Il volumetto (101 pp.) di Angela Cinalli è, come si evince dal titolo, dedicato agli ξένια, vale a dire alla cerimonia di accoglienza pubblica riservata nelle città greche, a partire dall’età classica, agli stranieri benemeriti, e in particolare agli inviati in missione ufficiale. Si tratta di fatto più di un corposo saggio che di una monografia, giacché il testo vero e proprio consta di sole 39 pagine (pp. 5-44), cui fa seguito un’ampia Appendix (pp. 45-77), che comprende le testimonianze letterarie (pp. 45-48) ed epigrafiche (pp. 49-54) prese in considerazione nel saggio, con testo e traduzione italiana, nonché tre utili tabelle riassuntive delle iscrizioni (Tabella I: invito ἐπὶ ξένια presso Atene, pp. 55-60; Tabella II: testimonianze epigrafiche dell’invito ἐπὶ ξένια fuori da Atene, pp. 61-72; Tabella III: specificazioni nella formula d’invito, pp. 73-75). Il volume è completato da tre immagini (una nel testo, p. 18; due nell’ Appendix, pp. 76-77) e da una serie di indici (Fonti letterarie; fonti epigrafiche; parole notevoli; nomi geografici, nomi propri; nomi di popoli; nomi di divinità, pp. 79-92) e da una bibliografia generale (pp. 93-100). Il testo, preceduto da un Abstract, dalla Prefazione di Roberto Nicolai e da una rapidissima Introduzione (pp. 1-2) dell’autrice, si divide in quattro capitoli, che si prefiggono di ricostruire la cerimonia dell’ospitalità pubblica seguendo un percorso prima cronologico, dall’età arcaica all’epoca classica (capp. I-II), quindi storico-istituzionale (cap. III), per poi discutere le “anomalie epigrafiche” (cap. IV), vale a dire quei documenti che in genere gli studiosi hanno ritenuto costituire delle eccezioni rispetto a una prassi standard; l’esito dell’analisi è racchiuso in alcune pagine di Considerazioni conclusive.
Prima di entrare nel merito del contenuto, preme rilevare che il libro, grazie alla avveduta politica delle Edizioni dell’Università La Sapienza di Roma (Sapienza Università Editrice) è distribuito con licenza Creative Commons 3.0, ed è dunque disponibile in modalità open access;1 ciò rappresenta un indubbio vantaggio per la diffusione e la consultazione del volume, e potrebbe anche — può darsi — costituire la ragione di talune scelte “minimaliste” dell’autrice, quasi che la fruizione gratuita dell’opera la esentasse, almeno per alcuni versi, da una disamina esaustiva del tema, pur dedicandovi non un saggio ma una monografia scientifica.
Venendo ora a qualche riflessione più circostanziata, il pregio principale del lavoro di Cinalli è senz’altro quello di aver posto con chiarezza il problema di una più precisa ricostruzione, sulla base della tradizione letteraria ed epigrafica superstite, della cerimonia dell’accoglienza pubblica che era riservata dalle poleis greche agli ospiti stranieri in visita ufficiale. Come osserva Nicolai nella Prefazione (p. xi), si tratta infatti di una di quelle procedure istituzionali consuetudinarie su cui le fonti letterarie in genere non si dilungano, in quanto percepite come troppo note per aver bisogno di ragguagli, e su cui tuttavia esiste una documentazione epigrafica tanto cospicua quanto per molti aspetti spinosa, sia per la stringatezza del formulario, sia per la vastità dell’orizzonte geografico — e per le variabili istituzionali — delle comunità elleniche, sia per la frammentarietà dei testi, sia infine per la presenza di documenti apparentemente “eccentrici” rispetto agli altri. L’indagine di Cinalli costituisce dunque una disamina benvenuta e utile, compiuta con diligente metodologia e meritevole di interesse dal punto di vista dei risultati che raggiunge, in particolare per la felice combinazione del dato letterario — che consente la rivalutazione di alcuni passi non ancora impiegati in questa direzione — con quello epigrafico, soprattutto per la rilettura in termini diversi di quei casi solitamente interpretati come anomali.
