Il volume di seguito recensito rappresenta un ulteriore contributo della serie Prassi Diplomatiche dell’imperialismo romano, a sua volta parte della serie, sempre ad opera di Canali De Rossi, Relazioni Diplomatiche di Roma. Il volume, in effetti, è denso di rimandi ai precedenti fascicoli delle due serie, a dimostrazione di un piano d’opera ben strutturato, complesso e soprattutto completo, grazie al quale l’Autore (d’ora in poi l’A.) ha raccolto, e continua a raccogliere, testimonianze di diversa provenienza e natura, utili per ricostruire le relazioni diplomatiche di Roma, seguendo un andamento puntualmente cronologico.
Il volume qui in esame si fa apprezzare in primo luogo, oltre che per la continuità anzidetta con i suoi precedenti, per la breve ma significativa precisazione con cui l’A., già nella premessa, sintetizza la concezione stessa di atto diplomatico. A fronte di accezioni troppo generiche di tale concetto, che potrebbero anche sviare il lettore dalla corretta interpretazione delle fonti oltre richiamate, l’A. dà dell’idea di “atto diplomatico” una definizione sì sintetica, ma anche e quanto mai complessa, declinandolo in tutti gli aspetti che lo potevano caratterizzare. Definizione, questa, che risulta utile al lettore in generale ma certo anche a coloro che si apprestino a leggere le pagine successive del volume di Canali De Rossi (o anche i fascicoli precedenti delle serie citate, poiché, come specifica l’A., la comprensione stessa del concetto di atto diplomatico riguarda anche le fonti e gli episodi già raccolti nei volumi già pubblicati).
Dopo questa breve ma significativa premessa, che peraltro annuncia in via programmatica alcune novità che riguardano il volume stesso rispetto ai suoi analoghi delle serie precedenti (essenzialmente una ricca e ragionata rassegna bibliografica che segue la trattazione delle fonti antiche, utilissimo strumento per studiosi interessati alle problematiche discusse), l’A. si concentra sull’analisi, sempre attenta, dei fatti che interessarono Roma negli anni 182-172 a.C.
Prima di addentrarci nella breve trattazione della parte centrale e principale del volume, vogliamo innanzitutto evidenziare, in generale, l’aderenza sempre puntuale e precisa tra l’analisi condotta dall’A. e le fonti antiche, debitamente citate alla fine della trattazione di ciascun anno. A questo proposito, e più in particolare in materia di fonti antiche, preme qui anticipare un altro aspetto estremamente utile che caratterizza il volume di Canali De Rossi, vale a dire la presenza di due indici lessicali, uno in latino ed uno in greco, posti alla fine del volume stesso e comprendenti i termini più significativi (in realtà numerosi) che ricorrono nelle fonti menzionate e riprodotte nel corso del volume. Chiaramente, un approccio di questo genere risulta strumento davvero utile per gli studiosi che vogliano approfondire la tradizione antica sui rapporti internazionali (ma non solo di Roma): il lessico utilizzato dalle fonti, infatti, piò rivelare molte informazioni, spesso ignorate ad una lettura più superficiale. Gli indici compilati dall’A., invece, oltre a mostrare attenzione puntuale per le fonti, ci permettono anche di esplorare l’impiego anche di particolari formule o sintagmi che tornano con regolarità nelle fonti stesse e che ci permettono di individuare con precisione prassi e metodi che, altrimenti, potrebbero risultare meno visibili. Sempre in tema di indici, oltre agli usuali, ma sempre utili, indici dei nomi, segnaliamo l’indice delle cose notevoli, che permette al lettore un’ancora più agile e mirata consultazione dell’opera.
