Significativo prodotto di quella che oramai, a buon diritto, può definirsi ‘scuola barese’, il commento di Matteo Pellegrino ai frammenti del commediografo Nicofonte costituisce il quindicesimo volume della serie Fragmenta Comica, edita nell’ambito del progetto Kommentierung der Fragmente der Griechischen Komödie, diretto da Bernhard Zimmermann e promosso dalla Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Pellegrino è studioso esperto di poesia comica frammentaria,1 ed è, quindi, un bene che i magri resti della produzione drammatica di Nicofonte (cinque titoli di commedie e un totale di trenta frammenti, dei quali otto anepigrafi) siano finiti in mani competenti. Più specificamente, il volume qui recensito rivede e amplia (p. 9) un lavoro del 2006 con il complemento di alcuni contributi precedenti.2
Nell’introduzione (pp. 11-20), espansa rispetto al lavoro del 2006 (cf. n. 2), Pellegrino estrae, con la dovuta cautela, dai testimonia e dagli esigui resti dell’ output drammatico nicofonteo le informazioni utili a delineare i contorni della figura del commediografo (cronologia, temi caratterizzanti, drammaturgia, lingua e metrica). In assenza di appigli cronologici costituiti da riferimenti ad eventi storici, komodoumenoi o altre opere letterarie di sicura datazione (p. 17), Pellegrino si avvale dei dati epigrafici forniti dalle liste dei vincitori degli agoni dionisiaci e lenaici3 e dell’ Argumentum 3 Chantry (= hyp. III Wilson) del Pluto secondo aristofaneo, andato in scena nel 388 a.C., per collocare la produzione teatrale di Nicofonte “tra l’ultima decade del V sec. e i primi decenni del IV sec. a.C.” (p. 11). Contemporaneo, ma appartenente ad una generazione successiva a quella di Aristofane, Nicofonte – per quanto è dato giudicare dai titoli delle commedie e dai frammenti pervenutici – sembrerebbe appartenere alla cosiddetta ‘fase di transizione’ fra l’ archaia e la mese. La predilezione, inoltre, per la tematica mitologica e l’assenza di attacchi ad personam consentirebbe di ricondurre la produzione teatrale nicofontea nell’alveo del cosiddetto filone ‘disimpegnato’ della commedia attica antica, che ebbe i suoi più famosi rappresentati nei più anziani Cratete e Ferecrate (pp. 11-12 con n. 3 e 14). In relazione alla problematica informazione fornita da Ateneo (6.270a) che le Sirene di Nicofonte, al pari dei Turiopersiani di Metagene, siano rimasti ἀδίδακτα,4 Pellegrino si mostra meno aporetico rispetto alla posizione precedentemente espressa5 e propende ad accettare l’ipotesi di M. Revermann6 che le commedie non siano state rappresentate ad Atene, ma in qualche teatro dell’Italia meridionale: di qui la designazione di ἀδίδακτα ( scil. Ἀθήνησιν), dovuta alla loro assenza dalle registrazioni didascaliche che Ateneo, o meglio la sua fonte, avrebbe consultato (pp. 17-19). Personalmente, anch’io sono incline ad accettare una simile ipotesi e citerei a confronto, pur consapevole delle rilevanti problematiche sottese, il noto schol. mny Eur. Andr. 445 οὐ δεδίδακται (Cobet: δέδεικται codd.) γὰρ Ἀθήνησιν: che, senza bisogno di scomodare le didascalie, un’espressione di tal fatta finisca per essere conguagliata in un mero ἀδίδακτον non stupirà chi abbia esperienza delle traversie cui andarono soggette queste informazioni nel corso dei secoli, man mano che il ricordo della concreta realtà teatrale antica andava impallidendo.
