BMCR 2019.06.27

La présence impériale dans la Rome tardo-antique. Antiquité tardive, 25

, La présence impériale dans la Rome tardo-antique. Antiquité tardive, 25. Turnhout: Brepols, 2017. 499. ISBN 9782503578316. €88,00 (pb).

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Il volume 25 della prestigiosa rivista Antiquité tardive dedica una corposa sezione (pp. 11-262) al tema monografico della presenza imperiale nella Roma tardo-antica. Secondo le caratteristiche metodologiche che contraddistinguono questa rivista l’approccio è sostanzialmente pluridisciplinare: contributi storici si alternano ad articoli più strettamente archeologici, con aperture significative alla cultura materiale.

La prospettiva consente un fecondo dialogo tra i lavori presenti nel volume e contribuiscono a fornire un quadro unitario, pur nella diversità delle tematiche prese in esame, in merito al ruolo di Roma e al suo rapporto con gli imperatori e la loro corte dopo la suddivisione dell’Impero.

Ne emerge un quadro ricco e movimentato, che fa giustizia della tradizionale vulgata della sostanziale decadenza della centralità di Roma a favore delle nuove capitali, come ben documentato da Meaghan McEvoy e Muriel Moser nell’introduzione alla raccolta (pp. 15-21). In maniera persuasiva si argomenta, infatti, come il legame tra sovrani e città sia rimasto stretto anche quando l’imperatore non era più fisicamente presente per un periodo costante (prassi del resto già a partire almeno dal III sec. con la frequente partecipazioni degli imperatori ai vari fronti di guerra). Continuano, ad esempio, i culti legati alla città, gli imperatori mantengono i tradizionali appellativi, come Pontifex Maximus (e anche Pontifex inclytus); vengono conservate le tradizionali distribuzioni di pane e si continua a garantire, anche in assenza del sovrano, l’allestimento di giochi pubblici; sono spesso presenti in città figure di rappresentanza, anche femminili (e sul punto specifico il volume offre un’interessante e innovativa documentazione), variamente legate alla famiglia imperiale. Per usare, dunque, un gioco di parole, il “sovrano assente” non implica affatto l’ “assenza del sovrano”, e pertanto determinare un vuoto non solo istituzionale, ma anche giuridico e soprattutto politico-militare. Il legame tra imperatore e città si realizzava concretamente non solo nelle visite periodiche che i sovrani in ogni caso compivano a Roma, ma anche mediante una fitta serie di interventi pubblici (soprattutto edilizi), testimoniati anche dalla documentazione epigrafica oltre che dalle evidenze archeologiche, o con l’erezione di statue o monumenti che in ogni caso veicolavano i tradizionali messaggi dell’ideologia imperiale e ne garantivano la continuità anche in absentia della persona fisica del monarca. L’arco cronologico preso in esame è molto lungo e tiene conto di diversi contesti storici, in particolare dalla Tetrarchia all’impero di Foca e di Costante II (e alla celebre visita di quest’ultimo a Roma nel 663, che ebbe come conseguenza la spoliazione del Pantheon e di altri monumenti della città, vero e proprio “sacco” dell’Urbe perpetrato dall’imperatore bizantino), senza però tralasciare confronti significativi con epoche precedenti, a partire dagli Antonini.