Tornando al corpo principale del volume, esso è diviso in 5 capitoli principali (la cui numerazione si riallaccia a quella del fascicolo precedente della serie), ciascuno dei quali dedicato ad un anno circa e dotato di un titolo, che, icasticamente e sinteticamente, rende l’idea dell’argomento trattato dalle fonti antiche selezionate per quel determinato arco di tempo. A questo proposito, è degna di nota la completezza del quadro degli eventi principali che, di ciascun anno, Canali De Rossi restituisce al suo lettore e che travalica l’argomento, pur ristretto, delle relazioni internazionali di Roma. Ad esempio, il primo capitolo (“Il travaglio della Macedonia: 182 a.C.”, pp. 1-12) si apre, in stile per così dire annalistico, con una dettagliata ma sintetica descrizione dei fatti che interessarono Roma in quell’anno, dopodiché si passa richiamare, con dovizia di particolari e dettagli, i fatti che riguardarono, in questo caso, le lotte che già si coagulavano intorno a Filippo V per la successione al trono di Macedonia. Grazie a questa struttura, che informa anche capitoli successivi, Canali De Rossi restituisce al lettore un quadro quanto mai completo del contesto storico in cui i vari avvenimenti di respiro internazionale, che riguardarono più o meno da vicino Roma, accaddero, permettendo nel contempo, grazie a quell’aderenza alle fonti antiche prima segnalata, di cogliere legami tra la politica interna e la politica estera di Roma, senza, nel contempo, rischiare di dare una visione distorta dei fatti, ma facendo parlare, in maniera quanto mai diretta, la fonte. Ancora in relazione alla struttura dei capitoli, ciascuno di essi si regge su una fitta rette di rimandi tra sintesi dell’A. e supporto delle fonti antiche, richiamate nel corpo del testo e riportate in conclusione del capitolo, dimodoché può il lettore verificare di prima mano il dettato della tradizione antica.
Il primo capitolo (pp. 1-12), il cui titolo, come si diceva, è “Il travaglio della Macedonia: 182 a.C.”, si dedica in particolare, tra gli altri argomenti, alla contesa che si venne a formare per la successione al trono di Macedonia e che vide come diretto protagonista, naturalmente, Perseo. Senza ripercorrere le vicende inerenti alla questione, sintetizzate dall’A., noteremo solo la scelta di riprodurre, in traduzione, il discorso che Filippo V tenne di fronte a Demetrio e Perseo e relativo proprio al problema della successione (pp. 7-11). Meglio di ogni altra sintesi, le parole di Filippo V rendono bene l’idea di quale fosse il clima che si respirava alla corte macedone ed in cui era calata la lotta per la successione, la quale, naturalmente, non prescindeva, né lo poteva, dai rapporti certo problematici se non ambigui che esistevano tra essa stessa e Roma. Peraltro, tale testimonianza pone anche in risalto l’ambasciata di Demetrio a Roma e le conseguenze che essa ebbe nei rapporti tra Roma e la Macedonia, tema, questo, che molto bene si attaglia all’argomento del volume.
Il problema delle contese tra Demetrio e Perseo informa anche il secondo capitolo (pp. 17-28), intitolato “Le reciproche insidie dei fratelli: 181-181 a.C.”. Con andamento cronologico, Canali De Rossi si concentra, inizialmente, sulle posizioni di Perseo, le quali, giustamente, vengono intese, già dalle fonti antiche, come radici per la futura guerra macedonica. Con approccio annalistico, la trattazione conclude le vicende del 182 a.C. (occupate, in particolare, dallo scontro con i Liguri) e passa al 181 a.C. (pp. 22. ss.), di cui, ancora una volta, vengono riportati i fatti salienti (anche grazie a fonti per così dire secondarie, quale, ad esempio, Giulio Ossequente). Tra quelli di politica estera, un posto di particolare importanza è occupato dalle ambascerie provenienti da Eumene, Ariarate di Cappadocia e Farnace del Ponto, a noti note grazie alla testimonianza di Polibio, riportata a fine capitolo. Infine, viene trattata anche la vicenda dell’arrivo degli ambasciatori Philocles e Apelles (p. 24) da parte di Filippo di Macedonia, la cui missione non era, come specificano le fonti, ottenere qualcosa dal senato, ma, ancora, accertare “ciò di cui Perseo aveva accusato Demetrio” (p. 24), vale a dire se veramente l’ispiratore del colpo di stato che avrebbe comportato l’uccisione di Perseo fosse da identificare in T. Quinzio Flaminino.
