Il libro di Mantovanelli è una traduzione italiana, accompagnata dal testo latino a fronte e da un’ampia introduzione, delle Compositiones di Scribonio Largo, medico attivo probabilmente a Roma nella prima età imperiale (I sec. d. C.). Le Compositiones sono l’unica opera a noi pervenuta di Scribonio e sono strutturate in due parti: a un’Epistola prefatoria, che l’autore indirizza al liberto imperiale Caio Giulio Callisto, segue la raccolta di ben 271 ricette di vario genere, in parte lacunosa.
L’introduzione al testo si apre con un breve capitolo sulla vita di Scribonio Largo, di cui si sa poco, e sulle Compositiones (pp. VII–XV). Mantovanelli espone poi in una serie di capitoli introduttivi delle analisi tecniche sulle ricette (pp. XVII–XXXIII), rivelando così i suoi interessi di carattere strettamente medico: a un indice delle patologie trattate da Scribonio, seguono delle pagine sull’origine, sulla struttura e sul contenuto delle ricette raccolte nell’opera. Nei capitoli successivi (pp. XXXV–CXXIX) Mantovanelli presenta altre schede tecniche sugli ingredienti usati nelle ricette. Dapprima è presentata la scheda di identificazione delle piante, in cui il nome della pianta usato nelle Compositiones è accompagnato dal corrispondente nome scientifico latino e dalla sua traduzione italiana. Segue poi l’ampia scheda che elenca in ordine alfabetico tutte le piante menzionate da Scribonio, di cui Mantovanelli traccia l’origine geografica e la diffusione, i componenti principali, l’azione farmacologica e il rispettivo impiego nelle Compositiones.
Il testo latino e la traduzione italiana occupano la maggior parte del volume (pp. 1–251) e sono corredati da qualche nota esegetica ai termini tecnici, tra i quali principalmente figurano gli ingredienti delle ricette. Il testo latino presentato non è frutto del lavoro filologico di Mantovanelli, bensì si basa sull’ottima edizione di Sconocchia, pubblicata per la collana Teubner nel 1983.
Il volume si chiude con la bibliografia delle opere di letteratura primaria e secondaria (non distinte l’una dall’altra) citate.
Quello di Mantovanelli è un lavoro molto utile e prezioso per chi si avvicina all’opera di Scribonio Largo per due motivi principali: l’uno è la meritevole traduzione italiana del testo latino, l’altro è l’attenzione scientifica dedicata alle ricette mediche. Dell’opera di Scribonio Largo esistono pochissime traduzioni moderne. In inglese è stata tradotta da Hamilton nel 1986 (“Scribonius Largus on the medical profession”, opera citata da Mantovanelli) la sola Epistola prefatoria. Mi risulta che in francese ci sia una tesi di dottorato discussa nel 2000 ma non ancora edita di Jouanna-Bouchet, che presenta un’edizione con traduzione e commento dell’opera. In tedesco fu tradotta per intero l’opera nel 1913 da W. Schonack, che alla traduzione affiancò anche uno studio degli ingredienti usati nelle ricette: Die Rezepte des Scribonius Largus. Zum ersten Male vollständig ins Deutsche übersetzt und mit ausführlichem Arzneimittelregister versehen; singoli passi delle Compositiones sono stati tradotti nel 1994 da J. Kollesch e D. Nickel in Antike Heilkunst: Ausgewählte Texte aus den medizinischen Schriften der Griechen und Römer. Tra le traduzioni in italiano si può menzionare l’unico precedente di Aldo Marsili del 1956, Scribonio Largo. Ricette. Prefazione, testo latino, traduzione italiana e note. Tuttavia Marsili offriva una traduzione italiana molto lacunosa, rispetto alla quale l’attento lavoro di Mantovanelli rappresenta un considerevole salto di qualità.
Ancor più notevole è il secondo punto di forza del presente libro, vale a dire l’attenzione prestata al lato tecnico, strettamente medico-farmacologico, del testo trattato. Tale attenzione è tutt’altro che scontata sia tra gli studiosi di storia della medicina antica sia tra i filologi, e perciò tanto più apprezzabile. Mantovanelli, valendosi del fondamentale lavoro di J. André del 1985 Les noms de plantes dans la Rome antique, ha identificato la maggior parte delle piante usate nelle ricette scriboniane e ne ha spiegato i modi e i fini di somministrazione. Essa è riuscita così nel proposito, dichiarato nell’introduzione, di mostrare come i preparati farmacologici di Scribonio risultino per lo più in linea con alcuni interventi terapeutici validi ancora al giorno d’oggi. Nel leggere il libro si evince chiaramente la formazione medica di Mantovanelli, che, dapprima Primario Ospedaliero presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Padova, ha poi conseguito la laurea in Lettere e Filosofia e successivamente il dottorato all’Università di Verona.
