Il volume di Pauline Schmitt Pantel intende analizzare i vari tipi di rapporto che legano alcuni illustri cittadini dell’Atene del V sec. con la comunità civica della quale essi fanno parte. Schmitt Pantel prende in considerazione prevalentemente, ma non esclusivamente, sei personaggi della storia ateniese, sei individui che esemplificano la relazione intercorrente tra i singoli cittadini — ognuno dei quali possiede suoi propri costumi, abitudini, gusti, insomma un suo proprio modo di vivere — e l’insieme dei cittadini. In effetti la convivenza di una comunità di cittadini è regolata, come è noto, da leggi scritte e leggi non scritte, da una prassi comportamentale che va al di là della dimensione strettamente politica e talvolta può collidere con le esigenze e / o le istanze del singolo. I sei cittadini su cui si incentra prevalentemente l’attenzione di Schmitt Pantel sono Aristide, Temistocle, Cimone, Pericle, Nicia e Alcibiade, “à eux six ils couvrent le V e siècle, un siècle encadré par deux conflits majeurs, les guerres médiques, qui opposent les Grecs et les Perses, et la guerre du Péloponnèse qui voit les cités grecques s’affronter entre elles pendant près de trente ans” (p. 13).
Il volume in esame si apre con un’introduzione nella quale l’Autrice spiega l’impostazione complessiva del proprio lavoro. Particolarmente interessante mi sembra quanto viene detto sulle fonti documentarie cui attinge l’Autrice. L’esame della vita privata e dei costumi dei sei “uomini illustri” e della maniera in cui tutto ciò si connetteva con la loro vita pubblica di uomini politici è quasi esclusivamente fondato sulle Vite di Plutarco, che di Schmitt Pantel risulta essere la “source essentielle” (p. 21). Secondo Schmitt Pantel è possibile sfruttare le informazioni storiche provenienti dagli scritti di Plutarco provando a individuare in essi “la trace des sources anciennes dont Plutarque s’est servi”. In effetti è convinzione di Schmitt Pantel che proprio al V secolo rimonti la prospettiva da cui Plutarco racconta la politica dell’Atene classica, cioè la maniera in cui i costumi privati del personale politico si integravano e acquistavano senso nell’ambito della cultura e della prassi politiche. Insomma Schmitt Pantel parte dall’assunto per cui, se nell’opera plutarchea si avverte che il privato rientra nel pubblico, ciò rifletterebbe “la construction du discours politique grec au V e siècle”.
Nel complesso il libro di Schmitt Pantel si suddivide in nove capitoli e si chiude con una Conclusion che riassume il senso generale della ricerca condotta da Schmitt Pantel. Proviamo a prendere in esame il contenuto dei singoli capitoli. Il primo capitolo ( La jeunesse et l’entrée dans la vie publique : pp. 23-41) tratta del passaggio dall’età giovanile a quella pienamente adulta che comporta l’ingresso nel mondo della politica e dell’impegno pubblico. Si tratta di un evento di grande importanza nelle biografie dei sei uomini politici ateniesi considerati. L’ingresso nella vita pubblica, che implica una più piena integrazione dell’individuo nel gruppo di cittadini, si riassume per il giovane che diventa adulto in quattro punti (p. 34): la partecipazione alla guerra, la presenza alle assemblee, l’appartenenza a un gruppo di amici e un sostanziale cambiamento di modi di vita per cui si abbandona il costume di recarsi ai simposi e ai banchetti e si adotta uno stile di vita più parco e morigerato, come nel caso di Cimone e Pericle. Mi sembra importante sottolineare che Schmitt Pantel si sofferma soprattutto sulle due tappe costituite dalla partecipazione all’assemblea e dall’uso di circondarsi di amici: in particolare l’Autrice tende a rintracciare già in queste prime tappe giovanili quella contrapposizione tra la biografia di Temistocle e quella di Aristide che si delineerà appieno negli anni seguenti.
Nel secondo capitolo ( Des hommes riches : pp. 43-57) Schmitt Pantel osserva che probabilmente il modo in cui il personale politico ateniese considerato da Plutarco gestiva le proprie risorse finanziarie e in generale la loro condotta sociale sono esemplificative dei comportamenti di quel ristretto numero di famiglie che forniva “l’essentiel des dirigeants politiques” (p. 43).
