La pompeiana Casa del Fauno (nel volume citata come CdF) è universalmente nota fin dal 1830 per la sua ampiezza e perché è uno dei pochi edifici che conservarono l’aspetto di età ellenistica fino al tempo dell’eruzione. Di essa tutti conoscono il mosaico con la battaglia di Alessandro, che è stato datato per lo più in base a considerazioni stilistiche. La precocità del rinvenimento ha impedito un’ adeguata analisi cronologica delle fasi del complesso, in parte tentata con limitati saggi di scavo nel Novecento.
Il volume che qui si presenta pubblica i risultati degli scavi eseguiti tra 1961 e 1963 da Arnold Tschira e da Friedrich Rakob in più punti del notissimo complesso pompeiano, al fine di documentarne lo sviluppo. Gli scavi, a quel tempo innovativi, seguirono un rigido criterio stratigrafico.
Nella prima parte (pp. 19-54) Adolf Hoffmann tratteggia la storia dell’edificio, commentando analiticamente i vari gruppi di vani, di cui si offre la cartografia in appendice, e, a scala maggiore, nel DVD allegato, e descrivendo poi gli scavi eseguiti tra 1961 e 1963. Giunge quindi, sulla base anche delle analisi che vengono illustrate nella seconda parte dell’opera da Andrea Faber, a una dettagliata ricostruzione delle fasi di vita dell’area, prima e dopo la costruzione della casa, fino al secolo scorso, con i bombardamenti della seconda guerra mondiale1 e alcuni interventi di protezione e restauro.
Se oggi unanimamente la critica concorda sulla data di costruzione dell’edificio, nei primi decenni del II sec. a. C.,2 al posto di strutture anteriori, proprio gli scavi dell’Istituto germanico dei primi anni Sessanta del secolo scorso avevano indicato una data intorno al 180 e stabilito che verso il 110 la Casa fu dotata di un nuovo apparato decorativo, la cui esecuzione si era protratta per qualche decennio. La scansione cronologica viene ora affinata e presenta una successione molto chiara.
L’analisi, molto accurata, del materiale rinvenuto permette ad Andrea Faber (qui citata A.) di datare al VI e al V secolo alcuni oggetti, da cui si ricava un utilizzo dell’area almeno dal V secolo, se non prima. Due fosse, drenaggi o latrine, sono datate alla metà del V e al IV sec. Tra i resti di pasto si segnalano ossi di animali domestici quali manzo, vitello e caprovini, tra i selvatici cervo e patella. Qui si lavorava l’argilla e forse anche l’osso.
I rinvenimenti più antichi (pp. 78-80), che comprendono bucchero campano, ceramica attica e magnogreca, vernice nera di ambito etrusco-latino, anfore di tipo Corinto A e anfore puniche, attestano la varietà delle importazioni e il buon livello economico degli abitanti.
Nella seconda metà del III sec. a. C. furono costruite delle strutture di cui resta parte delle fondazioni: ad esse erano connesse una cisterna e delle latrine. Il panorama non muta di molto quanto a resti di pasto, mentre le attività artigianali si arricchiscono grazie al rinvenimento di pesi da telaio e di una scoria di ferro.
Per la costruzione della prima Casa del Fauno (CdF 1) l’area fu liberata dagli edifici esistenti e livellata. Elementi per la datazione vengono da assi e altre monete repubblicane battute alla fine del III secolo e rimaste in uso per non molto tempo, quindi dalla ceramica campana A-specialmente da una dozzina di forme Morel che erano tutte in uso nella prima metà del II sec. a. C. e in particolare nel secondo quarto. A questa prima fase apparteneva la prima decorazione parietale dell’atrio tuscanico, disposta su lastre di piombo affisse con chiodi e ancora in parte esistenti.
Una ristrutturazione della prima fase della Casa del Fauno è indicata da scarsi resti, i quali non si differenziano di molto da quelli della fase precedente: spesso le forme della ceramica nera sono le medesime. Per questo motivo l’A. suppone che i lavori siano stati eseguiti poco dopo la costruzione dell’attuale edificio, ovvero nel terzo quarto del II sec. a. C.
Dopo l’ampliamento e la ristrutturazione, nella seconda fase della casa (CdF 2) fu completamente rinnovata la decorazione parietale e quella pavimentale, incluso il mosaico con la famosa battaglia. A motivo del rimaneggiamento del terreno in occasione della sua asportazione, avvenuta nel 1843, non sono emersi elementi per fissarne con certezza la sua datazione, mentre sono apparsi resti di pollo e pesce — per la prima volta attestati nell’ insula — da cui si è ricavato l’uso dello stesso ambiente come sala per banchetti.