Venendo invece ai punti deboli del lavoro, occorre purtroppo notare alcune rilevanti lacune. Mantovanelli ha focalizzato il suo studio esclusivamente sulle Compositiones di Scribonio, ma si sente la mancanza di un’indagine di più ampio respiro, che collochi l’opera di Scribonio nel contesto storico-culturale in cui è nata e in rapporto alle varie dottrine mediche della prima età imperiale. Mantovanelli si limita a citare sporadicamente dei confronti con autori latini come Celso e Plinio, ma sono pressoché assenti i riferimenti all’amplissima e imprescindibile letteratura medica ⎯ e in particolare farmacologica ⎯ in lingua greca, sia precedente sia contemporanea a Scribonio. Moltissimi degli ingredienti menzionati nelle Compositiones si ritrovano infatti altrove applicati in ricette simili per le stesse patologie e per questo motivo sarebbe stata necessaria l’analisi delle fonti a cui attinse Scribonio. Alcuni ingredienti si trovano ad es. nei testi ginecologici del Corpus Hippocraticum, tra i quali figurano i libri De mulierum morbis I e II. Manca anche quasi completamente la menzione di Galeno, che pure è una fonte assai preziosa per lo studio della farmacologia antica; Mantovanelli omette inoltre di segnalare che alcune ricette di Scribonio Largo sono preservate in citazioni galeniche: si vedano ad es. le citazioni nel De compositione medicamentorum secundum locos (Kühn XII 683,11–12; ibidem 764,4–5; 774,3–4; XIII 51,8–14; ibidem 67,8; 98,13; 99,11–12; 284,1–2) e nel De compositione medicamentorum per genera (Kühn XIII 737,15–16; ibidem 930,8–9). Troppo sporadici sono anche i riferimenti a uno dei più importanti scrittori di testi farmacologici dell’antichità: Dioscoride Pedanio, autore del De materia medica.
Ci si sarebbe aspettati due parole in più sulla tradizione dell’opera (discussa alle pp. IX–X): l’autrice menziona il codice di Toledo omettendone persino la segnatura ( Toletanus 98.12), pur essendo esso testimone unico scoperto da Sconocchia, che ne diede notizia nell’articolo del 1976 “Novità mediche latine in un codice di Toledo”, in RFIC 104, 257–269, articolo non citato affatto da Mantovanelli.
Le pagine di bibliografia sono infine molto scarne (appena quattro pagine: pp. 253–256) e si notano delle gravi mancanze. Tra le varie omissioni di Mantovanelli bisogna menzionare alcuni fondamentali lavori sulla farmacologia antica: C. Fabricius, Galens Exzerpte aus älteren Pharmakologen, Berlin – New York 1972 su Galeno; L. M. V. Totelin, Hippocratic Recipes. Oral and Written Transmission of Pharmacological Knowledge in Fifth- and Fourth-Century Greece, Leiden 2009 sulle opere del Corpus Hippocraticum. Altrettanto grave appare l’assenza del riferimento a quello che tuttora resta lo studio più importante sull’Epistola prefatoria delle Compositiones, quello di K. Deichgräber, Professio medici. Zum Vorwort des Scribonius Largus, Mainz 1950. In generale la letteratura secondaria in lingua tedesca sembra non essere stata presa in considerazione da Mantovanelli: insieme a Deichgräber e Fabricius è stato omesso anche il libro (già citato sopra) di Schonack, che analizzò le ricette raccolte nelle Compositiones. Sulla vita e sulle opere di Scribonio si noti infine un’imprecisione: Mantovanelli ha scambiato il nome per il cognome, citando B. Barry invece di B. Baldwin, autore del contributo “The career and works of Scribonius Largus”, in Rheinisches Museum 135, 1992, 74–82.
Nonostante queste lacune, il libro di Mantovanelli ha tuttavia complessivamente il merito di offrire una buona traduzione italiana dell’opera di Scribonio Largo, che finora era rimasta un desideratum negli studi, e di dare delle utili informazioni tecniche sulle ricette raccolte nelle Compositiones. Il volume si presenta così anche per i non classicisti come uno strumento assai utile per affrontare la lettura dell’opera scriboniana.