L’idea principale che Cinalli propone nel suo lavoro è che, nonostante i limiti posti dalla documentazione disponibile, sia possibile ricostruire in modo più compiuto l’ iter di accoglienza ufficiale che le città greche riservavano agli ospiti stranieri, e in particolare ai delegati, quale atto pubblico di riconoscimento del loro status e, di conseguenza, anche della legittimità della loro missione. Come indica l’autrice nel I capitolo, fondandosi su una bibliografia canonica, anche se con vistose lacune,2 l’ospitalità pubblica nota dall’età classica in poi discende in buona sostanza dall’istituto della ξενία, tassello seminale e portante delle relazioni interpersonali e sociali nonché, in senso lato, interstatali nell’epoca arcaica, come testimoniano infatti già l’epica omerica e la poesia lirica. In tali contesti, per la verità solo cursoriamente accennati da Cinalli, l’accoglienza dello straniero appare incardinarsi su alcuni momenti chiave (pp. 5-6), i più frequenti dei quali risultano l’invito al banchetto, il prosieguo simpotico-rituale e i doni ospitali di commiato, espressi nel loro complesso dal neutro plurale τὰ ξείνια, secondo un formulario che si ritrova ancora, applicato in questo caso a contesti soprattutto orientali, ma comunque interstatali, nelle Storie di Erodoto. Più che sugli storici, tuttavia, l’interesse di Cinalli si concentra sulle attestazioni nella produzione tragica, dove a suo dire si registrano gli esempi più numerosi della forma attica ξένια,3 che è quella tipica delle iscrizioni attiche (prima nella grafia χσένια, poi ξένια): per quanto l’analisi dei passi tragici sia suggestiva, non autorizza un parallelo immediato con la realtà della comunità cittadina, a differenza delle allusioni agli ξένια nelle commedie aristofanee, che non sono però discusse; non si comprende peraltro la ratio dell’esclusione delle testimonianze erodotee, che parrebbe motivata solo su basi linguistiche, quasi che l’uso dello ionico ξείνια da parte dello storico prefigurasse una prassi istituzionale “arcaica”, di ascendente epico, e dunque diversa da quella espressa dall’attico ξένια, usato dai tragici (e dalle iscrizioni attiche), il che ovviamente non è conclusione condivisibile. Stupisce, parimenti, la mancata attenzione verso l’ospitalità tipica del tiranno, figura che rimane totalmente ignorata da Cinalli, nonostante l’evidente ruolo storico, anche nell’evoluzione delle pratiche “comunitarie”, che se fatalmente si incarnano nel personalismo del tyrannos, hanno tuttavia risvolti pubblici non indifferenti.
Il secondo capitolo è dedicato alla contestualizzazione della prassi di accoglienza pubblica a partire dagli indicatori presenti nelle testimonianze epigrafiche: qui l’analisi di Cinalli si fa senz’altro più accurata e interessante, in quanto offre una panoramica del formulario dell’ospitalità presente nelle iscrizioni di numerose poleis e ne evidenzia gli elementi ricorrenti: il quadro è ampio e articolato, con una interessante rassegna delle attestazioni in prospettiva non atenocentrica, sebbene per ovvie ragioni la documentazione ateniese costituisca l’inevitabile modello su cui misurare le varianti; nonostante la relativa stringatezza, e l’assenza, anche in questo caso, di qualche riferimento bibliografico più recente,4 il tentativo di approntare una sintesi dei dati, debitamente esplicati nelle tabelle (I-III) dell’ Appendix, ha una sua efficacia e rappresenta un’utile acquisizione.
Analogamente, del terzo capitolo si apprezza anzi tutto la valorizzazione del passo dell’ Anabasi (6.1.2-5) in cui è descritto il rituale dell’ospitalità che l’esercito dei Greci riserva ad alcuni delegati paflagoni; inoltre, appare pregevole la ricostruzione delle fasi in cui si articolava la cerimonia dell’accoglienza, con i momenti sostanziali (sacrificio, banchetto) e complementari (intrattenimento simposiale, doni ospitali) ricostruiti sulla base delle testimonianze letterarie, in una campionatura forse non esaustiva, ma certamente solida e ampia, che mette nel debito rilievo la ricchezza della terminologia, e da cui, fra l’altro, ben emerge il rapporto degli ξένια con la sfera religiosa e sacrale.
