BMCR 2020.01.03

Die Kunst der philosophischen Exegese bei den spätantiken Platon- und Aristoteles-Kommentatoren. Philosophie der Antike, Band 36

, Die Kunst der philosophischen Exegese bei den spätantiken Platon- und Aristoteles-Kommentatoren. Philosophie der Antike, Band 36. Berlin; Boston: De Gruyter, 2018. viii, 337. ISBN 9783110580648. ebook.

Indice
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Questo bel volume, curato con encomiabile acribia da Benedikt Strobel, raccoglie gli atti di una conferenza svoltasi a Treviri nel 2012. Gli autori, tutti affermati studiosi che da tempo si dedicano alla filosofia tardoantica, ci offrono dieci contributi intorno al tema generale del commento filosofico. Per il poco spazio potrò sottolineare soltanto alcuni dei pregi di questi saggi.

Dopo l’introduzione di Strobel, che riassume i vari contributi, George Karamanolis si chiede perché Porfirio decise di scrivere commenti filosofici ad Aristotele. La conclusione poco sorprendente cui perviene lo studioso è che secondo Porfirio ampie sezioni del corpus aristotelicum sono complementari rispetto a quanto si può leggere nei dialoghi di Platone. Porfirio era infatti un platonico, che scrisse commenti ad Aristotele, inaugurando una nuova stagione nella filosofia neoplatonica:1 fu l’autore di due commenti alle Categorie, di un commento ai primi quattro libri della Fisica, di un commento al De Interpretatione e probabilmente di un commento agli Analitici Secondi (p. 13). Karamanolis si chiede perché mai Porfirio avrebbe scritto commenti tanto estesi ad Aristotele, nell’ipotesi che non ne condividesse le idee. Confesso di non avere obiezioni circa le conclusioni alle quali Karamanolis perviene, ma alcuni degli argomenti per derivare tali conclusioni mi lasciano perplesso. Karamanolis osserva correttamente come Porfirio faccia espliciti accostamenti con Platone nell’ Isagoge (opera ‘aristotelica’) ed esponga dottrine personali (ossia ‘platoniche’) nei commenti ad Aristotele. Karamanolis ci ricorda poi che Porfirio fu l’autore di commenti al Cratilo e al Sofista (pp. 26-7). Questi commenti sono purtroppo perduti, ma Karamanolis coglie una eco del commento al Sofista in un trattatello di Boezio, il De divisione, in cui il commento porfiriano al dialogo platonico è citato nelle battute di apertura. Karamanolis isola una serie di passaggi del trattato boeziano (cfr. p. 27 n. 45 e n. 48) che sarebbero sorprendentemente simili a brani dell’ Isagoge. Lo studioso ne conclude che sia nel commento al Sofista sia in opere di ispirazione “aristotelica” (come, presumo, l’ Isagoge) Porfirio avrebbe sostenuto tesi analoghe. E questo proverebbe l’assunto che Karamanolis intendeva dimostrare. Al lettore non sarà sfuggito che lo stringatissimo trattatello di Boezio non cita nessuna fonte per le varie dottrine avanzate. E se anche una eco porfiriana si può cogliere, non si vede perché mai Boezio non dovesse lasciarsi ispirare proprio dall’ Isagoge piuttosto che dal perduto commento di Porfirio al Sofista.

Matthias Perkams si interroga sullo statuto della metafisica come scienza deduttiva in Giamblico e Siriano. Siriano fu influenzato da Giamblico e nel suo contributo Perkams compie una operazione ‘archeologica’ molto raffinata (cf. pp. 49-53). Di Giamblico si considera in particolare il Protrettico e le ampie citazioni dal trattato dello pseudo-pitagorico Archita,2 il quale sottolinea che la metafisica è saggezza che consiste nella conoscenza delle cause degli enti. È molto probabile, osserva Perkams, che tale impostazione sia ultimamente debitrice nei confronti di Alessandro. È significativo che Siriano, il quale compose il suo commento ai libri B, G, M e N della Metafisica all’incirca un secolo dopo Giamblico, sottolinei che l’oggetto della scienza metafisica è l’ente in quanto ente, ma l’ente in senso proprio altro non è che l’Ente assoluto da cui tutti gli enti promanano (cfr. Syrian. In Met. 45, 29-31, citato a p. 61).

Pantelis Golitsis aveva già scritto un volume importante sulla prassi esegetica di Simplicio,3 e in questo contributo torna sulla differente attitudine rispetto alla armonizzazione delle filosofie di Platone e di Aristotele nel periodo tardoantico. Dopo aver sottolineato che Aristotele secondo Siriano introduce talvolta ipotesi estranee e ciò spiega (agli occhi del commentatore neoplatonico) in che modo lo Stagirita giunga ad opporsi a Platone, Golitsis sottolinea che, secondo quel che riporta Asclepio di Tralle, Ammonio introdusse l’idea che Aristotele criticava dei suoi predecessori una ‘lettura superficiale’. Questa strategia interpretativa diventa cruciale in Simplicio che se ne serve per mostrare l’unità di fondo della eredità ellenica antica, in opposizione ai dibattiti vivaci ma inconcludenti dei filosofi cronologicamente più vicini a Simplicio stesso.

