BMCR 2015.05.02

By the Spear: Philip II, Alexander the Great, and the Rise and Fall of the Macedonian Empire. Ancient warfare and civilization

, By the Spear: Philip II, Alexander the Great, and the Rise and Fall of the Macedonian Empire. Ancient warfare and civilization. Oxford; New York: Oxford University Press, 2014. xxi, 388. ISBN 9780199929863. $34.95.

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Il volume di Ian Worthington, uno dei massimi esperti sulla Macedonia antica, richiama l’attenzione, in verità mai sopita, su Filippo II e Alessandro Magno. Il lavoro, aperto dalla prefazione (pp. VII-VIII) e da una raccolte le mappe (pp. XVII-XXI), si articola in 15 capitoli. Vi fanno seguito un’appendice dedicata sulle fonti (pp. 311-319); una tabella cronologica relativa agli avvenimenti trattati (pp. 321-325); le schede biografiche delle principali figure legate a Filippo e Alessandro (pp. 327-333); le note ai capitoli (pp. 335-363); la bibliografia (pp. 365-381); l’indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli (pp. 383-388).

Già nella prefazione l’Autore evidenzia il taglio del suo lavoro: “not a biography but, rather, a study of the rise and fall of their (= Philip and Alexander) Macedonian Empire”. Da questo punto di vista Filippo è presentato come “architect of the Macedonian Empire” e Alessandro come “master-builder and destroyer”(pp. VII-VIII).

Degli anni di regno di Filippo e Alessandro Worthington evidenzia, come già indica il titolo del volume, soprattutto l’aspetto militare. Con estrema precisione e ricchezza di particolari infatti l’Autore chiarisce sia le tattiche militari via via adottate dai due re, sia le finalità strategiche ed economiche che ogni operazione aveva nel disegno politico dei due sovrani.

Il lavoro, caratterizzato da un taglio estremamente agile e da un linguaggio semplice e chiaro, è rivolto, oltre che a una ristretta cerchia di specialisti, soprattutto a un pubblico più ampio di appassionati e cultori. Per esso è pensata l’organizzazione del volume, il cui testo risulta maggiormente incisivo e scorrevole perché privato di citazioni in greco o latino, rotto solo da poche note (peraltro collocate alla fine), nelle quali l’Autore segnala fonti e bibliografia, e asciugato delle discussioni accademiche connesse o a problemi testuali, o alla ricostruzione, lettura e interpretazione di alcuni eventi per i quali Worthington rimanda a una selezione di studi specialistici. Ancora per questo pubblico è pensata sia la scheda finale sulle fonti (pp. 311-319), nella quale l’Autore indica le fonti principali e quelle secondarie; distingue le opere a carattere storico dai discorsi degli oratori minati da personale vis polemica; segnala le principali traduzioni in inglese delle fonti letterarie, nonché i principali testi di riferimento per le fonti numismatiche, epigrafiche ed archeologiche; sia le agili schede biografiche dei personaggi principali che gravitarono intorno a Filippo e Alessandro (pp. 327-333).

Pur in uno studio incentrato sulle imprese miliari dei due re, Worthington non trascura alcuni aspetti paralleli alle loro azioni come l’ellenizzazione della dinastia regnante, la presenza di numerosi intellettuali tanto alla corte di Filippo che a quella di Alessandro, il senso religioso dei due sovrani, le azioni propagandistiche connesse alla presentazione (e giustificazione) delle loro imprese militari, e non manca di affrontare sia problemi spinosi come quello relativo al grande tumulo di Verghina nel quale, a suo avviso, sarebbe da individuare la tomba di Filippo (pp. 123-126), sia temi un tempo ritenuti scabrosi e “distasteful” (ad es. W.W. Tarn, Alexander the Great, II, Cambridge 1948, pp. 322-326) come la vita sessuale di Alessandro scandita da rapporti sia con donne che con uomini (pp. 136-137).

Se nei primi sei capitoli Worthington analizza la Macedonia prima di Filippo e il regno di Filippo (pp. 7-119), nella restante parte (capitoli 7-15, pp. 121-309) presenta invece il regno di Alessandro e l’impresa in Asia. Ripercorrendo le tappe della spedizione, dallo sbarco in Asia Minore nel 334 a.C. alla morte del re a Babilonia nel 323 a.C., l’Autore non manca di evidenziare alcuni aspetti salienti dell’impresa: dalla strategia adottata dal re macedone in ciascuna battaglia (a tal proposito il testo è chiarito da apposite cartine: pp. 146-147, Granico; p. 166, Isso; p. 189, Gaugamela; p. 245, Idaspe); alla sorte delle città greche d’Asia Minore dopo la battaglia del Granico (334 a.C.) di nome liberate dal dominio persiano e riportate alla democrazia, di fatto sottomesse al re macedone che, sostituendosi al re persiano, manteneva lo status quo nell’organizzazione delle province conquistate (p. 162). Unitamente ai successi militari Worthington ricorda anche gli errori strategici di Alessandro. È il caso della sua decisione di sciogliere la flotta all’indomani della vittoria del Granico, decisione che portò alla riconquista persiana di molte città dell’Asia Minore e che non ebbe conseguenze ben più gravi solo per la morte del capo della flotta persiana Memnone (p. 160).