L’esame della ceramica rinvenuta al di sotto dei livelli pavimentali fa spostare verso il basso le datazioni finora accolte: l’A. non ritiene pensabile che tra avvio dei lavori e loro conclusione sia potuto trascorre circa un trentennio, anche se si deve mettere in conto la concomitanza della guerra sociale. Ella pertanto data la decorazione parietale di I stile nei primi decenni del I secolo a. C. Queste considerazioni poggiano sull’accurato esame del materiale, tra cui molti frammenti sono residuali. Altri appartengono ad oggetti che furono in uso tanto nel II quanto nel I sec. a. C. quali ad es. le lucerne biconiche dell’Esquilino o le anfore Dressel 1 A.
Dopo la metà del I sec. a. C. fu avviata una nuova parziale ristrutturazione (di CdF 2) con l’inserimento di un bagno privato
Alla fine dell’età augustea gli ambienti di servizio presso il secondo atrio ebbero un secondo piano (forse dato in affitto?). È la fase CdF3. Il materiale pertinente a questo periodo è molto abbondante, come è logico aspettarsi. Esso va da monete (tra cui assi dimezzati, databili dal periodo protoaugusteo a quello tiberiano) alla ceramica a pareti sottili ( e.g.., bicchieri di forma Marabini XXXI e XXXV), all’abbondante terra sigillata, tra cui compaiono quella orientale e quella sudgallica. Osserviamo che un bollo su fr. Conspectus 22.2 è simile ad altro, coevo, rinvenuto a Vechten (Corpus Vasorum Arretinorum, 2nd ed., n. 990) anche se è del tutto improbabile che derivino dallo stesso fabbricante. Si aggiungono anfore di vario tipo e lucerne.
Il settore di servizio fu poi soggetto a nuovi lavori in età claudia, per cui esiste come terminus post quem una moneta di Caligola del 37/41 d. C. I lavori forse si protrassero anche dopo il terremoto del 62 d. C. In quel tempo le colonne cadute per il terremoto furono sostituite con sostegni di legno, in loco ancora nel 79 d. C.
Da p. 93 a p. 103 si sviluppa l’analisi delle indagini di scavo. Particolarmente significative a questo proposito le osservazioni — estese a tutta l’area vesuviana — sulle buche di palo, sugli apprestamenti dei primi impianti termali, sull’uso di muratura in lava tenera (= Pappamonte) nelle fasi arcaiche.
In 126 pagine di catalogo sono descritte 465 unità stratigrafiche (Fundkomplexen) per un totale di poco più di 3200 oggetti.
Numerose le illustrazioni, di ottima qualità, e le riproduzioni delle tavole su carta millimetrata colorate a pastello. Il volume è corredato da un DVD che presenta le piante in pdf, quindi con notevoli possibilità di ingrandimento, alcuni dendrogrammi (che a differenza della loro versione a stampa sono finalmente ben leggibili) e i 127 rilievi di scavo, in alta definizione.
Altri rilievi, eseguiti nel 1976 da Adolf Hoffmann, sono serviti di base, recentemente, per una serie di interventi di restauro.3
Il volume si inserisce molto bene nella numerosa serie di pubblicazioni che negli ultimi anni sono apparse su Pompei e su varie problematiche pompeiane. L’accurata analisi dei rinvenimenti ha permesso di acquisire un articolata storia edilizia in dettaglio di un grande monumento, che sarà d’ora in poi un punto fermo per molti studi di carattere storico artistico (pittura, mosaico) e anche per lo sviluppo del tipo abitativo di lusso nella città campana e in genere nell’Italia meridionale.
Notes
1. A questo proposito è molto utile Laurentino Garcia y Garcia, Danni di guerra a Pompei. Una dolorosa vicenda quasi dimenticata, Studi della Soprintendenza archeologica di Pompei, 15, Roma 2006, part. pp. 82-86.
2. Ad es., da ultimo, Fabrizio Pesando, Maria Paola Guidobaldi, Gli ozi di Ercole. Residenze di lusso a Pompei ed Ercolano,“L’erma” di Bretschneider, 2006, p. 39.
3. Anna Cimmino, Angela Ragozzino, “Il rilievo come momento di studio e di verifica. La casa del Fauno,” in Nuove ricerche archeologiche nell’area vesuviana (scavi 2003-2006) atti del convegno internazionale, Roma 1-3 febbraio 2007, ed. Pier Giovanni Guzzo e Maria Paola Guidobaldi, Roma 2008, pp. 534-535.