Marc-Antoine Gavray affronta il problema della eternità del mondo e della difficile armonizzazione delle opinioni di Platone e di Aristotele intorno a questo punto. Si sofferma in particolare su Simplicio e per meglio cogliere l’originalità di questo autore – originalità che spesso sfugge ai lettori che in questo commentatore trovano al più preziose indicazioni sui suoi predecessori – fa un paragone con il commento di Proclo al Timeo sul medesimo argomento. Sia Proclo che Simplicio credono che il mondo sia eterno. Proclo non si astiene però dal criticare Aristotele per l’uso del verbo ‘essere’ per descrivere l’eternità dei cieli, mentre Simplicio osserva che Aristotele usa il linguaggio ordinario in questo contesto (cfr. Simpl. In De cael. 301, 8-12 Heiberg, citato a p. 121): l’indicazione è preziosa e mi chiedo se anche altrove Simplicio presenti Aristotele come un filosofo del linguaggio ordinario.4

Michael Griffin guarda alla pratica del commento in un modo nuovo, osservando che la lettura di un testo classico secondo Simplicio provoca l’affinamento delle concezioni del lettore. Tali concetti sono sottoposti a una purificazione nel dialogo con un maestro e con un testo autorevole e questo spiega la passione pedagogica di Simplicio per l’interezza della eredità filosofica ellenica. I pensieri sono inizialmente confusi per il nostro contatto con la materia. Studiando Platone e Aristotele ci distacchiamo dal mondo di quaggiù ed eleviamo i nostri pensieri al mondo intelligibile. Griffin sottolinea anche la attitudine meno deferente di Simplicio verso gli altri commentatori che lo hanno preceduto.

Han Baltussen torna sulla strategia del commento simpliciano, tema al quale aveva già dedicato un volume.5 Baltussen descrive dettagliatamente il metodo di Simplicio, mettendo in rilievo l’attenzione filologica ai lemmi, le frequenti citazioni e il desiderio del filosofo di proporre una summa del pensiero greco.

Carlos Steel analizza il celebre adagio aristotelico secondo cui l’anima non pensa senza un phantasma – filosofema che aveva condotto Alessandro a sostenere che non esista un intelletto umano separato dal corpo e dal senso. Steel passa in rassegna il commento di Ammonio (preservato da Filopono e giunto a noi in greco per i primi due libri, mentre frammenti del libro III sono pervenuti nella traduzione latina di Moerbeke), il commento di Filopono stesso (estratti del quale sono preservati in greco nel trattato Sull’anima del bizantino Sofonia) e il commento di Prisciano (pseudo-Simplicio). In appendice Steel propone una propria retroversione greca del De intellectu (61.65-63.36; 116.66-88; 118.20-119.57 Bruns), ossia della versione di Moerbeke di frammenti del libro III del commento di Ammonio riportato da Filopono. Steel ha anche scoperto nel ms. Laur. 87.20 scolî del commento di Filopono al De anima e li ha in parte usati per la propria retroversione. Gli scolî sono stati pubblicati in C. Steel, Newly Discovered Scolia from Philoponus’ Lost Commentary on De Anima III, Recherches de Théologie et Philosophie médiévale 84, 2017, pp. 223-243. È molto affascinante trovare riscontri per la propria retroversione in uno scolio antico: Steel non poteva trovare migliore conferma della validità della sua retroversione.

Andreas Schwab offre una analisi testuale dei commenti di pseudo-Simplicio (Prisciano Lidio?) e di Giovanni Filopono a due passi del De anima nei quali Aristotele menziona Talete (403 b24-31 e 411 a7-8). Schwab conclude che entrambi i commentatori si confrontano in modo critico con la teologia di Talete, cercando di capire se essa è compatibile con il monoteismo.

Molto bello il contributo di Michael Schramm che studia l’intricata questione della fusione, proposta dai commentatori, della logica dialettica (ossia della logica “platonica”) con la sillogistica aristotelica. Lo studioso sottolinea il tentativo dei commentatori di subordinare la sillogistica alla logica diairetica e si sofferma in particolare sulla questione del ruolo della logica (strumento o parte della filosofia), che aveva attirato l’attenzione dei commentatori antichi. 6 Schramm fa una osservazione acuta: anche la logica diairetica può essere considerata come ‘strumento’, ma la dimostrazione ha sempre un contenuto.

