BMCR 2006.08.02

Boethius, De consolatione philosophiae, Opuscula theologica. Editio altera. Bibliotheca Teubneriana

, , De consolatione philosophiae ; Opuscula theologica. Bibliotheca scriptorum Graecorum et Romanorum Teubneriana. Munich/Leipzig: K.G. Saur, 2005. xxi, 262 pages ; 21 cm.. ISBN 3598712782. €76.00.

A soli cinque anni dalla prima (Munich/Leipzig: K.G. Saur [Bibliotheca Teubneriana], 2000), Moreschini (= M.) pubblica una seconda volta la sua edizione critica della Consolatio e degli Opuscula Theologica boeziani in una forma riveduta, corretta e in parte ampliata. Nel frattempo l’articolo annunciato da M. a p. v, n. 2, della sua prima edizione, ha visto la luce: Sulla tradizione manoscritta della consolatio e degli opuscula theologica di Boezio: proposte per una recensio, in C. Moreschini, Varia Boethiana, Napoli: M. D’Auria (Storie e testi, 14), 2003, 77-134. Questo lavoro, unitamente alle pagine introduttive dell’edizione, fornisce al lettore tutta la documentazione necessaria al lettore per comprendere i fondamenti testuali e storico-tradizionali su cui il lavoro ecdotico di M. si è basato, nonch i principi metodologici ai quali M. si è ispirato.

La scelta di M., sulla scia di Peiper (Leipzig: Teubner, 1971) e di Stewart-Rand (Cambridge, Mass.-London 1918 [Loeb Classical Library]), di pubblicare insieme il testo della Consolatio e quello degli Opuscula Theologica trova una giustificazione storico-tradizionale nel fatto che le due opere si trovano associate già in un buon numero dei manoscritti più antichi (s. IX) e di tale accostamento è stata proposta una possibile origine già tardoantica: la loro storia sembra, dunque, congiunta sin da subito e lo studio della tradizione degli Opuscula, meno ricca e meno contaminata di quella della Consolatio, ha permesso a M. di gettare luce su alcune vicende della storia della tradizione di quest’ultima, spesso di difficile ricostruzione a causa del gran numero di manoscritti e dei fenomeni di trasmissione orizzontale che la caratterizzano fin dalle sue fasi più antiche (Moreschini, Varia Boethiana, cit., 78-79).

Proprio il gran numero di manoscritti1 ha spinto gli editori della Consolatio a circoscrivere la recensio a un numero limitato di testimoni, considerati particolarmente autorevoli (quasi sempre per la loro antichità). A partire dalla prima edizione scientifica del testo della Consolatio, quella di Peiper, le basi documentarie degli apparati critici si sono progressivamente allargate nelle edizioni successive, quelle cioè di Weinberger (Vindobonae, 1934 [CSEL, 67]), di Büchner (Heidelberg, 1947) e di Bieler (Turnholti, ed. pr. 1957; ed. alt. 1984 [CChLat, 94]; M. non segnala la seconda edizione nel conspectus siglorum, p. xxi), ma, bench il numero di manoscritti collazionati fosse giunto a circa una quarantina, quelli sistematicamente utilizzati per la constitutio textus e menzionati negli apparati non hanno mai superato la decina. M. ha, per la prima volta, collazionato praticamente tutti i manoscritti più antichi (ss. IX-X e, in rari casi, XI) della Consolatio (circa una trentina) e degli Opucula (circa una quindicina) e ha tentato di darne, per quanto possibile, una classificazione stemmatica, pur senza disegnare un preciso stemma codicum (cosa che è stata tentata in passato, ma con esiti piuttosto differenti, da F. Klingner in Gnomon 16 [1940], 26-32, recensendo l’edizione di Weinberger). M., una volta eliminati i descripti e gli inutiles, seleziona una ventina di manoscritti utili alla costituzione del testo della Consolatio (circa il doppio di quelli di Bieler) e 14 codici utili alla costituzione del testo degli Opuscula (a fronte dei 7 utilizzati da Rand, il quale utilizzò anche l’Ambr. N 60 sup, ritenuto, invece, da M. apografo eliminando di L). Per la Consolatio M. individua due famiglie, α (O P M K) e β, quest’ultima divisa in due sottogruppi, β 1 (L T F N R E Mn W C) e β 2 (H V Va α γ β per gli Opuscula quattro famiglie, la Turonensis (θ λ τ ν strettamente imparentata con la Corbeiensis (η entrambe derivate da un capostipite imparentato con il capostipite della famiglia Floriacensis (ο ζ ὐ, mentre della quarta famiglia, quella Dionysiana (D) è difficile stabilire la parentela con le altre (M. utilizza anche S, un manoscritto del s. X-XI che presenta lezioni buone tratte dalla famiglia Turonensis contaminata con quella Floriacensis). L’esistenza di un archetipo all’origine della tradizione della Consolatio sembra confermata da un certo numero di errori comuni a tutti i manoscritti (per esempio: Cons. I 4, 19; I 4, 139; II 1, 14; II 1, 8; III 10, 31; IV 4, 1; IV 4, 18-21; IV 6, 40; IV 6, 42; V II,1) e l’individuazione di due ( α e β) o tre ( α, β 1 e β 2) edizioni in epoca precarolingia, origine di tutti i manoscritti e causa della loro contaminazione (Moreschini, Varia Boethiana, cit., 131), sembra confermare la ricostruzione di F. Troncarelli,2 secondo cui sarebbero esistiti due prototipi dell’edizione cassiodoriana di Boezio, come lo studioso deduce dall’esistenza di codici raggruppabili sulla base dei diversi formati, nonché sulla base di altri elementi di carattere squisitamente codicologico. Si tratta, tuttavia, di una convergenza soltanto apparente, poiché le ricerche di Troncarelli si fondano soltanto sulle caratteristiche esterne e materiali dei manufatti, non sulla collazione dei testi in essi contenuti, sicché, a mio parere, l’ipotesi di un’origine cassiodoriana della tradizione della Consolatio (e forse anche degli Opuscula) non può dirsi confermata dalle collazioni di M., che conducono a individuare raggruppamenti stemmatici non coincidenti con quelli codicologici.