Le pp. 21-22 sono dedicate alla presentazione dei testimonia, dei quali viene opportunamente fornita anche una traduzione. Avrei, forse, speso qualche parola in più su Sud. ν 406 (= test. 1 K.-A.)7: la ‘particolare’ figura sermonis (τῶν δραμάτων αὐτοῦ καὶ ταῦτα) che introduce la Schriftenliste, di origine – a quanto pare – esichiana, denuncia evidentemente la presenza di attività escertoria (a carico di chi, è difficile stabilirlo con sicurezza), confermata dall’esistenza del titolo Ἄδωνις, pervenutoci per ‘altra via’; gli ultimi due titoli Ἐγχειρογάστoρες e Σειρῆνες violano l’ ordo alfabetico della lista (i frr. delle Σειρῆνες, inoltre, sono tràditi solo da Ateneo).
Com’è logico attendersi, la parte più corposa del lavoro è dedicata al commento dei frammenti (pp. 23-76). Di ciascuna commedia Pellegrino, con sano giudizio e ragguardevole dominio bibliografico, esamina le varie proposte interpretative attraverso il confronto con la superstite produzione aristofanea e con quella degli altri commediografi, anche nei casi un cui di un dramma non ci sia pervenuto altro che il nudo titolo (è il caso dell’Ἄδωνις e dell’Ἐξ Ἅιδου ἀνιών, discussi rispettivamente alle pp. 23-25 e 55). Mi pare che il punto di forza del commento risieda soprattutto nella delucidazione dei Realien, e in particolare di quelli, per così dire, gastronomici (cf. il commento ai frr. 6, 14 e 21): in questi casi Pellegrino mette a frutto una competenza acquisita attraverso un’esperienza di lungo corso; ciò non toglie che all’occorrenza siano caratterizzati efficacemente anche elementi di lingua e di stile comici (ad esempio, ad frr. 2,1 e 30). Minore spazio riceve, invece, il trattamento di problematiche più squisitamente critico-testuali, anche perché – come lo stesso Pellegrino rileva – i frammenti “non pongono significativi problemi critico-testuali” (p. 20). Il testo dei frammenti è conforme a quello stampato nei Poetae Comici Graeci (VII, pp. 63-73), mentre l’apparato è riprodotto selettivamente solo nei casi in cui il commento discuta varianti testuali rilevanti o interventi congetturali (cf. e.g. i frr. 1, 6, 7); criterio analogo è adoperato per i testimoni dei frammenti, che vengono di norma solamente citati, ma discussi laddove il contesto di citazione dei frammenti serva a migliorare la comprensione di questi ultimi (p. 9). Di ciascun frammento Pellegrino fornisce una traduzione in lingua italiana e la scansione metrica, cosa particolarmente gradita in anni in cui le conoscenze metriche diventano sempre più appannaggio di pochi. Sarebbe tuttavia utile al lettore, anche se non si tratta di prassi univoca, che nei trimetri giambici venisse segnalata la presenza della maasiana brevis in longo in fine verso (frr. 1,1; *5,2; 6,1; 7,1; 8; 21,3; 22), così come andava indicata nei trimetri privi di cesura principale (pentemimere o eftemimere) la presenza della cesura mediana (frr. 1,1; 2,1; 6,2; 20,4).
Ecco alcune osservazioni sparse su singole commedie o frammenti.
