Ecco un libro importante, pubblicato dal più titolato degli editori di antichistica in Francia, dove pure esiste un décalage tra la visibilità pubblica di temi legati alla sessualità e il loro riconoscimento universitario e scientifico – come ha sottolineato Michelle Perrot, figura-chiave della storia delle donne. Anche in Francia non sono mancate, infatti, resistenze istituzionali a studi di questo tipo da parte delle scienze umane e sociali, da ascrivere secondo alcuni all’influenza limitante, a proposito di temi legati alla sessualità, di Durkheim e Lévi-Strauss (questa l’opinione ad es. di M. Bozon, Sociologie de la sexualité, Paris 2005). È di sicuro paradossale che manchi il riconoscimento accademico di corsi universitari lì dove c’è una consolidata tradizione di ricerca e dove il primo seminario di storia delle sessualità fu inaugurato da Philippe Ariès già nel 1979 all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Non sembra ancora esserci in Francia alcuna rivista specifica, come in ambito aglofono GLQ o Journal of Homosexuality, ma in compenso vi sono alcune riviste mediche e/o psicologiche: il ritardo delle scienze umane e sociali tende perciò a rafforzare la medicalizzazione delle questioni sessuali a rischio di destoricizzarle e perfino di “ri-naturalizzarle” (per un bilancio vd. R. Revengin, ‘Gli studi lesbici e gay in Francia’, in: Omosapiens, Roma 2006, pp. 228-233). La produzione storiografica dell’ultimo trentennio, nonostante le resistenze delle istituzioni universitarie, è stata tuttavia vivace: per averne la portata basta fare i nomi di P. Veyne, G. Duby, C. Mosse, M. Sartre ( L’homosexualité dans la Grèce ancienne, “L’Histoire”, marzo 1985); e occorre ricordare i libri di B. Sergent sull’omosessualità, la mitologia greca e l’iniziazione nei popoli indoeuropei (ultima edizione 1996), i vari fondamentali contributi sul ‘femminile’ di N. Loraux, nonché la tesi di F. Dupont e T. Éliot sull’erotismo maschile a Roma (2001). In francese sono state tradotte due opere decisive nella storia degli studi, quelle di K. Dover ( Homosexualité grecque, 1982) e J. Boswell ( Les unions du même sexe dans l’Europe antique et médiévale, Paris 1996). Il quadro storiografico, al di là della Francia, si completa con i lavori di D. Halperin, non a caso autore della prefazione a questo volume (pp. 1-16), e J.J. Winkler (di cui Boehringer è traduttrice francese: Désir et contraintes en Grèce ancienne, Paris 2005), a cui debbono aggiungersi i contributi di F. Zeitlin, M. W. Gleason, C. A. Williams: spicca tuttavia la mancanza di ampie sintesi storiche sulle (omo)sessualità femminili. Solo un segmento cronologico e geografico è coperto infatti dal celebre libro di C. Calame, Les choeurs de jeunes filles en Grèce ancienne (1977). Il libro di Boehringer, frutto della rielaborazione della sua tesi di dottorato, durante la stesura della quale l’autrice dichiara di aver incontrato ‘certaines résistances universitaires’, evita comunque di confrontarsi direttamente con i dibattiti teorici ‘decostruzionisti’ che hanno animato la storiografia americana dagli anni Settanta agli anni Novanta, raggiungendo l’apice forse con i lavori di Judith Butler ( Gender Trouble, London 1990), intorno alla definizione del genere e dei suoi rapporti con il sesso e/o la sessualità: da un punto di vista ‘decostruzionista’, come è noto, il corpo non esiste prima o fuori della cultura, l’esperienza di una corporeità specifica secondo il sesso è una finzione, l’identità sessuale è denaturalizzata.
