Il volume di Barbara Sielhorst, che rappresenta il terzo della serie “Urban Spaces” edita da Susanne Muth, Jennifer Trimble e Ulrike Wulf-Rheidt, ha come argomento le agorai di età ellenistica con particolare attenzione alla loro organizzazione, ricezione e semantica come spazi urbani.
Il libro è suddiviso in due grandi sezioni: la prima di testo, articolata in dieci capitoli, e la seconda di catalogo. Il primo capitolo (pp. 3-20), in qualità di introduzione, chiarisce alcuni aspetti generali della ricerca, quali il tema oggetto di studio e le domande a cui il lavoro intende dare una risposta; esse concernono principalmente la struttura delle piazze ellenistiche, la presenza di principi di costituzione specifici per questo periodo, le funzioni e il rapporto che intercorre fra la strutturazione della piazza e la società che lì agisce.1 L’arco cronologico in esame è compreso fra il 400 a.C. e il 50 d.C., includendo così le fasi immediatamente precedente e successiva a quella ellenistica, in modo da rendere maggiormente efficace l’osservazione dei fenomeni tipici del periodo oggetto di studio. I confini geografici della ricerca sono rappresentati dalla Grecia, le isole dell’Egeo e la zona occidentale dell’Asia Minore; in queste aree sono scelte le 66 agorai sotto analisi, fra le quali 16 vengono prese in esame in modo più dettagliato (cap. 4), in quanto si tratta di piazze molto ben ricostruibili. Inoltre viene tracciata una chiara e particolareggiata storia degli studi (1.2). Dispiace, però, constatare che sia in questa che nel corso di tutto il volume le ricerche italiane siano quasi totalmente ignorate, in particolare per quanto riguarda i numerosi contributi su Atene2 e gli studi recenti realizzati dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene a Sparta.3
La strutturazione e l’organizzazione architettonica, le funzioni, la ricezione estetica e la semantica delle piazze ellenistiche sono i criteri che stanno alla base dell’analisi sistematica delle agorai oggetto del secondo capitolo (pp. 21-66). Questi vengono discussi sia a livello generale sia attraverso gli esempi ricavati dall’analisi delle 66 agorai, che permettono di proporre una serie di conclusioni relative ai singoli criteri considerati. L’autrice pone l’accento in particolare sulla crescente tendenza in età ellenistica all’esclusione dall’area dell’agora delle principali arterie cittadine, così come sulla multifunzionalità dello spazio che, attraverso la strutturazione della superficie della piazza e l’utilizzo di specifiche tipologie architettoniche ai lati di questa, si presenta regolato da criteri strutturali unitari. Di maggior interesse risultano le conclusioni relative alla ricezione estetica e alla semantica delle agorai. Qui il ruolo principale è assunto dalla stoa che fornisce da un lato una chiusura verso l’interno, circondando la superficie centrale della piazza su tutti i lati, e dall’altro un collegamento verso l’esterno, potendo essere considerata da fuori come parte integrante del paesaggio urbano della città e fornendo la possibilità di mettere in relazione da un punto di vista ottico ed estetico la piazza con i dintorni (panorama). Inoltre le stoai assicurano l’unificazione delle facciate degli edifici, integrando anche altri monumenti, come propilei o scalinate, e nascondendo alle loro spalle edifici quali Bouleuteria e Prytaneia. Questa precisa strutturazione della piazza ha, secondo l’autrice, anche un’influenza sui fruitori delle agorai che sarebbero indirizzati nei loro movimenti all’interno dello spazio della piazza e fra i suoi monumenti. Particolarmente interessante risulta l’idea secondo la quale la presenza delle stoai tutto intorno alla piazza porti a nascondere le funzioni degli edifici che si trovano alle sue spalle che sarebbero, però, allo stesso tempo richiamate dal posizionamento di statue, a cui le facciate delle stesse stoai forniscono una quinta e che risultano suddivise in gruppi in base al significato che sono chiamate a simboleggiare. L’esempio principale fornito qui dall’agora di Atene mi sembra particolarmente calzante.
