[I titoli dei capitoli sono elencati alla fine della recensione.]
Avvertenza preliminare: qualora emergesse nella recensione una componente emotiva sovradimensionata rispetto al solito, ciò è dovuto alla mia conoscenza di Nicosia, che nel 1998-99 ha tenuto insieme ad Andrea Cozzo (ricordato nella Premessa fra i più cari collaboratori) il primo corso di Letteratura Greca che ho frequentato.
Salvatore Nicosia ha insegnato lingua e letteratura greca dal 1965 al 2012 ed è stato Preside della Facoltà di Lettere, Direttore di Dipartimento (per due volte), membro del Senato Accademico. Questo volume segna l’ingresso nel ruolo di “professore emerito” e appartiene (solo in apparenza) al genere letterario della Festschrift. Secondo la tradizione otto-novecentesca, due sono le modalità di composizione ammesse: la prima è quella del volume contenente i contributi scientifici dell’intera carriera, brevi ma rilevanti ( Kleine Schriften), magari sotto un suadente titolo latino (per un ellenista, il saluto di prammatica); la seconda modalità di composizione è la raccolta di contributi di amici e sodali (secondo l’Autore, una “prova del nove” del gradimento raggiunto in carriera). Coerentemente con la Sua Weltanschauung, l’Autore ha collocato il volume nel genere letterario nicosiano more rivisitato.
Agli “scritti minori” di grecista sono affiancati “scritti vari”. Questi ultimi toccano gli argomenti più disparati e sono in apparente stridore con i primi. La (allusivamente pasqualiana) stravaganza è visibile solo per quanti non conoscono l’Autore: la caratura intellettuale di Nicosia rappresenta il filo conduttore dei lavori. Il profilo dell’Autore è mostrato da alcuni temi ricorrenti. Benché viva nel suo tempo, Nicosia è uno “spirito della grecità antica” che vive nel presente. È proiettato fuori dal tempo e indica un nuovo tempo, illuminando alcuni problemi con passione e ardore civile. Ordinando i suoi scritti cronologicamente, l’Autore suggerisce una chiave di lettura nel rapporto col tempo: inforcando le lenti della memoria del passato, ci si può proiettare verso il futuro. La scelta del titolo merita qualche considerazione preliminare: essa si rivela assai meditata, come sempre nella produzione dell’Autore. Traslitterazione dal greco, che si traduce di solito “diario, registro”, ἐφημερίς si adatta a questa raccolta in quanto l’Autore ordina i testi prescelti secondo la sequenza di apparizione: essi compaiono nell’ordine di composizione e pubblicazione, cioè “giorno dopo giorno” ( ἐφ᾽ἡμέραν). Per questo loro carattere occasionale, l’Autore suggerisce anche che essi potrebbero essere “effimeri”, “creature della durata di un giorno”, ( ἐφήμερα) e quindi confinati ad un vita breve. Infine ἐφίμερος del greco antico (= “desiderabile, gradevole”) non ha lasciato traccia né in italiano né in altra lingua, ma, pur essendo diverso nella radice, grazie alla sua assonanza può suggerire uno sforzo di “etimologia dei sensi” ed essere chiamato in causa a proposito di questi testi.
Il contenuto del volume si può suddividere in sezioni: 1) la “grecistica in senso stretto” (2, 3, 4, 7, 10, 11, 13, 15, 17, 19, 20, 21, 23, 28, 34, 37, 38, 39, 40, 41, 43, 45, 46, 47, 49, 50, 51, 52, 53) occupa poco più della metà del volume; 2) la politica e la società in Italia (1, 9, 12, 14, 18, 22, 24, 25, 29, 31, 33, 35, 36, 48); 3) le “suggestioni di Sicilia” (5, 6, 8, 16, 26, 27, 30, 32, 42, 44, 54). Per il lettore di maggior interesse appare la sezione “grecistica in senso stretto”, che tratto per ultima.
