Il volume inaugura la serie dedicata alla pubblicazione integrale dei Taccuini di scavo di Paolo Orsi, acquistati dallo Stato italiano nel 1962 e consegnati nel 1964 al Museo Archeologico Nazionale di Siracusa..
Avviando il piano editoriale complessivo, che prevede l’edizione dei 150 Taccuini con riproduzione anastatica degli originali e trascrizione, il 75° volume dei MAL accoglie i primi quattro, relativi agli anni 1888-1889 (aprile 1888-primo semestre 1889).
Da tempo si attende di poter usufruire dell’intero corpus dei Taccuini orsiani: giusta dunque la scelta di rinunciare ad un’edizione commentata, che avrebbe dilatato i tempi, mettendo a rischio la fattibilità dell’impresa. L’onere del commento è affidato a chi utilizzerà questo e i successivi volumi del corpus per sviluppare nuove ricerche (cfr. p. VIII); solo utili «indici commentati» (p. XIII) sono anteposti alla trascrizione di ciascun Taccuino.
Nell’”Introduzione” (pp. IX-XVIII) Gioconda Lamagna ripercorre le lunghe vicende ereditarie dei Taccuini, ceduti in forma onerosa dagli eredi solo nel 1962(Paolo Orsi muore nel 1935).
Segue una dettagliata descrizione formale dei supporti — quadernetti tascabili di carta a quadretti, in cui l’archeologo roveretano registrò quasi ogni giorno appunti di varia natura, «dettagliati giornali di scavo, rapporti di sopralluogo, ispezioni a monumenti» (p. XIII) insieme a note personali e di vita quotidiana, secondo lo stile consono a un uomo introverso e tendente alla solitudine quale Orsi fu. Brevi le note sulla calligrafia e sugli strumenti scrittòrii, matita o china nera con cui sono vergati i testi e i disegni, non tutti di sua mano, perché spesso si riconoscono mani diverse di collaboratori, tra cui si distinguerà per abilità grafica quella di Rosario Carta (non ancora presente nei quattro Taccuini raccolti nel volume).
L’”Introduzione” continua con le sintesi dei contenuti dei quattro Taccuini oggetto del volume. Del contenuto del n. 1 (1888) — redatto principalmente a Firenze durante l’incarico ricoperto da Orsi alla Biblioteca Nazionale (1885-1888) e fitto di appunti bibliografici di vario tema — si mette giustamente in evidenza l’interesse per alcune «Urne dipinte di Creta» (Orsi, Taccuino n. 1, 35 a p. 14), collegandolo alla pubblicazione delle Antichità dell’antro di Zeus Ideo (1888) a firma congiunta con Federico Halbherr: significativamente Halbherr è presente in questo Taccuino in due foto, insieme ad Orsi stesso ed al maestro Domenico Comparetti, che aveva promosso quelle ricerche cretesi. Il Taccuino n. 1 documenta inoltre l’arrivo di Paolo Orsi, come Ispettore degli Scavi del Regno, al Museo Archeologico di Siracusa, dove la prima attenzione è rivolta a materiali epigrafici, elencati con corredo di accurati apografi.1 Giusto rilievo è dato alla nota relativa a Megara Hyblaea (Orsi, Taccuino n. 1, 72 a p. 19), la prima dedicata da Orsi al sito che lo vedrà intensamente impegnato dall’anno successivo (1889).
Riguardo al Taccuino n. 2, che registra un’attività divenuta ormai totalmente siciliana, si fornisce un quadro sintetico ma esaustivo di tre mesi d’intenso impegno di Orsi sia nel Museo che nel territorio siracusano e ragusano: dove egli rivolge l’attenzione non solo a contesti preistorici più consoni alla sua formazione, ma anche a insediamenti coloniali greci (Akrai) e a siti paleocristiani, nonché a problemi come lo stato di conservazione dell’Annunciazione di Antonello da Messina. Megara Hyblaea, tuttavia, è il punto focale del manoscritto, come ben sottolinea Gioconda Lamagna: aggiungerei che quel momento, seppur di breve durata,2 fu «il vero punto di partenza delle ricerche a Megara Hyblaea» (George Vallet, in BTCG, IX, s.v., p. 519).
I resoconti delle prime indagini nella colonia occupano la maggior parte delle pagine del Taccuino n. 3, in cui si trova anche «il preludio di una delle più memorabili imprese di Orsi in ambito ‘preellenico’» (p. XVII), quella condotta a Pantalica negli anni successivi. E ancora Megara Hyblaea è protagonista nel Taccuino n. 4, che nel contempo accoglie appunti di vario genere e resoconti di attività di sopralluogo in altri siti, tra i quali si distinguono le necropoli preelleniche di Cassibile e di Cozzo del Pantano, segnali evidenti del legame ancora forte di Orsi con i suoi originari interessi di ricerca.
Concludono l’”Introduzione” alcuni cenni di sintesi (pp. XVII-XVIII), forse troppo brevi e generici per trattare della figura di ‘Orsi archeologo’ sotto gli aspetti molteplici che la caratterizzarono, a partire dal metodo, che è certo riduttivo definire «personalissimo» (p. XVII). Un metodo, come giustamente sottolineato, che comprende tra i suoi elementi essenziali anche quello della conservazione e dell’esposizione, che a Siracusa trovò espressione somma nel riordino del Museo Nazionale Archeologico — contenitore di collezioni, come di norma – secondo ‘percorsi’ topografici e cronologici.