Il capitolo 3 (pp. 67-77) discute l’idea dell’agora ellenistica come fenomeno sociale, arrivando alla interessante e condivisibile conclusione che la strutturazione delle piazze e la scelta dei monumenti abbiano come scopo da un lato l’autorappresentazione e la celebrazione delle élites locali e dall’altro la tendenza a richiamare alla mente la storia cittadina e ad orientarsi in modo sempre crescente agli interessi locali. Questa stessa tendenza a rivolgersi verso il proprio glorioso passato insieme ad una predominanza dell’ élite locale, infatti, è riscontrabile anche all’inizio dell’età imperiale e trova ottimi confronti ad esempio con quanto accade ad Atene fra la fine del I sec. a.C. e l’inizio del I sec. d.C., dove è proprio l’ élite cittadina a promuovere l’integrazione dei nuovi elementi romani all’interno della tradizione ateniese.4
Le analisi delle sedici agorai, che occupano il capitolo 4, sono suddivise sulla base di tre criteri: forma, funzione e topografia, a loro volta comprendenti ciascuno due sottoinsiemi sempre diversi. Non sempre risulta chiaro, in particolare nel caso delle agorai suddivise topograficamente fra quelle che si trovano vicino al mare e quelle, invece, nell’interno, il valore che questo ha per la piazza, così come a volte sfugge il legame con gli elementi analizzati in precedenza, cosa che comporta in questi casi il perdere di vista i concetti d’insieme. Per questo la lettura del capitolo 5, dove viene riassunto il significato di forma, funzione e topografia per l’organizzazione delle agorai in età ellenistica, risulta fondamentale per la comprensione dei singoli casi di studio. Altre schede, invece, offrono una perfetta analisi integrata dei criteri generali discussi nel capitolo precedente mostrati in relazione al caso specifico di volta in volta preso in esame, come ad esempio quelle di Assos (pp. 148-152) e di Thasos (pp. 152-159).
Lo studio dell’agora di Atene presenta alcune imprecisioni, fra le quali: l’affermazione della presenza di una stoa che nel III sec. a.C. ingloberebbe il Vecchio e il Nuovo Bouleuterion e la Tholos (p. 40), che invece non risulta in nessun periodo legata agli edifici vicini; la costruzione del bema considerata quasi contemporanea a quella della Stoa di Attalo (p. 56), mentre la datazione del monumento non risulta precisa e potrebbe scendere fino all’88 a.C. Inoltre l’autrice considera sicura l’identificazione del monumento sul lato settentrionale della piazza come un propileo di accesso e lo utilizza come prova del fatto che propilei vengano inglobati nelle facciate delle stoai e che gli accessi alle piazze siano regolati e precisamente definiti, senza accennare al fatto che sull’interpretazione del monumento esistono opinioni contrastanti. Sia la Monaco sia Winter, infatti, ritengono che si tratti dei basamenti di due monumenti diversi.4 Se da una parte non si può pretendere, da un lavoro che prende in esame non una ma 66 differenti agorai, un’analisi estremamente dettagliata di ciascuna di queste, dall’altra ci aspetteremmo che almeno per le 16 piazze analizzate in dettaglio venissero presentate le diverse interpretazioni o teorie, quando presenti e soprattutto quando queste vanno a toccare monumenti o aspetti che sono utilizzati dall’autrice a sostegno delle tesi avanzate nel volume.
I successivi capitoli presentano i risultati dello studio (cap. 6), riassunti e articolati secondo i quattro criteri seguiti nell’analisi sistematica delle agorai, e una brevissima panoramica dello sviluppo delle piazze all’inizio dell’età imperiale (cap. 7).
Dopo due abstracts, uno in inglese (cap. 8) e uno in francese (cap. 9), e le abbreviazioni bibliografiche (cap. 10) si trova la seconda parte del volume costituita dal catalogo delle 66 agorai (pp. 216-349) suddiviso in due parti: le schede delle 16 sedici piazze analizzate in modo più approfondito e le schede delle restanti 50 agorai prese in esame nel volume. Per ogni piazza vengono forniti i dati relativi alla posizione, alle misure, al periodo di utilizzo, al contesto urbanistico, alla presenza di edifici e monumenti – questa parte risulta molto più particolareggiata e suddivisa in fasi per le 16 agorai analizzate nel dettaglio – e alla bibliografia. Le 16 schede contengono anche una breve storia degli studi.