Nel terzo capitolo ( Des hommes sociables : pp. 59-74) Schmitt Pantel analizza un altro aspetto assai rilevante della dimensione pubblica dell’uomo politico ateniese, ovvero il suo ruolo di motore della sociabilità, ruolo che si esplica attraverso i canali consueti delle liturgie cittadine o, al di fuori della città, attraverso le occasioni prestigiose offerte dai grandi ritrovi panellenici. In ogni caso, Schmitt Pantel osserva opportunamente che l’uomo politico doveva sempre cercare di mantenersi in bilico tra la ricerca del favore pubblico tramite un atto evergetico e il rispetto per le consuetudini democratiche di morigeratezza e senso della misura.
Nel quarto capitolo ( Ni tyrans, ni despotes : pp. 75-89), che è a mio avviso uno dei capitoli più rilevanti del volume, Schmitt Pantel affronta sotto una prospettiva originale il tema, ampiamente studiato, del comportamento degli uomini politici in assemblea e del loro rapporto, assai complesso, con il popolo. Anche in questo caso Schmitt Pantel distingue bene il contenuto della descrizione di Plutarco dal reale funzionamento della democrazia ateniese e delinea un quadro in cui l’uomo politico ateniese doveva essere abile a mantenersi in equilibrio tra la necessità di conquistare il pubblico delle assemblee cittadine e quella di evitare di apparire come un tiranno o un despota e di incorrere dunque nella taccia di demagogo: ciò evidentemente dava materia alla riflessione politica e alle polemiche di V secolo (e altresì alla riflessione successiva di Plutarco). D’altra parte il rapporto tra l’uomo politico e il suo pubblico in un certo senso fa comprendere il ruolo che il singolo cittadino poteva ricoprire nella storia collettiva di Atene e nella sua identità e nel contempo spiega e chiarisce il contesto in cui nacque quel filone biografico che giunge sino allo scrittore di Cheronea.
Nel quinto capitolo ( Des hommes pieux : pp. 91-116) Schmitt Pantel affronta un argomento di grande interesse: che relazione si può stabilire tra la pietas degli uomini politici ateniesi ritratti da Plutarco e la loro figura di uomini politici, di uomini pubblici? Schmitt Pantel prende in esame la trattazione che Plutarco (e non solo Plutarco, beninteso) ci offre su alcuni punti ben determinati, come le offerte religiose e la partecipazione alle processioni e ai riti sacri. Ma quel che è più rilevante è che ancora una volta Schmitt Pantel rintraccia nella cultura politica di V secolo la tendenza, di cui rimane traccia nei Bioi plutarchei, di legare i comportamenti privati dell’uomo politico, anche quelli di carattere religioso, con la sua dimensione pubblica: “la construction de l’image des hommes politiques athéniens passe, entre autres, par la mise en scène publique de leurs pratiques religieuses” (p. 116).
Nel sesto capitolo ( La construction du genre : pp. 117-136) Schmitt Pantel prende in esame la relazione di genere che si viene a instaurare – ai più diversi livelli! – tra l’uomo politico democratico e altri uomini o donne. Come sottolinea in apertura di capitolo la stessa Schmitt Pantel, si tratta di un tema che certamente offre il destro a una riflessione sul tipo di comportamento adottato dall’uomo politico nelle sue relazioni con altri uomini e / o donne e sull’evoluzione che tale comportamento può avere. Certamente la relazione tra uomini e quella tra uomini e donne hanno diverse funzionalità e ricevono nelle fonti antiche un trattamento differente. Se la relazione tra uomini è, come sostiene Schmitt Pantel, “onnipresente nella vita sociale e nell’immaginario dei Greci” e se, in questo ambito, il caso più esemplificativo della relazione tra seduzione omoerotica e seduzione politica è quello di Alcibiade, la relazione tra uomini e donne è altamente significativa nell’ambito della costruzione di una prassi democratica: è infatti il matrimonio ad aver reso possibile la definizione di figli legittimi e quindi ad aver creato la base della legittimità d’accesso alla cittadinanza (e ai suoi privilegi).
