Il volume a cura di Rachel Opitz, Marcello Mogetta, e Nicola Terrenato, con contributi di Tyler Duane Johnson, Antonio F. Ferrandes, Laura Banducci, Francesca Alhaique, Laura Motta, Shannon Ness, Jason Farr, Samantha Lash, and Matthew Naglak, è un interessante esperimento di edizione digitale; sino a settembre 2018 è garantita la consultazione del testo e di tutto l’apparato ad esso associato in modo gratuito, mentre sarà a pagamento dopo questa data.
La pubblicazione digitale consente una facile navigazione all’interno del testo grazie all’uso di tag preimpostati ed un campo di ricerca, che facilitano l’accesso alle risorse aggiuntive messe a disposizione del lettore: database (composto da 4231 records, suddivisi in unità stratigrafiche, reperti speciali e reperti funzionali ad una datazione spot dello strato), 3d model e media (costituiti da 117 oggetti, suddivisi in immagini e tabelle, presenti all’interno del testo).
La parte principale del volume è costituita dal testo strutturato in quattro principali sezioni (Introduction, The story of the house, More ed infine Details), a cui segue una breve sezione definita Apologia, la bibliografia ed i ringraziamenti.
Il volume è dedicato ad uno degli edifici indagati nell’ambito del Gabii Project dell’University of Michigan, iniziato nel 2007, con indagini stratigrafiche a partire dal 2009. Il progetto dell’University of Michigan è durato dal 2007 al 2015, con un’estesa indagine della fascia centrale della città. L’edizione dell’edificio è il primo tassello di un più ampio progetto di pubblicazione delle ricerche sul sito di Gabii ed interessa una casa di età medio-repubblicana, inglobata, nelle fasi successive, in un edificio pubblico e, quindi, trasformata, dopo l’abbandono, in una discarica.
Il progetto di interpretazione dei dati si basa sul concetto di raggruppamento delle evidenze per attività, individuando gruppi di attività sulla base di azioni di costruzione, rinnovamento, gestione delle acque, abitazione, trasformazione, scarichi durante la frequentazione dell’area ed abbandono definitivo. Una rapida illustrazione dei concetti alla base della definizione delle singole attività è fornita dagli autori; permane una difficoltà nel comprendere differenze di attribuzione tra attività che potrebbero essere tra di loro assimilabili o di non chiara funzione. Per superare barriere troppo nette si adotta un sistema di attribuzione delle attività flessibile, tale da consentire la stessa azione a due distinte attività: in tal modo il concetto di attività si riduce ad una semplice parola chiave a cui riferire singole azioni per una più semplice ed immediata associazione e gestione dei dati.
La pubblicazione è strutturata in maniera tale che si possa passare, attraverso l’uso anche di un modello 3d dello scavo, tra diversi livelli di approfondimento, sino a giungere, in linea teorica, all’analisi dei singoli dati che hanno consentito agli autori di scrivere le sintesi, che costituiscono il livello 1.
La prima parte del lavoro è dedicata ad una sintetica illustrazione del sito di Gabii, anche attraverso le fonti storiche ed alla storia della ricerca archeologica nel sito, su cui ha a lungo operato un team spagnolo. Un’interessante parte del volume è dedicata alla descrizione dei metodi di indagine, dalla gestione informatizzata dell’ingente mole di dati stratigrafici, ai dati spaziali, archeobotanici, zooarcheologici, fino all’analisi dei reperti. In particolare, un paragrafo è dedicato al sistema di definizione della datazione di uno strato, che è stato oggetto di riflessioni e rifiniture nel corso delle indagini, basate anche sulla differente quantità dei reperti rinvenuti in ogni singola fase edilizia.
La seconda – e più consistente – sezione è dedicata alla descrizione delle fasi edilizie individuate, senza tralasciare le evidenze più antiche su cui si è impiantata l’abitazione. Un paragrafo è dedicato alle relazioni tra l’architettura domestica di Gabii ed altri centri, contemporanei, dell’Italia centrale, senza tuttavia tralasciare agganci cronologici con la realtà pompeiana. Un secondo paragrafo di sintesi è dedicato ai reperti significativi, a cui segue un paragrafo di conclusioni.