Possiamo quindi confermare, nella sostanza, il giudizio formulato da J. Magee nella recensione alla prima edizione di M. in BMCR 2001.05.20, in cui è stato effettuato un confronto con l’edizione della Consolatio di Bieler: il lavoro di M. rappresenta un sicuro progresso, rispetto alle edizioni precedenti, sia per quanto concerne la recensio, benché limitata ai manoscritti più antichi, sia per quanto riguarda le informazioni fornite in apparato, anche in relazione a fatti grafici di una certa importanza. Si devono, tuttavia, ancora consultare le edizioni precedenti, in particolare quelle di Weinberger e di Bieler, sia per l’ apparatus fontium (da integrarsi soprattutto con J. Gruber, Kommentar zu Boethius, De consolatione Philosophiae, Berlin-New York: De Gruyter, 1978), sia per avere informazioni su alcune congetture e sulle lezioni di alcuni manoscritti andati perduti nei bombardamenti della seconda guerra mondiale (Mettensis, Bibl. Mun. 377 e Bonnensis, Bibl. Univers. 175). Si tratta spesso di informazioni non essenziali e, quindi, ragionevolmente omesse da M. nella sua edizione, che si propone come editio minor (Moreschini, Varia Boethiana, cit., 86), ma, in qualche caso, poteva risultare non inutile segnalare al lettore la presenza di un problema testuale, mediante la menzione di proposte di emendazione (anche non risolutive) in apparato, come per esempio in relazione ai problemi prosodici a I 4, 2 (‘egit’), 6 (‘exagitantis’) e 11 (‘saevos’), sui quali ha richiamato l’attenzione già Magee (BMCR 2001.05.20). Risulta inoltre un po’ scomoda l’assenza (nel testo o in un secondo apparato) dell’identificazione dei passi citati da Boezio, ricavabile soltanto dall’indice (243).