I 14 contributi di “politica e società in Italia” riguardano l’istruzione pubblica in Italia, il ruolo dell’Italia nelle “missioni di pace” e l’ideale di una società multietnica. È bene ricordare che la formazione dell’Autore è legata al periodo storico in cui la scuola di massa in Italia non era ancora una conquista e i disagi da affrontare erano molti (cfr. p. 47 e 367). L’Autore interpreta il processo di cambiamento dell’istruzione pubblica in Italia (la riforma Ruberti, la riforma Berlinguer, la riforma Moratti) come un costante peggioramento, supportato da una precisa volontà politica (in tal senso, particolarmente corrosivi sono Platone e Berlusconi, Gli scrutini di don Rodrigo, Berlusconi e il greco). Illuminante la seguente chiosa:
Non è difficile ipotizzare quale sarà, in breve tempo, il risultato di questa competizione fra diseguali: una scuola privata di élite riservata a pochi eletti; l’orgia dei diplomifici a buon mercato che fisseranno ciascuno il proprio listino prezzi dei diplomi rilasciati, magari recapitandoli a domicilio, o via internet, senza fatica di frequenza; una scuola pubblica costretta, se vuole sopravvivere, ad una degradante gara al ribasso della qualità; e le classi sociali che dovranno assestarsi ciascuna al proprio livello economico. È l’azzeramento di 50 anni di civiltà e di progresso garantiti dalla funzione democratica della scuola pubblica: una prospettiva disastrosa, in quanto irreversibile, per il livello civile di questo paese. (p. 240)
La passione civile dell’Autore è stimolata anche dalla politica estera italiana. Scrive con ironia sulla missione nel golfo Persico del 1987 (a me, lo scritto ha ricordato Icaro di Savinio in Achille Innamorato); commenta con amarezza la campagna “Desert Storm” del 1990-91; ragiona con lucidità alla presenza del Presidente Ciampi nel 2003. In ogni circostanza Nicosia mostra un intransigente antimilitarismo e si schiera a favore di una società realmente multietnica:
ci stupiamo che, in una società evoluta, civile, illuminata, [la tolleranza, la solidarietà, il rispetto per l’alterità, la pluralità delle culture, l’egualitarismo, l’imparzialità della legge] non sempre costituiscano le linee ispiratrici, la stella polare, insomma, delle scelte politiche, legislative, sociali, che lo Stato è chiamato a compiere, e di quelle comportamentali, che investono la responsabilità dei singoli individui. Molto rimane ancora da fare; e con questa realtà in evoluzione, la politica, l’economia, la cultura sono chiamate a misurarsi. Dalle risposte che sapremo dare, dipenderà la possibilità di trasformare i problemi della convivenza fra culture diverse in una straordinaria risorsa per tutti. (p. 266)
Considero “suggestioni di Sicilia” 11 scritti. L’Autore tocca molti temi: l’eccidio dei braccianti agricoli di Avola, il dissidio tra lavoro intellettuale e manuale, la cultura delle classi subalterne, il condono edilizio, la riforma agraria del 1950, la politica dell’ARS, la mutazione del paesaggio rurale, il separatismo politico, l’altissima mafiosità del cosiddetto “Vallone” (comuni di Mussomeli, Villalba e Vallelunga), il valore culturale del lutto, le suggestioni narrative derivate dal paesaggio rurale. Temi che potrebbero apparire sconnessi trovano armonizzazione nell’orizzonte culturale dell’Autore. Come si intravede nelle rivendicazioni – a tratti orgogliose – d’appartenenza a Vallelunga nel “Vallone”, c’è qualcosa del ruolo tradizionale dell’intellettuale siciliano; però, Nicosia non sottace (con snobismo) l’origine contadina. Invece, evidenzia che leggendo, riflettendo, ricordando e ricostruendo, ha acquisito la consapevolezza che nella Sua zona la mafia “serviva essenzialmente a consolidare rapporti di produzione assolutamente iniqui (metaterìa, terraggerìa, sfruttamento dei mezzadri e dei braccianti agricoli, vessazioni inimmaginabili), a controllare e reprimere le tensioni sociali che da tali rapporti potevano scaturire (occupazione delle terre, lotte per la divisione dei prodotti secondo i decreti Gullo, nel secondo dopoguerra), a garantire, secondo parametri propri, l’ordine e la sicurezza in un territorio che non registrava alcuna presenza incisiva dello Stato e fra una popolazione di scarsa consapevolezza politica, e tutt’al più pericolosamente incline ad esplosioni anarcoidi.” (p. 365) Muovendo da tale consapevolezza, si interessa alle condizioni dei braccianti, al lavoro manuale, alla riforma agraria, al mutamento del paesaggio naturale. Lo scempio paesaggistico è il risultato del condono edilizio voluto dalla politica dell’ARS, cui si accosta la ridicolizzazione del separatismo siciliano. Dirigendo l’Istituto Gramsci, Nicosia non ha mai nascosto l’ideale politico. Di altro tono lo scritto narrativo ispirato al paesaggio rurale e quello relativo al valore culturale del pianto e del lutto nella Sicilia moderna (confrontata con la Grecia antica). In quest’ultimo – per così dire – c’è tutto Nicosia, l’intellettuale che vede le affinità della Sicilia rurale (millenaria e immobile nel tempo) con la Grecia antica, mediterranea, arsa dalla stessa calura e bagnata dallo stesso mare, dove conquistarsi ogni giorno di che vivere è, per l’umile γεωργός, fatica affidata all’aratro-chiodo (cfr. p. 232).
