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La notevole curiosità che negli ultimi anni circonda la produzione letteraria di Giovenale, il noto poeta satirico latino, trova una nuova, significativa attestazione nella pubblicazione di un volume che raccoglie gli atti del congresso “Giovenale tra storia, poesia e ideologia” tenutosi tra Cassino ed Aquino nel 2014 ed organizzato da Antonio Stramaglia e Stefano Grazzini con la collaborazione di Giuseppe Dimatteo.
Già ad una prima scorsa il libro si segnala per l’ampiezza degli interessi e delle prospettive di ricerca e per il rigore metodologico che si traduce sovente in note a piè di pagina molto corpose, ma non per questo di difficile lettura. Come ben evidenziato dai curatori in sede di presentazione degli atti, i contributi vertono intorno a tre nuclei tematici fondamentali per la definizione della figura del poeta e per la collocazione della sua opera non solo nel contesto sociale, politico e culturale sovente richiamato dalla sua satira, ma anche nella storia della trasmissione e circolazione dei testi classici.
Per dare conto dei principali risultati emersi dalle indagini, pare opportuno seguire questa tripartizione di comodo contravvenendo all’ordine degli articoli, posti secondo la successione alfabetica degli autori.
Alcuni interventi si preoccupano di approfondire le relazioni che Giovenale intrattiene con la realtà dei suoi tempi, discutendo sia la posizione che il poeta assume dinanzi ai vizi della società romana sia le forme e le tinte che ne caratterizzano la rappresentazione. È noto che il poeta osserva il mondo circostante sovente con lo sguardo del severo moralista che, pur appuntandosi su figure esemplari o personaggi di un passato non troppo lontano, individua nella degenerazione dei costumi le cause di un’umanità attanagliata da avidità, strisciante servilismo, sfrenata lussuria. Il rischio di relegare Giovenale tra i frustrati caricaturisti dal tono insopportabile e dal noioso passatismo è però smontato dagli studi raccolti in questo volume che evidenziano il contatto diretto, immediato e incisivo del poeta con il mondo ritratto. Franco Bellandi, dopo essersi pronunciato a favore di una retrodatazione delle prime satire agli inizi del regno di Traiano, interpreta il ricercato anacronismo della poesia di Giovenale, che parla al presente anche nella spietata descrizione dei tempi di Domiziano, come una strategia allusiva per denunciare le storture di un principato che nei vizi è stato sempre uguale. Significativo è il contributo di Bellandi alla valutazione della posizione politica del poeta, disilluso su Traiano, senz’altro ostile ad Adriano; il rimpianto dei tempi antichi non è adesione ad un partito filo-repubblicano, ma desiderio di ancorare la classe dirigente imperiale all’etica che rese grande la civiltà romana. Emerge l’idea che il rapporto tra sovrano e sudditi debba regolarsi secondo i principi di civiltà che legano il buon patronus al suo cliens. Nel contributo di Andrea Cucchiarelli il contatto con il reale si fa scandaglio delle satire alla ricerca di riferimenti diretti o allusivi ai luoghi della Roma imperiale e ai personaggi che li frequentano. La città è descritta nelle forme di una metropoli greca popolata da uomini di ogni etnia e decorata dai marmi dei palazzi del potere e dei templi. Ma quelle che erano virtù ad Alessandria, divengono vizi a Roma, dove gli dei preferiscono abitare in sacelli di tufo e una folla di Egizi invertiti corrompe il buon costume. Nelle descrizioni che rielaborano anche modelli greci (significativo l’accostamento con l’orazione XXXII del corpus di Dione di Prusa), si notano puntuali riferimenti a monumenti cittadini; Cucchiarelli prende in considerazione l’allusione al tempio della dea Concordia per offrire una convincente interpretazione di Sat. 1, 116. A colpire l’interesse degli studiosi è soprattutto la rappresentazione della realtà romana che scaturisce dalla lettura della satira III: il protagonista Umbricio è costretto dall’immoralità dilagante ad abbandonare l’Urbe e rifugiarsi in campagna dove resistono gli antichi valori. Il movimento ricorda, anche se in senso opposto, la partenza dalle terre avite dei pastori virgiliani, mentre le tinte fosche dell’ambiente cittadino richiamano l’inferno pagano. Stefano Grazzini approfondisce i numerosi punti di contatto che questa satira intrattiene con le Bucoliche I e IX di Virgilio, mostrando il ribaltamento delle situazioni nella deformazione satirica del paesaggio che da idilliaco e stilizzato si fa urbano e degradato. Affiora prepotentemente la portata ideologica dell’operazione attuata da Giovenale: l’appuntamento che Umbricio e il poeta si danno ad Aquino è adesione ad un comune sentire, ripiegato sulla gelosa custodia delle sane virtù italiche. Stephen Harrison si preoccupa, invece, di indagare i rapporti che la stessa satira III intrattiene con i canti VI e VIII dell’ Eneide : situazioni narrative e moduli descrittivi stabiliscono fitti richiami intertestuali che pongono l’analogia tra Umbricio e la sibilla da una parte, Umbricio ed Evandro dall’altra. La realtà cittadina additata da Umbricio al poeta assume così lo squallido aspetto dell’oltretomba che la Sibilla mostra ad Enea e contrasta drammaticamente con la primitiva semplicità dei luoghi latini nei quali passeggiano Evandro ed Enea. Anche lo studio delle frasi parentetiche, che caratterizzano lo stile narrativo di Giovenale, si risolve nel riconoscimento dello stretto legame che il poeta cerca sempre con il suo tempo e con i suoi lettori. Giuseppe Dimatteo studia il fenomeno classificando le diverse tipologie di intervento ed evidenziando come la rottura del flusso narrativo serva al poeta per commentare la situazione descritta e ricondurre il lettore al nucleo concettuale del messaggio satirico. La parentesi non è un corpo estraneo al testo, ma uno snodo argomentativo fondamentale per l’attivarsi del meccanismo allusivo.