Rispetto alla prima (Mor.1), la seconda edizione (Mor.2) presenta alcune rilevanti novità: anzitutto M. corregge alcuni errori (per esempio Cons. I 1, 5 in apparato Mor.1 omette ‘saltem’ davanti a T; I 1, 1 ‘adtitisse’ Mor.1, ‘adstitisse’ Mor.2; III 2, 4 ‘mortales’ om. err. Mor.1, habet Mor.2; IV 2, 23 ‘acerbitate’ om. err. Mor.1, habet Mor.2), integra informazioni omesse nell’apparato in Mor.1 (per esempio: Cons. I 1, 15 in apparato Mor.2 aggiunge ‘heu ex eheu E2′; p. 5, l. 17 in apparato Mor.2 aggiunge ‘extrema T, vel -o corr. T2’; I 3, 7 in apparato in luogo della menzione della lezione di F ‘treicius’ Mor.2 segnala ‘treicio Va, corr. Va2’; ecc.), ne elimina alcune altre (per esempio: p. 12, l. 14 in apparato Mor. 2 elimina ‘et Comm.’ dopo ‘exempla L2’; p. 13, l. 36 in apparato Mor.2 elimina ‘aliquis Comm.’ dopo ‘quis eras. P2’; p. 17, l. 25 in apparato Mor. 2 elimina ‘Comm.’ dopo ‘A’; ecc.) e opera scelte testuali differenti (per esempio: Cons. I 3, 3 ‘sidera’ invece di ‘nubila’; II 1, 8 ‘suis’ invece di ‘suis’; III 10, 31 ‘[bonum]’ invece di ‘bonum’; IV 5, 3 ‘regat’, contro tutti gli editori precedenti, invece di ‘legat’). M. offre, inoltre, la collazione di due manoscritti in più (non segnalati, però, in Mor.2 nel conspectus siglorum, xix-xxi), uno per la Consolatio, Ha (Harleianus 2685, del s. ιχ appartenente alla famiglia β 2 (Moreschini, Varia Boethiana, cit., 117-118), e uno per gli Opuscula, Co (Cantabrig., Corp. Christ. Coll. 206, del s. ix appartenente alla famiglia Corbeiensis (Moreschini, Varia Boethiana, cit., 88). M. menziona, infine, nell’apparato degli Opuscula (anche in questo caso, però, manca la segnalazione nel conspectus siglorum, xxi), le lezioni di alcuni testimoni indiretti di età carolingia (Godescalco d’Orbais, Giovanni Scoto Eriugena, Ratamno di Corbie e Hincmarus di Reims: Moreschini, Varia Boethiana, cit., 102-105).

Le collazioni, come, già constatava Magee nella recensione a Mor.1 sulla base del controllo di un microfilm di V (Vat. Lat. 3363, s. ix sono più fededegne di quelle degli editori precedenti. Ho effettuato alcuni controlli autoptici su R (Ambr. H 31 sup., s. IX-X) e posso confermare, in relazione a Mor.2, il giudizio di Magee su Mor.1. Ho notato soltanto qualche piccola svista, come per esempio: p. 27, ll. 7-8, nella sottoscrizione R non ha ‘PATR.’, ma ‘PATRIC.’; p. 28, l. 13, ‘presentem’ (manca la segnalazione della correzione sopralineare di R1 ‘praeferentem’); p. 28, l. 14, la lezione ‘adyto’ in R è post correctionem in rasura; p. 29, l. 22, manca in apparato la segnalazione del fatto che ‘recta’ è lezione di R ante correctionem ( ut vid.), mentre R2 introduce ‘recto’; p. 30, l. 52, R2 non ha ‘exacerbares’, come sembra doversi dedurre dall’apparato di M., ma ‘exacerbabis’; p. 57, l. 5, nella sottoscrizione R omette ‘ATQUE’; p. 126, l. 142, in R non viene omessa la parola δαιμας, ma ne sopravvive soltanto una parte, δα.

Il lettore constata, insomma, un ulteriore progresso rispetto all’edizione precedente, anche se alcuni errori sono sfuggiti alla revisione. Essi, è bene sottolinearlo, non sono comunque tali da inficiare il valore dell’edizione, che, nei limiti imposti dal suo carattere di editio minor, costituisce un importante progresso nella conoscenza della trasmissione più antica del testo boeziano e nella sua costituzione.3 Ecco alcuni esempi: p. 12, l. 9 (testo), M. omette ‘residens’ dopo ‘saepe’; p. 14, l. 62 (apparato), il codice N è menzionato come testimone sia della lezione ‘quin’, sia della lezione ‘atqui in’; p. 33, l. 43 (apparato) ‘ tamenne‘ leggi ‘tamenne’; p. 83, l. 75 (apparato) ‘ Schepss.‘ leggi ‘ Schepss‘; p. 118, l. 141, è omesso il numero del paragrafo, 42, davanti a ‘Nam’; p. 120, IV 5, 3 (apparato), ‘Grubes’ leggi ‘ Gruber‘; p. 166, l. 21 (apparato), bisogna aggiungere ‘Co’ fra i testimoni della lezione ‘sane’ e segnalare che supra lineam vi si legge ‘pro nunc’;4 p. 167, l. 36 (apparato), bisogna aggiungere J tra D e O come portatore della variante ‘unus deus’;5 p. 173, l. 183 (apparato), manca la segnalazione dell’omissione di ‘vero’ da parte di Co e D;6 p. 262 (indice) ‘ ὑπόσταοις‘ leggi ‘ ὑπόστασις‘.