Ἐγχειρογάστορες: due le forme tràdite del titolo: Ἐγχειρογάστορες e Χειρογάστορες. Kassel e Austin optano per la prima (e così anche Pellegrino), convinti, a quanto pare, dalla testimonianza di Sud. ν 406 (non entra in gioco Χειρ.- di Sud. ν 407: il titolo deriva verisimilmente da Athen. 14.645bc; per cui, cf. già A. Meineke, Quaestionum scenicarum specimen secundum, Berolini 1827, p. 60) e dalle argomentazioni di J.W. White (cf. PCG VII, p. 65). Per White ( The Scholia on the Aves of Aristophanes, Boston and London 1914, p. 277) “In eight of the nine cases […] in which Nicophon’s play is cited, the title Χειρογάστορες is given, but in six of these the phrasing is ἐν Χειρογάστορσι, which may well originally have been Ἐγχειρογάστορσι”. Un errore originato da errata divisione di parole, quindi. Io sarei più dubbioso: in realtà, i casi sono tre (Athen. 9.389a, 14.645bc; Lex. Bachm. 155,27), negli altri due troviamo ἐν τοῖς Χειρ. (Poll. IV 56; Athen. 3.126e), che non è proprio la stessa cosa, il sesto non esiste. Le spiegazioni paleografiche – si sa – possono essere ‘rivoltate come calzini’; si potrebbe pensare anche ad un errore di dittografia: ἐν Χειρ.- > ἐνχειρ.- > ἐν Ἐγχειρ.- (si veda in Poll. IV 56 la lezione fornita da S: ἐν τοῖς ἐνχειρ.-). Fr. 7,2: sul significato di χρηστός vs. πονηρός, si veda anche D. Rosenbloom, TAPhA 134.1, 2004, pp. 55-105 e 134.2, 2004, pp. 323-358 (queste pagine sono, invero, segnalate da Pellegrino nella precedente versione del commento nicofonteo: cf. AFLB 49, 2006, p. 59). Fr. 10: ai venditori ricorrenti in commedia (pp. 48-49) aggiungerei anche λυχνοπώλης (cf. Ar. Eq. 739) e, soprattutto, l’ἀλλαντοπώλης (Ar. Eq. 143 etc.).
Chiudono il volume una ricchissima bibliografia (pp. 77-96) e tre utili indici (passi discussi, nomi e cose notevoli, termini greci discussi, alle pp. 97-99).
Accurata la correzione delle bozze. Segnalo una sola svista: p. 40 r. 9 ” supra“, scribe” infra“.
In conclusione, possiamo congratularci con Pellegrino per averci fornito un valido sussidio per la comprensione e l’interpretazione della figura e dei frammenti di Nicofonte.
Notes
1. Del 1998 è il commento ai frammenti di Metagene, edito nel volume collettaneo Tessere. Frammenti della commedia greca: studi e commenti, a c. di A.M. Belardinelli-O.Imperio-G. Mastromarco-M. Pellegrino-P. Totaro, Bari, pp. 291-339; ma si vedano, in aggiunta, i lavori citati nella n. 2.
2. Cf. M. Pellegrino, I frammenti di Nicofonte, AFLB 49, 2006, pp. 43-97; il fr. 21 K.-A. delle Σειρῆνες era già stato oggetto di commento in Id., Utopie e immagini gastronomiche nei frammenti dell’ Archaia, Bologna 2000, pp. 127-132, mentre agli Ἐγχειρογάστορες è dedicato un articolo successivo (SPhV [N.S.] 3, 2002-2003, pp. 43-97).
3. Non faremo una colpa a Pellegrino di non aver probabilmente fatto a tempo (cf. p. 77 n.*) a fare riferimento alla recente edizione di IG II 2 2318-2325 prodotta da B.W. Millis e S.D. Olson, Inscriptional Records for the Dramatical Festivals in Athens, Leiden-Boston 2012.
4. Queste le parole di Ateneo: οἶδα δὲ ὅτι καὶ οἱ Θουριοπέρσαι καὶ τὸ τοῦ Νικοφῶντος δρᾶμα ἀδίδακτά ἐστι. La traduzione fornita da A. Rimedio (in AA.VV., Ateneo. I Deipnosofisti. I Dotti a banchetto, II, Roma 2001, p. 641: “So per certo che i Turiopersiani, come anche la commedia di Nicofonte, non sono mai andati in scena”) non mi pare accettabile.
5. Cf. Pellegrino, Utopie, ma si veda già il commento ai frammenti di Metagene (citt. n. 2), rispettivamente alle pp. 133-134 n. 1 e 304 n. 4.
6. Cf. M. Revermann, Comic Business, Theatricality, Dramatic Technique, and Performance Contexts of Aristophanic Comedy, Oxford 2006, pp. 71-72 e 329-330.
7. Sulle caratteristiche e su alcune delle problematiche connesse a questi materiali, cf. il documentato lavoro di A. Lorenzoni, Eikasmos 23, 2012, pp. 321-347.