Quest’ultima riflessione conduce agli scritti indicati come “grecistica in senso stretto”. Anche questo gruppo è testimonianza di una molteplicità di interessi: ci sono contributi (13, 23, 38, 41) “ispirati dalla Sicilia”, altri scritti sulla cultura greca in generale (37, 39, 49); sui lirici arcaici (2, 4); su Elio Aristide e la Seconda Sofistica (7, 10, 11, 17, 45, 50). Due altri nuclei di interesse riguardano la tragedia greca e la sua traduzione in italiano (34, 43, 47, 51, 53) e gli interessi linguistici ed etimologici (3, 15, 19, 21, 28, 40, 46, 52). A mio avviso, i più rappresentativi sono gli articoli dedicati a questi ultimi due nuclei di interesse, in relazione ai quali ha lasciato non poca traccia di sé anche in ambito internazionale, grazie a studi particolarmente apprezzati.1
La Sicilia “ispira” quattro contributi: nel primo, il legame è dato dall’origine siceliota dei tiranni detentori delle vittorie equestri ai giochi olimpici, delfici, nemei e istmici; nel secondo, il raccordo con la Sicilia si trova nella discussione della cosiddetta “teoria dell’origine trapanese di Omero”;2 nel terzo, il prof. La Ciura, ellenista di origini catanesi, mostra l’appartenenza ad “una Sicilia mitica, eterna, abitata da dèi e demoni, solare, astorica, senza tempo, colpevole di avere «scioccamente volto le spalle alla sua vocazione che era quella di servir da pascolo per gli armenti del sole»” (p. 295); 3 nel quarto, il mondo contadino di Sicilia e i suoi antichissimi strumenti agricoli fa da sfondo alla discussione sull’etimologia di tre termini (κόσκινον, ἀλευρόττησις, κρησέρα) riportati in Polluce VI 74 e presenti nella glossa κ 58 di Esichio.4
La figura di Ulisse e il sistema religioso greco rappresentano i temi dei 3 contributi di carattere “generale”. Si trattano rispettivamente le maschere che il personaggio durante le peripezie è costretto ad indossare, fino al suo ruolo “in incognito” ad Itaca, e le conseguenze della mancanza di un “ libro di verità, che definisca la teologia, la cosmogonia e la cosmologia” (p. 408). Problemi di constitutio textus vengono affrontati nei contributi dedicati a Saffo e Alceo. I cinque articoli che si occupano di Elio Aristide sono rispettivamente dedicati ad interventi esegetici su singoli passi (XLVIII 25-26; XLIX 15; XLVIII 16; V 56-67),5 per restituirne una corretta interpretazione, alla presentazione della figura del retore ed al suo inquadramento all’interno della “Seconda Sofistica”.
Gli scritti indicati all’interno delle due sezioni “la tragedia greca e la traduzione in italiano” e “interessi linguistici ed etimologici” costituiscono altrettanti piccoli capolavori, che rivelano la peculiarità di Nicosia: la stessa acribia filologica presente negli articoli dedicati a Elio Aristide domina un orizzonte più vasto. Con la stessa disinvoltura e maestria, il metodo è applicato alle più varie scritture: termini del greco antico (il verbo κρίνω e la famiglia di parole corradicali), termini del greco moderno (καρακάξα, παπαρδέλα, κοτρώνι, μανάρι), segni diacritici (διακριτικά) della grafia greca, epigrafi (IG XII/3 868), poesia drammatica ( Ecuba e Trachinie), testi religiosi (antico e nuovo Testamento) sono tutti passati al vaglio dal vero filologo, colui che ama la parola, la forgia e l’alimenta con lo studio. Tuttavia, privo di vera sensibilità letteraria e acume critico, il filologo è sterile lessicografo e mai – come Nicosia – vero esegeta.
