BMCR 2019.05.45

Il ritorno della fenice: intellettuali e potere nell’Egitto romano. Studi e testi di storia antica, 23

, Il ritorno della fenice: intellettuali e potere nell'Egitto romano. Studi e testi di storia antica, 23. Pisa: Edizioni ETS, 2017. 325. ISBN 9788846747914. €28,00 (pb).

Anteprima e indice

Il volume di Livia Capponi propone un’analisi del ruolo degli intellettuali di provenienza egiziana come figure di mediazione tra potere politico e opinione pubblica nei primi secoli dell’impero romano. Il dialogo tra cultura greca, egiziana e potere romano nel contesto multietnico dell’Egitto viene indagato secondo una prospettiva “postcoloniale”, individuando le multiformi “strategie di sopravvivenza” degli intellettuali greco-egiziani di fronte al nuovo regime.

Il lavoro è articolato in sette capitoli che si sviluppano secondo una struttura principalmente diacronica, a partire dall’età augustea (cap. 1) fino ad arrivare all’età severiana e all’affermazione del Cristianesimo (cap. 5), con i cap. 4 e 6 dedicati invece rispettivamente all’egittografia e al Museo e un ultimo capitolo di conclusioni.

Il capitolo 1 (29-61) esamina l’impatto della conquista romana e i cambiamenti nei rapporti tra la classe intellettuale e il potere rispetto al periodo tolemaico. Ne emerge che gli intellettuali non si opposero in genere al nuovo regime, ma anzi ne trassero mutui vantaggi, come nel caso di Asclepiade di Mende, che attraverso un uso propagandistico della teologia egiziana si pose come mediatore e “facilitatore” della legittimazione del nuovo sovrano. Dopo la diaspora di intellettuali da Alessandria nel periodo tardo tolemaico, sotto Augusto si registra una tendenza opposta a una mobilità verso la capitale egizia, in concomitanza con un rilancio del Museo e delle attività filologiche sul patrimonio culturale classico, che interessava ora un pubblico nuovo e più ampio. Ampio spazio nel primo capitolo è dedicato a quella che sembra essere l’unico esempio di intellettuale in aperto contrasto con il principato augusteo: Timagene di Alessandria. Capponi riesamina la discussa questione della temeraria urbanitas di Timagene, riaffermando la lettura antiromana, ellenocentrica e filobarbara di questa figura (in linea con Marta Sordi e distanziandosi dalla più recente bibliografia in merito).1

Il secondo capitolo (63-117) analizza alcune figure di spicco del periodo giulio-claudio, in particolare Apione di Oasi, Cheremone di Alessandria e Tiberio Claudio Balbillo. Sullo sfondo delle tensioni tra Greci-Egiziani ed Ebrei, l’attività di questi intellettuali è descritta come all’insegna della competizione culturale e politica tra queste componenti etnico- religiose, spesso con l’intento apologetico di difendere a spese dell’avversario la propria cultura agli occhi degli imperatori. La grande diffusione dell’opera di Apione, utilizzata come fonte principale per l’Egitto da molti autori, tra i quali Plinio e Tacito, e il peso politico delle posizioni raggiunte dall’astrologo Tiberio Claudio Balbillo e dal sacerdote egiziano e filosofo stoico Cheremone sono indicativi della forte influenza esercitata dagli intellettuali egiziani. Altro interessante esempio di uso di modelli tolemaici ed elementi della religione egiziana al servizio dell’imperatore è il caso della divinizzazione di Poppea, celebrata nell’ Apoteosi restituita da P.Oxy. 77.5105, un testo che secondo Capponi potrebbe essere stato composto come consolatio per Nerone, quindi tra il 66 e il 68, da Leonides di Alessandria.

L’evoluzione dei rapporti tra intellighenzia egiziana e potere imperiale in età flavia e antonina è oggetto del terzo capitolo (119-178), a partire dall’acclamazione di Vespasiano ad Alessandria. Particolarmente stretta la relazione di collaborazione tra imperatori flavi e classe sacerdotale egiziana, depositaria di un’antica sapienza mistica che poteva essere un utile strumento per il potere politico. Questo rapporto privilegiato è testimoniato anche dalla prosperità in quel periodo dei templi in stile tradizionale egiziano, dall’esecuzione di iscrizioni geroglifiche a scopi propagandistici e dalla notevole diffusione a Roma e in Italia del culto di Serapide e di Iside, almeno fino a Domiziano. Gli Acta Alexandrinorum sembrano invece rispecchiare un mutamento nelle dinamiche tra élite culturale greco-egiziana e potere centrale soprattutto sotto Traiano e Adriano, con una situazione di conflitti e processi. Capponi esamina tra gli altri gli Acta Athenodori, proponendo l’identificazione del protagonista con il filosofo epicureo Atenodoro di Atene, e gli Acta Maximi, che alluderebbero alla relazione tra Adriano e Antinoo. Entrambi farebbero riferimento a vicende intorno al 107/108, al momento della “congiura dei pedagoghi” e dell’ascesa al potere di Adriano. A una irriverente parodia di Traiano inscenata a teatro intorno al 117 si riferirebbe l’incidente del “re-mimo” degli Acta Pauli et Antonini, che viene connesso con l'”affare del teatro” cui si allude nella lettera dello studente di retorica ad Alessandria indirizzata al padre Teone (SB 22.15708). Anche per i protagonisti degli Acta Appiani vengono proposte identificazioni: il sacerdote Salvio Giuliano con il figlio dell’omonimo giurista; Eliodoro con il noto chirurgo. Il perdurare di un patriottismo nostalgico dell’aristocrazia greca di Alessandria, e più in generale dell’élite culturale dei greci-orientali, sembra trovare manifestazione anche nell’interesse storiografico per Alessandro Magno e la monarchia tolemaica (con riferimento in particolare all’opera di Appiano).

