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Lo spazio accordato da Orazio al discorso di sé, al racconto di sé nella dimensione privata dell’esistenza è soltanto il punto di partenza (poco più di un pretesto) per seguire lo sviluppo del tema del “vivere per sé” in scrittori e poeti europei, prevalentemente francesi, dell’età moderna: il secolo oggetto di maggiori attenzioni è il XVI. Il volume si pone nel solco, dichiarato, di un’opera assai simile nella struttura, uscita nel 2006 e curata da Perrine Galand-Hallyn e Carlos Lévy.1 Ma in quella raccolta di saggi il rapporto tra età antica ed era moderna appariva, per lo meno sotto il profilo del numero dei saggi, più bilanciato e simmetrico, mentre in questo caso i saggi oraziani occupano soltanto le prime novanta pagine e le successive, circa trecentocinquanta, sono dedicate alla fortuna in età moderna della maschera oraziana come modello di scelta di vita orientata verso la sfera privata, estranea al mondo della politica e della cura degli affari pubblici.
Risalta, dunque, un certo squilibrio tra le premesse antiche e la fortuna del tema in epoche successive, uno squilibrio che sembra ridurre la parte relativa alle opere di Orazio a poco più di una rincorsa per affrontare il suo sviluppo in altre età.
La breve parte dedicata a Orazio prende le mosse dal saggio di Marie Ledentu intitolato a “Horace et le discours autobiographique” (pp. 15-30). Anche se troppo sintetico in relazione ai temi trattati e alla relativa bibliografia critica, il saggio è una incisiva messa a punto sul tema dell’irruzione della vita privata nella letteratura latina di età repubblicana e augustea, con attenzione alle dinamiche tra generi letterari (particolarmente appropriato risulta il riferimento all’elegia properziana) che riguardano la stessa opera oraziana: lo spazio del privato pare emergere con più evidenza nelle Satire che nelle Odi. Il tentativo di ancorare questo tema alle dinamiche storiche e politiche si fonda in particolare su riferimenti a opere come la Vita di Attico di Nepote e sarebbe risultato sicuramente più efficace se si fossero incluse nello sviluppo dell’argomentazione e nella bibliografia del volume le riflessioni di Mario Labate ed Emanuele Narducci sulla Vita di Attico 2 antiche ormai di quasi quarant’anni, poi ulteriormente sviluppate dal solo Narducci nei suoi studi ciceroniani almeno fino al 2010 (anche questi non presenti neanche nella bibliografia del volume).
L’Orazio delle Odi e degli Epodi è poco presente nei saggi di ambito classico della raccolta, mentre maggiore attenzione è dedicata alle Satire e alle Epistole. Non sfugge, tuttavia, ai contributori come l’io oraziano assuma una maschera letteraria in funzione dei generi in cui figura e come, pertanto, la maschera autobiografica delle poesie liriche sia ben diversa da quella dei testi satirici. La letterarietà di entrambe le rappresentazioni dell’io poetico è sottolineata da Alain Deremetz alle pp. 31-42, dedicate all’ Horatius personatus.
Tocca a Mario Citroni sottolineare la novità in questo senso delle Epistole, che lo studioso presenta come uno sviluppo originale e autonomo, autenticamente oraziano, dello spazio letterario dedicato al discorso su di sé: nelle Epistole Orazio inventa una nuova dimensione autobiografica in cui la dimensione morale e spirituale si esprime proprio attraverso la limitazione dei dettagli privati di natura materiale (p.76), attenuando, vale a dire, i riferimenti a quella che Guy Debord considerava una “clandestinité de la vie privée sur laquelle on ne possède jamais que des documents dérisoires”.3 Solo le Epistole, dunque, sembrano spezzare l’assedio della circolarità letteraria, che impedisce di riconoscere all’io poetico oraziano un autentico spessore autobiografico.
Il contributo di confine tra le due parti del volume (l’ultimo della breve serie di interventi di latinisti), opera di Bénédicte Delignon, riassume il senso complessivo della prima parte del libro, sottolineando come la sfera del privato in Orazio non vada intesa, anacronisticamente, come la rivendicazione di uno spazio interiore e segreto, ma come l’espressione di una dialettica tra il tempo dell’ otium e quello del negotium : Orazio non è insomma un uomo isolato o che aspiri a vivere lontano dal mondo secolare, cui egli appartiene pienamente anche in forza delle sue relazioni sociali. L’equivoco di un’esasperazione delle sue posizioni riposa sulle spalle dei poeti del XVI secolo che ne hanno fatto un eroe del rifiuto della vita pubblica e dei loro impegni.
