Ad un’opera contenitore come i Deipnosofisti di Ateneo è dedicato il volume Athénée et les fragments d’historiens curato da Dominique Lenfant, che raccoglie i contributi sul tema presentati al convegno svoltosi a Strasburgo nel Giugno del 2005.
I sedici studi, preceduti dai lavori di Giuseppe Zecchini (“Athénée et les historiens: un rapport indirect”, pp. 19-28) e di John Wilkins (“Vers une historie sympotique”, pp. 29-39) che fungono da introduzione, e seguiti da tre appendici (“Athénée: texte et systèmes de référence”, a cura di Dominique Lenfant, pp. 383-385; “Les Deipnosophistes d’Athénée: repères dans une structure complexe”, a cura di Christine Maisonneuve, pp. 387-412; “Die Fragmente der griechischen Historiker (FGrHist). Table des volumes” a cura di Antonio L. Chávez Reino, pp. 413-415), sono divisi in tre sezioni: la prima dedicata a citazioni in Ateneo da storici le cui opere sono pervenute nella loro interezza (Erodoto e Senofonte); la seconda alle citazioni da opere storiche giunte solo in forma frammentaria; la terza, infine, alle citazioni da testi di argomento poetico, filosofico, medico.
La difficoltà di avvicinarsi ai Deipnosofisti è segnalata un po’ in tutti i contributi che evidenziano, ponendolo come problema centrale nell’analisi e nell’utilizzo come fonte di una tale opera poliedrica, quanto sia complicato, e a volte impossibile, individuare con un buon margine di sicurezza i criteri di citazione di Ateneo. Zecchini, ad esempio, (pp. 25-26) indica sostanzialmente cinque elementi che avrebbero guidato Ateneo nella scelta delle sue fonti: innanzitutto la presenza in esse di temi adatti ad un simposio ma anche il loro orientamento antiateniese; poi la personale ammirazione per Roma nonché la nostalgia per la monarchia lagide; infine la reperibilità dei testi. Entrando più specificatamente nei modi di citazione di Ateneo, Lenfant (“Les “fragments” d’Hérodote dans les Deipnosophistes“, pp. 43-72) rileva, in riferimento soprattutto all’opera di Erodoto ma estendendolo come criterio anche a tutti gli autori citati, quattro differenti tipi di citazione: richiamo di un’espressione precisa; citazione letterale (di una o più frasi); parafrasi; riassunto o semplice allusione al testo della fonte.
Oltre che sul metodo di citazione, i diversi contributi sollevano in vario modo anche il problema relativo al bagaglio di conoscenze che Ateneo dimostra di possedere richiamando nella sua opera un numero considerevole di testi: in altri termini l’erudito aveva letto direttamente dai testi menzionati, o si serviva piuttosto di repertori o antologie peraltro circolanti nella sua epoca? Anche in questo caso le conclusioni sono differenti. Ateneo avrebbe citato di prima mano dall’opera di Senofonte secondo Maissoneuve (“Les “fragments” de Xenophon dans les Deipnosophistes“, pp. 73-106), ma, ad esempio, avrebbe solo indirettamente conosciuto le Costituzioni di Aristotele da lui ampiamente richiamate (così J. Bollansée, “The aristotelian constitutions in Athenaeus’ Deipnosophistae“, pp. 175-189), nonché l’opera di Filocoro recuperata forse attraverso il riassunto che dell’ Atthis aveva fatto Asinio Pollione nel I secolo a.C. (così V. Costa, “La trasmissione dei frammenti di Filocoro attestati da Ateneo”, pp. 263-275).
Ricchissimi di dati, i Deipnosofisti di Ateneo talora riescono ad offrire quadri esaustivi dell’opera di numerosi autori (è il caso, ad esempio, di Filarco, come evidenziato da G. Schepens, “Les fragments de Phylarque chez Athénée”, pp. 239-261), talora invece ne danno un’immagine alterata. Come in molti hanno evidenziato, Ateneo cita solo in funzione degli scopi e degli argomenti trattati nella sua opera. In questo senso risultano assolutamente parziali le citazioni da Duride di Samo (così P. Giovannelli Jouanna, “Les fragments de Douris de Samos chez Athénée”, pp. 215-237), da Ellanico (D. Ambaglio, “Les fragments d’Hellanicos chez Athénée”, pp. 109-116), da Eforo (G. Parmeggiani, “I frammenti di Eforo nei Deipnosophistai di Ateneo”, pp. 117-137), da Teopompo (A. L. Chávez Reino – G. Ottone, “Les fragments de Théopompe chez Athénée: un aperçu général”, pp.139-174), da Posidonio (K. Clarke, “Les fragments de Posidonius chez Athénée”, pp. 291-302), ma anche da opere di carattere medico menzionate solo in funzione del tema del banchetto (C. Magdetaine, “Les fragments médicaux chez Athénée”, pp. 355-379). Citazioni così funzionali allo scopo, ai contenuti, ma anche alle opinioni dell’autore che spesso finiscono per risultare alterate rispetto al loro contesto di origine: è il caso, ad esempio, dei frammenti dall’opera di Teopompo di Chio, citato particolarmente in funzione della sua avversione a Platone (A. L. Chávez Reino – G. Ottone); di Platone, con il quale Ateneo ama confrontarsi e contro il quale non manca di lanciare pesanti accuse (L. Romeri, “Les citations de Platon chez Athénée”, pp. 341-354); dei poemi omerici (D. Bouvier, “Usage et autorité de l’épopée homérique chez Athénée”, pp. 305-319, e C. Bréchet, “Du “grande livre” homérique aux Deipnosophistes : exploration d’un continuum, pp. 321-340).