Molto utile l’”Appendice” (pp. XIX-XXIV) che contiene «la trascrizione integrale delle pagine dell’Inventario della Soprintendenza alle Antichità di Siracusa con l’elenco dei taccuini acquisiti nel 1964» (p. XIX), con segnalazione in nota degli errori e delle definizioni approssimative di taluni contesti e di varie attività svolte da Orsi.
Giuseppina Monterosso ( Sui Taccuini di Paolo Orsi: letture nel corso del tempo, pp. XXV-XXVIII) offre un buon contributo relativo alla «conoscenza nel corso del tempo» dei Taccuini di Paolo Orsi. L’A. traccia, con accurata bibliografia, un quadro soddisfacente dei lavori che in vario modo hanno utilizzato i manoscritti orsiani, sia in modo selettivo a completamento di proprie ricerche, sia presentando singoli contesti con sistematiche trascrizioni commentate che comunque «non esauriscono l’intera testimonianza dell’attività orsiana in quella località» (p. XXVII). Nella sintesi tracciata, giusto rilievo è dato ai contributi di Paola Pelagatti, profonda conoscitrice dei Taccuini di Orsi, a Siracusa dal 1961 con vari incarichi fino a quello di Soprintendente (fino al 1979). Assente dalla rassegna la citazione del contributo di Maria Teresa Iannelli relativo ai Taccuini nn. 86 e 88, contenenti i resoconti delle campagne di scavo del 1912 a Kaulonia (Monasterace Marina).3
A questi brevi saggi introduttivi fanno seguito le Parti I e II, che costituiscono il corpo del volume, occupandone rispettivamente le pp. 1-118 e 119-271.
Nella Parte I sono accolte le trascrizioni dei testi dei primi quattro Taccuini, all’inizio delle quali si premette ogni volta un utile sommario dei contenuti, suddiviso secondo la successione tematica presente nelle pagine originarie, indicate per ogni occorrenza. Motivi meramente editoriali, in particolare di formato pagina, hanno fatto rinunciare ad un impaginato di più agile consultazione, con corrispondenza diretta tra trascrizioni e riproduzioni delle pagine originali, che sono dunque tutte raccolte in successione nella Parte II. Le trascrizioni sono accurate, corrette e aderenti al manoscritto; non condivisibile è solo la scelta di non rispettare l’impaginato originario del singolo Taccuino.
Nella Parte II, ogni pagina accoglie due immagini, ciascuna con coppie di pagine di taccuino; la scelta di un tono cromatico a scala di grigi uniforme per tutte le riproduzioni non sempre risulta felice ai fini della lettura, facilitata invece dalla carta opaca.
Sarebbe stato utile indicare sistematicamente al lettore, fin dall’”Introduzione”, almeno i riferimenti bibliografici esatti delle pubblicazioni relative alle prime indagini condotte in Sicilia — con rimandi ad ogni occorrenza nei quattro Taccuini -, non limitandosi a isolati riferimenti ed evitando così di delegare tutto alle “Abbreviazioni Bibliografiche” (pp. 273-274) o alla bibliografia citata nelle note del contributo di Giuseppina Monterosso.
Non resta, in conclusione, che plaudire alla pubblicazione di questo volume, che apre la strada a un’edizione sistematica dei Taccuini di Paolo Orsi, tanto attesa. Mi auguro che, grazie a una «dura disciplina» e ad un «lavoro tenace» di orsiana memoria,4 si possa apprezzare a breve la ‘continuazione della storia’ e poi anche la fine di questa coraggiosa impresa.
Notes
1. L’incontro con il Direttore Francesco Saverio Cavallari e col personale del Museo è documentato solo da un secco elenco di nomi e relative retribuzioni (Orsi, Taccuino n. 1, 39 a p. 15): un segnale dei rapporti non distesi tra i due?
2. Dopo le prime indagini (1889-1893) nella necropoli, nell’edificio a colonne e alle mura, Orsi abbandona Megara Hyblaea, dove riprenderà le indagini solo nel 1917 (cfr. G. Vallet, in BTCG, IX, s.v., p. 519).
3. M.T. Iannelli, “Le campagne di scavo al tempio dorico di Caulonia attraverso i taccuini nn. 86 e 88 di Paolo Orsi e gli atti d’archivio della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Calabria”, in: Parra M.C. (ed.), Kaulonía, Caulonia, Stilida (e oltre). Contributi storici, archeologici e topografici, I (Quaderni ASNP, 11-12), Pisa 2001, pp. 163-218 (Taccuino 86: pp. 165-208, figg. 49-140; Taccuino 88: pp. 209-214, figg. 141-153). Il dossier dei Taccuini kauloniati pubblicato dalla Iannelli non è integrale (cfr. nota 3, p. 214).
4. A proposito di queste emblematiche espressioni — di Umberto Zanotti Bianco e di Domenico Ridola — ed il relativo quadro di riferimento, vd. M. Paoletti, “Paolo Orsi: la “dura disciplina” e il “lavoro tenace” di un grande archeologo del Novecento”, in Settis S. and Parra M. C. (eds.), Magna Graecia. Archeologia di un sapere. Catalogo della Mostra (Catanzaro, 19 giugno-31 ottobre 2005), Milano 2005, pp. 192-197.