La seconda parte del volume, dedicata proprio a quella forzatura storiografico-letteraria operata in età rinascimentale da cui il saggio di Delignon invita a guardarsi, è in sostanza una storia per capitoli della fortuna di Orazio come personaggio letterario e come modello etico nel XVI secolo.
Il primo dei saggi della seconda parte (dovuto a Clément Auger, pp. 91-107) tenta di ricostruire il significato di privatus nella parole oraziana confrontando le osservazioni di Cristoforo Landino con quelle di Porfirione e forse, nonostante l’incursione umanistica, sarebbe potuto figurare all’inizio della prima parte. Sorprende l’assenza tra i dizionari citati (il Forcellini e l’ Oxford Latin Dictionary) del Thesaurus linguae Latinae, il cui fascicolo contenente la voce privatus, curata da Klaus Kruse, è uscito nel 1998.
Solo pochi dei numerosi interventi di questa seconda, corposa, parte hanno presente il reale, ricostruito, orizzonte d’attesa della poesia oraziana, quello in parte stabilito nelle prime pagine del volume. È così, ad esempio, per il saggio di Alessandra Villa (l’unico dedicato a un autore italiano del XVI secolo) “L’Arioste qui voulait être Horace”, pp. 299-320, che delinea bene la collocazione ariostesca nella costellazione dei poeti satirici romani: “L’Arioste est un Juvénal (ou il se sent un Juvénal: humilié, indigneé, frustré) qui emprunte le masque d’Horace” (p. 310).
La maggior parte dei contributi è dedicata ad autori francesi del XVI secolo, molti dei quali impegnati nella scrittura di versi in lingua latina. Differente risulta il ruolo di Orazio come paradigma etico oltre che letterario in funzione del grado di impegno negli affari pubblici del poeta che ne riprende forme e temi poetici. Di particolare interesse si rilevano i saggi dedicati a Jean Salmon Macrin (Perrine Galland, pp. 109-122) e a Michel de l’Hospital (André Bayrou, pp. 143-163). In entrambi si affronta il problema del ruolo dell’Orazio poeta dello spazio privato dell’esistenza come autore di riferimento. Mentre per Jean Salmon Macrin il conflitto tra tempo privato e tempo pubblico della vita umana resta aperto e l’eredità oraziana è utilizzata proprio per l’amministrazione di questo conflitto e per la gestione della compresenza dei due livelli di vita, per Michel de l’Hospital Orazio è un punto di riferimento, ma lo spazio privato dell’esistenza non gode di sua propria autonomia: esso è funzionale alla riacquisizione di forze necessarie al lavoro di servitore dello stato, del bene comune. Messi a confronto tra loro, i due saggi mostrano come Orazio, al di là dell’adesione ai contenuti della sua scelta di vita, sia diventato un punto di riferimento letterario e anche etico per gli intellettuali francesi del XVI secolo.
Tra gli scrittori e i poeti prevale un’adesione piena e senza riserve al mondo oraziano, un’adesione in cui le riprese intertestuali comportano l’adozione dei contenuti, per così dire, morali: così è per Ronsard, di cui si sottolinea l’adesione al modello oraziano anche nella forma della modalità autoderisoria con cui il poeta parla di sé (Nicolas Lombart, pp. 183-201) e per Montaigne (di cui si occupa Michel Magnien, pp. 259-275): il nesso stesso di “arrière boutique” come spazio riservato alla propria vera identità e alla propria vita interiore è restituito da Montaigne a nuovo significato proprio in forza del modello oraziano.
Questa lunga storia della fortuna di Orazio nella poesia neo latina e non del XVI secolo, con riferimenti prevalenti alla cultura francese, riesce anche talvolta, come ogni storia della ricezione dovrebbe, a illuminare di nuovo senso la conoscenza del poeta latino: è così per l’analisi dei rapporti tra Mecenate e Orazio nel contributo di Magnien: qui si pone in luce come Montaigne cerchi proprio nel rapporto tra Orazio e Mecenate un modello di relazione con la società del suo tempo pur nel primato della tutela del suo spazio privato di vita. È così anche per il contributo di Pascal Debailly (pp. 243-257), che invita a trascurare le differenze di genere letterario e a guardare, con gli occhi di un lettore moderno, alla natura lirica della satira oraziana. Alla postura lirica del poeta anche quando scrive satire o epistole in versi. Negli altri casi si tratta di capitoli della fortuna di Orazio come poeta e soprattutto come modello etico in un’epoca cruciale per la costituzione di un aspetto importante della coscienza culturale europea.