La terza parte della pubblicazione è dedicata all’illustrazione degli elementi che hanno consentito la stesura delle due precedenti parti, definiti details (unità stratigrafiche significative, materiali costruttivi, reperti archeobotanici, reperti faunistici, ceramica, reperti speciali, small finds e monete). Anche in questo caso utilissimo appare il sistema dei tags, che consentono al lettore di visualizzare dati testuali e media relativi ad ogni singola unità stratigrafica citata nel testo.
All’interno di questa parte un capitolo è dedicato ai resti faunistici, illustrati sia attraverso tabelle e grafici strutturate sulla base delle fasi individuate sia con una riflessione di sintesi sulle attestazioni delle differenti specie all’interno del contesto indagato. A questa parte segue, con analogo sistema, l’edizione della ceramica e dei reperti significativi, nonché delle monete che sono state rinvenute all’interno dello scavo.
L’edizione dei reperti ceramici – a cui sono dedicate numerose pagine del volume – è effettuata solo attraverso una sintesi delle attestazioni in ogni fase, accompagnata da tabelle riepilogative per classe e/o grafici; solo in alcuni casi sono pubblicate tavole con disegni ricostruttivi dei principali tipi attestati. Nell’intero volume, a fronte di ca. 14000 reperti trattati, vengono presentati i disegni di soli 40 oggetti racchiusi in 6 tavole. Purtroppo, non risulta d’aiuto il database, che, pur presentando una scheda per tutti i reperti funzionali ad una datazione spot, non è completato dal disegno – o dalla foto – del reperto stesso. Tale enorme mole dei dati, quindi, non è realmente fruibile per il lettore, che, di fatto, non può approfondire completamente l’analisi dei contesti presentati nella sintesi e, soprattutto, utilizzare la banca dati – basata su dati stratigrafici – per comparanda con altri contesti, così come è stato effettuato dagli autori del volume. Per quanto riguarda infine l’edizione dei reperti appare carente il repertorio bibliografico di riferimento per le singole classi; a titolo di esempio il volume di riferimento per le ceramiche comuni è quello di Bertoldi ( Ceramiche comuni dal suburbio di Roma, Roma 2011), mentre non si utilizzano i lavori della Olcese ( Le ceramiche comuni a Roma e in area romana (III secolo a.C.-I-II secolo d.C.). Produzione, circolazione, tecnologia, Mantova 2003 o Ceramiche da contesti repubblicani del territorio di Ostia, Roma 2016). Analogamente per le ceramiche megaresi non è citato il lavoro della Puppo ( Le coppe megaresi in Italia, Roma 1995) e – tralasciando le produzioni vesuviane – per le ceramiche a vernice rossa interna i lavori di Maria Cristina Leotta sulle produzioni tiberine. Infine, sempre per fare esempi sparsi, non sono presenti riferimenti ai lavori della Olcese ( Le anfore greco italiche di Ischia: archeologia e archeometria. Artigianato ed economia nel Golfo di Napoli, Roma 2010) e della Pugliese ( Anfore greco-italiche neapolitane (IV-III secolo a.C.), Roma 2014) sulle produzioni di anfore greco-italiche di area neapolitana, pur riconoscendone alcuni reperti, utilizzati per un’individuazione della datazione della fase.
Uno degli aspetti più innovativi del volume è il tentativo di rendere fruibile l’intera documentazione che ha consentito la stesura del testo in digitale; tale sistema, come detto prima, dovrebbe fornire al lettore tutti gli strumenti non solo per analizzare i dati, ma per verificarne l’uso fatto. Tuttavia la documentazione a corredo, almeno per i reperti ceramici, appare non esaustiva, cosa che rende meno funzionale il prodotto. Altro aspetto poco chiaro è la differenza tra l’edizione attualmente ad accesso gratuito – oggetto di questa recensione – e quella disponibile a pagamento, al momento alternativa alla prima, ma unica disponibile a partire da giugno 2018.