Il quarto e ultimo capitolo, il più innovativo nei risultati e più stimolante dal punto di vista scientifico, è infine dedicato alla disamina di un certo numero di iscrizioni che non sembrano rispettare lo svolgimento della procedura quale emerge dal complesso della documentazione epigrafica. Trattandosi di iscrizioni esclusivamente attiche, sono ben note e sono in genere classificate come eccezioni o deviazioni dalla norma, giacché non sembra in essi valere la distinzione canonica fra invito al δεῖπνον per i cittadini e invito ἐπὶ ξένια per gli stranieri: Cinalli mostra invece, con argomentazioni valide e condivisibili, che questi testi possono essere interpretati all’interno dello sviluppo del protocollo, offrendo quindi una preziosa testimonianza per arricchire le nostre conoscenze in materia.
In conclusione, il volume di Cinalli, soprattutto per la scelta di presentarsi come monografia, invece che come saggio o come lungo articolo, costituisce sotto alcuni aspetti un’occasione perduta: in particolare, rincresce la mancanza di un più articolato e approfondito riesame della genesi e della “protostoria”, per così dire, degli ξένια, e una discussione aggiornata sul rapporto con l’istituzione sociale della ξενία; inoltre, manca del tutto uno sguardo e un confronto con le realtà anelleniche, in relazione soprattutto alle pratiche di accoglienza degli inviati stranieri in uso nelle grandi monarchie orientali (fino al V secolo a.C.) e nel regno macedone (per il IV sec. a.C.), che pure rientrano spesso e volentieri nel novero degli interlocutori diplomatici delle città greche. Anche per questo, l’approccio rimane in certa misura “interno”, confinato alla valutazione dei meccanismi tecnici del rituale dell’accoglienza, con una prospettiva più epigrafico-letteraria che pienamente storico-politica; tali scelte sembrano riflettersi anche in una bibliografia “di servizio”, non priva di inspiegabili lacune. Ci si permette di sottolineare queste assenze, si ribadisce, soprattutto perché Cinalli ha scelto di dedicare al tema una monografia vera e propria; di contro, i capitoli centrali del volume appaiono interessanti, curati e ricchi di spunti di riflessione; molto utili le tabelle, che offrono finalmente una panoramica ad ampio spettro delle attestazioni, e particolarmente felice l’ultimo capitolo, che di fatto apre nuove prospettive interpretative: considerata l’accessibilità dello studio, se ne rimpiange una volta di più la ridotta dimensione.
Notes
2. Appare particolarmente grave l’assenza, specie in una monografia, dei fondamentali lavori di Gabriel Herman, Ritualized Friendship and the Greek City, Cambridge 1987; David Bederman, International Law in Antiquity, Cambridge 2001; Polly Low, Interstate Relations in Classical Greece. Morality and Power, Cambridge 2007, BMCR 2008.03.47. Altrettanto assenti risultano Peter Karavites, Promise-Giving and Treaty-Making. Homer and the Near East, Leiden 1992; Lynette G. Mitchell, Greeks Bearing Gifts: The Public Use of Private Relationships in the Greek World, 435–323 B.C, Cambridge 1997, nonché i saggi raccolti in Christopher Gill, Norman Postlethwaite, Richard Seaford (eds.), Reciprocity in Ancient Greece, Oxford; New York 1998.
3. L’autrice parla, in modo non del tutto preciso, di “cambiamento fonetico” (p. 7), cosa che sembrerebbe implicare che ξένια derivi da ξείνια.
4. E.g. S. Lambert, Inscribed Athenian Laws and Decrees 352/1–322/1 BC. Epigraphical Essays, Leiden; Boston 2012.