Nel settimo capitolo ( Aspasie et Timandra : pp. 137-154) Schmitt Pantel si connette a quanto osservato nel capitolo precedente e riflette su alcuni casi di amore tra uomo e donna, tra cui, in particolare, quello celeberrimo di Pericle e Aspasia: a tale proposito Schmitt Pantel fornisce un utile quadro bibliografico sui recenti studi relativi alla donna di Mileto, la quale – nota l’Autrice – ricopre quasi il ruolo di un personaggio da romanzo, tale da conferire un po’ d’umanità alla figura austera di Pericle (p. 149). Nel complesso sembra emergere dalle Vite plutarchee una certa valorizzazione dell’elemento femminile nelle sue relazioni con gli uomini, non soltanto nei casi ateniesi, analizzati nel corso del settimo capitolo, di Pericle, Temistocle e Alcibiade, ma anche in altri contesti extra-attici.
Nel capitolo ottavo ( Des figures tragiques : pp. 155-174) Schmitt Pantel prende in considerazione, come suggerisce già il titolo, la dimensione tragica delle figure di uomini illustri ateniesi, specie per ciò che riguarda il momento della morte. Anche in questo caso, elementi per così dire privati come la loro condotta violenta ed eccessiva, la paura e perfino l’evento ultimo della morte vanno al di là della dimensione individuale degli uomini politici e attengono alla costruzione di quell’identità civica collettiva cui contribuiscono le coeve tradizioni biografiche sugli uomini illustri confluite nelle Vite plutarchee e studiate proficuamente da Schmitt Pantel.
Infine, nel capitolo nono ( Plutarque: biographe et historien : pp. 175-196), Schmitt Pantel si sofferma su Plutarco, ovvero su quella che è evidentemente la fonte principale adottata dall’Autrice. Schmitt Pantel tende a sottolinea la natura storiografica della narrazione plutarchea, osservando che essa “si iscrive nella maniera di scrivere storia degli Antichi a partire dall’epoca classica”. In questo senso Schmitt Pantel non manca di rilevare che il ricorso costante alla dimensione aneddotica, così caratteristica nell’opera dello scrittore di Cheronea, si spiega facilmente se si supera la distinzione moderna tra “storia politica” e “storia dei comportamenti o dei costumi” (p. 194). In ogni caso, sottolinea Schmitt Pantel, anche se senza dubbio Plutarco è il tramite di numerosi (e utilissimi) aneddoti relativi alla vita privata e ai costumi di alcuni importanti uomini politici ateniesi, ciononostante bisogna osservare che tali “courts récits” sembrano con ogni probabilità derivare dai “contemporanei di Alcibiade”: “c’est un discours, construit à l’époque classique, qui permet à l’historien d’aujourd’hui de comprendre les différentes facettes de la séduction grecque, et plus largement le lien entre les moeurs et le politique” (p. 196).
Nella Conclusion (pp. 197-205) Schmitt Pantel rimarca quanto osservato più volte nel corso del volume qui in esame: i costumi privati degli uomini illustri studiati da Schmitt Pantel sono “une des facettes de l’identité politique” e pertengono alla dimensione pubblica e collettiva della città, una dimensione nella quale necessariamente l’individuo è “membro di una comunità politica” e che da Schmitt Pantel viene descritta sulla scorta del celebre saggio di Oswyn Murray sulla città della ragione.
Nel complesso si tratta di un saggio molto denso, che presuppone una riflessione originale e sempre aggiornata sulla democrazia ateniese, sul suo funzionamento pratico e sulla costruzione di una identità civica nella quale si vengono a riconoscere i cittadini, i membri della comunità attica. Certamente alla base del volume in esame c’è una forte e chiara impostazione generale, un’idea di fondo, quella della relazione tra privato e pubblico esemplificata dai sei uomini illustri considerati. E tuttavia Schmitt Pantel non manca di mostrare nel contempo anche un’ottima padronanza degli strumenti di analisi particolare che sostengono tale visione più generale. Si tratta dunque di un ottimo esempio di come si possano produrre ricerche interessanti, utili e originali in merito a un tema studiatissimo come il V secolo ateniese. Il volume, rivolto non soltanto a un pubblico di lettori specialisti, ma a un pubblico più ampio, mostra una notevole piacevolezza e scorrevolezza di lettura, e nel contempo, come ho rilevato sopra, si basa sia su un’ottima conoscenza del particolare e del dettaglio ricostruttivo, sia su una riflessione profonda e aggiornata sulla grande mole bibliografica relativa al V secolo ateniese.