Il libro di Boehringer si pone invece nella tradizione di studi ‘costruzionista’ sulla scia di Michel Foucault: ossia studia la sessualità non come oggetto trans-storico e trans-geografico, stabile e invariabile, ma come ‘costruzione’ storica e culturale. Le nostre categorie di omosessualità ed eterosessualità, dunque, sono costruzioni recenti e perciò la nostra concezione della sessualità non è esportabile. In luogo di cercare le categorie moderne nell’antichità, bisogna invece concentrare l’attenzione ‘sur les écarts et la non concordance’ delle fonti antiche con le nostre categorie (p. 27). Di conseguenza il termine ‘homosexualité’ nel titolo è utilizzato nel senso di ‘relations sexuelles entre personnes de même sexe’, e non come categoria di persone che si riconoscono come tali e che hanno una cultura e rivendicazioni comuni ( ‘gay’ e ‘lesbiche’) (p. 27). Tali ‘relations sexuelles’ vanno intese in senso assai lato, innanzitutto come relazioni d’amore, e poi come relazioni non solo reali, ma anche ‘imaginaire, niées, caricaturées ou fantasmée’ (p. 17). Non sarebbe stato allora meglio intitolare il libro ‘le omosessualità femminili’ (al plurale)? Il compito di Boehringer non è semplice, perché la storia delle omosessualità femminile è – non solo nell’antichità classica – una storia di ‘silenzi’. L’interrogazione delle scarse fonti corre perciò il rischio di cadere vittima di un’‘illusione ottica’ storica e concettuale: così la ‘pre-omosessualità’ femminile, per usare una categoria introdotta dagli studi di D. Halperin, non è uguale o analoga a quella maschile. Le caratteristiche della ‘pre-omosessualità’ femminile (p. 362), che appaiono simultaneamente o in epoche diverse, non possono essere fatte coincidere, insomma, né con l’idea della tribade attiva e dominatrice delle definizioni mediche del XVI e XVII sec., né con il saffismo tenero e romantico del XIX sec. Date queste premesse, l’autrice cerca di raccogliere quel che sappiamo dell’omosessualità femminile nell’antichità, grazie a fonti soprattutto letterarie, e poi iconografiche ed epigrafiche. Il repertorio di Boehringer è certamente un’acquisizione degli studi storici, perché in belle sintesi storiografiche come quelle di Daniela Danna, Amiche, compagne, amanti. Storia dell’amore fra donne, Trento 2004 2), e di Paola Lupo, Lo specchio incrinato. Storia e immagine dell’omosessualità femminile, Venezia 1998, purtroppo non presenti qui in bibliografia, l’antichità è solo un capitolo di un più ampio profilo storico.
L’autrice segue un’esposizione sia cronologica sia per generi letterari (p. 33): l’omosessualità femminile nell’antichità, infatti, è oggetto di un discorso essenzialmente letterario. A tal proposito si deve ricordare che Boehringer non interpreta come fonti sull’omosessualità femminile alcune rappresentazioni vascolari dove compare il ‘godemiché’, che doveva essere di uso comune, come attesta tra l’altro la Lisistrata di Aristofane (p. 156). Vi sono dunque solo cinque possibili rappresentazioni figurate di legami sessuali tra donne, come per una specie di ‘tabu iconique’ (p. 144). Il libro è diviso in tre ampie sezioni: la prima verte sul mito e sulla lirica greca d’età arcaica (con grande spazio dedicato al mito di Kallistho, pp. 71-88); la seconda passa al vaglio le fonti dall’età classica all’età ellenistica (con una lettura narratologica, forse non sempre mirata, del Simposio e delle Leggi di Platone); la terza si occupa dell’epoca romana, dalla trasformazione mitologica di Ovidio alla satira sessuale da Fedro a Luciano. Ci sarebbe materiale di discussione per alcune interpretazioni, ineguali come la varietà delle fonti, ma il pregio del libro è a mio parere soprattutto nel tentativo di tirare le fila dell’indagine, nel voler dare delle linee generali valide per comprendere le omosessualità femminili nel mondo antico, pur con i distinguo necessari dato l’ampio spazio temporale preso in considerazione (il libro arriva sino all’età cristiana, III sec.d.C.). Le ‘conclusioni’ provvisorie sono: 1) c’è una differenza tra il trattamento letterario e iconografico delle pratiche d’amore e sessuali tra donne rispetto ad altre pratiche erotiche; 2) la valutazione morale delle pratiche erotiche e sessuali in genere non funziona per la valutazione delle relazioni sessuali tra donne; 3) l’erotismo specificamente femminile resta fuori dalle costruzioni immaginarie di società sottoposte alla norma imperiosa della mascolinità, come sono quelle antiche, e dunque non è oggetto di ‘rêverie’ o ‘esthétisme’: anche per questo non vi sono rappresentazioni sulle coppe che servivano a simposi maschili; 4) le relazioni sessuali tra donne sono ai limiti di ciò che gli antichi considerano come rilevante dell’erotismo e di conseguenza rilevante socialmente: esse elaborano dunque un ‘soggetto sessuato’ di frontiera, che si definisce per la sua esistenza ai limiti dell’umano.
In breve, il libro di Boehringer è un libro coraggioso, che si inserisce in una specifica tradizione di studi francesi e insieme la innova; è un libro erudito e colto, il cui non ultimo compito è quello di suscitare discussioni di metodo sulla storiografia delle omosessualità e di genere; è un libro che passa in rassegna le fonti conosciute, sì che esse possano essere nuovamente interrogate e messe in relazione tra loro.