L’analisi degli eventi presentata da Worthington fa emergere un ritratto chiaro tanto di Filippo che Alessandro attenti ad approfittare delle situazioni a loro più favorevoli, a leggere in anticipo i vantaggi che ogni operazione poteva portare, a valutare i termini delle alleanze, a ponderare le scelte politiche. Abili strateghi dunque ma anche formidabili calcolatori, Filippo e Alessandro, legati non solo da rapporto di sangue ma anche dalla capacità di vedere oltre; ascoltare senza condizionamenti la parola degli intellettuali a loro vicini per poi operare in libertà; circondarsi di consiglieri senza esitare a emarginarli o addirittura a eliminarli in caso di dissenso. Calcolo, diplomazia e lancia con la quale – by the spear – entrambi si fecero spazio prima nel frastagliato e rissoso mondo greco, poi nel debole impero persiano.

Worthington in ogni occasione – ed è questo, a mio avviso, un aspetto di rilievo e di originalità del suo volume che emerge nella ormai vastissima e incontrollabile bibliografia su Filippo e Alessandro, arricchita incessantemente da nuovi interessanti lavori 1 – non trascura di ricordare il debito di Alessandro verso il padre, rimarcando, ad esempio, come “Alexander’s spectacular exploits in Asia tends to overshadow these details (= la vittoria a Cheronea e il piano di Filippo di invadere l’Asia interrotto bruscamente dalla sua morte nel 336 a.C.) as well as his father’s achievements for Macedonia, which provided Alexander with the means and opportunity to build an empire that stretched from Greece to India and come to be dubbed ‘the Great’” (pp. 90-91).

A sostegno di questo punto di vista l’Autore riporta in esteso un passo di Trogo-Giustino (Justin. 9.8, pp. 118-119) una fonte che, avendo davanti agli occhi l’intera parabola storica di Filippo e Alessandro a distanza di oltre quattro secoli, poteva a ragione evidenziare le doti di entrambi e concludere con queste parole: “Quibus artibus orbis imperii fundamenta pater iecit, operis totius gloriam filius consummauit (With such qualities did the father lay the basis for a wordwide empire and the son bring to completion the glorious enterprise) (9.8.21)”.2

Se autori tardi come Diodoro e Trogo-Giustino, appunto, spinti e/o condizionati anche dalla cultura del loro tempo, valutarono la figura di Filippo più positivamente rispetto a quella di Alessandro ciò si deve alla maggiore capacità del padre di essere re rispetto al figlio che pure conquistò un impero vastissimo portando le sue truppe nel cuore dell’Asia. A fronte di questo successo infatti, sottolinea giustamente Worthington (p. 309), “A great conqueror does not necessary make a great king, as the demise of Macedonia’s empire and the end of the Argead dynasty demonstrated on Alexander’s death. His legacy was not so much the distinguished intellectual and cultural achievements of the Hellenistic period but, rather, the wars of the successors, whose ambitions changed his empire into a collection of competing dynasties that shaped the political fortunes of the eastern Mediterranean an Near East for more than 200 years.”

Un Alessandro ridimensionato e un Filippo rivalutato, dunque, quelli presentati da Worthington? Direi di sì, ma non sulla base di personali opinioni quanto di un confronto tra i due regni. Se l’immagine di Filippo fu presto oscurata dall’impresa e dalla fama del figlio, la figura di Alessandro, pur diventata leggendaria nella tradizione e assurta a modello positivo o negativo di re, fu soggetta a una triste sorte. Chi aveva cercato di unire in un impero universale Occidente e Oriente, cultura greca e cultura orientale, lasciava infatti in eredità un mondo frantumato dalle guerre intestine. Se l’immagine del re macedone e il ricordo della sua impresa rimanevano indelebili nella tradizione che comunque faceva di Alessandro un modello da imitare o da evitare, i risultati prodotti dalla spedizione in Asia consegnavano alla storia tanti regni in perpetuo conflitto, nemesi, forse, di un progetto unificatore che solo durante la breve vita di Alessandro aveva trovato la sua reale ed effimera realizzazione. ​

Notes

1. Ad es. L. Braccesi, Alessandro il Grande. La storia, il mito, le eredità culturali, Napoli 2014; J. Fündling, Philipp II. von Makedonien, Darmstadt 2014; S. Müller, Alexander, Makedonien und Persien, Berlin 2014.

2. G. Squillace, The Comparison between Alexander and Philip. Use and metamorphosis of an ideological theme, in T. Howe, E. E. Garvin, G. Wrightson (eds.), Greece, Macedon and Persia. Studies in Social, Political and Military History in Honour of Waldemar Heckel, Oxford 2014, pp. 107-113. ​