Dal punto di vista formale alcuni piccoli errori sono riscontrabili nel testo, senza che questo crei però problemi alla lettura, mentre nelle note molto frequentemente l’elenco della bibliografia citata non appare in ordine cronologico, ma spesso in modo sparso. L’apparato figurativo fornito è molto buono: in ogni scheda di catalogo è presente la pianta della città, con l’individuazione dell’area dell’agora e la pianta dell’agora stessa. Per le 16 agorai analizzate nel dettaglio, inoltre, la presenza delle piante di ogni fase facilita la lettura dei cambiamenti che vengono sottolineati nel testo. Solo in due casi sono riscontrabili degli errori: la Fig. 5 nella scheda relativa all’agora di Atene non è la pianta dell’area nel III sec. a.C., così come indicato nella didascalia, ma quella nel II sec. a.C., risultando infatti identica alla successiva Fig. 6. Nella scheda relativa all’agora di Magnesia sul Menandro, invece, le Figg. 71 e 72 sono invertite rispetto alle relative didascalie e alle indicazioni fornite nel testo: la prima, infatti, è la pianta del periodo compreso fra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., mentre la seconda è quella della fase precedente. Per quanto riguarda le Figg. 43-45 nella scheda dell’agora di Thera, le legende troppo piccole risultano illeggibili.
Nel complesso – anche se una maggiore attenzione e precisione nella discussione di alcuni aspetti sarebbero state auspicabili, e se il secondo capitolo incorre in eccessive ripetizioni per la troppo rigida aderenza ai quattro criteri di esame – il volume presenta spunti di riflessione e ipotesi interessanti. La visione dell’agora di età ellenistica, come il luogo principale dove le élites locali agiscono rifacendosi agli eventi fondamentali della storia cittadina, fornisce un’ottima conferma di quanto si riscontra all’inizio dell’età imperiale ad esempio ad Atene, e mostra come questo processo affondi le sue radici già nel periodo precedente. Il catalogo inoltre risulta un utile strumento e punto di partenza per un futuro studio di una o più agorai.
Notes
1. Cap. 1, (p. 16): “die Agora als soziales Konstrukt und somit als Produkt funktionaler, rezeptionsästhetischer sowie semantischer Konzepte zu beschreiben, zu analysieren, historisch zu bewerten und deren Spezifika in der Epoche des Hellenismus herauszuarbeiten”.
2. Mi riferisco in primo luogo alla collana Topografia di Atene diretta da Emanuele Greco e in secondo luogo a contributi su argomenti vari e che forniscono spesso interpretazioni diverse rispetto a quelle classiche di studiosi come ad esempio Enzo Lippolis o Maria Chiara Monaco: M.C. Monaco, “L’Hipparcheion, il lato settentrionale dell’agorà di Atene e l’acquedotto cimoniano”, Workshop di archeologia classica 1, 2004, 18-49; E. Lippolis, “Le moderne peregrinazioni di Apollo e di Afrodite nell’Agora di Atene”, ASAtene 87, 2009, 235-273.
3. E. Greco, “Alla ricerca dell’agora di Sparta”, ASAtene 89, 2011, 53-77. La scheda relativa all’agora di Sparta (40) indica come incerta la posizione della piazza e come sconosciuti edifici e monumenti, mentre le ricerche italiane forniscono un’interpretazione precisa sulla posizione dell’agora grazie al riesame e a una proposta di identificazione di due edifici: la Skias – già scavata nell’ottocento – e la Stoa persiké – venuta in parte alla luce negli anni ’60 del Novecento.
4. O. Dally, “Athen in der frühen Kaiserzeit – ein Werk des Kaisers Augustus?”, in: S. Vlizos (a cura di), Η Αθήνα κατά τη Ρωμϊακή εποχή. Πρόσφατες ανακαλύψεις νέες έρευνες, Μουσείο Μπενάκη Παράρτημα 4 (Atene 2008) 43-53; Th. Stephanidou-Tiveriou, “Tradition and Romanization in the Monumental Landscape of Athens”, in: S. Vlizos (a cura di), Η Αθήνα κατά τη Ρωμϊακή εποχή. Πρόσφατες ανακαλύψεις νέες έρευνες, Μουσείο Μπενάκη Παράρτημα 4 (Atene 2008) 11-40.
5. M.C. Monaco, “L’Hipparcheion, il lato settentrionale dell’agorà di Atene e l’acquedotto cimoniano”, Workshop di archeologia classica 1, 2004, 18-49; F. E. Winter, Studies in Hellenistic Architecture (Toronto 2006).