Nella definizione della veste stilistica assunta dalla poesia satirica di Giovenale un peso notevole ha il confronto con la tradizione retorica. Il dato, noto agli studi specialistici, costituisce il secondo polo di interesse del volume che arricchisce l’ampia bibliografia con nuovi spunti di ricerca grazie all’indagine di Biagio Santorelli, attento ad andare oltre la tradizionale notizia dei rapporti tra il poeta e il mondo dei declamatori per individuare concreti e puntuali riferimenti a prassi didattiche e temi frequentati nelle scuole. La relazione è resa evidente da luoghi delle satire in cui Giovenale ricostruisce l’ambiente e la pratica di insegnamento o riusa figure e motivi elaborati dai declamatori persino adottando i loro schemi di discussione ( colores): la folla di ladri, adulteri, tiranni, profittatori e uomini della peggior sorte che popola la Roma di Giovenale, è la stessa che è protagonista delle declamazioni tanto amate dal pubblico. Alla pratica declamatoria rinvia del resto l’analisi della satira XIV nell’interpretazione che di essa offre Fabiana Zullo. Il comportamento ‘mafioso’ di certi ricchi, che costringono i piccoli proprietari a cedere loro i terreni attraverso intimidazioni e violenze, viene analizzato sotto il profilo giuridico, regolato dalla lex Aquilia de damno, e trova un importante riscontro nella XIII Declamazione maggiore di Ps. Quintiliano.
La terza e ultima sezione prende in considerazione la fortuna della poesia di Giovenale, ora con studi centrati sulla tradizione manoscritta, ora con l’analisi dei rapporti intertestuali tra l’autore latino e la letteratura greca. In questo ambito di ricerca la lettura del volume apporta numerosi e significativi contributi. Daniela Gallo collaziona il ms. Cambridge, King’s College 52 (per cui propone il siglum Δ in luogo di Ch finora adottato dai filologi) collocandolo all’interno della tradizione testuale, segnata dalla bipartizione tra la cosiddetta Vulgata (Φ) e una famiglia di codici il cui testimone più autorevole è P (Montpellier, 125). Il ms. rivela nelle annotazioni di varianti una contaminazione già in atto tra i due filoni di tradizione e un legame più diretto con i mss. London, Add. 15600 (Z) e Paris Lat. 8071 (F). Ad un altro manoscritto inglese – Oxford, Canon. Class. Lat. 41 – rivolge l’attenzione Gabriele Rota per considerare i 34 versi trasmessi da questo solo testimone dopo Iuv. 6, 365 e altri 2 dopo 6, 373. Discutendo nel dettaglio le posizioni di quanti negano o affermano l’autenticità dei versi aggiunti, Rota giunge a proporre una soluzione che salva i primi 26 versi, da inserire evidentemente dopo 6, 348, e riconosce spuri i successivi versi 27-34. Oronzo Pecere esamina i testimoni che recano sottoscrizioni di scribi e revisori, risalendo alla struttura dell’esemplare emendato da Niceo, allievo del noto grammatico Servio, e ricostruendo le prime fasi della tradizione testuale. Il codice recava in successione le satire di Giovenale e quelle di Persio, presentava una ripartizione in cinque libri della produzione poetica del nostro e costituiva la copia usata a scuola come libro di testo. Lo studioso riscontra una situazione analoga nel ramo della tradizione di Persio corretto da Trifoniano Sabino. Alla protostoria della tradizione di Giovenale appartiene anche il fragmentum Antinoense, frustulo pergamenaceo di VI sec. recante alcuni versi della satira 7. Gabriel Nocchi Macedo analizza le caratteristiche materiali del supporto (tecnica di fascicolazione) e della scrittura (un’onciale calligrafica adoperata in pochi codici giuridici e alcuni testi bilingui) per dimostrare la circolazione di Giovenale negli ambienti dotti dell’Oriente greco. Le tre mani che appongono segni diacritici e glosse attestano un riuso in contesto di studio da parte di grecofoni che hanno maturato ottime competenze nella lingua latina. La buona diffusione dell’opera di Giovenale nell’area greca è anche il risultato interessante cui giunge lo studio di Simona Manuela Manzella; la fortuna del poeta latino è apprezzata attraverso l’indagine intertestuale che mostra numerosi punti di contatto tra Giovenale e Luciano. La studiosa ipotizza una lettura diretta delle satire da parte del noto poligrafo greco sulla base di consonanze che interessano scene ed elementi del tutto peculiari di Giovenale soprattutto in tre testi di Luciano (il De mercede conductis, il Nigrinus, il Timon).