Nell’insieme il volume, decisamente più orientato verso l’età moderna, tenta di far dialogare in maniera armonica i saggi della prima parte con quelli della seconda, che spesso sembrano riprenderne capitoli o espressioni. Contributi ispirati a questa linea di ricerca sono utili tanto alla conoscenza del poeta latino quanto alla storia della cultura letteraria europea, ma risulta ancora esiguo il dialogo tra i due momenti e solo in parte la sfida di mettere a confronto l’indagine filologica classica con la storia di un’altra età della letteratura europea può dirsi riuscita. Ma in magnis et voluisse sat est.
Authors and Titles
Introduzione, Line Cottegnies, Nathalie Dauvois, Bénédicte Delignon
Horace et le discours autobiographique: L’empreinte littéraire de l’histoire politique des années 40-30 av. J.-C., Marie Ledentu
Horatius personatus, Alain Deremetz
Rus in urbe : l’intimitè urbaine dans la poésie d’Horace, Emily Gowers
Images de la vie privée dans les Épîtres d’Horace: Ambiguïté d’un modèle éthique, Mario Citroni
Dîner avec Mécène: Vie privée et vie publique dans les Satires and dans les Odes, Bénèdicte Delignon
Privatus chez Horace et dans sa première réception, échos d’un mot, Clément Auger
Jean Salmon Macrin peintre de sa vie privée: De l’imitation d’Horace and d’autres à l’imprévisible découverte de soi, Perrine Galand
Modèle horatien et “privatisation” de la plainte funèbre entre 1530 et 1550: Autour de La Navire de Marguerite de Navarre, Jean Lecointe
La vie privée des serviteurs de l’État: Échos horatiens dans les épîtres de Michel de l’Hospital ( ca. 1506-1573), André Bayrou
Les Regrets et le sermo horatien: Une poésie de l’intime, Bruno Méniel
Formes et fonctions de l’autodérision chez Ronsard: Le modèle horatien, Nicolas Lombart
Du Fail, Horace et la vie privée, Marie-Claire Thomine-Bichard
Le style mêlé dans les Histoires tragiques de la fin du XVI e siècle: Boaistuau, Poissenot, Habanc, Belleforest, Bénédicte Boudou
Lyrisme satirique et sublime de l’intime chez Horace et ses disciples, Pascal Debailly
Horace, Montaigne, et l’”arrière boutique”, Michel Magnien
Le privé et l’intimité au XVII e siècle doivent-ils quelque chose à Horace?, Hélène Merlin-Kajman
L’Arioste qui voulait être Horace, Alessandra Villa
Imitation of Horace and the Construction of a Private Personality: A Case-Study Diego Hurtado de Mendoza’s Verse Epistles, Clara Marías Martínez
Du for privé et de sa publicité: Portraits horatiens de l’artiste dans les Satires de John Donne, Anne-Marie Miller-Blaise
Autour de la question des “communautés de lecteurs: Discours liminaire et amicitia horatienne chez Jonson et ses contemporains”, Marie-Alice Belle
Robert Herrick, un Horace anglais? La voix du poète dans Hesperides (1648), Line Cottegnies
Horatian Motifs in Andrew Marvell’s Poetry: Public Action and Private Retreat, Christopher de Warrenne Waller
Le Micro-cynicon de Thomas Middleton (1598): Un exercice d’ imitation trop réussi, Chantal Schütz
Notes
1. P. Galand Hallyn – C. Lévy, Vivre pour soi, vivre dans la cité de l’Antiquité à la Renaissance, (Paris, PUPS, 2006).
2. M. Labate-E.Narducci, Mobilità dei modelli etici e relativismo dei valori: il ‹personaggio di Attico, in A. Giardina–A.Schiavone (edd.), Società romana e produzione schiavistica III: Modelli etici, diritto e trasformazioni sociali, (Roma; Bari, Laterza, 1981), pp. 127-182.
3. G. Debord, Œvres cinématographiques complètes, 1952-1978, (Paris, Gallimard, 1994).