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Il volume “Rapports de subordination personnelle et pouvoir politique dans la Méditerranée antique et au-delà” raccoglie l’insieme dei contributi presentati in occasione del XXXIV Colloquio Internazionale del GIREA e del III Colloquio Internazionale PEFSCEA (31 agosto-2 settembre 2011, Buenos Aires). L’argomento scelto è certo di ampio respiro: le diverse forme di sfruttamento, ma anche i rapporti formatisi tra patrono e cliente e tra schiavitù e istituzioni statali sono infatti considerati da diverse angolazioni. La prima parte del volume propone una riflessione teorica sulla schiavitù. Le sezioni centrali del libro sono invece dedicate all’analisi delle diverse forme di subordinazione e ai rituali ad esse connessi. Il volume si chiude infine con una valutazione sulla dipendenza metaforica e concettuale, sia nel discorso filosofico sia nell’interpretazione letteraria. I contributi sono presentati nel volume in successione cronologica, dall’Egitto antico al mondo coloniale americano, passando attraverso la classicità. Il limite spaziale del convegno è il Mediterraneo antico; la volontà comparativa che ha guidato già i precedenti colloqui GIREA ha però permesso anche l’inclusione di alcuni studi periferici.
Apre il volume il contributo di C. J. Annequin, che prosegue una riflessione – già avviata nel convegno GIREA di Besançon del 2008 – sui concetti di dipendenza e dominazione e sulla rendita prodotta dal lavoro servile nelle società dell’antichità. L’intervento di O. Grenouilleau è invece incentrato sul rapporto tra schiavitù e potere statale. È infatti lo stato che legittima il sistema schiavista, istituzionalizzandolo e assicurandone la sopravvivenza, tramite il mantenimento delle strutture necessarie alla sua esistenza. Lo stato, inoltre, è talvolta proprietario di schiavi, come nel caso di Atene e dei demosioi.
La seconda sezione del libro, dedicata alle forme di dipendenza, si apre con lo studio di M. Campagno, che si è occupato del patronato e delle organizzazioni sociali affini, presenti nella valle del Nilo, nel III millennio. Una parte del contributo è poi dedicata al patronato “politico”, legato al seguito del monarca e alla relazione tra potere centrale ed élites regionali. L’intervento di E. Pfoh considera i rapporti di dipendenza esistenti in Siria e Palestina durante il Bronzo Antico (1550-1150 a. C.). Dopo una necessaria introduzione sullo scenario politico dell’area, vengono presentati i principali modelli interpretativi del funzionamento socioeconomico siro-palestinese. Dallo studio emerge che i legami di patronato e clientelismo attraversavano tutti gli ambiti della società, da quello economico a quello politico e rituale. L’intervento di F. Frizzo indaga le forme di controllo sociale e, parallelamente, di resistenza, esercitate in Egitto nel II millennio a. C. mettendo a confronto tre modelli interpretativi. Il primo insiste sulle azioni locali degli individui e nega l’esistenza di un’organizzazione burocratica globale dell’economia e della società. Il secondo propone di interpretare la società egizia alla luce della opposizione tra la società occidentale e quella orientale, nella quale si fanno in realtà rientrare tutte le collettività che hanno sviluppato un’economia differente da quella feudale. Il terzo modello interpretativo, infine, è promosso da Frizzo e spiega i processi di dominazione e di sfruttamento servile facendo interagire procedimenti complessi, finalizzati al mantenimento del potere della classe dominante.