I tre nuclei di ricerca affrontati nel volume garantiscono un’ampia disamina delle principali questioni sollecitate dallo studio delle satire di Giovenale. La coerenza con cui sono stati assemblati i contributi permette al lettore di acquisire una profonda conoscenza di molte tematiche della bibliografia relativa a Giovenale; e anche quando sono considerati gli stessi dati, la prospettiva d’indagine è differente (diffusione di Giovenale in area greca: pp. 222-223; 232-233; e in area latina: pp. 182; 231-232; 253-254; la tradizione bipartita: pp. 132; 234-237; 253-254). Di seguito si riassumono i risultati più ragguardevoli che segnalano la lettura di questo libro non solo presso gli specialisti della satira:
a) i molti spunti offerti in merito alla fortuna del poeta nell’area greca, questione che si colloca nell’ambito più vasto della diffusione della conoscenza della letteratura latina in Oriente;
b) le notizie relative alla descrizione e valutazione di alcuni significativi codici della tradizione manoscritta trascurati dalle edizioni critiche;
c) la contestualizzazione della satira di Giovenale nella realtà storica, sociale e politica; questo porta spesso gli studiosi a confrontare la figura del nostro con altri intellettuali come Tacito, Marziale, Plinio il Giovane;
d) l’approfondimento di alcuni testi secondo diverse prospettive di indagine; notevole è in tal senso l’esegesi della satira III, indagata nell’intertestualità con i modelli latini e con le fonti greche, nelle sue valenze poetiche e ideologiche.
Arricchiscono il volume utilissimi indici dei luoghi citati, dei nomi e delle cose notevoli.
Table of Contents
Antonio Stramaglia, Stefano Grazzini, Giuseppe Dimatteo, Introduzione, p. 1
Franco Bellandi, ‘Cronologia e ideologia politica nelle satire di Giovenale’, p. 5
Andrea Cucchiarelli, ‘La Roma di Giovenale (e il nido della Concordia in 1, 116)’, p. 65
Giuseppe Dimatteo, ‘ In medio venenum : una tipologia di parentesi in Giovenale’, p. 105
Daniela Gallo, ‘Il ms. Cambridge, King’s College 52 e la tradizione del testo di Giovenale’, p. 131
Stefano Grazzini, ‘Poetica e ideologia nella terza satira di Giovenale’, p. 149
Stephen J. Harrison, ‘Umbricius, the Sybil and Evander: Vergilian Voices in Juvenal, Satire 3’, p. 169
Simona Manuela Manzella, ‘Tradizione satirica e memoria letteraria: Luciano lettore di Giovenale’, p. 181
Gabriel Nocchi Macedo, ‘Il fragmentum Antinoense e la fortuna di Giovenale nel mondo grecofono’, p. 213
Oronzo Pecere, ‘Libri e percorsi tardo antichi delle satire di Giovenale (e di Persio)’, p. 231
Gabriele Rota, ‘Prejudice and obstinacy in brackets: Juvenal, Satire 6 and the Oxford fragment(s)’, p. 253
Biagio Santorelli, ‘Juvenal and declamatory inventio ’, p. 293
Fabiana Zullo, ‘Proprietà terriere e metodi ‘mafiosi’: Iuv. 14, 138-151’, p. 323
Indice dei luoghi antichi, p. 331
Indice dei nomi e delle cose notevoli, p. 354