Daniele Castrizio, essere stato nascosto da un mercenario di Rhegion, caduto a difesa del phrourion dal pericolo dei Brettii (195-205). Pietrina Anello propone di attribuire allo stesso Timoleonte il carattere antipunico della sua campagna militare in Sicilia come novello Gelone, vittorioso sul fiume Crimiso. Gli effetti purtroppo delle sue vittorie furono molto vacui a causa del cambiamento subito dall’isola nel secolo precedente con la dinastia dionisiaca (207-235). La stessa agorà di Siracusa secondo Bruno Tripodi, sarebbe lo scenario dell’ascesa timoleontea e luogo della sua sepoltura (237-255). Virgilio Costa inquadra la figura di Anito, uno dei due accusatori di Socrate, nella storiografia attica filo-socratica preposta a demolirne la fama (257-271). La scarsa attenzione di Plutarco alla storia della Magna Grecia che dai fasti dell’età arcaica era giunta con la conquista romana ad un’incedente decadenza, si potrebbe attribuire, secondo Maria Intrieri, non solo alla sua moraleggiante tendenza ad usare la storia ma anche alla sua rassegnata visione romanocentrica (273-328).
I due successivi contributi sono dedicati ai Fenici ed ai Cartaginesi. Esaminando un passo di Erodoto (III, 19), Daniela Bonanno e Corinne Bonnet pongono l’accento sul rapporto di sangue che legava i Cartaginesi ai Fenici di Tiro, interrogandosi però sul valore dei giuramenti solenni che si scambiarono in periodi di crisi (331-354). Analizzando le fonti antiche, Sergio Ribichini documenta il ricorso da parte dei Cartaginesi alla sacralizzazione dello spazio per rivendicarne il possesso (355-371).
La terza parte del volume è dedicata alla madrepatria ellenica. Luigi Gallo confuta la tesi di Gauthier sulla natura esclusivamente ellenica della xenìa (375-384). Il fenomeno della ridistribuzione delle terre da parte dei tiranni fu uno strumento politico per ottenere il consesso dei nuovi cittadini che sostenevano il regime, come evidenzia Gianluca Cuniberti (385-398). Nella sua analisi, Gabriella Vanotti ritiene che il buon uso della ricchezza fatto da Cimone sia stato superato dalla più democratica istituzione della misthophoria periclea (399-433). Carmela Raccuia evidenzia come in Tucidide la kome assuma un valore antiquato sia dal punto di vista economico che sociale (435-460). Analizzando un frammento dal mimo di Sofrone, Elisabetta Bianco ritiene che esso sia la prima attestazione dell’accusa verso le donne di far sparire la luna tramite la magia (461-477). L’indagine prosopografica sugli spartani Farace/Faracide, permette a Cinzia Bearzot di sottolineare la politica filotirannica di Sparta in Sicilia (479-496). Ugo Fantasia propone di datare al 343-342 a.C. il giuramento di alleanza fra Ambracia e l’Acarnania un frammento del quale fu rinvenuto nel 1962 a Thyrrio (497-511). Focalizzando l’attenzione su tre donne regali della dinastia Argeade (Euridice, Olimpiade e Adea-Euridice), Anna Maria Prestianni Giallombardo ritiene che esse non ebbero mai un effettivo potere politico ma si attivarono per difendere i diritti alla successione al trono dei loro figli (513-556). Franca Landucci giustifica il giudizio negativo di Polibio nei riguardi dell’opera storica di Filarco non a causa della sua metodologia ma per la diversa visione politica degli avvenimenti narrati riguardanti il Peloponneso del III secolo a.C. (557-569). Nella sua breve disamina Giuseppe Squillace illustra la scoperta e la diffusione delle essenze e dei profumi, legati all’Oriente (571-591). Interessanti osservazioni sono fatte da Manuela Mari sul dossier di recente ampliato della cancelleria antigonide (593-620).
A Roma ed al suo rapporto con la Magna Grecia sono dedicati i successivi contributi. Flavio Raviola s’interroga se, in un passo della sua Geografia, Strabone avesse forse derivato la sua opinione sull’esito della Guerra Sociale da Posidonio o da Asione Pollione o Timagene, ritenendo che alla fine anche gli Italici sconfitti ottennero la tanto desiderata Koinonia con i Latini ed i Romani, integrandosi nel sistema dell’Urbe (623-643). Una profezia sibillina tramandata da Cassio Dione (LVII 18,5), sarebbe frutto, secondo Lorenzo Braccesi, di un’interpolazione ad opera della classe dei magi espulsi da Roma per decreto di Onorio nel 409 d.C. (645-649). Rosalia Marino invece, analizza il fenomeno dei pueri principes che offriva attraverso la continuità dinastica un supporto maggiore per la lotta contro i Barbari ai confini (651-665). Ad Antonio Zumbo spetta il compito di pubblicare un frammento di epigrafe latina rinvenuta nel 1996 a Strongoli (antica Petelia) con un riferimento ad un personaggio (locale?) col rango di questore (667-672).