Il volume è chiuso da una bibliografia completa (54), che orienta anche tra gli “scritti maggiori” (di cui comunque si sente anche qui la presenza). Infine una nota sul ritratto di Bruno Lavagnini (20), Maestro di Nicosia. Ho trovato sorprendente la completa sovrapponibilità con la figura dell’Autore: “Ha sempre gli occhi aperti sulla realtà, si interessa di politica, segue gli avvenimenti quotidiani, interviene spesso attraverso la stampa su problemi politici, scolastici e di attualità, è in grado di valutare e interpretare, con originalità di giudizio e acuta percezione, eventi, uomini, fatti, tendenze del costume e mutamenti culturali. Gli studenti hanno sentito sempre un profondo rispetto per una persona che, aliena dalle velleitarie adesioni come anche dalle sorde chiusure, è apparso pur sempre ai loro occhi il rappresentante della Cultura con la C maiuscola” (p. 165).
Indice
Premessa (di Salvatore Nicosia) 9
1. Lettera a Vittorio Mistico, direttore del quotidiano «L’Ora» 11
2. Il nuovo Alceo 13
3. La guerra d’Albania nella letteratura neoellenica. I diari dei protagonisti 17
4. Una nuova edizione di Saffo e Alceo 23
5. La sicilitudine è una nebulosa infida 47
6. In fondo, è come la vita 49
7. Aelius Aristides, Ἱεροὶ λόγοι XLVIII 25-26 e XLIX 15 Keil 53
8. Il condono di don Calò 59
9. I mastini della guerra made in Italy 61
10. Pecore, latte e psicologia (Elio Aristide, Discorsi sacri XLVIII 16 Keil) 63
11. L’autobiografia onirica di Elio Aristide 77
12. La pantera di Palermo 95
13. Tiranni e cavalli 101
14. Pensieri sulla guerra 111
15. Etimologie neogreche 117
16. Marcello Cimino, o dell’agricoltura 123
17. La Seconda Sofistica 129
18. Platone e Berlusconi 155
19. Sull’etimologia del neogreco μανάρι 157
20. Profilo di uno studioso 161
21. L’epitafio per Admeto di Tera (IG XII/3 868) 169
22. Gli scrutini di don Rodrigo 183
23. L’«Odissea» davanti alla porta di casa mia 187
24. Sicilia felix 199
25. Pietre erranti e rapine culturali 201
26. Paesi e paesaggi 205
27. Notizie dalla Borbonia 211
28. Sul concetto di “giudizio” (κρίσις) in Grecia. Un approccio linguistico 215
29. Berlusconi e il greco 229
30. Pio La Torre e le lotte contadine 231
31. Vedi Berlinguer, e poi Letizia 235
32. Fotografare il mondo 241
33. Lettera aperta ai deputati regionali 243
34. Tradurre l’«Ecuba» per Siracusa 245
35. Restituiamo il fregio al Partenone 257
36. La società multietnica: i fondamenti culturali del problema 259
37. L’identità di Ulisse 267
38. Il professore e la Sirena 281
39. Elogio di Babele 323
40. Di crivelli, buratti, stacci, e d’altro (Poll. VI 74, Hesych. K 58 L.) 329
41. Vietato piangere. La repressione del lutto nella Grecia antica e nella Sicilia moderna 339
42. Appunti per una interpretazione delle «Trachinie» 353
43. Ricordi di mafia 365
44. Sogno di un nevrotico di mezza età (Elio Aristide, Discorsi sacri v 56-67 Keil) 369
45. Il revival cristologico e una nuova edizione dei quattro Vangeli 385
46. Le «Trachinie» dell’intellettuale Pagliaro 393
47. Zucche insipide e perdita del sentimento del tempo 401
48. Altre vie per l’immortalità nella cultura greca 407
49. «È morto al posto mio»: da Elias Canetti ad Elio Aristide 425
50. Tradurre il teatro: le «Trachinie» per Siracusa (2007) 439
51. Gettare, con l’acqua sporca (vari segni diacritici, διακριτικά), anche il bambino (lo spirito aspro, δασεῖα) 465
52. Duelli di parole nella tragedia greca 477
53. Memoria di cinque alberi 495
54. Bibliografia degli scritti di Salvatore Nicosia 503
Notes
1. Dizionario greco moderno-italiano, Roma: GEI 1993.
2. Butler, Samuel. The authoress of the Odyssey, Chicago, 1967.
3. Il racconto La Sirena, in Tomasi Di Lampedusa, Giuseppe. I racconti, Milano, 1961.
4. Latte, Kurt. Hesychii Alexandrini Lexicon: E-O, Hauniae: Munksgaard, 1956.
5. Keil, Bruno. Aelii Aristidis Smyrnaei quae supersunt omnia, Berlin: Weidmann 1898.