Un’ultima osservazione: pare condivisibile in linea generale, nel contesto di un’ editio minor la scelta di non tenere conto della testimonianza della versione greca della Consolatio realizzata da Massimo Planude. Già Weinberger, che pure accoglieva in alcuni punti congetture che si basavano su una retroversione della traduzione planudea (IV 3, 13 ‘extremum’; IV 4, 31 ‘caeco’), aveva ridimensionato il valore testimoniale che a essa aveva attribuito Sp. Bases in Ἀθηνᾶ 4 (1982), 341-363. Una generale sopravvalutazione del suo valore testimoniale sta probabilmente alla base anche del giudizio del più recente editore della versione planudea, M. Papathomopoulos,7 dato che non vedo prove stringenti della parentela della traduzione con T (Tegernseensis 765, Mon. Clm 18765, s. IX in.), sostenuta dallo studioso greco (ed. cit., xlv, liii). Resta però vero, a mio parere, che all’intelligente attività filologica di Planude vada riservato comunque un posto nell’apparato critico, anche di un’edizione ‘essenziale’, per almeno due ragioni: anzitutto Planude è autore e ispiratore di alcune congetture menzionate in apparato anche da M. (in un caso la lezione, ritrovata da M. anche in un isolato manoscritto del s. XI, Pc, è accolta nel testo, come aveva già fatto Weinberger: IV 4, 31 ‘caeco’). Si veda per esempio II 2, 5 ‘habes’ (‘debes’ di Peiper è già in Planude), III 3, 25 ‘sed natura’ (‘sed natura’ di Bieler si ispira alla versione planudea), ecc. In secondo luogo, per quanto possa risultare ovvio, a Planude va riconosciuta almeno la priorità rispetto al Glareanus (Basileae 1546) nella restituzione dei passi greci, che il dotto monaco trovava variamente corrotti nei manoscritti latini. A prescindere dal restauro delle citazioni di autori noti (che Planude poteva recuperare sia a memoria, sia mediante il controllo dei manoscritti che circolavano), degne di nota e di menzione in apparato sono almeno i due casi di I 4, 38 dove la lezione ‘ θεῷ è già in Planude, e di V 2, 1, dove l’emistichio omerico, che nei manoscritti latini è collegato alla prosa precedente, è attribuito al carme già da Planude, ben prima di Engelbrecht.

Notes

1. Un censimento di tutti i manoscritti boeziani è tuttora in corso: Aa. Vv., Codices Boethiani. A Conspectus of Manuscripts of the Works of Boethius, ι London – Turin, 1995-2001.

2. F. Troncarelli, Cogitatio Mentis. L’eredità di Boezio nell’Alto Medioevo, Napoli: D’Auria (Storie e testi, 16), 2005, libro in cui lo studioso ripubblica in forma aggiornata e ampliata, ma con meno tavole, il suo lavoro precedente: Boethiana aetas. Modelli grafici e fortuna manoscritta della Consolatio Philosophiae tra IX e XII secolo, Alessandria: Dell’Orso 1987.

3. In una futura editio maior si dovrà comunque dare conto sia dei manoscritti antichi scartati come inutiles ma non descripti (come Pb e Cant per la Consolatio o Mp. e gli Excerpta Monacensia per gli Opuscula), sia dei contributi della tradizione più recente, che non si esaurisce comunque nella cosiddetta vulgata a partire dai codici del s. XIV (B. Kottler, ‘The Vulgate Tradition of the Consolatio Philosophiae in the XIVth Century’, Medieval Studies 17 [1955], 209-214), sia, infine di un maggior numero di informazioni testuali ricavabili dai correttori dei manoscritti, dalle versioni e dalla tradizione indiretta. Un’ editio maior deve, infatti, a mio parere, servire anche allo studioso della storia del testo boeziano, non solo a chi lo voglia leggere nella sua forma più prossima all’originale.

4. Moreschini, Varia Boethiana, cit., 89.

5. Moreschini, Varia Boethiana, cit., 89.

6. Moreschini, Varia Boethiana, cit., 89.

7. Anicii Manlii Severini Boethii De consolatione Philosophiae, traduction grecque de Maxime Planude, éd. crit. par M. Papathomopoulos, Athens-Paris-Bruxelles: The Academy of Athens-Vrin-Ousia, 1999.