Questo denso e interessante libro di Zurli verte sulle possibilità e sui limiti della critica testuale, in particolare, sullo statuto epistemologico della congettura, cioè sulle sue condizioni di validità e sulla possibilità di accertarne l’attendibilità. L’Autore, forse per una scelta latamente ideologica (di orientamento tradizionalista, per così dire), non si pone esplicitamente nel solco dell’epistemologia e non ne utilizza il linguaggio specifico, ma di fatto ricorre al criterio metodologico fondamentale di questa scienza: il criterio di falsificabilità. Infatti, Zurli si propone di dimostrare i limiti della congettura, ossia il divario inevitabilmente esistente tra quest’ultima e la restituzione oggettiva del testo. La discussione non si svolge tuttavia sul piano teorico, ma procede per exempla e rimane costantemente ancorata ai testi, con metodo empirico, nel rispetto dell’esplicito proposito di non ricadere nella riflessione astratta.
Zurli propone quindi una serie di casi di interventi critico-testuali universalmente accettati, ma non per questo incontestabili—casi di cui si è già occupato in passato, insieme con qualche esempio nuovo. La fallibilità delle congetture è dimostrata con l’analisi delle singole questioni testuali e con la formulazione di proposte alternative, con la finalità non tanto di sostituire le soluzioni invalse precedentemente, quanto piuttosto di revocarle in discussione, anzi di metterle in crisi, cioè di problematizzare e relativizzare gli esiti del lavoro filologico. La consapevolezza dell’imperfezione strutturale, intrinseca, dell’attività emendatoria ne implica evidentemente la perfettibilità e richiama l’attenzione sulla necessità della verifica.
Nell’introduzione, significativamente intitolata “A pragmatical method” (9-25), Zurli dichiara lo scopo del volume e fissa le premesse metodologiche, assumendo una posizione equilibrata, equidistante dagli eccessi opposti del Korruptelenkult e della libido coniectandi. Il criterio paleografico è ridimensionato, nel solco di Haupt e Housman, ma ovviamente non rifiutato: al contrario, se ne riconosce l’imprescindibilità, di cui oggi la critica testuale (specialmente quella anglosassone) non sempre sembra avere contezza. È giustamente sottolineata l’importanza della recensio codicum, che dovrebbe perseguire l’esaustività (anche alla luce dell’inadeguatezza della collazione selettiva, per errori-guida): un’affermazione difficile da contestare sul piano teorico, ma talvolta ancora più difficile, se non impossibile, da mettere in pratica ( scil. in presenza di una tradizione manoscritta particolarmente cospicua).
Nei capitoli seguenti, Zurli si sofferma quindi su passi corrotti ed emendati di Ovidio (27-42), Persio (43-49), Seneca (51- 56), Petronio (57-59), dell’ Alcestis Barcinonesis (61-64), del Peruigilium Veneris (65-72), di Reposiano (73- 75), dei centoni virgiliani Europa (77-84) e De ecclesia (85-90), dei uersus serpentini di autore anonimo (91-97), nonché su diversi luoghi di Lussorio (99-118) e della silloge di epigrammi dell’ Anthologia Latina 90-197 Riese = 78-188 Shackleton Bailey = Vnius poetae sylloge, 1-110 Zurli (119-136). Per ciascuno di questi passi, Zurli rende conto del problema testuale e della congettura tradizionale, a cui egli oppone una soluzione alternativa: una sua proposta, oppure una lezione manoscritta già scartata, o ancora una correzione avanzata da altri, ma non degnata della giusta attenzione dalla critica e caduta nel dimenticatoio.
Qui non posso ripetere nemmeno in modo sintetico gli argomenti (in genere, convincenti) di Zurli. Mi limito perciò a segnalare alcuni casi che mi sembrano particolarmente interessanti: Seneca, Herc. Aet. 1721, dove Zurli riabilita la lezione manoscritta inermis vs la congettura eneruis, che gode del consenso unanime degli editori (51-54); Petronio, fr. 27 Müller = 38 Buecheler, v. 1, dove Zurli apporta una correzione estremamente economica e ben argomentata alla lezione manoscritta, argentes… umbras = urgentes… umbras vs la ricostruzione congetturale ardentes… horas (57-59); Peru. Ven. 46, dove Zurli difende la proposta di Cazzaniga, continenter, che a ben guardare si trova già in un ramo della tradizione manoscritta (65-72); Reposiano, De conc. 41, dove Zurli valorizza la lezione del Salmasiano lilia pendent vs la congettura di Baehrens mala relucent, palesemente antieconomica, eppure gratificata dal consensus editorum (73-75). A questi luoghi più o meno circoscritti bisogna aggiungere almeno la revisione complessiva dei passi di Europa 23-31 e De ecclesia 27-30 (78-90) e degli epigrammi di Lussorio 298 e 364 Riese = 293 e 359 Shackleton Bailey (102-118).
Il libro si chiude con una breve conclusione, che ribadisce il criterio da seguire nei confronti della congettura e, più in generale, nella prassi della critica testuale (137-139)—criterio che si potrebbe definire cartesianamente “dubbio metodico” e che consiste nel non riconoscere ad alcun intervento emendativo un valore assoluto, definitivo, mantenendo sempre aperta la discussione e non esitando a sottoporre a nuove verifiche anche le proposte di correzione più autorevoli e più apprezzate dalla critica. Vi sono poi un indice dei loci discussi (141) e un Index nominum rerumque notabilium, a cura di M. N. Iulietto (141-147). Si sente invece la mancanza di una bibliografia.