Il capitolo 4 (179-216) indaga l’egittografia di età imperiale, autori, forme e pubblico di questo tipo di opera a confronto con l’analoga produzione di età precedente, a partire da Erodoto. In epoca romana l’interesse per la storia egiziana, la religione e la sapienza sacerdotale, non è solo frutto di curiosità e fascinazione mistica, ma ha spesso finalità pragmatiche di propaganda o di informazione per il dominio. D’altra parte gli Egiziani potevano così comunicare e cercare di imporre il proprio punto di vista. Tra i più diffusi il genere dei mirabilia, soprattutto legati al Nilo e alle sue mitiche sorgenti, nonché le storie locali, che trovano particolare sviluppo in seguito al processo di municipalizzazione in età severiana.

Il capitolo 5 (217-245), intitolato “Metamorfosi dell’intellettuale”, riprende il filo diacronico del cap. 3 proseguendo con l’età severiana, in un quadro storico mutato dalle riforme del III secolo, con la fioritura dei centri periferici dell’Egitto e del ceto buleutico e il declino del ginnasio e dell’aristocrazia ellenica. Le misure di Settimio Severo contro oracoli e divinazione e per la chiusura della tomba di Alessandro vengono lette non solo come punizione contro l’Egitto, ma anche come volontà di monopolizzare l’accesso alla sapienza esoterica egiziana e la imitatio Alexandri. Con la progressiva affermazione del cristianesimo, la cultura mistica egiziana viene letta e rielaborata in opposizione alla cultura razionalista greca. Si analizza in particolare la rilettura dell’opera di Cheremone operata da Clemente Alessandrino e poi da Porfirio attraverso Plotino, in relazione più specificamente alla continenza e all’ascetismo. D’altra parte Apione è riletto invece nelle Omelie dello Pseudo-Clemente come rappresentante della cultura greca e della sua vuota e perniciosa mitologia.

Il capitolo 6 (247-272) è una sorta di appendice (così è denominata più volte nella prima parte del libro) relativa al Museo e all’evoluzione di questa istituzione dai Tolomei ai Romani fino alla soglie dell’età bizantina. Il Museo conosce momenti di rinascita nei primi secoli dell’impero romano, in particolare sotto Claudio e Adriano, e lo stereotipo di una degenerazione dell’istituzione in età romana risulta immotivato. L’autrice rigetta l’idea di Naphtali Lewis di un declino intellettuale e di una progressiva burocratizzazione del Museo dopo la conquista romana,2 anche sulla base di un riesame aggiornato e ampliato delle fonti letterarie, papirologiche ed epigrafiche sui componenti del Museo in età imperiale, in particolare sui presunti non-scholar members. Contro l’infondata dicotomia tra tecnici e intellettuali, così come quella tra atleti e intellettuali, si ribadisce la stretta correlazione tra meriti culturali e coinvolgimento in ruoli militari, tecnici e amministrativi.

Le conclusioni (273-282) evidenziano l’importanza e il peso degli intellettuali egiziani nel contesto globale romano, nonostante i duraturi pregiudizi antiegiziani. Poliedricità, capacità di adattamento alle nuove dinamiche, difesa competitiva della propria cultura, insieme al fatto di essere depositari di una sapienza esoterica dalle ampie potenzialità politiche, permisero a questi intellettuali di provincia di stabilire rapporti privilegiati con il potere, soprattutto con gli imperatori di origini straniere o non aristocratiche, e di influenzare in modo significativo l’opinione pubblica e la politica.

Completano il volume la bibliografia (283-313), apparentemente selettiva,3 un indice dei nomi (315-322) e otto pagine di tavole in bianco e nero.