Il punto di partenza dell’intervento di J. Gallego è il modello interpretativo di Bintliff, secondo cui la polis si costruì grazie a un meccanismo per cui un villaggio, riconosciuto come centro forte, riuscì a sottomettere e a guidare – anche in maniera violenta – altri centri più deboli. Le fonti archeologiche e letterarie (in particolare “Le opere e i giorni” di Esiodo) relative al villaggio di Ascra, inglobato dalla polis di Tespie, ben documentano questo passaggio. Lo studio di J. A. D. Trabulsi concerne la figura di Pericle e le forme di “clientelismo pubblico” messe in atto dal grande statista ateniese. Nel dettaglio, vengono presentate le biografie periclee scritte da De Sanctis, Levi, Homo, Delcourt e Kagan. Il principio su cui si basa l’intervento di P. Lopez Barjia de Quiroga è la comparazione tra l’Impero romano e gli altri imperi preindustriali che hanno dimostrato problemi analoghi. Soprattutto, sono indagati i meccanismi impiegati per mantenere il controllo sui governatori locali, imponendo una serie di proibizioni, atte a limitare gli abusi e le estorsioni e ad evitare la collusione degli interessi dell’amministratore e degli amministrati. M. Rodriguez Gervas si è occupato dell’ affaire legato al nome di Antonino da Fussala (422-423 d. C.), documentato essenzialmente da una lettera diretta a una nobile romana e da un’epistola inviata al Papa Celestino. Il mittente è Agostino di Hippona, che aveva dovuto rendere ragione del cattivo comportamento di Antonino, nominato vescovo del castellum di Fussala e denunciato alle autorità ecclesiastiche dai fedeli della sua stessa città per abuso di potere e per rapine e vessazioni ai danni dei suoi parrocchiani. I mezzi con cui il vescovo aveva operato erano basati sulla creazione di una clientela personale. Il contributo di S. Serulnikov ci porta in un orizzonte sia cronologico sia geografico assai distante dall’oggetto del convegno: l’autore si occupa, infatti, dei popoli andini del XVIII secolo. Il contesto ben si presta a indagare le relazioni esistenti tra la gerarchia comunale e la società nativa. In particolare è fondamentale il ruolo dei cacicchi, che erano gli intermediari tra lo Stato e le élites coloniali, e che avevano acquisito un accesso privilegiato alle risorse economiche rurali, con grandi possibilità di arricchimento personale.
La terza parte del volume si occupa degli usi, dei rituali e delle condizioni della schiavitù. Il primo intervento – di A. P. Zingarelli – riguarda l’antico Egitto nel periodo del Regno Nuovo. La società egizia è definita una società con schiavi – perlopiù prigionieri di guerra, posti al servizio della corona o, in minima parte, regalati dal faraone ai suoi più stretti collaboratori come ricompensa per i servizi resi – ma non una società schiavista. Nelle conclusioni si considerano poi l’integrazione sociale dell’elemento servile e l’impatto sulla sfera economica. Il secondo contributo di C. J. Annequin propone un’interessante riflessione sulle principali feste cittadine a cui potevano partecipare gli schiavi e si interroga sull’effetto di questi riti sull’ordine sociale. In particolare ci si sofferma sulle fonti concernenti la festa ateniese delle Antesterie, che avevano luogo l’11, 12 e 13 marzo. La ricorrenza era solo apparentemente un momento di integrazione sociale, in cui chi lavorava la terra ne condivideva anche i frutti. L’acuta osservazione conclusiva è, infatti, che mimando un’inversione dei ruoli, per cui i padroni servivano i loro schiavi, che si atteggiavano, a loro volta, a padroni, non si faceva altro che confermare l’esistenza di un grosso divario all’interno della società. F. Marshall ha incentrato il suo studio sulla figura dell’indovino Tiresia in quattro diverse tragedie: l’ Antigone e l’ Edipo Tiranno di Sofocle, le Baccanti e le Fenicie di Euripide. Partendo dall’assunto che la tragedia riproponesse in un passato mitico i problemi cogenti del presente, Marshall si interroga sul significato della figura del vaticinante nell’Atene delle seconda metà del V secolo. Ne conclude che, in Grecia, gli oracoli avevano la possibilità di inserirsi in un buon numero di giochi di