I numerosi contributi (che hanno come fondamento quelli presentati nel marzo 2015 a Frankfurt am Main al convegno Imperial presence in late antique Rome, poi arricchiti da altri lavori) sono articolati in quattro sezioni. La prima, A balancing act: absent emperors (pp. 23-58), comprende i seguenti articoli: C. Davenport, “Rome and the rhythms of imperial life from the Antonines to Constantine” (pp. 28-39) e M. Moser, “Ein Kaiser geht auf Distanz: die Rompolitik Constans’ I” (pp. 41-58). La seconda parte, Reasons to stay: Roman emperors in Rome (pp. 59-126), si articola in quattro contributi: S. Corcoran, “Maxentius: a Roman emperor in Rome” (pp. 59-74); J. Hillner, “A woman’s place: imperial women in late antique Rome” (pp. 75-94); M. McEvoy, “Shadow emperors and the choice of Rome (455-476 AD)” (pp. 95-112); J. J. Arnold, “Theoderic and Rome: conquered but unconquered” (pp. 113-126). La terza sezione Material presence (pp. 127-212) è composta da: U. Wulf-Rheidt, “Die schwierige Frage der Nutzung des Römischen Kaiserpalastes auf dem Palatin in Rom in der Spätantike” (pp. 127-148); M. Löx, “Zwischen physischer Absenz und medial-materieller Präsenz: die Kaiser der valentinianischtheodosianischen Zeit und ihr Verhältnis zur Stadt Rom” (pp. 149-171); G. Kalas, “The divisive politics of Phocas (602-610) and the last imperial monument of Rome” (pp. 173-190) e R. Coates-Stephens, “The Byzantine Sack of Rome” (pp. 191-212). La quarta parte Proxy presence and daily life in Rome (pp. 213-262) contiene i seguenti lavori: S. Orlandi, “Urban prefects and the epigraphic evidence of late-antique Rome” (pp. 213-222); L. Loschiavo, “L’asino che salì al tribunale e ragliò ostinatamente. Il governo di Roma all’epoca di Valentiniano I fra lotte politiche, tradizione giuridica e innovazioni legislative” (pp. 223-234); P. F. Mittag, ” Prima urbes inter… aurea Roma? Roma und die Münzprägung der Jahre 364 bis 476 n. Chr.” (pp. 235-241); M. R. Salzman, “Emperors and elites in Rome after the Vandal Sack of 455” (pp. 243-262).

Non è ovviamente possibile entrare nel dettaglio di ogni singolo contributo: emerge, tuttavia, con evidenza la portata originale di molti lavori e la capacità rimarchevole del dialogo costante tra i vari contributi che, nei loro specifici punti di vista, offrono conferma della tesi di fondo e dimostrano la permanenza concreta e vitale della stretta correlazione tra la città di Roma e la figura del sovrano, anche nel lungo periodo in cui la città cessò dalle sue funzioni di sede unica e centrale dell’impero.

Oltre alla sezione monografica questo volume di Antiquité tardive è, come da tradizione, completato da lavori su altre tematiche, raccolti nella sezione Varia (pp. 263-430): A. K. Vionis, G. Papantoniou, “Sacred landscapes as economic central places in late antique Naxos and Cyprus” (pp. 263-286); M. V. Escribano Paño, ” Legenda sunt gesta ad sanandas animas : leyes, juicios y actas para la correctio de los Donatistas en Agustín de Hipona” (pp. 287-301); G. Tomás Faci, “The transmission of Visigothic documents in the Pyrenean monastery of San Victorián de Asán (6th-12th centuries): monastic memory and episcopal disputes” (pp. 303-314); M. Fauquier, “La chronologie radegondienne: un enseignement sur la conception de la vocation à la fin de l’Antiquité en Gaule” (pp. 315-340); D. L. Dusenbury, ” Ait enim Lucretius. An affirmation of the Epicurean concept of time in Isidore of Seville’s Etymologiae” (pp. 341-351); E. Neri, “The mosaics of Durres amphitheatre: an assessment using technical observations” (pp. 353-374); A. Uscatescu, “A Late Antique Umayyad space of knowledge: exploring the functionality of the Bath Hall at Khirbat al-Mafjar” (pp. 375-430).

Le sezioni Chronique (pp. 431-450) e Bulletin critique (pp. 452-499) chiudono questo interessante e documentato volume che trova uno dei suoi punti di forza nella capacità di dialogo tra discipline diverse, elemento che consente di approfondire in prospettiva completa e sinergica le questioni affrontate.