Il terzo capitolo, diciassettesimo nel paino generale della serie, si intitola “Il trionfo di L. Aemilius Paulus sui Liguri: 181 a.C.” (pp. 29-42) ed è dedicato, inizialmente, al prosieguo della narrazione dei fatti relativi alla corte macedone, per poi passare al tema che dà il titolo al capitolo, vale a dire la campagna del proconsole L. Aemilius Paulus nel territorio dei Ligures Inguani, i quali, non appena videro l’accampamento dei Romani, vi inviarono un’ambasciata col pretesto di chiedere la pace, ma, in realtà, con lo scopo di spiare i nemici (pp. 31 ss.). Anche in questo caso, dell’intera vicenda, richiamata in dettaglio nelle pagine seguenti, l’A. si concentra in particolare sulle fonti relative ai contatti diplomatici tra Roma e i Ligures. Parte del capitolo è poi dedicato, secondo una struttura sinottica, ai fatti dell’Iberia e a quelli d’Asia Minore e di Grecia. Tra i vari episodi richiamati, degno di nota in particolare (perché poco noto in altre trattazioni) risulta l’invio da parte di Eumene dei propri fratelli a Roma (p. 39): scopo dell’ambasciata era, tra l’altro, rinforzare i legami tra Pergamo e Roma.
Anche il penultimo capitolo (“L’ambasceria di Callicrate: 180 a.C.”, pp. 43-57) riprende per struttura e approccio tematico la logica dei capitoli precedenti, con attenzione particolare per i rapporti diplomatici di Roma con popolazioni e comunità sia dell’Iberia che della Grecia e dell’Asia Minore, senza tralasciare la cornice della politica interna di Roma di quell’anno. In questo caso, l’episodio principale è costituito dall’ambasceria di Callicrate a Roma da parte della Lega Achea, da cui emergono i buoni rapporti che si vennero a formare tra quest’ultimo e il senato romano (pp. 50-51).
Il quinto e ultimo capitolo, diciannovesimo della serie, dal titolo “La morte di Filippo V: 179 a.C.” (pp. 59-71), segue la medesima struttura di quelli precedenti, delineando i fatti essenziali del 179 a.C., sia di politica interna che di politica estera (senza tralasciare di evidenziare i legami tra la prima e la seconda), per concludersi con la narrazione della morte di Filippo di Macedonia e le conseguenza che essa ebbe sia per i Romani che per altri protagonisti della scena internazionale dell’epoca. Con andamento anulare, dunque, il volume si apre con l’inizio per la lotta alla successione al trono macedone e si conclude con la morte del sovrano e l’ascesa al potere di Perseo, del quale si mettono in risalto le prime mosse, atte naturalmente a rafforzare la propria posizione e, nel contempo, ad impostare con gli alleati un fronte antiromano. Anche in questo caso, ma più in generale in tutta l’opera, notiamo il ricorso a fonti per così dire secondarie, che integrano, talvolta in maniera anche importante, le narrazioni più complete di Polibio e Livio, portando alla luce, peraltro, anche l’esistenza di tradizioni alternative a quelle più spesso consultate.
Il volume prosegue con un’interessante discussione della letteratura pertinente al tema del volume e apparsa negli ultimi anni. In questa ricchissima (e critica) rassegna bibliografica (pp. 75-101), Canali De Rossi prende in considerazione, sintetizzandone il contenuto, alcuni tra i contributi più importanti ed interessanti recentemente pubblicati, utili alla comprensione dell’attività diplomatica di Roma, latamente intesa. Tra i vari contributi citati e discussi da Canali De Rossi, appare di particolare interesse, anche per il tema del volume, quello di U. Laffi (pp. 77-78), comparso su Athenaeum 104 (2016) e dedicato all’analisi delle procedure giuridiche previste a Roma e necessarie per la dichiarazione di guerra. L’A., ripercorrendo le considerazioni di Laffi, pone in risalto come “la guerra intrapresa senza decreto del popolo o del senato costituiva materia di incriminazione per chi l’avesse condotta” (p. 77).
In generale, questo nuovo fascicolo di Prassi diplomatiche dell’imperialismo romano si lascia apprezzare per la ricchezza documentaria, l’aderenza puntuale alle fonti e la conoscenza approfondita e critica dei più recenti contributi in tema di attività diplomatica di Roma. Si tratta, in definitiva, di un’opera ben strutturata ed informata, il cui studio non potrà che risultare utile in più modi a coloro che si interessino non solo, ed in particolare, delle relazioni internazionali di Roma, ma più in generale della vita politica di Roma, in ogni suo aspetto, per l’arco di tempo a cui il volume è dedicato.