potere. I governanti furono dunque spinti, negli anni, a liberarsi di profeti e indovini, percepiti come potenziali traditori, e ad orientare il potere verso una direzione laica. Il contributo di C. G. Mac Gaw concerne la condizione dei servi quasi coloni, ovvero una categoria di schiavi ai quali era data in affitto una parte di terra, in cambio del pagamento di una tassa. Dopo un’analisi dettagliata delle fonti e della storiografia sulla materia, l’autore conclude convincentemente che la schiavitù è da considerarsi uno status giuridico che non ha una conseguenza economica diretta; il caso dei servi quasi coloni dimostra infatti che gli schiavi potevano portare guadagno al padrone in vari modi, rimanendo, però, sempre in una condizione non libera. R. Chaulet ha presentato uno studio sull’evoluzione del termine captivus ( cautivo, in spagnolo, “prigioniero di guerra”, in italiano) dalla antica Roma fino alla Spagna del secolo XVI. Il risultato dell’analisi è che inizialmente il termine captivus fosse applicato tanto ai nemici di Roma quanto ai cittadini romani finiti in mani nemiche. Con l’arrivo del cristianesimo la questione dei prigionieri divenne un fatto privato: soprattutto i membri del clero si impegnarono nel riscatto dei prigionieri. Con l’arrivo dell’impero islamico nella penisola iberica la parola cautivo diventò poi sinonimo di schiavo, musulmano e cristiano. Nel secolo XVI, infine, il sostantivo venne usato esclusivamente per definire un cristiano privato della sua libertà.
L’ultima sezione del volume, che concerne le forme di dipendenza metaforiche e concettuali, si apre con l’intervento di D. Placido, che propone un esame dell’impero ateniese alla luce della terminologia usata dalle fonti per descrivere gli alleati. Principalmente si sottolinea la corrispondenza tra i vocaboli impiegati per delineare le forme di dipendenza personale e quelli applicati alle relazioni esistenti tra le diverse poleis. A. Gonzales considera le attinenze tra il pensiero stoico e la realtà sociale del I secolo d. C. In particolare viene esaminato nel dettaglio il De Beneficiis di Seneca. Il testo s’iscrive nella lunga tradizione stoica, ma non solamente, di trattati sulla posizione dell’uomo nella società. Seneca si interroga sul beneficio, capace di legare lo schiavo e il padrone in una prospettiva che attenua la sottomissione dell’elemento servile. Emerge un interessante compromesso tra la tutela dello status giuridico, l’evoluzione verso un’equità giudiziaria e una forma di eguaglianza etica. M. J. Hildago de la Vega ha presentato uno studio sulle forme nelle quali i banditi e il banditismo si organizzarono nei primi secoli dell’Impero romano (II e III secolo d. C.). Gli storici latini costruirono infatti immagini differenti di questi latrones, della trasgressione sociale che essi rappresentarono e del delicato rapporto tra le bande armate, le élites e l’imperatore stesso. Lo studio di A. Pedregal concerne i matrimoni tra donne libere e servi. In prima istanza l’autore si concentra sulle ragioni di ordine sociale e politico e sui motivi ideologici che portavano a condannare queste unioni nei primi secoli dell’Impero romano. Nella seconda parte del contributo si analizzano le leggi promulgate per regolare i matrimoni tra donne libere e schiavi, dal I secolo d. C. al VI, con attenzione ai cambiamenti apportati dal passaggio dal paganesimo al cristianesimo. Chiude il volume il contributo di A. Prieto, dedicato alla novella storica Die Geschäfte des Herrn Julius Cäsar ( Gli affari del signor Giulio Cesare), scritta da B. Brecht negli anni trenta e portata sul grande schermo nel 1972 da J. M. Straub, con il titolo Geschichtsunterricht, Lezioni di Storia. Nell’opera, Cesare è descritto da un giovane storico idealista che a vent’anni dalla sua morte raccoglie il materiale necessario per scriverne la biografia. A ben vedere, la caratteristica più grande di Cesare risulta essere l’entità dei suoi debiti, che furono anche la causa reale del suo successo. La storia della Roma del I secolo a. C. viene così riscritta nella sua dimensione affaristica, secondo la legge del mercato, della domanda e dell’offerta.