L’ultima parte del volume comprende contributi sulla storia degli studi antichi. Col tracciare un percorso metodologico che la Numismatica dovrebbe seguire per il suo corretto sviluppo, Benedetto Carroccio offre degli interessanti spunti di riflessione (675-688). Eugenio Lanzillotta pubblica La città dormiente, un racconto inedito dello storico Gaetano De Sanctis, scritto (1935) durante gli anni per lui amari del Regime (689-708). Angelo Russi invece, pubblica una lettera di Ulrich Kahrstedt indirizzata (1930) a De Sanctis nel quale lo storico tedesco espresse perplessità sia sul giudizio negativo di Benedetto Croce su Beloch, sia sulla qualità in generale dei giovani storici tedeschi (709-731). Chiude il volume il contributo di Stefania Mancuso sulla valorizzazione del patrimonio culturale in Italia (733-752).
La consueta alta qualità della stampa, seppur quasi del tutto priva di illustrazioni, la presenza di piccoli estratti in inglese e la bibliografia della festeggiata, rendono merito allo sforzo congiunto di Editore e Curatori per onorare degnamente l’operato di una studiosa che ha tracciato un solco profondo nella ricerca storica, lungo il quale, allievi di prima e seconda generazione si addentrano nel vortice della Storia antica.
Indice
Premessa – Bibliografia di Giovanna De Sensi Sestito
I – L’OCCIDENTE GRECO
Gianfranco Maddoli, Megale Hellas fra rivendicazione identitaria e «censura»
Stefania De Vido, Terra e società nel mondo coloniale: il privilegio dei primi
Alfonso Mele, Tra Oriente e Occidente: riflessioni su Sibari
Luisa Prandi, Sibari e Sibariti in Claudio Eliano
Maurizio Giangiulio, I symbouloi di Turi, Atene e Protagora
Maria Letizia Lazzarini, Riesame di frustuli di lamine bronzee iscritte da Capo Colonna (Crotone)
Maria Caccamo Caltabiano, La persistenza dei simboli: l’elmo col cimiero dello statere di Temesa
Luisa Breglia, Tyrò a Medma
Roberto Sammartano, Aitna e Naxos nella politica territoriale di Ierone: alcune osservazioni
Elena Santagati, Echi di politica siracusana nel Tirreno di IV secolo a.C. Marco Bettalli, Dionisio I va alla guerra
Daniele Castrizio, Un ripostiglio di Pegasi da Calanna (RC)
Pietrina Anello, La battaglia del Crimiso: una nuova Himera?
Bruno Tripodi, Timoleonte e l’agorà di Siracusa
Virgilio Costa, La figura di Anito, figlio di Antemione nella tradizione storiografica socratica
Maria Intrieri, Memorie di Magna Grecia in Plutarco
II – FENICI E CARTAGINESI
Daniela Bonanno – Corinne Bonnet, «Come i padri nei confronti dei figli». Sui «giuramenti solenni» tra Cartaginesi e Fenici (Hdt. III 19)
Sergio Ribichini, Altari di confine per il territorio di Cartagine
III – GRECIA
Luigi Gallo, La xenia tra Greci e non-greci
Gianluca Cuniberti, Tirannide, cittadini, ridistribuzione delle terre
Gabriella Vanotti, Cimone, il buon uso della ricchezza nella testimonianza di Plutarco e dei suoi testi di riferimento
Carmela Raccuia, Kome e polis in Tucidide
Elisabetta Bianco, Sofrone e la magia delle donne
Cinzia Bearzot, Il navarco Farace/Faracida e la politica occidentale di Sparta
Ugo Fantasia, Ambracia e l’Acarnania nel IV secolo a.C. (a proposito di un nuovo documento epigrafico)
Anna Maria Prestianni Giallombardo, Donne del potere e potere delle donne nella Macedonia del IV secolo a.C
Franca Landucci, I Testimonia di Filarco, storico del III sec. a.C.: riflessioni preliminari
Giuseppe Squillace, I doni della Fenice. Spezie d’Oriente e aromi locali nel Mediterraneo antico
Manuela Mari, Dare ordini e dialogare. Note sui documenti della cancelleria antigonide
IV – ROMA
Flavio Raviola, Strabone, la «guerra marsica» e la vittoria degli Italici
Lorenzo Braccesi, Una profezia interpolata? Nota a Dione LVII 18, 5
Rosalia Marino, Sul regno di Graziano fra tensioni ideologiche e propaganda politica
Antonio Zumbo, Un frammento epigrafico da Petelia con parte del Cursus Honorum di un senatore romano
V – FRA L’ANTICO E IL MODERNO
Benedetto Carroccio, La numismatica come scienza investigativa della storia
Eugenio Lanzillotta, Un nuovo racconto inedito di Gaetano De Sanctis
Angelo Russi, Theodor Mommsen, Julius Beloch e Hans Delbrück nel giudizio di Ulrich Kahrstedt in una lettera inedita a Gaetano De Sanctis del 1930
Stefania Mancuso, ‘A chi vendo la coppa di Nestore?’ Considerazioni sul riconoscimento del valore dell’antico oggi e sulla valorizzazione del patrimonio culturale – Indice dei nomi