Il lavoro di Livia Capponi offre un panorama ampio e ricco di spunti interessanti e ha il merito di valorizzare le fonti storiche e letterarie, papiracee ed epigrafiche, non limitatamente alla lingua greca e latina. A partire da questa molteplicità di fonti, spesso frammentarie e lacunose, l’indagine procede soprattutto come studio prosopografico di un consistente numero di figure. In diversi casi le identificazioni dei personaggi poggiano inevitabilmente su basi documentali piuttosto malferme. Ad esempio pare un po’ azzardata l’ipotesi di una rapporto di parentela tra Apollonio Sofista e l’Apollonio dioiketes di Tolomeo II (p. 98), considerata anche l’altissima diffusione del nome. Fragile anche l’identificazione del Cheremone citato in P.Ryl. 2.144 con il noto intellettuale; più suggestivo invece il caso di P.Oxy. 27.2471 (p. 104ss.). In genere l’autrice specifica chiaramente il grado ipotetico delle sue argomentazioni, anche se a volte in fase di conclusioni le identificazioni incerte tendono a diventare dati acquisiti.

Su singoli aspetti il discorso non sempre risulta pienamente persuasivo. Ad esempio a p. 17 il passo di Ath. 184b-c citato come prova dell’attività didattica dei dotti del Museo di Alessandria riguarda in realtà le loro attività successive all’esilio da Alessandria; a p. 98 il rapporto tra Apollonio Sofista e Apione non è così ovviamente lineare come descritto;4 a p. 261 non pare sufficientemente sostanziata l’idea di aggiungere alla lista dei membri del Museo Efestione, insieme ad Apollonio Discolo ed Elio Erodiano. Le possibili riserve investono comunque dettagli specifici, mentre il quadro di insieme restituito è efficace e convincente e il volume risulterà di sicuro interesse non solo per chi si occupi di storia romana, ma anche per gli studi storico-letterari, la storiografia, la filologia antica e la papirologia.

La redazione del volume appare curata e pochi sono i refusi.5

Notes

1. Marta Sordi, Timagene di Alessandria; uno storico ellenocentrico e filobarbaro, ANRW 2.30.1 (1982), 775-797. Per il più recente ridimensionamento dell’intento antiromano di Timagene vd. ad es. Federicomaria Muccioli, Timagene, un erudito tra Alessandria e Roma: nuove riflessioni, in: Virgilio Costa (ed.), Tradizione e trasmissione degli storici greci frammentari. 2, Tivoli 2013, 365-388.

2. Cfr. diversi articoli raccolti in Naphtali Lewis, On Government and Law in Roman Egypt, ed. by Ann Ellis Hanson, Atlanta 1995.

3. Non tutti i riferimenti citati in nota secondo il sistema di abbreviazione anglosassone trovano scioglimento nella bibliografia in fondo al volume. Ad es. mancano Bagnall 2007, citato a p. 26 n. 31 ( Egypt in the Byzantine world, 300-700, ed. by Roger S. Bagnall, Cambridge 2007); Zadorojnyi 2005, citato a p. 32 n. 7 ( “Stabbed with Large Pens”: Trajectories of Literacy in Plutarch’s Lives, in: Lukas de Blois et al. (eds.), The Statesman in Plutarch’s Works, Leiden – Boston, vol. II 113-137); Hatzimichali 2013, citato a p. 39 n. 30 ( Ashes to Ashes? The Library of Alexandria after 48 BC, in: Jason König et al. (eds.), Ancient Libraries, 167–182); Too 2010, citato a p. 39 n. 32 ( The Idea of the Library in the Ancient World, Oxford).

4. Cfr. Michael W. Haslam, The Homer Lexicon of Apollonius Sophista: I. Composition and Constituents, Classical Philology 89.1 (1994), 1-45. In generale meno completa risulta la bibliografia relativa alle attività grammaticali e filologiche di molte delle personalità oggetto di indagine. Ad esempio l’LGGA (ora Lexicon of Greek Grammarians of Antiquity, at referenceworks.brillonline.com), citato a p. 97 per Archibio, non è utilizzato per altre figure analizzate (es. Theon [1]; Chaeremon; Nicanor [3]; Hephaestion).

5. P. 15 seconda riga: popolari => popolare; P. 26 undici righe dal fondo: cristiani Questa => cristiani. Questa; P. 50 ottava riga: alessandrino => alessandrini; P. 69 n. 16 ἱστορίαν κατ ἔθνος => ἱστορίαν κατ’ ἔθνος; P. 86 ventesima riga: l’altri => l’altro; P. 95 n. 95: afferma che… ammettesse… potesse => ammetteva… poteva; P. 100 quinta riga: mancano virgolette chiuse dopo “affari”; P. 177 cinque righe dal fondo: g ettano => gettano; P. 198 “in epoca romana di età imperiale, epoca in cui” ; P. 268 n. 91, a proposito di SPP 20.61, non è chiaro a cosa ci si riferisca con “P.Herm. 124 e 125”; P. 278 quinta riga: essere come meno colto => essere meno colto. ​