In un contenitore così ampio come i Deipnosofisti non mancano autori alla cui opera e personalità proprio le citazioni di Ateneo contribuiscono a dare una più precisa connotazione. È il caso dell’opera storica di Carete di Mitilene che, contrariamente a quella di Efippo di Olinto, dava di Alessandro Magno un’immagine sostanzialmente positiva (P. Payen, “Les fragments de Charès de Mytilène chez Athénée”, pp. 191-214), ma anche della figura di Sosibio inquadrabile, proprio attraverso Ateneo, tra I secolo a.C. e I secolo d.C. (così E. Lévy, “Sosybios le Laconien”, pp. 277-289).
Il volume di Lenfant si inserisce in una serie di recenti ricerche sui Deipnosofisti aperta dallo studio di Giuseppe Zecchini1 e proseguita da quello a cura di David Braund e John Wilkins.2 Si tratta di un filone di studio che segna una ripresa di interesse verso le cosiddette opere-contenitore valutate da ora un punto di vista nuovo che permette di valutare nella giusta misura anche il punto di vista dell’autore, troppe volte considerato solo come elemento marginale nella costruzione del testo.3
Da quest’ottica un convegno su Ateneo e i relativi atti non possonò che configurarsi come opera meritoria perché permettono di tornare a discutere sul tema sempre assai spinoso relativo al rapporto tra chi cita e l’autore-opera citati, richiamando nuovamente l’attenzione, come sottolinea Lenfant, su un autore come Ateneo che, soprattutto nel caso delle fonti storiche, cita sempre con discreta precisione e ragionevole imparzialità, senza quella vis polemica che caratterizza ad esempio Polibio e Plutarco.4
Se già nel suo contenuto il volume curato da Lenfant appare di alto spessore scientifico, esso, a fronte di ben 478 pagine complessive, si fa apprezzare per la sua facilità di consultazione resa possibile sia dalle tre appendici che aiutano lo studioso (ma anche il semplice lettore) ad orientarsi nella vastissima opera di Ateneo, sia dai tre indici (dei nomi, dei termini greci, delle fonti), sia dal résumé in francese e in inglese (o italiano) posto all’inizio di ciascun lavoro. Tutti questi elementi fanno di Athénée et les fragments d’historiens un punto di riferimento e uno strumento importante non solo nello studio di Ateneo, ma anche di tutta la storiografia frammentaria che proprio nei Deipnosofisti trova la sua fonte più ricca e autorevole.
Notes
1. G. Zecchini, La cultura storica di Ateneo, Milano 1989.
2. D. Braund – J. Wilkins (edd.), Athenaeus and his world, Exeter 2000.
3.. È il caso, ad esempio, dell’opera di Diodoro (D. Ambaglio, La Biblioteca storica di Diodoro Siculo. Problemi e metodo, Como 1995), ma anche di lessici come la Suda (G. Zecchini (ed.), Il lessico della Suda e la memoria del passato a Bisanzio, Atti della giornata di studio, Milano 1998, Bari 1999), o ancora l’opera di Eliano (cfr. L. Prandi, Memorie storiche dei Greci in Claudio Eliano, Roma 2005), Polluce (C. Bearzot – F. Landucci – G. Zecchini (edd.), L’Onomasticon di Polluce, Milano 2007).
4. Lenfant, Introduzione, p. 15. Si vedano però R. J. Gorman-V. Gorman, “The tryphê of the Sybarites: a historiographical problem in Athenaeus”, JHS 127 (2007) 38-60 e la bibliografia da loro citata, spec. C. Pelling, in Braund e Wilkins, 171-190 e D. Ambaglio, “I Deipnosofisti di Ateneo e la tradizione storica frammentaria”, Athenaeum 78 (1990) 51-64: questi studi sottolineano la tendenziosità di Ateneo, o per lo meno il fatto che egli spesso distorce il testo che afferma di riassumere o citare.