Cristoph Helmig prende in esame l’ultimo commento neoplatonico greco alle Categorie di cui si abbia notizia, quello attribuito da Adolf Busse, che ne curò l’edizione della serie dei Commentaria in Aristotelem Graeca, ad Elia (di cui possediamo anche un commento all’ Isagoge), laddove i manoscritti lo tramandano sotto il nome di David. Il contributo di Helmig avanza prudentemente l’ipotesi che il commento in questione sia appunto da attribuire a David, autore di una Introduzione alla filosofia e di un commento all’ Isagoge.7 David ed Elia sono poco più che nomi per noi (C. Wildberg ha perfino proposto che gli autori pagani dei testi attribuiti a David ed Elia si chiamassero diversamente, poiché David ed Elia sono nomi tipicamente cristiani). Busse aveva avanzato numerosi argomenti per sostenere (1) che il commento da lui edito non potesse essere attribuito a David e (2) che dovesse essere attribuito ad Elia. Helmig nel suo contributo si limita ad osservare che David potrebbe essersi espresso diversamente nel commento alle Categorie e in quello all’ Isagoge circa il compito dell’interprete ed eventuali incoerenze non sono necessariamente un indizio che la paternità dei due testi non è la stessa. Per corroborare l’ipotesi della attribuzione a David del commento alle Categorie, Helmig si sofferma sulla lettura di Aristotele che emerge nei due testi. A differenza di Elia, che pare accostare Platone ad Aristotele in modo schematico, opponendo i due filosofi agli Stoici sul tema degli universali, David differenzia le loro rispettive posizioni, come fa pure il commento alle Categorie che la tradizione manoscritta attribuisce a David. Ammetto di trovare l’argomento di Helmig assai persuasivo.

Il volume si conclude con un indice dei passi citati (pp. 315-29) ed un Index rerum (pp. 332-7). Strobel ha riunito saggi di grande qualità con perizia certosina (non ho trovato alcun errore tipografico): la raccolta sarà indubbiamente utile agli studiosi del pensiero tardoantico.

Indice

Benedikt Strobel, “Einleitung” (pp. 1-8)
George Karamanolis, “Why Did Porphyry Write Aristotelian Commentaries?” (pp. 9-43)
Matthias Perkams, “Apodeiktische Weisheit. Metaphysik als Seinswissenschaft nach den Neuplatonikern Jamblich und Syrian” (pp. 45-65)
Pantelis Golitsis, “Simplicius, Syrianus and the Harmony of Ancient Philosophers” (pp. 69-99)
Marc-Antoine Gavray, “Reconciling Plato’s and Aristotle’s Cosmologies. Attemps at Harmonization in Simplicius” (pp. 101-25)
Michael Griffin, “‘Language Converts ψυχή’: Reflections on Commentary in Late Ancient Philosophical Research and Education” (pp. 127-57)
Han Baltussen, “Simplicius and the Commentator’s Task: Clarifying Exegeses and Exegetical Techniques” (pp. 159-83)
Carlos Steel, “’The Soul Never Thinks without a Phantasm’: How Platonic Commentators Interpret a Controversial Aristotelian Thesis” (pp. 185-223)
Andreas Schwab, “From Soul to God? Aristotle and his Commentators on Thales’ Doctrine of the Soul” (pp. 225-46)
Michael Schramm, “Aristotelische Syllogistik und platonische Dialektik: Das Logik-Konzept der alexandrinischen Aristoteles-Kommentatoren” (pp. 247-75)
Christoph Helmig, “Die jeweiligen Eigenheiten der Neuplatoniker David und Elias und die umstrittene Autorschaft des Kommentars zur Kategorienschrift” (pp. 276-313)

Notes

1. Karamanolis aveva sottolineato questo aspetto in G. Karamanolis, Porphyry: The First Platonist Commentator on Aristotle, in P. Adamson – H. Baltussen – M. W. F. Stone (a cura di), Philosophy, Science and Exegesis in Greek, Arabic and Latin Commentaries, vol. 1, Supplement to the Bulletin of the Institute of Classical Studies, London, 2004, pp. 97-120.

2. Alle acute osservazioni di Perkams occorre accostare ora anche quanto scrive A. Ulacco in Pseudopythagorica Dorica. I trattati di argomento metafisico, logico ed epistemologico attribuiti ad Archita e a Brotino. Introduzione, traduzione, commento, Berlin, De Gruyter (Reihe Philosophie der Antike 41), 2017.

3. P. Golitsis, Les Commentaires de Simplicius et de Jean Philopon à la Physique d’Aristote, Berlin-New York, de Gruyter, 2008.

4. Su Aristotele filosofo del linguaggio ordinario si veda anche D. Zucca, Essere, linguaggio, discorso. Aristotele filosofo dell’ordinario, Milano, Mimesis, 2006.

5. Si veda H. Baltussen, Philosophy and Exegesis in Simplicius. The Methodology of a Commentator, Londra, Duckworth, 2008.

6. Segnalo una piccola omissione bibliografica: M. Correia, Philoponus on the Nature of Logic, Apeiron, 2004 (37/3), pp. 247-58.

7. Numerosi altri testi preservati in armeno sono attribuiti a David, ma non è chiaro se si tratti della stessa persona alla quale sono attribuiti i commenti giunti in greco.