Al volume mancano le conclusioni, che, io credo, sarebbero invece necessarie. Il tema del convegno, infatti, è ricco; i contributi sono eterogenei e coprono un arco cronologico – e geografico – assai vasto. I relatori, in un certo senso, hanno voluto mettere alla prova il monito “Historia magistra vitae”, accostando situazioni verificatesi in un lontano passato con contesti di un tempo ben più recente; tale volontà comparativa permette di attualizzare i temi affrontati e aggiunge dunque valore al libro. E’ invece più macchinoso, ad esempio, il nesso che lega il matrimonio tra donne e libere e schiavi al contesto del convegno, incentrato sui rapporti di subordinazione e potere politico nel Mediterraneo antico. Per questa ragione, uno spazio conclusivo, in cui riprendere le questioni principali, avrebbe certo agevolato la comprensione finale del volume. Un ultimo appunto concerne la scelta – comune a molti atti congressuali – di non standardizzare lo stile dei contributi. La mancanza di coerenza nei rimandi bibliografici (talvolta tra parentesi, talvolta in nota, talvolta corredati di numero di pagina, talvolta no), in particolare, obbliga il lettore a numerose interruzioni, che fanno perdere il filo del discorso. Come già detto, il volume è comunque ricco di spunti di riflessione ed è pertanto una lettura consigliata per chi voglia affrontare lo studio delle molteplici problematiche legate alla schiavitù.
Table of Contents
M. Campagno – J. Gallego – C. García Mac Gaw, Introduction
I. Problèmes conceptuels
Jacques Annequin, Travail, rente, esclavage dans les sociétés de l’Antiquité
Olivier Pétré-Grenouilleau, Esclavage et pouvoir d’État : quelques réflexions
II. Patronage, clientélisme et formes de dépendance
Marcelo Campagno, Del patronazgo y otras lógicas de organización social en el valle del Nilo durante el III milenio a.C.
Emanuel Pfoh, Relaciones de dependencia en Siria-Palestina durante la Edad del Bronce Tardío
Fábio Frizzo, Controle social sobre os camponeses no antigo Egito: modelos em contraste
Julián Gallego, Hesíodo, Perses y los basileîs : los dependientes aldeanosen el surgimiento de la pólis
José Antonio Dabdab Trabulsi, Le « clientélisme public » de Périclès dans l’historiographie du XX e siècle
Pedro López Barja de Quiroga, Patronato y clientela : el gobernador provincial romano
Manuel Rodríguez Gervás, Subordinación y esferas de poder en Agustín de Hipona : el caso de Antonino de Fussala
Sergio Serulnikov, El gobierno de los pueblos andinos en el siglo XVIII. Cambios y continuidades.
III. Usages, rituels et conditions de l’esclavage
Andrea Paula Zingarelli, Consideraciones sobre formas de “esclavitud” en el Egipto antiguo (Reino Nuevo ca. 1539-1075)
Colette Jourdain Annequin, Les esclaves dans la cité : fête et ordre social
Francisco Marshall, O servo do sagrado, o rei e a cidade
Carlos García Mac Gaw, Los servi quasi coloni y la renta esclava
Rudy Chaulet, Figuras del cautivo : evolución del uso de la palabra desde la antigua Roma hasta la España moderna.
IV. Dépendances métaphoriques et conceptuelles
Domingo Plácido, El imperio ateniense como subordinación servile
Antonio Gonzales, Le beneficium, l’esclavage et la construction d’un contrat moral stoïcien dans le De Beneficiis de Sénèque
María José Hidalgo de la Vega, Latro, latrones, latrocinium : realidad social y construcción literaria (siglos II-III)
Amparo Pedregal, Nonnullae se libere et servis suis conferunt…, servili amore bacchata(e). Uniones entre mujeres libres y esclavos, y el orden del reino de los cielos
Alberto Prieto, El capital financiero en la pantalla : los negocios del señor Julio César (Lecciones de historia).